Intervista Dish-Is-Nein (ex-Disciplinatha, Cristiano Santini e Dario Parisini)
I Disciplinatha furono probabilmente la cosa più geniale uscita dalla scena hc-punk italiana nel suo ultimo periodo, quello del declino. In un certo senso potevano essere definiti post punk, o post hc, ma di base erano assai difficilmente definibili. Punk, metal, industrial… fate voi. Ma se non avete mai ascoltato “Abbiamo pazientato quaranta anni” e “Nazioni/Crisi di valori” fatelo.
Dish-Is-Nein è la nuova sigla, ma la continuità è impossibile da evitare.
L’EP di Dish-Is-Nein per quel che mi riguarda è stata LA uscita del 2018. Purtroppo non sono riuscito ad intervistarli un anno fa, ma ho rimediato lo scorso due febbraio, nel pomeriggio prima de “La notte di Contempo 2”, dopo il loro soundcheck, con una ventina di minuti di conversazione con Cristiano Santini e Dario Parisini.
30 anni e un pugno di mesi da quando recensii Abbiamo Pazientato 40 anni su Metal Shock concludendo all’incirca “questi sono fasci”, dopodiché mi arrivò una telefonata di Dario Parisini, “Dobbiamo spiegarci, intervistaci”. Mi ha fatto piacere scoprire che se ne ricordava.
Intervista a cura di Heintz Zaccagnini
H.:Dish Is Nein è in giro da circa un anno. Come vi ci trovate?
Dario: Guarda, non sta a me dirlo ma credo che sia la cosa più bella che abbiamo mai fatto insieme al primo disco. Di tutta la mia e nostra produzione, e parlo personalmente, ho massima stima, ovvero non ci cambierei niente, sia del primo disco che di questo. Il paradosso è che questo è uscito nel trentennale di “Abbiamo Pazientato Quarant’anni”
H.:A me certe cose hanno ricordato per i testi quella che forse è stata la vostra vetta concettuale, Crisi di valori, che era forse meno provocazione diretta ma più ragionato e cattivo
Dario: Quello era per la prima volta un disco che parlava anche a noi, non soltanto al mondo. E’ vero, può essere.
H.:Ci ho ritrovato quel tipo di cattiveria e di attitudine. Il best bit di Dish Is Nein è forse “Ormai possiamo dirlo, la ragione aveva torto”.
Dario: pensa che quel testo in realtà era lì fermo da 3 anni.
Cristiano: Noi in realtà abbiamo iniziato a pensare a far qualcosa di nuovo dopo il concerto di reunion del 2012. In realtà quel concerto, con la presentazione del cofanetto “I tesori della Patria” doveva essere una pietra tombale sulla nostra esperienza, invece abbiamo chiuso la tomba e poi riaperto altro. Tutto il lavoro fatto per la preparazione del cofanetto e del concerto ha risvegliato un po’ di appetiti, ma il grosso dubbio era se a distanza di tanti anni eravamo ancora in grado di fare roba contemporanea, di non fare un progetto che fosse un triste guardare al passato, un piangerci addosso. Fare qualcosa che fosse realmente contemporaneo, naturalmente con tutto il nostro background, il che è inevitabile, è normale, fisiologico. Io onestamente quando abbiamo iniziato non lo sapevo se ci saremmo riusciti, l’idea era: buttiamo giù materiale, se fa cacare ci abbiamo provato, grazie e arrivederci. Mettiamo fuori qualcosa nel momento in cui siamo contenti, gratificati al 150% del nostro lavoro, e basta. Poi piacerà, non piacerà,avrà belle recensioni, avrà brutte recensioni, non ci interessava e non ci interessa tuttora. A 50 anni fortunamente ci possiamo approcciare al fare musica in un’ottica completamente diversa rispetto a 30 anni fa. 30 anni fa c’era la voglia di arrivare, di far cose, adesso c’è quasi solamente la voglia di far qualcosa che ci rappresenti per quello che siamo oggi. No ad operazioni nostalgia, guardiamo avanti.
Dario: C’è anche un’altra cosa rispetto a 20 anni fa, oggi il sistema è completamente cambiato, oggi c’è la fame o Ligabue, non c’è nessuna via di mezzo. Tant’è vero che vedi gente che era spocchiosa protoganista degli anni 90 cospargersi il capo di cenere e andare ai talent o andare a Sanremo.
H.:Voi Bene o male gli anni 90 ve li siete fatti..,
Dario: ce li siamo fatti e siamo stati anche abbastanza umiliati…
H.:Di recente ho sentito il Trombetti, che al’epoca era direttore artistico a Video Music, che fu uno di quelli che vi volle in rotazione… Io gli anni 90 li ho visti come gli anni del passare all’incasso, e per tanti della svendita. Una vostra valutazione sulla cosa?
Cristiano: La nostra valutazione è che in realtà anche noi… attenzione, io ho sentito spesso gente dire: i DiIsciplinatha dopo “Abbiamo Pazientato” e dopo “Nazioni/Crisi di Valori”, dopo che sono entrati dentro Dischi del Mulo, hanno dovuto sottostare anche lì ad alcune logiche, per cui hanno dovuto ammorbidire la loro proposta, un ammorbidimento imposto. Assolutamente no. Tutto quello che abbiamo fatto lo abbiamo fatto per nostra scelta. Che sia chiara questa roba qui. Massimo e Giovanni non ci hanno mai imposto un cazzo. Noi siamo sempre stati i responsabili nel bene e nel male di quello che abbiamo fatto. Sicuramente il fatto di venire da alcuni anni, soprattutto dopo “Abbiamo pazientato”, con tutti i casini e i deliri che si è portato dietro, ci portò a un punto di rottura, di stanchezza. A un certo punto sbagliando, perché comunque Disciplinatha nel momento in cui decise di volersi comportare solo come una band musicale, oggi posso dirlo, fece un grande errore, perché Disciplinatha non è mai stata solamente una band musicale, era una cosa diversa. E voler quindi giocare a fare la band di tendenza è una roba che alla lunga ci ha fatto implodere. Poi… col senno di poi siamo tutti fenomeni. E’ facile 30 anni dopo, a 50 anni analizzare in modo anche pacato e allora vedi tante cose. Quando ci sei in mezzo hai voglia di far cose, di suonare, di far concerti, di vivere la tua esperienza. Quindi in realtà era un tipo di esigenza abbastanza spontanea, non era imposta da nessuno. Col senno di poi i Disciplinatha si sono spogliati di tutto quello che avevano e per me si sono spogliati troppo. Perché alla fine hanno continuato, se vogliamo, a far musica che viene considerata interessante, però si sono lasciati dietro tutta una serie di cose, e non avrebbero dovuto, perché facevano parte del loro DNA, della loro ragione di esistere.
H.:Mia opinione personale: tra le due versioni di Crisi di Valori, tra la prima e la seconda, c’è differenza. La seconda era più, come dire, in accordo con lo spirito dei tempi. Discplinatha per come ricordo io dalla corrente dello spirito dei tempi se ne stava fuori…
Cristiano: Sì, certo. Gli pisciava in testa. Assolutamente, è vero. Se vogliamo, anche se non credo sia frutto di quello che ti ho appena detto, quando quattro anni fa abbiamo cominciato con la scrittura dei brani che hanno portato all’uscita del nuovo mini lp, del progetto Dish-Is-Nein, le logiche sono state diverse. La logica è stata: ce ne battiamo i coglioni, facciamo quello che vogliamo fare, piace, non piace, la gente s’incazza… chi se ne fotte. Le uniche persone che devono essere in primis gratificate da quello che facciamo siamo noi. Il resto del mondo può bruciare. E’ stata una cosa molto spontanea. Oggi a 50 anni non devo dimostrare più un cazzo a nessuno. Fanculo, faccio quello che mi pare.
Dario: in tutte le cose poi c’è anche un fatto economico. Oggi io e lui campiamo di musica, in diversi ruoli, lui ha uno studio bellissimo, e campiamo di altro. Inoltre abbiamo uno studio nostro, quindi esuli dalla tirannia del produttore, tipo “oggi dovete finire con chitarre altrimenti non si finisce più”. Possiamo fare quel che ci pare, non siamo più legati al fatto “Se salta quella data non pago l’affitto”. Siamo perfettamente liberi. A maggior ragione possiamo fare quel cazzo che ci pare.
H.:E forse è così che secondo me siete riusciti a fare una cosa abbastanza incredibile: Eva sarebbe uno stupendo singolo, ma è l’opposto di un singolo dal punto di vista della sostanza.
Cristiano: in realtà inizialmente i due papabili per farci un video erano Toxin e Eva. Alla fine abbiamo optato per Toxin perché aveva un testo un po’ più aggressivo, un po’ più manifesto.
H.:Come testi, per carità, Toxin bello e quant’altro, ma Eva…
Cristiano: Eva è spietato.
Dario: Eeeeh, è un amaro calice…
H.:Per quello che riguarda l’attività dal vivo che risposta avete avuto?
Dario: E’ un problema. E’ un fatto di costi. Stasera è una cosa che facciamo per Contempo, per esserci, per dare una mano, è una cosa a parte. Il nostro problema è che noi abbiamo un allestimento che costa, noi giriamo con un led wall di sei metri per tre, con contenuti BELLI. O ci troviamo in condizione di farlo per bene, o non ho voglia di andare in giro a rompermi il cazzo. Ma anche a metterla: “faccio un altro mestiere, esco, voglio divertirmi”, vengo gratis, però ti costano i tecnici e il materiale. Per il lavoro che faccio non vado mai ai concerti. Vado a vedermi spettacoli: Kraftwerk, Laibach. Spettacoli. Di andare a fare un concerto alla cazzo, a stare a suonare su un palco, non mi interessa, sto a casa. O riusciremo a far crescere il nome, l’interesse… ma è molto difficile, perché la generazione a cui ci rivolgiamo è quella della nostra età, gente che sta a casa, che non va ai concerti.
H.:Secondo voi al momento state parlando al vostro pubblico di 20, 30 anni fa e basta?
Dario: inevitabilmente sì. La nuova generazione, quella degli ultimi cinque-sei anni, è stata una svolta completa. Sono assolutamente apolitici, il che andrebbe bene, e hanno diversi ascolti. Hanno diversi linguaggi, e questo è sano. Non era sano dieci anni fa quando andavo alle feste gotiche e c’erano delle ragazzine di 20 anni vestite come la mia fidanzata quando avevo 18 anni. Mi fa piacere perché sono ancora in gioco come uomo, ma non è sano. Oggi noi siamo i vecchi, e quindi ci rivolgiamo essenzialmente a quel pubblico lì. Poi ci saranno anche dei giovani, chiaramente.
La musica con cui siamo cresciuti noi credo sia stata generata da una situazione sociale, quella di 30, 40 anni fa, completamente diversa dall’attuale.Oggi i giovani sono pacificati. Non so te, ma io non andavo d’accordo con mio padre, non ascoltavo i suoi dischi, avevo altre idee della vita. I giovani di oggi no. Ascoltano la musica di babbo, perché sono meglio i Pink Floyd di Fabri Fibra.
H.:Poi ci sono quelli che non ascoltano affatto, perché stanno dietro ad altre cose.
Cristiano: Seguono cose differenti, hanno valori differenti.
Dario: è una cosa più usa e getta. Non è una critica, è semplicemente una constatazione. Il tipo di affezione e importanza che dava alla musica la nostra generazione non esiste più.
Cristiano: Quando ero adolescente o un po’ più grande, io ho sempre vissuto la musica come un fenomeno culturale generazionale rappresentativo. Io dicevo: ehi mondo, io sono così e ascolto questa roba…
H.:Una cosa identitaria, certo
Cristiano .. ed era una cosa forte, per me, oggi questo non esiste più.
Dario: no, guarda c’è ancora. La differenza è che oggi questi ascoltano i rapper che è quello che gli propone la tv. Al nostro tempo la tv non ci proponeva Johnny Rotten o gli Iron maiden…
H.:No, decisamente no.
Dario: questi fanno i rapper ma glielo propone MTV dall’America. Le generazioni precedenti – noi- hanno prodotto un’estetica, una cultura, un suono, tante cose artistiche, di rottura, differenti dal mainstream dell’epoca. Non dico belle o cosa, ma differenti. Questi no. Sono tutti lì a fare i delinquenti, dicono “ok, loro fanno i gangster americani, noi cosa abbiamo? Abbiamo Gomorra”. E quindi tutti a fare i rapper in stile Gomorra, con quei tagli lì. E’ sempre una derivazione, una cosa non solo importata ma imposta dalla televisione. Ribadisco, non è una critica ma una constatazione. Fare qualcosa di differente non interessa. Non è più un valore. Non serve.
H.:Ma non è che il fatto che non venga inventato qualcosa sia dovuto anche alla possibilità che ha oggi un ragazzino di andare su youtube e trovare, che so, roba vostra di 30 anni fa?
Cristiano: E’ vero che la rete ha cambiato drasticamente la maniera di ascoltare e la maniera di ricercare. Assolutamente sì. Mi pare che oggi la maniera di ascoltare sia molto più fuggevole. Il fatto stesso che tu ascolti musica sul cellulare, su spotify… ti puoi ascoltare mille album ma poi generalmente ti salvi una serie di brani e li ascolti in shuffle. Quindi oggi quando fai un disco ragionare sulla trackist è assolutamente inutile. L’idea del concept album degli anni 70, o semplicemente la logica con cui abbiamo costruito la scaletta di Un Mondo Nuovo oggi non avrebbero senso. Non è una considerazione negativa, come dice lui, è una considerazione. Noi oggi evidentemente intercettiamo un pubblico quasi coetaneo con le sue esigenze, il che è anche logico e anche sano. E quindi facciamo fatica a suonare. Se andassimo a scarnificare tutto quello che abbiamo costruito attorno a Dish-Is-Nein allora potremmo andare in giro a far concerti, ma torniamo al discorso prima: non ce ne frega un cazzo. Dish-Is-Nein come i primi Discliplinatha non è un’entità puramente musicale. Se per andar a suonare ci dobbiamo lasciar dietro parte di questa roba, no , grazie, tanto nella mia vita centinaia di concerti li ho già fatti. O esco come voglio, e non è una questione di soldi ma di budget minimo, o non ne facciamo niente. Detto in modo molto rilassato.
H.:Nei prossimi dodici mesi cosa pensate di fare?
Dario: buttare giù materiale sufficiente per arrivare a fare un buon live di almeno un’ora e un quarto, visual compresi, uno spettacolo multimediale. Iniziare a scrivere materiale nuovo. Ne abbiamo proprio voglia. E’ che non abbiamo mai tempo, quando lui ha lo studio libero io sono in tour, quando io sono a casa a rompermi il cazzo lui sta facendo un disco. Non ci becchiamo mai.
Cristiano: Volendo coltivare i percorsi paralleli dei 30 anni nel 2019 potrebbe uscire un 12 pollici con due brani…
Dario: Ci sono tante cose in campo, a dicembre è uscita la storia dei Disciplinatha, un libro corposissimo di 600 pagine, 150 foto.
Cristiano: Stasera contempo presenta la ristampa su vinile di “Un Mondo Nuovo”, che non era mai uscito su vinile.
Dario: stiamo ristampando anche altre cose dei Disciplinatha dei 90 in formati interessanti. In attesa del prossimo Dish-Is-Nein un po’ di cose in cantiere ci sono.