Intervista Edge Of Forever (Ale Del Vecchio)
Ritroviamo ancora una volta il carismatico Alessandro Del Vecchio, talentuoso musicista dal curriculum più lungo della Muraglia Cinese che nel ruolo di leader degli Edge of Forever riesce solitamente a dare il meglio di se.
L’occasione è l’uscita del nuovo album della band “Ritual”: filosofia, profondità di pensiero e notevole spessore dei temi, come sempre, il campo di “battaglia” prescelto.
Intervista a cura di Fabio Vellata
Ciao Ale, qui Fabio di Truemetal, è sempre un immenso piacere ritrovarti…
Anzitutto come stai? Ho letto che recentemente hai avuto qualche problema di salute. Tutto bene?
Ciao caro Fabio, diciamo tutto bene. Sì, i problemi di salute ci sono, ma lottiamo per sistemare tutto. Sono seguito da un luminare del campo e tra un po’ di operazioni tornerò come nuovo!
Parliamo del nuovo album con la tua “casa”, gli Edge of Forever. Ritual: anche questa volta c’è un messaggio profondo alla base della narrazione. Ci vuoi parlare della sua affascinante storia e di cosa rappresenta?
Il vero motivo per cui ho voluto “Ritual” per come è poi venuto fuori è proprio perché volevo parlare di una tragedia passata inosservata. Dopo la colonizzazione del Nord America, in Canada, i Cristiani hanno aperto le Scuole Residenziali, che erano nate con l’intento di civilizzare e cristianizzare i Nativi Americani. Anche se a livello locale tutti sapevano dell’esistenza di ombre e fatti strani all’interno di queste strutture, solo pochi anni fa è stato accertato che fossero usati come piccoli campi di concentramento, dove molti bambini furono bruciati in forni, con l’intento di distruggere la cultura e la civiltà delle Nazioni Native canadesi. Prendendo spunto da questi fatti ho raccontato di questi due gemelli Haida, separati alla nascita che si cercano per tutta la vita nella speranza che la propria civiltà e la propria lingua non finiscano con la loro morte. Il maschio riesce a scappare alla crematura poco prima di essere gettato nelle fornaci e conduce una vita al limite della depressione e degli eccessi, alla ricerca di sua sorella. La sorella, di contro, capisce che per combattere i bianchi deve fingere di integrarsi e di continuare a trasmettere la propria cultura ai propri figli. In punto di morte del fratello, si ritrovano e per pace propria sente i nipoti parlare l’idioma Haida e sorridendo sa di poter lasciare questo mondo sapendo che c’è ancora speranza nel tenere viva quella meravigliosa cultura schiacciata dai colonizzatori europei.
È un disco che ormai ha abbandonato quasi del tutto la forma del tradizionale hard rock per abbracciare più compiutamente quella prog, un elemento che c’è comunque sempre stato nelle tue composizioni, ma non così tanto come ora. A tratti sembra di ascoltare un’opera rock divisa in vari movimenti e arie. Pensi sia una forma stilistica che meglio si adatta alla tua attuale proposta musicale?
Mi fa piacere che tu possa notarlo, diciamo che questa forma si adatta alla band che siamo oggi. Dopo tanti concerti e dischi abbiamo abbracciato con naturalezza chi siamo e scriviamo e arrangiamo tenendo in mente chi siamo poi sul palco. Penso che l’elemento prog sia quello che rende il nostro hard rock, diciamo, più personale dandogli quel tocco epico che poi riusciamo a trasferire sul palco.
Strutturalmente, infatti, Ritual è un disco più complesso del solito, che chiede qualche ascolto aggiuntivo per “arrivare”. È stato complicato realizzarlo e metterlo in pratica?
In realtà, come ti dicevo, questo è un disco che è nato in maniera naturale e onestamente penso rappresenti al meglio la nostra band. Sicuramente non è un disco da un ascolto e via, perché ci sono tanti strati, atmosfere e arrangiamenti che richiedono un ascolto approfondito, ma di contro penso che le melodie siano sempre immediate e cantabili. Brani come “Love Is The Only Answer” o “Water Be My Path”, o lo stesso singolo “Where Are You?” si basano proprio su delle melodie che starebbero in piedi anche con una chitarra acustica, ma che vengono poi vestite con i panni della band hard rock con sfumature prog.
Lo potremmo definire come una sorta di progetto narrativo legato a doppio filo con i due dischi precedenti? Come un lungo concept?
Sicuramente! Il fil rouge che passa tra i tre dischi è ben evidente. Lo sfondo è sempre quel tessuto creato da perseveranza, lotta, positività e forza nel superare ogni difficoltà. Gli ultimi tre dischi portano proprio questo messaggio, visto in ottiche diverse, ma l’intento è proprio quello di dare forza a chi ci ascolta, che la nostra musica lasci un seme per rendere questo mondo un posto migliore.
La line up è invariata da quando hai ripreso in mano la band nel 2019. Hai trovato una stabilità definitiva immagino. Ma quale contributo offrono i restanti membri del gruppo alla creazione e definizione dei vostri pezzi?
Soprattutto in “Ritual”, Aldo Lonobile, Nik Mazzucconi e Marco Di Salvia hanno partecipato in maniera attiva scrivendo anche tanto per il disco. La line up è davvero superlativa e non potrei chiedere di meglio. Musicisti incredibili e persone fantastiche con cui condividere studio e palchi.
Hai una scelta di immagini e temi che molto spesso si intersecano con le storie e le leggende dei nativi americani. Che importanza ha per te quel tipo di cultura?
Oltre alla mia passione verso questo tipo di cultura, i Nativi Americani e la loro visione del mondo e della natura mi permettono di poter scrivere tanto del mondo di oggi e usare quella visione come lente attraverso cui raccontare cosa vedo ogni giorno. In un certo modo, la semplicità di questo rapporto diretto con la Natura e l’Universo, permette di vedere le difficoltà di tutti i giorni in maniera diversa. Mi affascinano le culture antiche perché studiandole, ti rendi conto che i problemi dell’essere umano sono identici da migliaia di anni. Con la cultura Nativa, posso permettermi di raccontare di grandi gesta e personalità per parlare di come raggiungere una vita migliore e una pace assoluta.
Quando te ne sei appassionato e l’hai percepita così tanto affine al tuo modo di essere, hai avuto occasione di conoscere qualcuno dei pochi suoi esponenti rimasti?
Sono stato in diverse Riserve, che trovo i luoghi più tristi e spiazzanti per una persona come me che ne studia la filosofia di vita. Purtroppo a breve dei Nativi Americani, per come erano all’arrivo degli Europei, rimarrà davvero poco e i pochi superstiti scompariranno e con loro culture, lingue e filosofie uniche. Rimarranno i grandi insegnamenti del passato e si spera che le nuove generazioni di Nativi sentano con orgoglio la propria appartenenza e che mantengano vivi quegli aspetti unici della proprio cultura.
A quali dei loro insegnamenti ti senti maggiormente legato e quali pensi potrebbero essere utili e vitali nella nostra attuale società?
Come dicevo prima, sicuramente il loro rapporto pulito, quasi stoico, con Madre Natura sicuramente è l’aspetto che mi avvicina davvero tanto alla loro filosofia. Questo profondo rispetto ed equilibrio con il tutto ti permette di vedere l’essere umano come parte del sistema e non a capo di ogni cosa. Mi terrorizza questa era dell’antropocene, dove l’uomo si è messo al di sopra di tutti gli altri esseri viventi e del pianeta, perdendo ogni equilibrio e sfruttando qualsiasi mezzo pur di fare profitto su qualsiasi cosa e a qualsiasi prezzo. In questo i Nativi erano molto puri e avevano un rapporto estremamente in sintonia con i cicli della Natura, quindi ne rispettavano i tempi, le necessità e si mettevano a servizio della Natura per poter usufruire delle risorse che ne arrivavano. Oggi invece, corriamo tutti senza fermarci a guardare quanto pesi ogni nostro passo.
Tra l’altro sei da sempre anche un animalista convinto, aspetto che condivido e per cui hai la mia infinita stima. Pensi ci sarà mai la possibilità di assistere ad un cambiamento reale, in cui finalmente il rispetto per il più debole, per la natura e per gli animali siano valori condivisi e universali? Ma soprattutto applicati?
Onestamente non credo. Tento di essere il più chiaro possibile. Io credo che nell’uomo esistano davvero due nature, una buona e una cattiva. Nasciamo con una dualità in cui abbiamo la parte istintiva e la parte razionale. La parte istintiva è quella di reazione, quella dove agiamo senza pensare, di fretta e senza avere empatia e compassione per gli altri. La parte buona invece ha bisogno di tanto lavoro, perché viene alimentata dalla calma, dalla conoscenza e dall’esperienza. Da migliaia di anni religioni, filosofie e scuole di pensiero si prodigano per capire come far sì che l’uomo conviva al meglio con l’universo e che venga spronato ad alimentare la parte razionale, ma in tutto questo tempo ancora oggi l’uomo è trappola dell’irrazionale con conseguente uso della rabbia, della cattiveria e del cinismo. Nel momento in cui si vive inconsapevolmente la parte irrazionale, saremo sempre di fronte a delle ingiustizie. E purtroppo la tendenza a soggiogare tipica dell’uomo, produrrà sempre delle vittime e quale vittima migliore di un essere vivente che non ha parola e che viene confinato dall’uomo con la forza, il terrore, lo sfruttamento e la paura?
È una tattica che viene applicata agli animali ma anche agli esseri umani. Io non vedo differenza tra schiavitù e allevamenti, vedo solo oppressore e vittima e io ho deciso di stare sempre dalla parte delle vittime e di non alimentare l’uccisione e lo sfruttamento degli animali. Sicuramente negli anni crescerà tanto il dibattito, e i conseguenti risultati, sui diritti degli animali, ma penso la via sia ancora tanto lunga.
Sei anche vegano, se non ricordo male. Come riesci a mantenere il tuo regime alimentare soprattutto quando sei in tour?
Ormai essere vegano è abbastanza facile. 15 anni fa era ben più difficile e dovevi accontentarti delle verdure grigliate e delle patatine fritte, ma oggi davvero si trova di tutto. Poi in tour il mio regime alimentare è davvero semplice. Mi basta anche un’insalata e dei legumi e quando non trovo proprio niente ricorro alle mie scorte di Tofu!
So che da qualche tempo hai assunto anche un nuovo ruolo all’interno di Frontiers. Come vanno le cose?
Molto bene, è un lavoro che mi piace molto perché mi permette di sviluppare gli artisti e non solo di produrli. Sicuramente è molto stimolante!
A proposito, ho visto da poco una tua foto assieme a Jorn. È vero che non inciderà più per Frontiers? E nel caso, chi si occuperà di lui e della sua musica? Collaborerai sempre con lui?
Sì collaborerò con lui e sarò sempre parte della band. Per ora non ci sono piani per il futuro e ci stiamo concentrando sui tanti live che stiamo suonando. I rapporti con Frontiers si sono chiusi con l’ultimo “Over The Horizon Radar” che ritengo un disco meraviglioso. Penso che per Jorn sarà una bella sfida ripartire diversamente e ne gioverà sicuramente la musica che trarrà ispirazione da questo cambio.
Immagino che il tuo futuro sarà come sempre denso e ricco d’impegni…
Mi ero ripromesso di imparare a dire di no, ma non ho ancora imparato!
Con i Big Deal ad esempio, c’è ancora in ballo qualcosa?
La band sta registrando il secondo disco, ma la mia presenza sarà molto limitata. In questo caso ho scoperto la band, l’ho avviata ma ora è tempo che la band vada avanti da se, io rimarrò come collaboratore e A&R ma non ho davvero il tempo necessario di andare oltre.
Ale è sempre un piacere. Ti faccio gli ennesimi complimenti per la cifra e la qualità artistica che hai raggiunto. Ma soprattutto, sapendo quanto sei impegnato, ti ringrazio davvero per aver trovato il tempo per questa intervista.
Prima o poi spero di avere l’occasione di rivederti in concerto…
Ciao!!!
Lo spero davvero, è troppo tempo che non ci si vede! Ti ringrazio per lo spazio concessomi e come sempre per la disponibilità. Spero davvero che i lettori di TrueMetal possano innamorarsi di “Ritual” perchè è un disco che abbiamo voluto fortemente e che è estremamente importante per noi. Grazie!
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Discografia Edge of Forever:
Feeding The Fire (2004)
Let The Demon Rock’n’Roll (2005)
Another Paradise (2009)
Native Soul (2019)
Seminole (2022)
Ritual (2023)