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Intervista Brutus (Stijn Vanhoegaerden)

Di Davide Sciaky - 30 Ottobre 2023 - 8:00
Intervista Brutus (Stijn Vanhoegaerden)

Intervista a cura di Davide Sciaky 

You can read the interview in English here.

Benvenuto su TrueMetal. Come stai? 

Molto bene, sì, è stato un bel tour finora, oggi è l’ultimo show del tour e siamo pronti per questo gran finale, sarà una bella serata. 

Vi ho scoperti, e mi sono immediatamente innamorato della vostra musica, quando vi ho visti di supporto ai Cult of Luna nel 2019. 

Oh sì, grazie mille, è stato davvero bello.

Avevate appena pubblicato il vostro secondo album, stavate cominciando a ottenendo un certo seguito, e poi i COVID vi hanno costretto a prendervi una pausa. Come avete reagito a questa situazione? Vi siete messi subito al lavoro sul vostro nuovo album, Unison Life, per sfruttare quel momento di calma, per così dire?

Sì, all’inizio, quando il COVID ha colpito e ci sono state le prime chiusure in Belgio non ci siamo potuti vedere per i primi due mesi, quindi è stato difficile per tutti noi. Ognuno ha cercato di scrivere un po’ a casa, ma non è una cosa che funziona molto per noi dato che eravamo abituati a fare tutto con noi tre nella stessa stanza, così non appena è stato possibile riunirsi nella sala prove abbiamo cominciato ad incontrarci ogni momento possibile e abbiamo iniziato a scrivere, ecco cosa abbiamo fatto. La cosa bella è che, dato che avevamo così tanto tempo a disposizione, perché come tutti abbiamo dovuto cancellare tutti gli show, abbiamo iniziato a parlare di più di quello che volevamo fare prima di entrare in sala prove e iniziare a fare musica, così a volte ci sono stati giorni in cui parlavamo per sei ore e suonavamo per due, Quindi credo che per noi tre, credo di poter parlare a nome di tutti e tre, sia stata una cosa molto importante durante le chiusure della pandemia trovare questo modo di scrivere e per avere il tempo di andare più a fondo nella scrittura della musica. Avevamo così tante versioni di ogni canzone e se qualcosa non andava bene, anche solo per l’uno per cento, continuavamo a lavorare e avevamo il tempo, quindi è stato un periodo fruttuoso per noi, fortunatamente, quindi sì, è stato un periodo speciale per noi, con lati negativi ma anche positivi.

Quindi non è propriamente cambiato il vostro modo di scrivere, nel senso che vi siete sempre incontrati e avete lavorato insieme alle canzoni, ma forse c’è stato un po’ più di ragionamento dietro, avete dedicato più tempo alle canzoni e a come svilupparle. 

Sì, sicuramente, abbiamo approfondito ogni canzone, e avevamo anche molte più canzoni pronte, credo che avessimo idee per circa 30 canzoni, quindi abbiamo buttato via un sacco di roba, il che credo sia un buon modo di lavorare per noi, quindi sì, è stato lo stesso modo di scrivere, ma solo più approfondito, più concentrato.

Qual è stata l’attitudine con cui avete iniziato a lavorare a questo album? Avevate un obiettivo specifico, a livello di suono, volevate andare in una direzione specifica? 

C’è stato un momento in cui io e Peter, il bassista, ci siamo appassionati di pedali degli effetti e di diversi tipi di strumenti, e Peter ha iniziato a sperimentare con il sintetizzatore Moog per ottenere suoni di basso particolari, ha provato con un basso a 6 corde, io ho iniziato a sperimentare diverse accordature, il Nashville tuning, cose del genere. All’inizio era qualcosa che facevamo solo perché c’era tempo, ma subito abbiamo iniziato a scrivere con questi elementi ed è tutto finito sul disco, ora abbiamo quella attrezzatura con noi, fa parte del nostro show dal vivo, quindi è una cosa che è successa, che credo sia stata molto importante per noi, per poter sperimentare un po’, e credo che sarà qualcosa che continueremo a fare in futuro, come ogni volta che facciamo un nuovo disco, ci sono così tante cose a livello strumentale che ci interessano, quindi ci sarà sempre più roba nuova, credo.

Per me, quando lo ascolto, la differenza principale con gli album più vecchi è che è un po’ più lento, un po’ più melodico, ma forse la cosa più significativa per me è che il sound è più “nostalgico”, questo è il tipo di sensazione che provo, non so se sei d’accordo con me. 

Penso che sia un complimento, perché quando stavamo scrivendo le canzoni, ricordo che Stephanie un giorno mi disse, scrivere canzoni è una cosa, puoi passare ore e ore a scrivere canzoni, ma forse dovremmo fare un passo in più e cercare di, non per sembrare arroganti, ma forse dovremmo cercare di scrivere le migliori canzoni che possiamo in questo momento. Dovremmo cercare di non solo scrivere musica, ma di creare canzoni che tra 20 anni siano ancora considerate buone canzoni, che la gente ascolterà ancora, era una cosa importante. Quindi la cosa della nostalgica per me è positiva.

Il nome dell’album, Unison Life [vita all’unisono N.D.R.], quando l’ho sentito per la prima volta ho subito pensato che si riferisse alla vostra vita come band, in tour insieme, vivendo insieme in un tour bus, stando sempre insieme, è così? 

In realtà il nome viene da Stephanie, è un modo di vivere per lei, per noi, in cui tutti cercano di andare d’accordo, tutti cercano di vivere all’unisono, ma non è sempre facile da fare, anzi è piuttosto impossibile da fare, c’è sempre conflitto che viene fuori, e molte delle canzoni, i temi trattati riguardano il fatto che non funziona mai, non può mai funzionare. Naturalmente è difficile per me parlare dei testi al posto di Stephanie, perché è lei che li scrive.

È l’unica a scrivere i testi?

Scrive tutti i testi, io e Peter li controlliamo e li rivediamo insieme prima di andare in studio, ma è una cosa molto personale per lei.

Avete pubblicato un video musicale per Liar che è molto artistico, molto cinematografico, quindi mi chiedevo se aveste ideato l’intera storia da soli, o se è il prodotto e la collaborazione tra voi e il regista del video?

In realtà è stato tutto merito di Stephanie, sì, in passato abbiamo fatto dei videoclip ma non era qualcosa a cui dedicavamo troppo pensiero, mentre questa volta Stephanie voleva fare le cose per bene, e voleva scrivere la storia, e abbiamo un amico, Maximiliaan Dierickx, che è un ottimo direttore della fotografia, regista, è un buon amico di Stephanie. Loro hanno avuto l’idea di farlo in questo modo, l’idea è venuta fuori e lui ha detto: andiamo in Marocco, facciamolo lì, perché ha degli amici lì, la sua ragazza è marocchina, così è saltata su un aereo con lui, è andata lì e ha girato il video da sola.

Ho accennato prima a come i COVID vi abbiano costretto a fermarvi, almeno dall’attività live, ma anche con questo stop forzato siete riusciti a continuare a crescere e, per esempio, qui in Italia siete passati dal suonare come band di supporto nel 2019 a fare 3 show da headliner in questi giorni. Come te lo spieghi?

Non me lo spiego. Credo che ogni band, la maggior parte delle band, non posso parlare per tutti, ma la maggior parte delle band che conosco, le band belghe, credo che in tutto il mondo tutti abbiano avuto un problema del tipo: “Merda, la nostra band può sopravvivere a tutto questo? Qualcuno ci aspetterà ancora quando il COVID sarà finito?” E non voglio raccontarti una cazzata, anche noi abbiamo avuto la stessa sensazione, cosa faremo adesso? Ma siamo molto fortunati perché lavoriamo con brava gente, booker, etichetta, e nel momento in cui COVID è finito, abbiamo pubblicato il disco e c’è stata subito un sacco di gente che ci ha chiesto di venire a suonare, e il nostro booker ha detto: “Ok, facciamolo e basta”, quindi sono molto grato per questo, perché abbiamo suonato, il disco è uscito a ottobre dell’anno scorso, o a novembre, non ne sono sicuro, ma da allora abbiamo continuato a suonare, e non ci fermiamo, abbiamo ancora molti concerti da fare fino alla fine dell’anno, ed è davvero, davvero bello. E siamo davvero grati del fatto che, voglio dire, i concerti che abbiamo fatto nell’ultimo anno sono bei festival, bei concerti da headliner, abbiamo fatto sold out per la prima volta all’AP, un famoso locale in Belgio. Quindi queste sono tutte piccole, per noi, grandi cose, ma siamo davvero soddisfatti.

Qualche giorno fa stavo parlando con Tom Warrior dei Celtic Frost, e stavamo parlando di come, qualche anno fa, i Metallica abbiano suonato una canzone dei Celtic Frost, l’hanno suonata in Svizzera, e a lui non è piaciuto il modo in cui l’hanno suonata, quindi mi ha detto specificamente, “Penso che perché sono milionari, forse sono un po’ distaccati dalla scena Metal”, ma so che voi avete avuto un’esperienza diversa con i Metallica, ho letto che, credo fosse il 2017, quindi molto presto nella vostra carriera, Lars ha suonato la vostra musica nel suo podcast, e vi ha anche invitati a incontrarlo. Come ti sei sentito a ricevere questo tipo di riconoscimento e com’è stata l’intera esperienza con i Metallica?

Sì, è stato davvero pazzesco, ci sono stati un paio di momenti, come all’inizio, quando eravamo agli inizi, abbiamo suonato con i Deftones, ci hanno invitato al loro festival a San Diego, poi la cosa dei Metallica è piuttosto folle, è incredibile, perché sono cresciuto ascoltando i Metallica come la maggior parte delle persone.

Come tutti.

Ma la cosa bella di quell’esperienza fu che ci invitarono al concerto che avrebbero suonato in Belgio, ed era un posto enorme, come uno stadio, fummo invitati con i nostri partner, mangiammo lì, c’era una mostra, il concerto, e dopo lo spettacolo il suo assistente personale è venuto a prenderci, ci hanno portato dietro le quinte dell’arena e ci hanno detto di aspettare lì, Lars sarebbe arrivato subito. Erano passati, non so, 40 minuti dallo spettacolo, e lui è entrato e abbiamo parlato per 40 minuti, e sono rimasto davvero sorpreso perché mi sarei immaginato che una persona con quel tipo di fama si aspettasse un atteggiamento riverente da parte nostra, ma non abbiamo neanche avuto l’occasione di dire niente che lui è entrato e ci ha chiesto subito, come scrivete le canzoni, con quale musica siete cresciuti, come fate con i vostri tre strumenti, come fate a suonare la batteria e a cantare, e sono stati 40 minuti in cui ci ha fatto domande su come lavoriamo. Tutto quello che gli abbiamo potuto dire è stato “Gran concerto, amico”, quindi sì, è stato davvero surreale, davvero strano, mi ha un po’ sorpreso, quindi è stata davvero una bella esperienza per noi.

In pratica vi stava intervistando come sto facendo io in questo momento.

Assolutamente sì, e non ti aspetti questo da qualcuno come… voglio dire, è Lars Ulrich! Quindi sì, abbiamo avuto una bella esperienza con loro.

La mia prossima domanda sarebbe più per Stephanie, ma credo che anche tu possa rispondere dal tuo punto di vista. I batteristi che cantano non sono molto comuni, perché credo che non sia molto facile farlo, suonare la batteria e cantare insieme, e so che all’inizio lei non voleva diventare una cantante, quindi come è successo? So che sei stato tu, o Peter, a chiederle di provare a cantare.

Sì, le ho comprato un microfono. All’inizio noi due, io e Peter, avevamo il compito di cercare una cantante, ma c’è voluto un po’ di tempo, ed era così bello suonare solo con noi tre, perché quando abbiamo fondato il gruppo non l’abbiamo fondato per suonare un certo genere, l’abbiamo fatto semplicemente perché volevamo suonare musica insieme, quindi questo era davvero importante per noi e la ricerca ha richiesto un po’ di tempo, e non trovavamo nessuno. Devo essere sincero, non stavamo nemmeno cercando qualcuno con tutta questa intensità, così le ho comprato un microfono e le ho detto: “Mettiamo un microfono qui, così puoi provare un po’ di cose ed è più facile scrivere canzoni”, e lei ha iniziato a farlo, e a quel punto io e Peter abbiamo pensato: “Fanculo, è perfetta!”. Stephanie non voleva davvero farlo, non si sentiva a suo agio all’inizio, ma ora, dopo tanti anni insieme, abbiamo fatto tre dischi, abbiamo suonato tanti concerti, so che non è la sua cosa preferita al mondo, ma ora quando siamo in studio la batteria è perfetta e la voce è pronta in un attimo. Ci ha lavorato duramente negli ultimi due anni, e per me è una cosa bellissima da vedere, perché non potrei immaginare nessun altro modo di suonare ora, è così, e migliora ad ogni disco che facciamo, penso, quindi sono davvero contento di lei, sono felice che sia andata così. 

La sua voce è molto particolare, è davvero uno dei punti di forza della band. 

Sì, lo penso anch’io. 

L’avevi mai sentita cantare prima, le hai chiesto di provare provare per vedere, o è stato solo un… 

No, sì e no, ero in una band con lei, abbiamo iniziato a suonare insieme quando lei aveva 14 anni, io 15, 16 anni, e lei era in una band con Peter, e lei era sempre alla batteria, ma ha studiato pianoforte, quello è il suo primo strumento, il pianoforte, e ha un ottimo orecchio, e viene da una famiglia molto musicale, quindi ho sempre saputo che ci sapesse fare. Credo che abbia fatto, se non ricordo male, qualche accompagnamento in un disco quando eravamo bambini, quindi in realtà sapevo che sapeva cantare, ma non era una cosa che avrebbe fatto di punto in bianco, ma per la prima volta ho pensato: “Questa è la strada giusta”, così quando le ho preso quel microfono e ha iniziato a farlo, per me e Peter, anzi parlo solo per me, ma mi sembrava che cantasse senza fare il minimo sforzo. So che non è facile, a volte fa ancora fatica, ma sì, all’inizio non sapevo che sarebbe finita così.

La mia ultima domanda è: Unison Life è uscito da un anno, avete già fatto piani per il futuro, vi concentrerete ancora un po’ sugli spettacoli dal vivo, o state scrivendo musica o altro? 

Sì, alla fine dell’anno abbiamo l’ultimo concerto di quest’anno, il 30 dicembre, ad Amsterdam, al Paradiso, e a gennaio, febbraio ci prenderemo un po’ di tempo e ricominceremo a incontrarci, a scrivere nuova musica, perché è quello che abbiamo fatto negli ultimi nove anni, scrivere musica ed andare in tour, ed è quello che amiamo fare, quindi questo è quello che faremo prossimamente.

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