Intervista Edge of Forever (Ale Del Vecchio)
È un bell’esempio di meritocrazia applicata alla musica, Alessandro Del Vecchio.
Il simbolo e la dimostrazione di come, con impegno, forza di volontà ed – ovviamente – una grande dose di talento, si possano ottenere risultati eccelsi sino ad affermarsi, addirittua, come termine di paragone ed icona di un movimento musicale intero come quello dell’hard rock tricolore.
Ottimo musicista, eccellente compositore, affidabile producer e pure cantante di primo livello. Potessimo fare un paragone azzardato, verrebbe da pensare ad un uomo “assoluto” come Leonardo Da Vinci, caso praticamente unico di essere umano capace di eccellere in tutte le discipline cui si è affacciato nella sua mirabolante vita.
Ecco, Ale Del Vecchio fatte le dovute proporzioni, viaggia in quel senso: un uomo che sembra poter raggiungere le vette più elevate ovunque metta la firma, sia una canzone scritta per qualcuno, una partecipazione ad un concerto o la cura dei suoni di un album.
È stato personalmente un grande piacere poterlo ritrovare per una veloce intervista, a distanza di quasi dieci anni e di nuovo alla guida del suo progetto “solista” Edge of Forever, ambito musicale in cui ha offerto nuovamente il meglio di se e mediante il quale avevamo potuto benedire quella che era stata, in qualche modo, l’inizio della parte migliore della sua splendida carriera…
Intervista a cura di Fabio Vellata
Ciao Ale e bentornato su Truemetal.it!
-Ciao Fabio!!! Grazie di ospitarci di nuovo!
Mi fa molto piacere poterti intervistare nuovamente e guarda caso, ancora in occasione del nuovo album degli Edge of Forever…un nome che mi evoca sempre bei ricordi e che credevo praticamente morto e sepolto: parliamo, in pratica, di dieci anni fa!
-Beh diciamo che il silenzio è stato complice, ma in realtà gli Edge Of Forever non sono mai stati messi da parte. Semplicemente i tempi dovevano essere maturi per un disco nuovo e il livello a cui volevo farlo.
Quindi, dove eravamo rimasti? Considerando tutti gl’impegni che hai, cosa ti ha indotto a riprendere in mano questo tuo vecchio progetto solista?
-L’idea di avere un disco nuovo c’era dal 2015, quindi diciamo che era nei piani. Il fulcro fondamentale del disco l’ho scritto nel 2016 quindi parliamo comunque di una gestazione abbastanza lunga.
Mi ricordo come, quando c’incontrammo per il precedente “Another Paradise”, mi definisti gli EoF come una cosa “assolutamente tua”, in cui essere te stesso sino in fondo.
È ancora così dopo tanti anni? Percepisci ancora gli Edge of Forever come la tua unica e vera “casa” musicale oppure, ti senti ormai di condividere il “domicilio” anche – ad esempio – con gli Hardline?
-Gli Edge Of Forever sono sempre stati la mia prima e vera casa e lo sono tutt’ora. Diciamo che anche con Hardline o Jorn, sono sempre libero di scrivere e avere un outlet per i miei brani, ma il fatto che li scriva e non li canti fa una grossa differenza oggi come oggi su di me come musicista. Negli EOF sono la voce dei brani e posso cantare di chi sono e di cosa voglio parlare. Diciamo che poi come band abbiamo una nostra identità diversa, quasi crossover rispetto a Hardline e Jorn che avevano già un suono loro. Il sound degli EOF è nato da me, partendo da me e rispecchiando me.
La line up è quasi del tutto cambiata. Che fine hanno fatto gli ex componenti del gruppo (Cesco e Walter)? Sei ancora in contatto con loro e come mai non sono stati coinvolti in questo come back?
-Con Jovino condivido il percorso con Jorn, in cui avevo proprio portato io Cesco come batterista ai tempi di Heavy Rock Radio e Life On Death Road, e da Walter ho avuto il blessing a continuare dividendo le nostre strade. Avevo bisogno di linfa nuova e di un nuovo sound, più diretto, più sanguigno, cosa che non avevo più con loro. Semplicemente questo sommato al fatto che 20 anni di musica assieme con Jovino aveva anche portato allo stagnarsi degli entusiasmi e io credo che nella musica se si suona senza essere felici e grati, conviene separarsi amichevolmente e ritrovarsi negli entusiasmi.
Ti senti ancora con Bob Harris?
-Assolutamente. Devo tantissimo a Bob ed è un carissimo amico.
Devo farti i complimenti per la tua voce. In effetti, la trovo in costante miglioramento, tanto che, in alcuni frangenti di “Native Soul”, mi è sembrato quasi spontaneo un accostamento a quella di Eric Martin dei Mr.Big. Ti senti a tuo agio con un paragone simile?
-Beh, Eric Martin è uno dei miei cantanti preferiti e il paragone più che mettermi a mio agio, mi onora. Io mi ritengo un cantante rock con le proprie radici nel blues e penso che le influenze siano comuni in termini di fraseggi e melodie. I cantanti a cui aspiro sono tutte voci in quella direzione: James Christian, Kip Winger, David Coverdale, Glenn Hughes, Oni Logan, Robert Mason, Ray Gillen. Tutti cantanti hard rock ma melodici ed estrememente bluesy.
Seguendoti da anni sono a conoscenza della tua profonda spiritualità e filosofia di vita orientata ad un profondo rispetto per la natura ed amore per gli animali.
Mi racconti qualcosa del concetto legato ad un titolo emblematico come “Native Soul” ed al circolo “vita, fede e amore” per la madre terra?
-Con questo disco ho voluto scendere nel profondo della mia spiritualità raccontando il mondo attraverso i miei occhi senza precetti, ma solo raccontando la meraviglia della vita in ogni suo aspetto. “Native Soul” è un disco che deve spronare, motivare e portare a spingere i propri limiti, ma tenedo salde le proprie radici. Nei brani racconto di vita, di amore e di fede. Non fede verso un Dio, ma fede verso se stessi, la propria identità, il proprio orgoglio.
Ovviamente i brani sono tutti opera tua, vero?
-Sì. Fin dalla prima nota avevo tutto il disco in mente ed è stato come aprire un flusso di coscienza. Ho trovato la breccia e mi si è aperto tutto il mondo che è poi diventato “Native Soul”.
Si tratta di canzoni composte tutte per l’occasione o risalgono anche ad epoche meno recenti?
-Tutte le canzoni, dalla prima all’ultima nota, sono nate per questo disco.
Se possibile, il tuo iperattivismo si è accentuato ancora di più negli ultimi anni rispetto a quando ti ho conosciuto parecchio tempo fa. Dove trovi gli spazi per fare tutto? Talento naturale o c’è una pianificazione certosina alla base della tua quotidianità?
-Un minimo di pianificazione, ma anche tanta sfida e follia. Onestamente se mi guardo dietro mi chiedo come faccia a farlo ma mentre sono in corsa non me ne accorgo perchè creare, produrre ed essere prolifico è la cosa più naturale che mi viene. Sono nato per creare, per scrivere per essere produttivo e amo questa sensazione di potere avere un outlet così costante della mia arte. E sono grato del fatto che possa farlo con la mia musica preferita, i miei artisti preferiti. Lo ritengo un privilegio e me lo ricordo tutti i giorni quando mi alzo, motivo per cui non mi vedo come una candela può spegnersi e consumarsi. Lo stesso atto di creare mi lascia un vuoto che riempio creando ancora. Un meraviglioso circolo vizioso di anatemi musicali.
Qual’è stato, sinora, il momento che consideri più soddisfacente e significativo della tua eccellente carriera?
-Scrivere, produrre, suonare e cantare “Way To The Sun” dei Revolution Saints con Neal Schon alla chitarra. Non mi ricordo un’emozione musicale al pari di quando ho ascoltato per la prima volta il brano con il suo solo.
E tra tutti gli innumerevoli musicisti e cantanti con cui hai diviso il palco e lo studio, chi è – o chi sono – quello/i da cui ritieni di aver imparato maggiormente e che ricordi con più affetto?
-Fergie Fredriksen su tutti. Quanto mi manca.
Il disco fatto con lui lo porterò sempre nel cuore. Fergie era proprio un’anima gentile, oltre che un grandissimo cantante.
Purtroppo il 2019 ci ha portato oltre a molta buona musica, anche la pessima notizia relativa alla chiusura del Frontiers Festival del quale sei stato un assiduo frequentatore sin dalla prima edizione. Un vero peccato, non credi?
-Vero, un grande peccato ma anche un pò uno spaccato dei tempi. Frontiers diciamo che son stati degli eroi a farlo per sei edizioni. Non è detto che non torni, ma sicuramente un pò di respiro tra le edizioni aiuterà l’etichett a fare un bilancio più equilibrato del tutto e capire come muoversi per il meglio del festival stesso e del futuro dell’etichetta.
Hai qualche ricordo particolare del Festival che vuoi condividere?
-Il primo Frontiers Fest è stato unico. Che bill eccezionale! E l’atmosfera che si poteva respirare in ogni angolo era incredibile.
A proposito di Frontiers, il sodalizio con la label partenopea è ormai divenuto duraturo e consolidato tanto da poterti considerare uno dei loro artisti di “punta”.
Ti è mai capitato di proporre qualche nuovo talento ai manager Frontiers? Ed in generale, come ti trovi con loro?
-Onestamente penso non avrei potuto chiedere di meglio che essere con Frontiers. Con Serafino e gli altri condivido la voglia di fare, di affermarsi e di superare i propri limiti. Questo i aiuta a lavorare in sinergia ed avere un ottimo rapporto. Sì, ho proposto diversi artisti e sicuramente ho portato al label roster anche grandi musicisti che han suonato o scritto sui miei dischi.
Come conti di conciliare gli impegni promozionali degli Edge of Forever con la tua infinita attività di produzione, scrittura e collaborazione? Troverai anche il tempo per portare dal vivo i pezzi di Native Soul?
-Portare dal vivo “Native Soul” è una delle mie priorità asssolute. Un pò di magheggi e scherzi di fortuna potranno far succedere tutto. Abbiamo già fatto due date con Edge OF Forever e ne abbiamo una dozzina in lavorazione per la prima metà del 2020. Ci siamo già tirati sù le maniche e abbiamo pianificato l’attacco. Non dobbiamo desistere e tentare ogni via che ci permetta di portare fuori la band e questo disco.
Spero di rivederti presto. Nel frattempo cosa bolle in pentola per il futuro? Che altri progetti e sorprese hai in cantiere?
-Nei primi mesi del 2020 escono tanti miei dischi. Il nuovo Jorn, Dirty Shirley, Revolution Saints, il dvd degli Hardline e altro. Sorprese ce ne saranno sempre più!
Chiudi come preferisci…
-Non saprei più come ringraziarti dopo anni di lunga amicizia! Ma non posso che ripetermi e ringraziarti per il supporto e per l’opportunità di poter parlare della mia musica. Te ne sono grato!
A presto, complimenti ancora e grazie davvero per il tuo prezioso tempo.
E ovviamente, buon Natale e buon anno nuovo!
-Buon Natale e buon anno a te caro Fabio!
Discografia:
Feeding the Fire (2004)
Let The Demon Rock n’Roll (2005)
Another Paradise (2009)
Native Soul (2019)
Sito ufficiale Edge of Forever
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