Intervista Coheed And Cambria (Claudio Sanchez)

Intervista a cura di Davide Sciaky
You can read the interview in English here.
Ciao Claudio e benvenuto su TrueMetal.it.
State per pubblicare “Vaxis – Act III: The Father of Make Believe” e la prima cosa che voglio chiederti è questa: in passato avete già raccontato storie che spaziando su due album, due atti, ma questa è la prima volta che arrivate al “terzo atto”. Era questo il piano fin dall’inizio, o vi siete ritrovati con così tanto materiale che avete deciso di andare avanti per un altro album?
Quando ho creato quest’idea [The Amory Wars], circa 20 anni fa, pensavo solo che sarebbe stata composta da tre parti, non avrei mai pensato che sarebbe diventata così ampia com’è ora. Non immaginavo che sarebbe stata così lunga, ma sono molto grato che sia finita così.
Puoi dirmi qualcosa di più sui testi e sulla storia che racconti in questo album?
Sì, certo. Quando ho finito di scrivere “Vaxis – Act II: A Window of the Waking Mind” e abbiamo pubblicato il disco, ero molto orgoglioso di quell’album. Ero così orgoglioso di quel disco che mi è stato difficile immaginare come sarebbe stato il suo seguito. Così ho continuato a scrivere musica, nella speranza di trovare un filo conduttore, e solo dopo la morte di mio zio ho cominciato a pensare a come sarebbe stata la mia vita se fossi morto, o di come sarebbe stata se fosse morta mia moglie. E ho iniziato a farmi un mucchio di domande, i se e i ma che ci si chiede durante la mezza età. Ho iniziato a pensare a tutte le domande che si presentano in questo periodo della vita. E mi sono reso conto che questo stava diventando il fulcro del disco. È questo che ha definito l’atmosfera del disco. Si tratta di perdita, mortalità, identità, chi sono ora? Come sarebbe stata la vita se non avessi mai ideato il concept della band, e come sarebbero stati percepiti i Coheed and Cambria? È proprio questo il grande tema del disco e ho cominciato a chiedermi, cosa farò quando il concept sarà finito? Cosa succederà quando tutto sarà finito? I Coheed and Cambria si trasformeranno in qualcos’altro? O dopo i prossimi due dischi ci sarà la fine della band? Credo che alla base dell’album ci siano le domande che ci si pone nella mezza età.
Quest’album è musicalmente molto eterogeneo e salta da uno stile all’altro senza fatica. Penso che sia molto bello, non sai mai cosa succederà dopo. C’è un limite a dove porteresti la band? Ti capita mai di scrivere un riff e di pensare: “Ok, questo non sembra da Coheed and Cambria”?
Penso che nulla sia off limit. Quando ho iniziato a creare musica da bambino, non ho mai voluto essere definito da un genere, volevo essere io a definire il genere della musica che suono. Volevo semplicemente suonare di tutto. Volevo avere una vasta gamma di possibilità con cui creare la musica. Quindi, per me, ascoltando questo disco si ha la sensazione che sia proprio il tipo di disco in cui ci si può aspettare l’inaspettato. Penso che quando abbiamo pubblicato i tre singoli, Blind Side Sonny, Searching for Tomorrow e Someone Who Can, sono così diversi che è stato come dare al pubblico l’idea che questo disco può andare in qualsiasi direzione, questo è il tipo di esperienza che si può avere con l’album. E credo che molto di questo abbia a che fare con la versatilità e l’apertura mentale della band quando si tratta di creare.
Hai accennato a Searching for Tomorrow, avete realizzato un video animato, e non è la prima volta che lo fate, ma mi è sembrato più complesso ed elaborato di altri video simili che avete realizzato in passato. Com’è stato lavorarci e qual è stato il tuo grado di coinvolgimento con l’artista che ha creato il video?
Oh, sono stato coinvolto fin dall’inizio. Innanzitutto, Someone Who Can fa parte di una trilogia di video. Blind Side Sonny, Searching for Tomorrow e Someone Who Can fanno tutti parte di una narrazione complessiva in cui il personaggio di Blind Side Sonny viene introdotto in modo molto diverso rispetto alla storia. Si comporta quasi come un angelo custode e ci mostra, attraverso il video di Searching for Tomorrow, le potenziali realtà che i Coheed and Cambria avrebbero potuto vivere se la band non fosse esistita. E, quando il video finisce, entriamo in Someone Who Can, dove vediamo versioni più giovani di noi stessi. E noi, come versione più anziana, siamo fondamentalmente nel ruolo dell’angelo custode, che aiuta la versione più giovane di noi a superare gli ostacoli che gli si parano davanti. In Blind Side, il personaggio si manifesta ancora come nei due precedenti, ma in modo diverso, come certi elementi nascosti nel video, come il deodorante per ambienti nel furgone o la statuetta alla cassa armonica. Il personaggio è ancora molto presente. Ma sì, ho avuto un ruolo importante nella stesura dei trattamenti e nel cercare di trovare modi creativi per far sì che i video fossero in qualche modo collegati tra loro, nel casting di alcuni degli attori e sono sempre coinvolto in qualche modo quando si tratta di fare video. Sono sempre presente. Sono sempre sul set. Trovo che sia molto divertente.
Naturalmente la storia si svolge nel mondo delle Amory Wars, che è l’ambientazione della maggior parte dei vostri album. Quando vedo un video d’animazione, ovviamente, mi sembra la naturale evoluzione del fumetto. Mi chiedevo se hai mai pensato di fare altri video animati all’infuori della musica per continuare queste storie in maniera indipendentemente, che sia con una serie animata o altro.
Oh, assolutamente. E siamo stati a stretto contatto con gli showrunner di Los Angeles con i quali abbiamo discusso la possibilità di adattare la serie in una sorta di lungometraggio. Sai, c’è sempre qualche ostacolo da superare, che si tratti dello sciopero degli sceneggiatori o dello sciopero degli attori o di questo o di quello. Ma, sì, è una cosa che vorremmo fare. E richiede molte spiegazioni, far capire a queste persone l’interesse dei nostri fan per portare queste storie nel medium cinematografico. È sicuramente qualcosa a cui pensiamo e per cui stiamo lavorando, è sicuramente una parte del nostro obiettivo.
E, a proposito di questo, so che un po’ più di 10 anni fa, Mark Wahlberg aveva annunciato che avrebbe prodotto un adattamento, ma alla fine non è andato in porto. C’è qualcosa in una fase di sviluppo più avanzata e concreta, o per ora è ancora solo un sogno?
Sì, è ancora un sogno, come dicevo abbiamo collaborato con uno showrunner e abbiamo fatto dei pitch con alcune case di produzione, ma al momento le cose sono in sospeso. Siamo in attesa di ricominciare a proporre la cosa. È sicuramente un sogno, ma più che altro stiamo cercando di mettere insieme i pezzi per realizzarlo davvero.
Come abbiamo detto, sei un autore di fumetti da quasi lo stesso tempo da cui sei un musicista. Mi chiedevo se ti consideri più un musicista o un autore, o se entrambe le cose sono più o meno sullo stesso piano per te.
Sicuramente mi considero prima di tutto un autore di canzoni, perché è da lì che è nata tutta questa roba: scrivere canzoni, creare canzoni su di me e trovare il modo per rendere le mie insicurezze il punto focale del concept. Quindi mi considero prima di tutto un autore di canzoni, ma da tempo scrivo fumetti e ne creo anche al di fuori di Amory Wars. Quindi, in un certo senso, creo, mi considero una persona creativa e mi sento a mio agio nel creare. Probabilmente direi che sono prima di tutto un autore di canzoni e, in generale, una persona creativa.
Oggi i fumetti sono entrati nel mainstream molto più di 20 anni fa e non è raro che persone note per il loro lavoro nei fumetti passino ad altre forme di media, lavorando nel cinema e nella televisione. È una cosa che ti attrae e hai mai pensato di provare a muoverti in questa direzione?
Oh sì, un po’. Le Amory Wars sono qualcosa che sento molto vicino, e abbiamo messo così tanto amore e attenzione nella realizzazione delle Amory Wars e nella costruzione della fanbase che abbiamo oggi che mi piacerebbe vederle prendere vita [sullo schermo]. Voglio dire, se arrivasse la persona giusta e dicesse: “Ehi, voglio che tu scriva per questo, o che aiuti a creare i concept per questo”, sarei totalmente aperto a questa eventualità. Assolutamente. Ci sono storie già esistenti con cui gioco di continuo. Io e mia moglie scherziamo sulle possibilità di scrivere per cose di cui non facciamo parte. E sulle idee che potremmo avere per quelle cose. E sarei assolutamente aperto a collaborare su un’altra storia. Se mi capitasse la giusta storia per cui nutrissi amore e interesse, lo farei assolutamente. Ma se si trattasse di qualcosa di casuale, del tipo: “Ehi, pensiamo che tu sia adatto a questo”, ma senza che ci fosse davvero mio interesse, allora probabilmente prenderei in considerazione l’idea di non farlo. Ma non direi immediatamente di no. Mi informerei prima e mi chiederei se è qualcosa per cui potrei trovare un interesse. Ma, per risponderti in breve, sarei aperto all’idea di muovermi verso la TV o il cinema.
Uno dei temi caldi di questi giorni è l’AI e, lavorando sia con i fumetti che con la musica, sei doppiamente esposto ai pericoli, per così dire, di questa tecnologia. Credo che molte persone abbiano già parlato dei pericoli dell’AI, ma mi chiedevo se hai mai approfondito il tema e se hai invece visto qualche aspetto positivo in questa tecnologia.
Credo che l’IA nell’arte sia qualcosa di molto più profondo di una semplice scorciatoia. Penso che l’idea di insegnare all’intelligenza artificiale a essere creativa sia qualcosa di molto più grande di quanto si possa prevedere. E credo che abbia molto a che fare con l’evoluzione umana. Credo che insegnare a un’intelligenza artificiale gli strumenti della creatività significhi insegnare il concetto di libero arbitrio e la possibilità di vivere. E, in un certo senso, credo che questo significhi unirci ad essa e permettere alla nostra vita di allungarsi. Ti sembra sensato il mio discorso? Se prendi l’intelligenza artificiale, la cosa in sé, e ci si riesce a mettere dentro la coscienza proveniente dal proprio corpo che invecchia, allora è quasi come avere la possibilità di vivere per sempre. Mi sembra che questo sia la fase in cui ci troviamo quando parliamo di insegnamento della creatività dell’intelligenza artificiale. Per quanto mi riguarda, mi accorgo che quando lavoriamo con altri artisti, a volte questi usano l’AI. E questo a nostra insaputa, fino a quando non vediamo il prodotto finale o un fan ci dice: “Ehi, c’è qualcosa che non quadra”. Mi sembra che sia qualcosa che ormai circola ed è difficile da evitare. E vedo quasi una similitudine tra il modo in cui la fotografia è stata percepita quando ha iniziato a diventare una forma d’arte. Potrebbe essere un po’ diverso, perché in fondo con l’AI stai solo scrivendo un testo da cui generare immagini o musica o altro. Non mi piace per forza, ma allo stesso tempo è difficile evitarlo. È qui e penso davvero che ci sia un piano più ampio, e questo è l’evoluzione umana. So che è difficile da comprendere in questo momento, ma credo che l’AI sia qui per uno scopo superiore. Quindi, la uso in questo momento? No, perché ho paura di darle in pasto le cose che ho creato. Sono sicuro che qualcuno da qualche parte avrà usato Amory Wars come spunto per far creare all’AI i propri personaggi. Ne ho paura? Per alcuni aspetti sì, per altri no.
Ho solo un’ultima domanda, allontanandoci per un momento dalla musica, ma ho letto che hai origini italiane. Mi chiedevo se hai ancora una famiglia qui e se hai avuto modo di visitare il nostro Paese, a parte quando sei in tour.
Non so [niente della mia famiglia]. Mia moglie è stata in Italia un periodo per concentrarsi sulla scrittura, anche se non ricordo dove. Ma per quanto mi riguarda non lo so. Mia madre è italiana, ma non sono del tutto sicuro che ci sia ancora una famiglia lì. Voglio dire, sono sicuro che c’è, ma forse senza che mia madre ne sappia nulla. Mi piacerebbe venire qui più spesso, in Europa in generale, perché mi ispira molto. Mi trovo [in questo momento] nella città di Parigi, sono stato qui diverse volte: ho scritto canzoni qui. Il concept della band è nato qui nel 1998. Invecchiando ho scoperto il piacere di viaggiare, il che è strano perché quando ero più giovane non era una cosa che mi interessava. Ma se ho una famiglia in Italia, mi piacerebbe saperne di più perché è interessante scoprire i segreti del proprio passato per rispondere alla domanda “Da dove vengo?”. Quindi, sarebbe interessante se ci fosse qualche parente ancora lì, questo è sicuro.