Intervista Cradle Of Filth (Dani Filth)
Dunque, caro Dani, Trouble And Their Double Lives è il primo disco dal vivo dei Cradle Of Filth da oltre vent’anni. L’album è stato registrato tra il 2014 e il 2019, epoca pre-Covid. Senti quella vibrazione nel disco e credi che quella vibrazione oggi stia tornando?
Sì, credo che quella vibrazione sia decisamente tornata: abbiamo fatto quattro tour dopo il Covid, naturalmente un po’ di festival estivi, siamo appena tornati da Las Vegas la settimana scorsa… Sì, credo che la vibrazione sia più forte che mai, ora, per le band che hanno continuato a muoversi.
Com’è stato il lavoro di produzione con Scott Atkins al Grindstone Studio? Siete in generale soddisfatti del risultato finale, rappresenta correttamente la band sul palco?
Credo di sì! Scott è un alleato molto vicino alla band, oggi in effetti lo incontrerò perché inizieremo a lavorare al nuovo album dei Cradle da lunedì. Ovviamente abbiamo cominciato con le batterie e naturalmente ci vorranno mesi. Ma sì, lui è così vicino alla band che ci fidiamo implicitamente, abbiamo lavorato a stretto contatto una volta che gli abbiamo dato i molti nastri registrati dal nostro fonico. Abbiamo lavorato fianco a fianco. È stato un grosso lavoro ma non immenso, intendo dire, tutti gli ingredienti dei live erano a disposizione, già in una buona forma che la gente potesse apprezzare.
A quei tempi e anche oggi, credi ci siano differenze tra il pubblico in giro per il mondo? Pubblico americano, europeo, nord-europeo, dell’Europa meridionale…
Mmh… Ci sono piccole differenze, niente di grosso. Vedo la comunità metal come abbastanza caotica, di supporto, sgargiante, ci sono tanti attributi che darei al mondo dei fan. All’estero le differenze consistono nel fatto che se suoni in Islanda piuttosto che in Australia, la gente sarà vestita più pesante e avrà una mentalità leggermente diversa ma generalmente i fan sono abbastanza folli dappertutto!
Ah ok, mentre a livello vocale come ti prepari prima degli show? Hai seguito degli studi specifici per la tua tecnica vocale?
Beh, ho iniziato a seguire Melissa Cross (The Zen Of Screaming) ma ho realizzato che alcune cose funzionavano ma molte altre non facevano per me. Credo che si generalizzi parecchio in un ambito invece molto personale: quello che funziona per una persona non funziona necessariamente per un’altra. Molta gente prima di salire sul palco fa riscaldamento per circa un’ora ma è folle, è troppo: come fare mezza maratona prima di fare una maratona! Letteralmente senza senso, ti sfianca! Il mio riscaldamento dura dieci minuti a far tanto, ovviamente facciamo il soundcheck nel pomeriggio e dura circa un’ora, quello è un vero e proprio riscaldamento. Ovviamente c’è un riscaldamento anche per il soundcheck (ride) ma nel momento in cui salgo sul palco la mia voce è… Beh, non devo essere messo nella condizione di fare un sacco di interviste, una volta lo facevo ma oggi direi di no: è troppo per un cantante parlare tutto il giorno e poi dover cantare. Lo stesso se un batterista suonasse la batteria tutto il giorno. Naturalmente ci sono alcune cose che vanno fatte prima di salire sul palco, una cosa importante è rimanere calmi, divertirsi e non essere stressati: lo stress è un assoluto assassino della mente. Credo che qualsiasi cosa produca stress in tour vada immediatamente bloccata, sia che si tratti di persone che fanno sceneggiate – non ci capita più, fortunatamente – che trovarsi in situazioni bizzarre che mandano in crisi la gente. Liberate la mente, divertitevi, a quello servono i tour, divertirsi! Non appena diventano spiacevoli, non vogliamo più farli, ora è da un po’ che siamo in ballo e abbiamo l’opportunità di decidere se vogliamo fare tour oppure no. Volete suonare in locali merdosi? No. Volete farlo in bei posti? Sì. Volete divertivi? Sì. Volete essere depressi tutto il tempo? No! Ovviamente non c’è bisogno di dirlo. Dunque sì, mantenete un’attitudine positiva, esplorate le località, rilassatevi, fate quello che vi fa star bene in modo che tutto questo porti un risultato positivo nella performance che farete più tardi! E ovviamente non bevo più alcool, il che è un beneficio perché l’alcool è terribile per la voce, eccetera, eccetera. Piccole cose che però incidono sul quadro generale della situazione.
In studio, invece, è diverso… Come un attore che si prepara per un film o per una performance teatrale?
Sì, lo studio è un’altra faccenda, molto più rilassante, è un ambiente controllato dove non devi essere attento a tutti i dettagli. Anche per lo studio è importante rilassarsi e divertirsi, godersi il processo di fare un disco dato che se è stressante si diventa tesi ed è frustrante, non ti va di lavorare. Tutto dovrebbe essere totalmente gradevole, ci sono stati momenti nel passato durante i quali membri della band e situazioni varie hanno reso molto spiacevole essere nella band. Ora ho un’età per cui, può sembrare egoista, qualsiasi cosa nel mio ambito diventi disturbante o personale va fermata per fare qualcos’altro. Non conosco la pazienza se si tratta di drammi o stress in generale!
E tecnicamente parlando, quanto ti piace lavorare con effetti vocali in studio e quanto lavorare con la voce naturale?
Ahh… So che il nostro produttore odia gli effetti vocali, io non particolarmente! Di tanto in tanto utilizziamo effetti vocali per propositi specifici: un delay o qualche strano effetto audio che migliora la traccia o che è rilevante per la traccia. Ma parlando in generale non tanto, giusto un pizzico di riverbero… Sì, il nostro produttore odia gli effetti troppo plateali, siamo una band con tanta carne al fuoco dunque “meno è più”: se mettiamo orchestrazioni su un brano, non vogliamo cento tracce e cerchiamo di mantenere le cose essenziali anche per le voci.
Senza troppi livelli…
No, no, siamo letteralmente scesi a due, forse a volte quando mettiamo dei cori o delle tracce corali aggiungiamo delle voci laterali stereo per riempire ma generalmente si tratta di una o due voci, sì.
L’anno prossimo ci sarà il trentesimo anniversario del vostro album di debutto, farete qualcosa di speciale?
Abbiamo ri-registrato due canzoni del primo album e il prossimo anno sarà assolutamente pieno di show dato che uscirà il disco. Quest’anno è relativamente tranquillo per noi perché abbiamo già suonato in America coi Devildriver come co-headliner. Abbiamo una manciata di festival estivi, fine anno il sud America e Messico, la seconda parte del tour americano. E questo è quanto per quest’anno, sarà il prossimo quello tosto, quindi la vedo dura dedicarsi a qualcosa relativamente a Principle. Spero almeno in un paio di occasioni di suonarlo per intero ma al momento non ci sono piani precisi in merito a parte il fatto di riconoscere che il disco compirà trent’anni l’anno prossimo e come dicevo, abbiamo ri-registrato due canzoni.
Stai lavorando a progetti paralleli al di fuori della musica, magari scrivere o recitare o cose simili?
C’è un po’ di roba in ballo, un cartone animato intitolato Filthy Antics, al momento ci sono persone che lo stanno esaminando dato che abbiamo fatto un episodio pilota. Poi sarò coinvolto col mio amico Rob Caggiano dei Volbeat, io lui, John Tempesta che al momento è impegnato coi Cult e King dei God Seed abbiamo un gruppo chiamato Temple Of The Black Moon. C’è dell’interesse ma non so fino a che punto arriveremo, se arriveremo a registrare un album. L’altra mia band Devilment è in stallo permanente al momento perché i Cradle Of Filth sono con un nuovo management da sei anni, si tratta di Dez e Anastasia Fafara, Dez è con i Coal Chamber e i Devildriver e lei è sua moglie. La loro compagnia di management, la Oracle Management, si è occupata della band, sono fantastici e sono molto occupato, non ho avuto il tempo di occuparmi di progetti paralleli e via dicendo. Ci stiamo concentrando solo sui Cradle Of Filth perché siamo sempre impegnati e se non lo siamo voglio impiegare il tempo con amici, famiglia, fidanzata, eccetera, eccetera. Diciamo che vorrei tornare a lavorare ai Devilment ma al momento è un po’ sfiancante perché amo la musica ma se non si tratta di un disco importante, sai… I Cradle Of Filth mi assorbono troppo, sono la mia creatura ed il mio lavoro! È molto impegnativo, devi ricoprire molti ruoli quando sei nei Cradle Of Filth.
Cosa ti manca di più e cosa non ti manca della scena metal anni Novanta?
Mi manca la magia, si trattava di qualcosa di molto fresco e nuovo perché era una scena fiorente, eravamo giovani e c’erano un sacco di grandi band. Internet non c’era e non c’erano molte persone che possedevano un telefono cellulare, dunque tutto era più conciso, misterioso, forse più difficile da organizzare… Non saprei, era un pizzico più pericoloso, lo trovavo più pericoloso: abbiamo suonato in posti pericolosi, abbiamo fatto show pericolosi, talvolta ci siamo comportati male, eravamo una band black metal. Le band norvegesi erano caratterizzate da morti e distruzione, noi ci muovevamo in altri ambiti: la band beveva un sacco, usava un sacco di roba… Ma erano bei tempi! Abbiamo fatto grandi album, abbiamo suonato in giro ma le cose sono cambiate da allora: non mi manca per nulla il caos, lo abbiamo creato come parte della nostra storia. Ancora oggi andiamo in certi posti dove si ricordano di noi ma credo che oggi trovino dei Cradle Of Filth molto educati, molto professionali e con una grande squadra! Ci siamo divertiti, non a spese di qualcun altro e ancora oggi ci divertiamo: so che può suonare ovvio ma se ti piace quello che fai ti diverti, ed ecco quello che facciamo. Cerchiamo di renderlo il più confortevole ed esilarante possibile. Quello che non mi manca di allora sono i concerti di merda, le cose da fare per forza per fare la “scalata” e dal punto di vista degli affari abbiamo fatto cose che oggi decisamente non faremmo. Ci sono state situazioni in cui ci siamo trovati perché ad un certo punto non avevamo un management, parliamo degli inizi della nostra carriera. Tutto questo oggi viene gestito in prima battuta, le cose vanno così: col tempo diventi più cosciente, più saggio riguardo quello che fai perché hai alle spalle una lunga storia da cui prendere appunti!
Hai un messaggio e un saluto finali per i fan italiani, hai qualche ricordo legato all’Italia?
Oh, sì, una montagna! Adoro suonare in Italia, sfortunatamente non ci sono abbastanza show in Italia, si tratta di massimo uno o due concerti e uno di solito a Milano, il che mi piace, non fraintendetemi! È una ventata di aria fresca venire in Italia se stai girando l’Europa, perché ti trovi in un clima più caldo e provi una certa sensazione in Italia, Spagna, Francia meridionale e Grecia: è così diverso dall’Europa settentrionale o centrale! Spezza la routine del tour, è sempre bello venire per esempio nel sud della Francia, in Svizzera e decisamente in Italia: sai che puoi cominciare con una buona tazza di caffè! Sì, ci siamo divertiti, eravamo amici di un tizio chiamato Ice che gestiva i locali Transilvania: ho passato dei bei momenti con lui, mi ha fatto venire in Italia insieme a una delle ragazze del film e al regista Alex Chandon, il film era Cradle Of Fear. Ci ha fatto venire per fare un giro dei suoi club, promuovere parte del film e in generale interagire coi fan. Un bel po’ di divertimento, anche folle infatti: una volta lui stesso ha distrutto uno dei suoi locali, abbiamo iniziato a combattere per scherzo con la gente che vi lavorava e il gioco è finito un po’ fuori controllo! Sì, ho bellissimi ricordi di quei momenti, anche non legati alla musica: ho portato la mia ragazza a Roma per qualche giorno e ci siamo davvero divertiti. Sì, un sacco di cari ricordi legati al suonare in Italia, ricordo di aver partecipato ad una trasmissione tv che era essenzialmente per bambini o adolescenti, non ricordo dove fosse in effetti… Mi ricordo solo di me e Paul Allender, il nostro chitarrista precedente, seduti su questo grande divano completamente truccati e con un po’ di doposbronza dato che lo show della sera prima era stata fantastico. Ricordo di essere stato completamente sconcertato mentre questi due presentatori tutti sorrisi dicevano: «Ciao!»… Davvero surreale, non so cosa facessimo in quella trasmissione ma sicuramente abbiamo spaventato molta gente!
Conosci qualche band italiana?
Certamente, i Lacuna Coil: ho incontrato Cristina la settimana scorsa al Sick New World Festival di Las Vegas… Poi quella band, i Ghostrider che diventarono i Necrodeath, Theatres Des Vampires per esempio… Beh, ora è mattino presto per me, lavoro fino a tardi e il mio cervello è confuso! Come quando ti chiedono qual è il tuo film preferito, conosci questo, quello, ecc. ecc! Sto pensando, Claudio Simonetti, di fama Goblin, col quale ho registrato un brano per il film di Dario Argento La Terza Madre il che è fantastico, ho sempre amato i Goblin! Poi una grande band dark-electro chiamata Limbo, dei quali sono un grande fan. Sì, tanta grande roba è arrivata dall’Italia in passato, anche grandi film: Lucio Fulci, Dario Argento, eccetera eccetera… Mario Bava, giusto? Pasolini ovviamente (ride)… Ricordo che eravamo in America e stavamo cazzeggiando nel bus, il tecnico della chitarra chiese che tutti fossimo andati a guardare Le 120 Giornate Di Sodoma dato che avevamo un video, ‘Babylon AD’, basato su di esso. Niente può prepararti a quel film…
È abbastanza estremo…
È ancora estremo ed è… Deprimente. Non è di certo un film che metti su per svagarti. Mi sono divertito a vedere le reazioni della gente nel vederlo, specialmente “il circolo della merda”: tutti che sboccavano, vomitavano caffè e dicevano: «Oh mio Dio, che cazzo!»… Lo trovavo spassoso ma no, non sono un grande fan del film. È uno di quei film che puoi goderti solo in quei momenti in cui sei fuori… Apprezzo la motivazione, quello che lui intendeva comunicare come critica sociale e via dicendo, il fatto che abbia basato il tutto sul Marchese De Sade, l’idea dei libertini che governano il mondo con tutti gli altri che sono servi del loro piacere. Ma è davvero difficile da guardare… E inoltre a quel tempo, penso nel 1998, siamo stati letteralmente fermati con le pistole puntate al Vaticano grazie a Kerrang Magazine! Ecco un altro caro ricordo dell’Italia (ride)!
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