Heavy

Intervista Fingernails (Maurizio ‘Angus’ Bidoli)

Di Stefano Ricetti - 29 Aprile 2008 - 1:00
Intervista Fingernails (Maurizio ‘Angus’ Bidoli)

Intervista chilometrica a un dannato dell’heavy metal: Maurizio “Angus” Bidoli, mastermind dei romani Fingernails da sempre. Uno di quelli che combatte dal 1981 e che non ha perso un milligrammo di attitudine. A Voi storie di vita e di HM…

Buona lettura.

Stefano “Steven Rich” Ricetti

Maurizio, iniziamo dagli albori, quindi dal lontano 1981. Come nacquero i Fingernails?

Ricordo che risposi all’annuncio di una cover band che cercava un chitarrista compositore e siccome anch’io ero alla ricerca di una band metal credo che ci trovammo subito d’accordo ma ti giuro che all’epoca era piuttosto difficile trovare gente brava perché eravamo ancora agli albori del metal e non sto qui a raccontarti le peripezie degne di un film comico. Comunque la scelta del nome venne decisa al momento che ci trovammo a provare le prime volte insieme, era il settembre ’81.

Quali furono le band di riferimento del periodo?

Sicuramente Saxon e Iron Maiden ma sopratutto Ac/Dc di cui eravamo totalmente estimatori anche se il drummer era un seguace delle lezioni di Stewart Copeland dei Police. Eravamo molto amici ma la storia con loro durò purtroppo pochi mesi perché ci furono subito le prime defezioni: Gianni, il chitarrista, entrò nei più quotati Raff mentre Davide, il bassista/cantante si accasò con gli Overange.

Da che parte saltò fuori il nome della band?

La decisione fu di Davide e siccome all’epoca conoscere l’inglese era un optional, credemmo che il significato fosse “artigli” e la pronuncia suonava veramente bene. Solo dopo conobbi il reale significato quando un nostro amico scozzese trovò veramente esilarante scegliere “unghie” per una band metal.

Nel 1985 entrano nella band Bomber al basso e Duracell alla batteria. Registrate il 4 track Ep Welcome America per l’etichetta statunitense Fatal Erection, che non uscirà mai per il fallimento della stessa. Aneddoti a riguardo, please.

Quando Bomber e Duracell entrarono a far parte della band sul finire del 1984 la nostra musica ebbe una vera sterzata d’energia: sembravamo la copia punk dei Motorhead ma con lo spirito heavy speed di Exodus, Venom e Acid. Ricordo che un nostro demo arrivò nelle mani del manager della Fatal Erection, tale Mr. Malcolm Conover di Portland e, tramite i Raw Power che si trovavano laggiù per la tournee americana, ci chiese di registrare 4 tracce per un Ep vinile. Aveva da poco prodotto i Poison Idea che somigliavano al nostro sound e lui ne fu entusiasta. Quando però il prodotto finito venne spedito negli States, la Fatal aveva già chiuso i battenti e Conover venne arrestato per produzione illegale di marijuana.

Registrare in quel periodo era un avventura, dovevi fare i conti con tecnici del suono poco avvezzi al metal e punk ma noi chiedemmo aiuto al bassista/cantante dei Raff Chris Bianco, che all’epoca era membro anche degli emiliani Raw Power. Dovette faticare non poco a convincere il tecnico a cedergli il banco mixer per correggere i suoni. Alla fine uscì fuori una discreta registrazione con diversi errori di esecuzione ma pur sempre utile per renderci visibili al grosso pubblico. Avere un disco in uscita negli Usa non era cosa da poco conto, purtroppo la fortuna non ci venne in aiuto.

In quel periodo siete apparsi anche su Videomusic all’interno del contenitore Heavy con Kleever. Che ricordi hai a riguardo e soprattutto secondo te avrebbe ancora senso oggi un programma come quello sopraccitato?

Bella avventura quella, partimmo da Roma all’alba per la Toscana e ci sembrava di andare a un appuntamento importantissimo, acquistammo del buon vino del luogo e partecipammo alla trasmissione completamente sbronzi. Ci divertimmo da matti e Kleever fu cordialissimo tanto da recitare la parte con grande teatralità spalleggiandoci nei nostri strampalati discorsi. Riguardandole oggi quelle registrazioni arrossisco al ricordo di come con coraggio affrontammo le telecamere raccontando un sacco di ca**ate. Credo che programmi come quello, al momento, sarebbero difficili da riproporre proprio per la mancanza di coraggio da parte delle emittenti musicali importanti, anche se un po’ di sano divertimento r’n’r non sarebbe poi male in tempi così seri e troppo finti professionali.

Finalmente nel 1988 esce “Fingernails” per la Cobra Records di La Spezia in 5.000 copie in tutta Europa. Quali furono i presupposti e soprattutto vendette bene il disco?

In Italia credo che superò le 2.500 copie vendute e in Germania almeno 1.000. Il resto fu ad appannaggio di altre nazioni. Riuscimmo a vendere benissimo in un’epoca dove farsi pubblicità era difficile, in aiuto c’erano le solite fanzine e ovviamente i magazine ufficiali in tempi dove il pubblico leggeva qualsiasi cosa parlasse di Metal. Purtroppo non stavo troppo simpatico ai giornalisti specializzati perché mi innervosivo facilmente quando cercavano di censurare certi miei giudizi e criticavo con forza la direzione artistica del giornale. Fu anche per questo che leggere interviste sui Fingernails era rarissimo se non per le fanzine che accettavano qualsiasi mio argomento senza remore.

 

Nella foto: la copertina di “Fingernails”, 1988

 

Ricordo che il Vostro esordio fu maltrattato nelle recensioni all’estero per via delle “Explicit Lyrics”, mentre in Italia riscosse un buon successo proprio perché maledettamente “Motorhead” nel suono e credibile a livello di songwriting… continua tu, Angus…

Credo che l’album venne criticato all’estero per via dei termini in inglese non sempre corretti mentre in Italia spesso ci consideravano la copia dei Motorhead. Comunque le recensioni furono entusiasmanti per la maggior parte dei magazine anche non Metal. Per quanto riguarda i testi espliciti ci prendemmo una serie di insulti da parte degli statunitensi che non vedevano di buon occhio una band metal che parlava di puttane, droga e vita da strada in quella maniera. Sin dai tempi dei nostri demo noi non ce ne curavamo più di tanto e anzi ci fece apparire al pubblico come una vera band anarchica: avevamo scelto la strada giusta.

Certo che nel 1988 pubblicare un brano dal titolo “Crazy for Blow-Jobs” fu quantomeno una scelta coraggiosa… quasi tirarsi la zappa sui piedi da soli. Quali furono i presupposti e gli aneddoti che stavano dietro a un brano del genere?

Un giorno un mio amico mi fece conoscere Lorella, una ragazza mora di 24 anni piuttosto piacente che mi deliziò ben presto col suo vizietto e per molto tempo ancora. Quando scrissi per l’appunto il brano succitato, glielo annunciai e lei la prese facendosi una grassa risata. Ne era onorata, di certo la sua reazione mi lasciò piuttosto perplesso perché la consideravo la tipica ragazzetta di buona famiglia ma con la voglia di trasgredire senza farlo troppo sapere in giro. Il brano fece arrossire più di un Dj quando doveva trasmetterla nei programmi radiofonici di metal e chiederci nelle interviste di cosa parlasse . Questo pezzo oggi è considerato un vero atto di coraggio da parte dei nuovi metal fan proprio perché all’epoca non era così facile parlarne senza creare imbarazzo. Sono orgoglioso di aver scritto quel testo e di questo ringrazio anche Bomber perché le sue scritture erano simili alle mie e si lanciava spesso in testi molto espliciti.

L’anno successivo c’erano, se non erro, i brani pronti per il secondo album. Come è andata invece?

I brani erano pronti e spedimmo un demo a Giorgio Mangora, l’allora nostro produttore, ma non ci rispose perché era alle prese con problemi legati alla Siae che avrebbero poi chiuso ogni discorso sul prosieguo della sua attività di discografico. Non ricevemmo neppure i crediti economici per le vendite del Nostro album ma la cosa non ci preoccupò piu’ di tanto, volevamo solo pubblicare un nuovo ellepi. Purtroppo la sfortuna continuava a perseguitarci e dopo la mia grave malattia di qualche anno prima credevo l’avessimo finalmente sconfitta.

Nel 1990 i Fingernails cessano di esistere. Vai avanti tu, “Angus”…

La delusione del mancato erede del primo prodotto ci fece mandare fuori di testa, erano i tempi giusti per un cambiamento di tendenza e noi contribuimmo a rendere le cose possibili pur non avendo la mente pulita. Cercammo di cavalcare l’onda del nuovo movimento Grunge affiancando al metal suoni più psichedelici e legati all’hard rock anni ’70. La cosa andò bene per il primo periodo in cui suonammo di spalla a varie formazioni inglesi e americane. Non ci venne però in aiuto la stampa che censurò con forza i nostri show considerando ancora metal il nostro sound e tacciandolo per fastidioso rumore. Avevo capito che il gioco era oramai terminato e con rammarico sciolsi la band.

Gli anni successivi ti dedichi ad altri progetti finché il 29 luglio del 1996 Duracell muore…

Fu una cosa terribile che mi procurò un autentico choc: ero in vacanza in Sardegna in quel periodo e gli amici tentarono di rintracciarmi. Non c’erano cellulari come oggi per cui vivevi fuori dal mondo. Ricordo che quando tornai a Roma mi portarono davanti la sua tomba senza dirmi nulla e non avendo nessuno il coraggio di farmelo sapere prima. Per me Duracell è partito per l’estero e sta vivendo la sua vita lontano da tutti noi. Non riesco a parlarne senza emozionarmi fortemente ancora oggi, è stato terribile, credetemi…

Tornando al “dopo Fingernails” iniziai un nuovo progetto hard psichedelico che coinvolse la mia attuale compagna di vita – Manux – che aveva una voce veramente bella a metà strada tra la Joplin e Grace Slick dei Jefferson Airplane. Con i Childhood abbiamo intrapreso una interessante carriera musicale che ci permise di vincere vari festival rock nazionali fino ad arrivare alle importanti emittenti televisive e radiofoniche. Qualche produttore si servì della sola voce di Manux per portarla in
ambito pop rock escludendo i Childhood da tale operazione. Tra il ’95 ed il ’96 avviai la mia carriera solista con due album e due compilation che mi fecero conoscere anche all’estero, credo di esserne soddisfatto e pienamente appagato ma dopo non tutto è stato così facile.

Nella foto: Fingernails “classic line-up”. Da sinistra a destra:

Ricki “Duracell” Lipparini, Marco Santoni, Maurizio “Angus” Bidoli

 

Qualche anno più tardi entri nei Raff, che fanno da supporter agli Uriah Heep. La parabola dei Raff e quella dei Fingernails si è spesso incrociata nella storia. Come definiresti la band di Chris Bianco e Fausto Donato? Come uscisti poi da Loro?

Ero un autentico fan dei Raff nell’82 e li seguii nei vari loro show italiani, erano veramente in gamba e in fondo una parte di Fingernails frequentava quella band per via del nostro ex chitarrista Gianni Russo. Riuscii persino a registrare qualche coro nel loro album dell’83 che non vide mai luce. Quando i Raff – famosissimi – si sciolsero, i Fingernails presero il loro posto e divenimmo la band più seguita a Roma. Nel 2001 fecero una reunion e coinvolsero anche me che conoscevo ancora i loro brani: pensa che all’epoca quando Gianni ritardava alle prove, mi mettevo alla chitarra e suonavo con loro proponendo tutta la scaletta a memoria per cui suonare con i Raff fu come bere un bicchiere d’acqua. Ricordo con piacere il concerto di supporto agli Uriah Heep, fu un’autentica emozione. Furono tre anni interessanti e la cosa terminò perché non c’era la volontà di proseguire ancora ma in realtà i vecchi membri della band stavano spingendo per rientrare in formazione e riproporre così l’originale line-up. Oggi ogni tanto si divertono a suonare almeno uno show all’anno ma certo i tempi eroici sono finiti e ti giuro che sono stati una grandissima band.

E’ del 2004 la notizia della rifondazione dei Fingernails. Quali furono i presupposti per “ripartire”?

L’uscita dai Raff mi diede modo di ritentare l’avventura Fingernails ma in realtà i tentativi erano già stati fatti in passato e c’erano sempre state incomprensioni che impedivano che tale cosa succedesse. Una notte sognai Duracell e il mattino dopo mi svegliai angosciatissimo e telefonai immediatamente a Bomber proponendogli l’idea di rimettere in piedi la band. Questa volta ero sicurissimo che saremmo arrivati a compimento del progetto e così fu. Voglio pensare che una grossa fetta di energia ce l’abbia regalata Duracell direttamente dal cielo.

Due anni fa esce la ristampa di “Fingernails”, arricchita da nuove tracce con la formazione attuale, all’interno del Cd Hell’n’Back, prodotto da King Fowley per la Old Metal (Usa). Maurizio, come mai siete dovuti uscire con una label americana per un’operazione del genere e non con una nostrana?

Mangora ci contattò nel 20005 per ristampare l’album saputo che ci eravamo rimessi insieme, in più avevamo da poco prodotto un nuovo promo con la formazione attuale e volevamo pubblicarlo. Purtroppo il rapporto con l’etichetta italiana non andò a buon fine e con Giorgio mi sono più volte incazzato per telefono perché non aveva mai tempo per rispondermi. Quando King Fowley e la Nuclear War Now mi contattarono lo stesso giorno tramite myspace per chiedermi il consenso di pubblicare la ristampa dell’album dovetti fare una scelta che coinvolse entrambi: all’uno chiesi di pubblicare il Cd mentre all’altra proposi il vinile. Sicuramente le gelosie (almeno credo) impedirono alla Nuclear di proseguire il rapporto con noi e King riuscì con immensa gioia a pubblicarmi il disco del 1988 insieme alle nuove tracce in una sorta di doppio album unico. Sono contentissimo di lavorare con Fowley, mi lascia campo libero su qualsiasi decisione e non contesta nulla. L’album è andato benissimo anche se le critiche statunitensi tendono troppo a preferire il vecchio disco rispetto a quello nuovo ma non gli posso dare torto, è sempre difficile ripetersi ma sono sicuro dell’autenticità del nuovo sound.

Quest’anno dovrebbe vedere la luce il nuovo album dal titolo Destroy Western World, per la Old Metal, oltre alla ristampa di Hell’n’back per la cilena Denim And Leather. A che punto sono le cose? Come definiresti la Vostra ultima creatura musicale?

L’album Destroy è uscito da pochissimo negli States e la ristampa di Hell’n’Back cilena è quasi ultimata. E’ un momento favorevolissimo per la Nostra carriera, in più siamo di attesa di uscire su vinile per la californiana Nuclear War Now perché abbiamo registrato una cover dei newyorkesi The Villains che a loro volta hanno coverizzato la nostra Crazy For Blow Jobs. Ricordo che nel 2007 il vinile dei Baphomet’s Blood per l’etichetta brasiliana Dies Irae vedeva, tra gli altri, la nostra cover Hm Forces riproposta in una versione superveloce con me alla voce e chitarra. Il nuovo prodotto è un concentrato di Speed metal e punk rock di grande effetto e credo che stavolta siamo riusciti a creare un disco molto vario ed interessante. Sono piuttosto soddisfatto del risultato finale anche se avrei preferito accorciarlo ma proprio non riesco a eliminare brani che non suoniamo live perché li considero ugualmente miei figli. Alle nuove composizioni abbiamo affiancato alcune tracce vecchie riproposte con l’intensità moderna pur mantenendone lo spirito passato e la solita cover che spesso proponiamo dal vivo: dopo i Sex Pistols ora vengono gli Stooges di Iggy Pop.

Nella foto: la copertina di Destroy Western World,

il nuovo album dei Fingernails.

 

Puoi presentarmi gli altri componenti dei Fingernails attuali?

Anthony Drago alle voci, 38 anni, ex Kaledon e Raff, è vissuto per cinque anni in California e ama i Van Halen ma anche le voci Funk americane. Anthony è un autentico ciclone punk e r’n’r, sul palco è un vero animale, salvo poi planare sui pedali della chitarra staccandoci il jack o facendo cadere in terra gli amplificatori… come accaduto a Berlino dove sono rimasto a suonare lo stesso velocissimo riff insieme alla batteria per almeno tre minuti perché aveva fatto cadere in terra l’ampli per il basso rischiando di seppellire il nostro strumentista. Un pazzo!

Big Ricchard, 25 anni, bassista dei concittadini The Hammer. Ha preso il posto di Bomber, possiede un’ immagine tosta e suona veramente forte, ama i Motorhead e Lemmy ma anche tutto l’hard rock anni ’70. Mi trovo a mio agio con lui, ha un sound corposo che somiglia molto a Bomber.

Fabrizio Lucidi, 40 anni, per certi versi mi ricorda Duracell. Possiede uno stile animalesco e potente… cosa potevo chiedere di più per la band? Ha suonato in diverse formazioni rock e ama follemente, anche lui, i Van Halen.

Secondo te qual è stato il momento d’oro per i Fingernails?

Di certo tutto il periodo che va dall’85 al ’90 dove siamo cresciuti passo dopo passo e dove ci siamo pian piano costruiti la nostra fetta di fan. E’ incredibile sapere che proprio quando è uscito l’album la nostra carriera invece di decollare abbia subito un’inversione di tendenza, fino a sparire, anche se la maturità acquisita ci ha fatto conoscere a un pubblico più vasto, mentre i vecchi metal maniac ci avevano un po’ voltato le spalle.

La scena HM romana degli anni Ottanta, pur essendo particolarmente viva ha prodotto solo pochissimi album: Astaroth, Miss Daisy, Fingernails e Raff. Come mai secondo te questa sterilità?

Roma è sempre stata divisa tra punk e metal, in questo caso le etichette discografiche difficilmente hanno creduto nelle potenzialità delle band della capitale forse perché i vari manager e produttori approfittavano della buona fede dei ragazzi e mentre col punk si riusciva ad avere più visibilità in Italia, nel campo metal era raro esportare la musica all’estero e da noi le iniziative sono tardate a venire. Gli Astaroth sono stati gli unici a tentare di varcare la soglia americana con più forza rispetto ad altre formazioni che sono rimaste al palo negli anni a seguire, soprattutto verso fine anni ’80, ma purtroppo anche loro non hanno avuto fortuna. I Miss Daisy pubblicarono subito dopo di noi e vennero aiutati da Fast Eddie Clark, già ex Motorhead. Parteciparono a tournee inglesi con Motorhead e Blue Oyster Cult e in Italia suonarono con Ramones. Subito dopo si arresero anch’essi e si sciolsero. I Raff non tentarono mai un’avventura estera forse distratti dalle varie collaborazioni con i Raw Power e arrivarono al disco in un periodo di crisi nell’85. Che dire, forse non era il periodo giusto ma delle numerosissime band alcune avrebbero meritato la possibilità di giungere al vinile.

Già che ci siamo dammi una tua definizione delle seguenti band:

ASTAROTH – Originali nella Loro proposta del look “antichi romani” e musicalmente validi, li ricordo quando si formarono, avevano un sound più british, mi piacevano moltissimo.

RAFF – Ovviamente li ho amati, sembravano i novelli Iron Maiden, dal vivo era stratosferici e alla moda.

THUNDER – Troppo acerbi ma comunque interessanti, quando cambiarono nome e indirizzo musicale divennero più maturi e sicuramente più commerciali.

STIFF – Era british metal il loro messaggio originario, poi si spostarono verso lidi r’n’r street e non mi piacquero più.

MISS DAISY – I Guns n’ Roses italiani e col r’n’r nel sangue, sapevano divertire, sicuramente una delle migliori formazioni uscite dalla capitale.

TIR – Sembravano i Priest che tentavano di imitare con forza, non li ho mai particolarmente amati ma erano bravissimi.

Durante la NWOIHM furono parecchie le band a trascinare il mercato… cosa ti viene in mente se ti dico:

BULLDOZER – Si arrabbia qualcuno se all’epoca consideravo la loro musica una bruttissima imitazione dei Venom? Poi con gli anni capisci quanto siano stati importanti.

VANADIUM – Professionali e di buon impatto ma non mi piacevano, alcuni di loro non mi fecero una buona impressione ma giocava il fatto della rivalità Roma-Milano.

DEATH S.S. – Li vidi per la prima volta al festival metal di Certaldo del 1983, stavo dormendo nel furgone quando mi svegliarono per assistere al loro show: sembrava di vivere un incubo, stavano eseguendo una cover dei Black Sabbath. Sicuramente migliore il loro primo periodo, quello con Paul Chain.

ROYAL AIR FORCE – Non mi piacevano affatto: sound troppo americano, ma ammetto la loro bravura.

Qual è stata la maggior delusione patita dai Fingernails?

Ce ne furono differenti: il mancato secondo album, lo show saltato nel 1986 con gli Strana Officina e la defezione al 1° Metal Festival di Pistoia sempre nell’86, entrambi a causa del mio ricovero in ospedale. Non ultimo il mancato album americano dell’85. Non so quale definire più importante, ma di certo la prima che ho detto ha di fatto sancito la nostra fine.

La maggior soddisfazione, invece?

Ovviamente vedere uscire il nostro album nel dicembre 1988. Ricordo che venne organizzata la presentazione del disco nel negozio di dischi dell’etichetta a La Spezia e che la sera avremmo suonato il concerto di presentazione. Mi presentai con 38 di febbre e una tosse da far spavento, non ce l’avrei mai fatta se non avessi ingoiato un paio di aspirine sciolte nella coca cola e non mi fossi scolato almeno cinque pinte di birra. Suonammo tre ore e mezzo di show, una serata mitica.

Se avessi la bacchetta magica come vorresti che fosse il futuro per i Fingernails?

Mi piacerebbe poter suonare fino a sessant’anni anni guidando ancora i Fingernails e calcando i palchi di tutta Europa, magari passando per gli States, la Cina e il Giappone… ahahahahahahah!!!!!!!! Se avessi veramente la bacchetta magica andrei oltre ma per ora mi accontento di far vivere la band con dignità.

Chiudi come vuoi, Angus. Grazie.

Volevo ringraziare tutti voi e tutti quelli che supportano la nostra band, nonché quelli che lo faranno in futuro. Vorrei regalare una fetta della mia energia a chiunque ami la musica nella stessa maniera di come faccio io. Credo che vivere il r’n’r sia la maniera più giusta per non invecchiare mai e credetemi, che alla soglia dei cinquant’anni, vivo la mia esistenza come se avessi fermato il tempo. Bere della buona birra in compagnia, amare una femmina, ascoltare dell’ottima musica, cosa si può volere di più?

Keep on metal and straight ahead,
cheers.

Stefano “Steven Rich” Ricetti