Death

Intervista Dark Tranquillity (Mikael Stanne)

Di Davide Sciaky - 18 Novembre 2020 - 9:00
Intervista Dark Tranquillity (Mikael Stanne)

Intervista a cura di Davide Sciaky 

Ciao Mikael, come stai?

Sto bene, ho fatto tante interviste di fila, ho parlato con tanta gente interessante, è figo!
Sai, c’è quella sensazione, sto parlando con qualcuno in un altro Paese, è sempre una bella cosa.

 

A breve uscirà il vostro nuovo album, “Moment”. Raccontami di questo disco, come lo descriveresti? Diresti che c’è stato un cambiamento, un’evoluzione musicale rispetto al disco precedente?

Vorrei pensare che ci sia stata un’evoluzione, sì.
Ci abbiamo lavorato molto, abbiamo cominciato all’inizio dello scorso anno a scrivere le canzoni per il seguito di “Atoma”, album che ormai abbiamo pubblicato quattro anni fa.
Sicuramente abbiamo avuto molto tempo per mettere insieme nuovo materiale e ovviamente volevamo che ci fosse una qualche progressione da “Atoma”, volevamo che fosse nello stesso stile ma in qualche modo diverso.
Abbiamo iniziato con delle melodie, con dei semplici scheletri di canzoni, poi come siamo andati in tour si sono uniti a noi due nuovi chitarristi e quindi sono diventati anche loro parte del processo di scrittura e questo ha portato ad idee diverse, nuove prospettive e nuovi modi di pensare alla nostra musica.
È stata una bella sfida, è stato un bel processo, interessante e molto creativo e ovviamente quest’anno a causa della pandemia siamo rimasti in studio molto più tempo di quanto avevamo previsto e questo ci ha dato modo di sperimentare di più, di poter provare cose che magari non avremmo provato altrimenti, ci ha permesso di creare davvero l’album migliore possibile per noi in questo momento.
Ci siamo detti, “Questo sarà un album che i fan potranno ascoltare in casa, ma non sentiranno queste canzoni dal vivo per molto tempo” e questo è triste da un lato, ma dall’altro ha cambiato il punto focale dell’album ed il modo in cui ci siamo approcciati alla sua creazione, perché non c’era un tour alla fine del processo, non c’era un giro di festival subito alla fine.
Questo diverso approccio magari traspira nella musica, chi lo sa, ma comunque abbiamo lavorato più a lungo e duramente su quest’album che a qualunque altro nostro vecchio disco.

 

Di cosa parlano i testi, è un concept album?

Non direi che è un concept, ma mi piace avere un tema comune quando lavoro ad album, qualcosa che connette le canzoni o quantomeno un punto di partenza da cui cominciare a scrivere.
In questo caso si tratta di scelta, di esperienza e del modo in cui uno affronta il futuro, del momento che separa passato e futuro e del momento in cui decidi chi vuoi diventare, chi vuoi essere e in che direzione vuoi andare.
E parla anche del modo in cui uno affronta il disastro, le conseguenze, le cose inaspettate della propria vita.
Questo è stato il punto di partenza, poi ovviamente ho scritto perché ero arrabbiato, ho scritto perché ero turbato, ho scritto per provare a dare un senso a quello che stava succedendo nel mondo, l’anno scorso, nell’ultimo paio d’anni.
Naturalmente questo ti lascia con una sensazione di impotenza e cerchi di focalizzarti su certi aspetti dell’umanità o del modo di pensare degli uomini e finisci per trovarti ancora più confuso che all’inizio, ma almeno questo è stato quello che ho tentato di fare, dare un senso a tutto ciò.
Non è facile, ma è il mio modo di affrontarlo e direi che questa sensazione di impotenza è qualcosa che è presente nell’ultimo paio d’album; spero che se qualcuno si sente allo stesso modo possa trovare di conforto questi album perché, non so, immagino che sia qualcosa che provano molte altre persone.

 

Tornando a parlare dell’evoluzione musicale che dicevamo prima, ho notato che la maggior parte delle canzoni sull’album sono mid-tempo, o comunque sono un po’ più lente che in passato…

Esatto.

…è stata la semplice evoluzione naturale della vostra musica o avete deciso in maniera un po’ più consapevole di provare qualcosa di diverso e di andare in questa specifica direzione?

Penso che inizialmente alcune delle prime canzoni scritte fossero un po’ più pesanti, più focalizzate sulla melodia, sulle emozioni; poi alcune sono cambiate, sono diventate più veloci, più lente, più pesanti e via dicendo.
Forse all’inizio c’è stata una decisione più consapevole ma alla fine si è trattato di trovare il giusto equilibrio che facesse sentire qualcosa: abbiamo cercato di fare in modo che le canzoni provocassero un riscontro emotivo e questo forse ha richiesto che rallentassimo un po’, o almeno che non facessimo canzoni così veloci come in passato.
È stato qualcosa di molto naturale.

 

Ho notato anche che l’album presenta più assoli che in passato, di nuovo, è stata un’evoluzione naturale o avete voluto sfruttare i vostri nuovi chitarristi mettendoli alla prova per vedere di cosa erano capaci?

Penso che questo sia stato in gran parte una decisione di Chris e Johan, loro l’hanno reso sicuramente più pesante col modo in cui hanno suonato, Johan ha contribuito al songwriting di alcuni pezzi e voleva che fosse pesanti perché… questo è quello che gli viene meglio [ride].
Sicuramente averli con noi è qualcosa di cui l’album ha beneficiato molto e che ci ha permesso di muoverci in direzioni che forse prima non avremmo potuto affrontare.

 

Parlando dei nuovi chitarristi, Christopher Amott e Johan Reinholdz, come li avete trovati, come li avete scelti? Ovviamente sono musicisti noti, ma siete andati voi a cercarli o vi hanno contattato loro quando hanno scoperto che avevate bisogno di nuovi chitarristi?

Niklas ci ha suggerito Johan perché ha disegnato la copertina di un suo album e lo conosceva, e anch’io ho lavorato con lui, ho registrato una canzone per l’album appena uscito [“Like the Fearless Hunter”] del suo progetto “Nonexist”, l’ho registrata un po’ di tempo fa, tre anni fa.
Quindi lo conoscevo, sapevo quanto fosse un buon chitarrista e poi anche Niklas mi ha detto “Ascoltati questo chitarrista, è fantastico, sarà perfetto al mio posto perché io non verrò in tour”.
Poi abbiamo parlato di Chris, “Che ne dite di Chris? È fantastico, ora non è più negli Arch Enemy, vive a New York, proviamo a sentirlo” e così l’abbiamo incontrato quando abbiamo suonato lì, credo fosse il primo show in supporto di “Atoma” e lui ha risposto con entusiasmo; abbiamo deciso di incontrarci quell’estate per fare delle prove e per suonare dei festival insieme.
Questa combinazione ci è sembrata giusta da subito, ovviamente sono musicisti fantastici, bravissimi ragazzi, Chris lo conosciamo da tantissimo tempo, Johan è una conoscenza più recente ma è meraviglioso.
Ci siamo divertiti tantissimo a suonare insieme negli ultimi tre anni e onestamente sembra davvero che suonino con noi da sempre [ride] o comunque molto più tempo dei tre anni che sono passati, quindi quest’incontro è stato molto naturale.
Ovviamente essendo una band con 30 anni di storia un cambiamento del genere è una cosa grossa, ma non l’abbiamo quasi sentito, è stato semplicemente un bel cambiamento.

E ovviamente quando sei una band che suona dal vivo, che fa tour, l’alchimia tra i membri è importante dato che si passano lunghi periodi a stretto contatto, si vive insieme nel tour bus e via dicendo.

Assolutamente, questo aspetto è anche molto importante.
Ovviamente siamo cresciuti ascoltando la stessa musica, abbiamo circa la stessa età, già così abbiamo molte cose in comune quindi sì, è stato tutto molto facile.

Che rapporto avete con Niklas Sundin e Martin Henriksson oggi?

Con Niklas abbiamo lo stesso rapporto di sempre, a parte il fatto che la musica non fa più parte dell’equazione.
Vive in America e siamo in costante contatto con lui perché ci disegna le copertine, le magliette, le proiezioni video, tutto il lato grafico della band è in mano a lui; questo è qualcosa che ha sempre fatto e ora ha ancora più tempo da dedicarci.
Per me questo è fantastico, sono contentissimo, e anche lui è molto eccitato a riguardo e ci dà un grande aiuto, quindi siamo tutti molto soddisfatti.
Martin è il manager della band, quindi continua a fare quello che faceva prima, meno il suonare la chitarra, quindi anche lì non è cambiato molto; si prende cura degli aspetti più pratici, qualcosa che faceva sempre anche quando era nella band dato che noi siamo davvero incapaci a starci dietro mentre lui è bravissimo.
Sai, ad un certo punto trovi il tuo posto, penso che Niklas sia più a suo agio a stare a casa, ad esprimere la sua creatività dal punto di vista visivo, e Martin è fantastico ad essere organizzato ed occuparsi di quelle cose.
Noi invece siamo ancora innamorati del suonare dal vivo, andare in tour e urlare per mesi.

 

Mi hai detto che la copertina è nuovamente stata disegnata da Niklas, com’è andata la creazione della copertina? È tutto in mano a lui o vi scambiate idee?

Questa è la cosa divertente, secondo me.
Io propongo la mia idea a Niklas, gli dico il titolo del disco, gli passo alcuni testi e gli dico, “Questa è la mia idea, questo è quello che avevo in mente mentre scrivevo questi pezzi”; lui mi risponde “Okay, va bene, interessante”, e poi io gli indico alcuni suoi lavori passati nello stile che vorrei.
A quel punto lui sviluppa delle idee e comincia a mandarmi disegni e foto chiedendomi se è il genere di disegno che avevo in mente finché non troviamo un punto di incontro su cui lavorare.
Qui volevamo rappresentare un momento, l’istante del cambiamento, il momento in cui vedi il quadro generale per quello che è davvero, l’epifania quando capisci qualcosa o cominci a vedere le cose da una prospettiva diversa; questa era la sensazione che volevamo trasmettere con la copertina.
Così a Niklas è venuta l’idea di questo grosso ambiente ostile, sconosciuto, con un personaggio che è al centro dell’attenzione che esplora i dintorni con lo sguardo.
Penso che abbia fatto un lavoro incredibile con il modo in cui funzionano i colori, con quest’immagine così ampia ed evocativa che ti fa pensare.
È una cosa che amo dei suoi lavori, io sono innanzitutto un suo fan, sono felicissimo di come sia venuta questa copertina e non vedo l’ora di avere tra le mani il vinile.

Sono d’accordo, mi è piaciuta moltissimo questa copertina e sono stato contento di vedere come abbiate deciso di seguire lo stile di “Atoma” con una copertina un po’ fumettosa, se vuoi.

È vero, è molto in questo stile come disegnato a mano.
Niklas lavorava su livelli diversi mischiando media diversi, ma ora invece si è spostato su uno stile più old-school, più disegnato a mano.

Non so se è voluto ma questa copertina mi ricorda molto alcune copertine dei We Lost The Sea.

Ah, sì, sì, li ho sentiti nominare.

Sono un gruppo Post-Rock australiano fighissimo e hanno fatto varie copertine in questo stile che io trovo davvero belle.

Le sto guardando ora su Google, sì, vedo assolutamente la somiglianza, “Departure Songs” è molto simile.
Figo, lo ascolterò!
Avevo sentito il nome della band ma non li ho mai ascoltati, ora rimedierò, grazie.

 

Prego!
Parliamo ora della situazione che stiamo vivendo oggi: ovviamente il coronavirus è qualcosa di senza precedenti nella nostra vita e che non avremmo mai potuto prevedere, e l’esistenza stessa di molte band oggi è in pericolo dato che non possono suonare.
A parte il fatto che per l’appunto non avete potuto suonare recentemente, ma comunque eravate impegnati col nuovo album, vi ha generato dei problemi questa situazione?

Per ora non abbiamo subito grandi cambiamenti.
Eravamo in un isolamento autoimposto mentre registravamo: passi molto tempo facendo la spola tra casa e studio di registrazione e per parecchio questi sono gli unici posti che vedi.
Ora ovviamente, sì, non possiamo guadagnare soldi e questo ovviamente è un grosso problema e a seconda di quanto durerà la situazione potremmo dover cominciare a fare alcune cose diversamente [ride] potremmo dover cominciare a cercarci un altro lavoro.
Penso che, guardando ai lati positivi, abbiamo potuto dedicare più tempo al vedere che tutto il resto andasse bene.
Normalmente in questo momento saremmo immersi nelle preparazioni per il tour e lasceremmo tutto il resto a qualcun altro, lasceremmo che l’etichetta si occupasse dei disegni, il merch e noi vedremmo tutto solo a lavori finiti.
Per i video qualcuno decide un regista, ti dicono “Ok, fatti trovare in questo posto questo giorno a quest’ora” e si gira il video.
Ora invece abbiamo deciso di essere davvero coinvolti in ogni aspetto della band per decidere che tutto soddisfi i nostri standard e questo è stato interessante e divertente.
Ora lavoriamo con registi, con fotografi, con gente che abbiamo deciso noi; di solito sono decisioni che vengono prese un po’ all’infuori del nostro controllo, mentre ora il controllo è completamente nelle nostre mani.
In questo modo stiamo lavorando a varie cose e ci teniamo occupati: il 21 novembre, il giorno dopo l’uscita del disco, faremo un concerto in streaming in cui suoneremo l’album per intero per la prima volta, e forse per l’unica volta [ride].
Faremo in modo di avere una qualche connessione con la gente che è a casa, questo è il massimo che possiamo fare ora, fornire una fonte di intrattenimento e magari un po’ di speranza e far vedere che siamo ancora in giro.
Sarà bello vederci tutti quanti insieme, salire su un palco, portare con noi la nostra crew così che possano lavorare, cosa che non fanno dallo scorso agosto, questo genere di cose, far finta di essere tornati alla normalità.
Ma soprattutto vogliamo essere pronti, pronti per quando si riaprirà, per quando si tornerà alla normalità: quando succederà noi saremo immediatamente pronti a tornare sui palchi [ride].

 

Parlando di show in streaming, pensi che ne farete più di uno? Gli Enslaved negli ultimi mesi hanno fatto vari concerti cambiando sempre le setlist, e altre band hanno addirittura fatto dei concerti con il pubblico seduto e distanziato, sono cose che pensi potreste fare?

Abbiamo considerato ogni opzione cercando di pensare a cosa potrebbe funzionare meglio per noi, abbiamo guardato tutte le possibilità.
Per ora abbiamo deciso di fare questo concerto come se fosse il primo show del tour, quindi tutta la scenografia, le luci, come se fosse uno show normale.
Poi vedremo, qua in Svezia è permesso avere un pubblico di al massimo 50 persone, e devono essere sedute, distanziate, e questo non ha molto senso per una band come noi.
Un piccolo show sarebbe tecnicamente possibile ma non penso che lo faremo.
Ma vediamo, se le cose non cambiano potremmo fare un altro show in streaming con una setlist diversa.
Per ora comunque vediamo come va questo, se funziona, se la gente è interessata in questo tipo di concerto.
Come ogni cosa ora ci concentreremo intanto su questo e faremo del nostro meglio per fare qualcosa di cui possiamo andare fieri, sperando che la gente si connetta e ci segua.