Thrash

Intervista Bullet-Proof (Richard Hupka)

Di Andrea Bacigalupo - 28 Giugno 2017 - 8:45
Intervista Bullet-Proof (Richard Hupka)

Scambiamo qualche parola con Richard dei Bullet-Proof, Thrash band Italo – Slovacca che quest’anno ha puntato in alto con ‘Forsaken One’, il loro ultimo album.

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Richard Hupka

Ciao ragazzi, come va? Parliamo della vostra storia: come nasce il progetto Bullett-Proof?

Ciao Andrea! Grazie della possibilità dataci di poter dire due parole ai lettori di TrueMetal.it! In sintesi: i Bullet-Proof nascono nell’agosto del 2014 come conseguenza dell’uscita mia e di Lukas (batterista) dal gruppo precedente. Non dico il nome di questa band per rispettare la loro richiesta in tal senso.

Insomma, c’era la voglia e c’erano le idee. Ci siamo buttati nella mischia e, nel giro di sei mesi, ci siamo trovati a registrare il debut album ‘De-generation‘. Abbiamo avuto qualche difficoltà nel trovare altri membri fissi con la stessa voglia e la stessa convinzione di fare, ma alla fine ce l’abbiamo fatta e, poco dopo l’uscita di ‘De-Generation‘, nel 2015, sono entrati a far parte della band prima Federico Fontanari al basso e poi Max Pinkle alla chitarra. Lui, in realtà, copriva già il ruolo di bassista come turnista per alcune date live effettuate in passato, per cui, in un certo senso, è da considerarsi un membro storico.

Felici della situazione era piuttosto ovvio proseguire la nostra storia incidendo il secondo disco. Ed ecco ‘Forsaken One‘.

 

Richard, vuoi parlarci delle tue esperienze passate come musicista? Di queste, cosa hai portato nei Bullet-Proof?

mmmh, in verità le mie esperienze sono un po’ particolari. Ho cominciato, come tanti, da adolescente, negli anni “d’oro”, come oggi dicono in molti. Ho avuto la fortuna di entrare in una band già parzialmente avviata e di suonare subito davanti a tanto pubblico. Il destino ha voluto, però, che tutti nella band, pur amando la musica, all’epoca preferivamo la famosa ‘patata’ ed alla fine ci siamo sciolti. Io poi mi sono sposato presto ed è nato Lukas, per cui ho deciso di dedicarmi alla famiglia, mollando completamente la musica. Questo per circa tredici anni, quando mio figlio ha cominciato ad interessarsi alla batteria. In quel momento ho capito che la musica non mi aveva abbandonato e che era ancora dentro di me. Ho così fatto di tutto per guidare Lukas nel mondo della musica, tornandoci dentro anch’io per scoprire che tante cose erano cambiate, esperienza che mi ha reso estremamente felice. Lukas ha avuto la possibilità di suonare in una band dove cercavano anche un chitarrista e ci abbiamo provato insieme. Dopo un paio d’anni però le nostre strade si sono divise ed io e mio figlio abbiamo formato i Bullet-Proof. Non so di quante mie grandi esperienze musicali si possa parlare in realtà. Diciamo che sono stato un attento osservatore creandomi un mio punto di vista su ogni dettaglio.

 

Particolarità dei Bullet-Proof sono padre e figlio che suonano assieme. Anche mio figlio ed io abbiamo in comune la passione per il Metal. Lui ha cominciato ascoltando i miei album degli Iron Maiden e dei Judas Priest, per poi passare a generi quali l’Industrial, il Power ed il Symphonic, mentre io sono più legato alla NWOBHM ed al Thrash. Per voi come è andata? Quali sono le ragioni che hanno portato Lukas ad ascoltare e suonare Heavy Metal? E’ contata l’influenza del padre, oppure è stata una coincidenza?

Come detto prima, io ho smesso di suonare ed ascoltavo anche poco. Non ho pensato minimamente di influenzare mio figlio con le mie preferenze musicali. Un giorno, però, l’ho colto in camera con suo cugino ad ascoltare gli Iron Maiden! E’ inutile dire che in quel momento mi sono brillati gli occhi e non solo ………… come vedi, sti Iron Maiden sono complici di tante cose ovunque.

Un po’ alla volta Lukas ha iniziato da solo a scoprire i gruppi, naturalmente io gli sono stato vicino come osservatore e consigliere delle sue scelte. Ricordo come detestava i Kreator ed i Sepultura. Persino i Megadeth, che ora sono il suo gruppo preferito! L’ho portato a vederli quando facevano il tour del ventennale di ‘Rust in Piece’. Ancora non gli piacevano e non riusciva a capirli, allo stesso modo io non capivo le band nuove che lui mi faceva ascoltare, tipo i Bullet For My Valentine od i Trivium. Facevo fatica a capire questo ‘nuovo’ Heavy Metal, essendo cresciuto, come anche tu più o meno, con la NWOBHM ed il Thrash “classico”. Per cui è una cosa reciproca che continua tutt’ora nell’influenzarci a vicenda.

 

Come nasce un brano dei Bullet-Proof? Chi compone la musica e chi i testi?

Principalmente compongo io, sia i testi che la musica. Quasi tutto quello che ho scritto sono dei pensieri “mattutini”. Solitamente mi sveglio con qualche idea e cerco di svilupparla. Normalmente è cosi che mi vengono in mente delle parole che lego ad una possibile parte musicale come sostegno. Ovviamente ci sono tanti riff che suonando hai nella manica e riesci ad usare…Poi approfitto di Lukas, affrontando con lui il tema. Noi due praticamente definiamo la struttura delle canzoni. Ho da subito abbastanza chiaro come dovrebbe uscire il pezzo, poi Luki, essendo il batterista, sa esattamente cosa fare e cosa no dal punto di vista ritmico. Se vengono le idee e le ispirazioni lavoriamo piuttosto velocemente, senza sforzarci troppo. Capitano le occasioni speciali, proprio come ‘Forsaken One‘ e ‘I was Wrong‘, che hanno sostituto altri due pezzi non portati in studio, perché Luke ha detto: “No! Questi due pezzi non andranno sul disco!”. Sono stato arrabbiato con lui per due giorni prima di entrare in studio e con un grande punto di domanda: “ed ora???!! nessun riff interessante..nessuna parola..niente…”. Nonostante ciò sono rimasto con lui nella saletta e, senza parlarci, abbiamo iniziato a suonare a caso e, pian pianino, le idee uscivano. Ho dovuto ragionare un po’ sui testi, ma amo le sfide e durante le registrazioni sono riuscito a tirarli fuori concludendo anche questi due pezzi.

Sono convinto che nel futuro contribuiranno tutti più significativamente nel songwriting. Sul ‘Forsaken One’ Federico ha scritto un pezzo quasi interamente (‘Little Boy’) e con Max ci siamo divisi ‘Portrait Of The Faceless King‘, che è, attualmente, il mio pezzo preferito.

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‘De-Generation’ è il vostro primo album, mentre ‘Forsaken One’ è la vostra ultima fatica. Quali sono le differenze che contraddistinguono i due lavori?

Sicuramente è essenziale la differenza nella produzione. Anche se tutti noi abbiamo già inciso dei dischi precedentemente, è sempre un’esperienza nuova.

Abbiamo sempre lavorato con persone differenti, con i stili differenti… Sembra facile, ma non sempre riesci a far uscire il disco come vorresti. Però è giusto così, è l’evoluzione. Poi, nel caso Bullet-Proof, vai a fare il tuo primo disco personale e sei entusiasta; capita che facilmente trascuri, proprio per il tuo entusiasmo, tanti dettagli, soprattutto se non hai dietro le spalle uno che è freddo ed attento.

Con ‘Forsaken One‘ avevamo alla produzione Federico Pennazzato.

Pur avendo maturato esperienza e le idee più chiare su come doveva uscire il disco, sapevo che, se mi lasciavo trasportare dall’entusiasmo avevo vicino una persona che sapeva cosa stavamo facendo e che cosa volevamo ottenere. Federico ha saputo spingerci tutti perché sentiva che si poteva fare meglio. Questo in passato non è mai capitato. Al contempo anch’io ero ben deciso e non ho voluto modificare alcuni aspetti di cui ero convinto, perché sapevo come dovevano riuscire. Di certo, però, senza Federico il disco non sarebbe quello che è! Lo ringrazio moltissimo per questo!

 

In ‘Forsaken One’ è marcata la voglia di distinguersi. Come definite il Metal dei Bullet-Proof?

Bella domanda! He! … è semplicemente Heavy Metal, che ti devo dire? C’è chi dice che siamo Old-School, c’è chi dice ‘assolutamente no’. Noi non cerchiamo definizioni, ne di distinguerci. Penso che, proprio per il fatto di avere su per giù vent’anni anni di differenza all’interno della band, tra i più vecchi ed i più giovani, esce quel giusto mix che ci caratterizza. Io e Max abbiamo la mano Old-School, ma poi Federico e Lukas danno il tocco giovane. Penso potrebbe essere questa la definizione. Una Old-New Metal band a modo nostro.

BP Band

Parlando dei contenuti di ‘Forsaken One’, alcuni approfondiscono il tema della sofferenza umana. Cosa ispira un testo dei Bullet-Proof?

Qualsiasi cosa che ti è capitata può essere il tema di un testo. A me piace parlare dei rapporti umani. Sia nella coppia uomo-donna sia, semplicemente, tra due esseri umani in generale, amici o nemici, non ha importanza. Parlo di come agiamo, di come ci trattiamo l’un l’altro, di quanto male ci sappiamo fare, delle scorrettezze, degli sgarbi della Società nei nostri confronti, delle ingiustizie, delle prepotenze di alcuni….come descritto in ‘Might Makes Right’, per esempio, dove mi sono inspirato alla storia dei Sioux, i quali hanno dovuto abbandonare la loro terra senza nessuna speranza o possibilità di evitare che questo accadesse. Tutto questo, come siamo noi, come cresciamo i nostri figli, si rispecchia nella Società che, a sua volta, diventa il risultato di come abbiamo cresciuto i nostri figli.

 

La cover dell’album ritrae un Cristo che si sente abbandonato. Chi è il personaggio dietro di lui?

Come prima cosa devo dire che l’autore di questo bellissimo artwork è Stefano Mattioni, il quale ha avuto il compito di esprimere l’abbandono e ci è riuscito, convincendoci in pieno, dando vita a questa copertina. Il personaggio androgino rappresenta il male, la tentazione. È in piedi perché domina, è più forte del bene rappresentato qui dal ‘Cristo’, che sembra essere più debole, perché appunto abbandonato da tutti, rassegnato, con poche forze e voglia di rialzarsi. Ma ognuno di noi potrebbe essere sia l’uno che l’altro. Stefano ha voluto che il male che ci domina fosse appunto un androgino, perché il male non ha sesso, non si può identificare con un uomo o con una donna.

 

‘Litle Boy’ parla della prima bomba atomica, un episodio di oltre settant’anni fa che porta ancora oggi a ragionare. Quale aspetto della tragedia avete voluto evidenziare?

Qui risponde chi l’ha scritta: Federico.

La canzone parla proprio della prima bomba atomica sganciata sul Giappone. La tematica può sembrare piuttosto inflazionata in un genere come il Thrash Metal, ma è stata affrontata da un punto di vista diverso: quello dei militari che eseguirono il gesto “materiale” di trasportare l’ordigno e farlo poi cadere.

Questi uomini hanno avuto tra le mani il potere distruttivo più grande della storia. Nessuno infatti può dire di avere cancellato così tante vite in un unico istante ed in un colpo solo e al giorno d’oggi è ancora così (per fortuna). Quello che è peggio è che probabilmente neppure loro erano pienamente consci di cosa stavano trasportando, dato che la stessa operazione fu quasi un esperimento per provare l’efficacia di questa nuova tecnologia. 

La canzone parla anche del rimorso che l’equipaggio dell’Enola Gay (il nome dell’aereo che trasportava la bomba e che era anche il nome della mamma del pilota – ndr) deve avere provato, quando le conseguenze sono diventate chiare, anche se di fatto stavano eseguendo un ordine legittimo. Tutto ciò vuole, nel nostro piccolo, essere una sorta di monito per il futuro, specialmente ora che la tematica è purtroppo ritornata di attualità a livello internazionale. La storia deve rimanere uno specchio attraverso cui interpretare la contemporaneità.

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Come vedete la scena Thrash italiana e quella europea? Richard, cosa è cambiato, secondo te, rispetto ai primi anni ’80?

E’ difficile esprimersi obiettivamente. Mille teste, mille opinioni. Si tende a dire che all’estero funziona tutto meglio! Devi andare in Germania! etc etc…

Non so quanto potrebbe essere affidabile ed obiettivo argomentare cosi. Le cose sono peggiorate ovunque. Questo è, credo, l’unico dato di fatto. Chi va ogni tanto fuori, sa che è vero. Per carità, normalmente, nei paesi come la Germania o l’Austria trovi più gente ai concerti, meno gente che si lamenta che un biglietto costa dieci o quindici euro, ci sono posti per suonare più organizzati che da noi, ma non vuol dire che in Italia tutto è merda. E’ solo diverso.

Rispetto agli anni ‘80? Tutto è cambiato. Non so se sono in grado o voglio comparare. Il mondo in cui viviamo cambia e noi dentro di esso. La musica, nel nostro caso l’Heavy Metal, è cambiata. Sono cambiate le band, è cambiato il pubblico. Ad alcuni piace ed accettano i cambiamenti, altri invece non si adeguano mai. Io ricordo il mio secondo concerto, all’inizio degli anni ’90: abbiamo suonato davanti a duemila persone. Cosa che non mi è più capitata e non so se mai mi capiterà ancora. Cosa ci posso fare? Nulla…. se non continuare a suonare perché è ciò che amo e che voglio fare. Non è mai stato facile per nessuno, ma di sicuro è sparito quasi completamente l’interesse da parte di etichette o management di far qualcosa per le band. Sono casi davvero rari quando non è così. Alla fine lo fai solo per risultare una band “di prestigio” e non fai altro che spendere soldi che difficilmente tornano.

                                                                                

I vostri progetti per il futuro? Avete in programma delle attività live?

Naturalmente ci sono delle date live, anche se non molte come, per esempio, l’anno scorso, ma ci sono varie ragioni per questo, tra le quali i nostri impegni, le nostre famiglie ed anche che abbiamo deciso di rinunciare ad alcune proposte perche semplicemente inaccettabili: suonare si, vogliamo, ma non a tutti i costi e non per forza e sempre. Tante volte è peggio che andare a suonare gratis: è andare in perdita, perché ti trovi a fare 4-500 km per raggiungere il posto e non hai un minimo di rimborso spese; una due volte può andare bene, ma non sempre. Spendiamo, come band, un sacco di soldi ed è irrispettoso non poter pretendere un minimo rimborso. Non piango di certo, ma sono davvero migliaia di euro per ogni disco tra registrazione, stampa, promozione,……. vorrei semplicemente che, chi organizza gli eventi, tenga presente anche questo fattore. E so che è fattibile.

In ogni caso, suoneremo ancora: prepariamo un nuovo tour europeo per l’autunno. Spero vada tutto a buon fine.

 

Una domanda per le giovani band che vogliono darsi da fare: quanto tempo dedicate alle prove? Come vi preparate ai concerti?

Io devo dirti onestamente che facciamo poche prove. Le facciamo occasionalmente prima di qualche data importante, per ripassare delle cose e poi quando mettiamo insieme i pezzi. Un motivo è che siamo impegnati con i nostri lavori, un altro è che siamo un po’ distanti l’uno dall’altro. Poi io, per principio, preferisco lavorare con stile: preparare bene a casa ciò che si deve portare in sala, risparmiando a tutti del tempo nelle prove. Ci sentiamo, ci mandiamo files, ne discutiamo, sfruttando la tecnologia odierna. Anche perché nessuno di noi potrebbe permettersi di passare ore e ore in sala come alcuni possono o potevano nel passato. Piuttosto si và a farci una birra, mangiare qualcosa, eccetera. Insomma, più si sfrutta il tempo, meglio è per tutti. Non andando in sala prove non significa che uno non lavori però! Si passano davvero tante ore dietro alla band.

La cosa fondamentale è essere convinti e costanti! Non fermarsi mai davanti agli ostacoli, bisogna combattere sempre e crederci tanto! I risultati arrivano sempre! E per tutti! Se uno lavora sodo, ottiene sempre qualcosa.

 

Durante la vostra carriera avete suonato al fianco di nomi storici, il più famoso è quello dei Testament, ma anche i Raven ed i Tygers Of Pan Tang.  Com’è suonare con loro? Cosa rimane da esperienze del genere?

Beh, qui dipende un po’ che giornata dell’artista con cui ti esibisci hai beccato, se la domanda era riferita a come sono questi personaggi. Dal punto di vista umano, amichevole, per me l’esperienza che ha lasciato di più il segno è stato il minitour con gli Holocaust: persone davvero bellissime. Dal punto di vista emozionale è stato senza dubbio il concerto con i Testament. Fare il sound check con Gene Hoglan e Steve Di Giorgio che ti osservano sotto il palco……guarda… ti emozioni tanto. Ricordo che a Lukas è scesa qualche lacrima.  Forse è stato questo che mi ha convinto a spaccare la chitarra alla fine della nostra esibizione.

 

Tra ‘De-Generation’ e ‘Forsaken One’ la formazione è stata rimaneggiata al cinquanta per cento. Come si è creata quella sintonia con i nuovi musicisti (il chitarrista Max Pinkle ed il bassista Federico Fontanari), palpabile ascoltando il nuovo album, che ha consolidato i Bullet-Proof odierni?

La sintonia è arrivata velocemente ed è stata una cosa automatica. Una semplice conseguenza nell’evoluzione della band. Forse il merito più grande, nel raggiungere l’intesa che abbiamo ora, è di Max. Chi lo conosce sa che persona è. Ha portato tanta armonia nelle discussioni. Poi abbiamo una situazione piuttosto equilibrata perché siamo due ultra quarantenni e due ultra ventenni: Due vecchiotti e due ragazzini; questo aiuta un po’ Max e me a ragionare da Old –School, avendo però la supervisione di due giovani, Federico e Luke, che ci ricordano che siamo nel 2017. Ecco!

 

Non ci resta che ringraziare Richard per la sua disponibilità, lasciando a lui i saluti finali ai lettori di TrueMetal.it. Grazie!

Che dire ragazzi? Sono estremamente felice e fiero che siamo finiti anche sulle pagine di una delle webzine più importanti in Italia! Ringrazio, in primis, tutti quelli che sono già venuti o decideranno in futuro di venire a vederci dal vivo, quelli che troveranno del tempo per leggere questa intervista a quelli che comprano e supportano la nostra musica, ringrazio Andrea e la redazione di TrueMetal.it, ringrazio mia moglie per l’infinita pazienza! Ringrazio i miei compagni della band. Tutti voi siete importanti per noi, per me, per chiunque altro! Tutti abbiamo bisogno di qualcuno.

Keep on rocking!!