Hard Rock

Intervista Grand Slam (Laurence Archer e Mike Dyer)

Di Stefano Ricetti - 20 Marzo 2025 - 9:22
Intervista Grand Slam (Laurence Archer e Mike Dyer)

Ammirati di recente dal vivo presso il Live Club di Trezzo sull’Adda in occasione dell’unica tappa italiana dell’Hell, Fire and Steel Tour dei Saxon, in compagnia delle Girlschool, i Grand Slam non costituiscono un complesso qualsiasi, ma l’incarnazione successiva ai Thin Lizzy operata da Phil Lynott, nata nel 1984. Di quella formazione, oggi, rimane il solo chitarrista Laurence Archer che, successivamente alla morte di Lynott a nome Grand Slam ha pubblicato sinora due album, l’ultimo dei quali, intitolato Wheel of Fortune (qui recensione) ha visto la luce l’anno scorso. Di Phil ma non solo si è chiacchierato con Laurence e con il cantante Mike Dyer, recentemente. Qui di seguito il resoconto del nostro scambio di battute.

Buona lettura

Steven Rich  

 

 

Mike, non avevate timore di risultare un po’ troppo hard rock per un’audience tipicamente heavy metal come quella che vi siete trovati davanti esibendovi con Girlschool e Saxon?

Mike Dyer – Mah, sai, secondo noi la differenza la fa la qualità della musica, se è buona non c’è alcun problema da nessuna parte… concordi? Mi rendo conto che come Grand Slam siamo privi del tipico assalto in doppia cassa delle band heavy metal ma possediamo dei buoni riff, energia e cuore. Alla fine dei conti è tutto rock ‘n’ roll, e abbiamo fatto ciò che sappiamo fare meglio: salire sul palco, suonare a tutto volume e divertirci un mondo. Pare sia bastato, dai riscontri che abbiamo raccolto. Oh, poi, se c’è stato qualcuno insoddisfatto, perché noi non siamo risultati sufficientemente pesanti, beh, vorrà dire che ce ne faremo una ragione! Ah,ah,ah!

 

Grand Slam, 2025

 

La tua definizione di (una per una) di:

Mike Dyer Girlschool – Full circle! Ho un debole per le Girlschool, dato che la mia prima band, i Tokyo di Liverpool, pubblicò ‘Satisfaction Guaranteed’ per l’etichetta GWR. La stessa, all’epoca, di Girlschool e Motörhead. Nonostante noi fossimo imparagonabili a loro, ci hanno sempre trattato con rispetto. E questo è tutto ciò che conta. Dai rispetto e ricevi rispetto…

Mike DyerSaxon – Li ho sempre vissuti come un incubo, perché sono un vichingo e il villaggio da cui provengo, Bromborough, è stato spazzato via dai Sassoni nell’anno 937! Ah,ah,ah!

 

Mike Dyer

 

Hai qualche aneddoto divertente da raccontare riguardo il tour che avete fatto con loro?

Mike Dyer Ce ne sarebbero troppe da raccontare! Eravamo dentro un ascensore pigiati come sardine e abbiamo atteso per ben sette minuti di arrivare al piano prestabilito dell’hotel per poi scoprire che il piano dal quale eravamo partiti era già quello giusto! Oppure ricevere le chiavi della nostra stanza ed entrare in quella di qualcun altro nelle prime ore del mattino e ritrovarsi di fronte sconosciuti che dormivano beatamente.

 

 

Non capita sempre di ritrovare la stessa line-up in una band a distanza di anni, ne sono passati cinque da Hit The Ground a Wheel of Fortune e voi Grand Slam siete sempre gli stessi quattro. Quale il segreto?

Mike Dyer – Dopo il naturale periodo di rodaggio successivo alla selezione operata da Laurence, a suo tempo, abbiamo trovato la giusta chimica fra di noi e da lì in poi la situazione non ha fatto altro che migliorare, forgiata anche dai momenti passati insieme on the road. Ma la cosa più importante è che siamo diventati amici. Come ti dicevo sopra, alla fine è sempre la stessa storia: dai rispetto e ricevi rispetto…

 

Grand Slam, Wheel of Fortune, 2024 

 

Il pezzo che più mi ha impressionato di Wheel of Fortune è Pirate Song. L’ho definita una canzone dal sapore Southern che si incontra con la polvere del deserto sollevata dai Guns N’ Roses… Cosa ne pensi della mia definizione? Puoi raccontare come l’avete composta e com’è nata?

Mike Dyer Davvero un’ottima definizione, la tua! Pirate Song racchiude dentro di sé quella spavalderia tipica del Southern, figlia della natura selvaggia e sconfinata, concordo al 100% con le tue sensazioni. Volevamo che Pirate Song emanasse per l’appunto quell’energia senza legge, totalmente libera…

Tutto è iniziato, come spesso accade nel mondo del grande rock ‘n’ roll, con un riff che Laurence suonava ripetutamente durante i suoi viaggi in Grecia, che poi ha perfezionato fra i Caraibi e Guadalupe. Io, poi, semplicemente, ci ho appiccicato sopra i miei testi, e il resto della band si è accodato: Benji con le parti di batteria e Rocky col suo basso. Tutto in maniera molto spontanea e naturale. Pirate Song possiede uno di quei riff che si sostiene da solo e che asseconda storie di libertà, di ribellione e quel tipo di spirito a cui non piace sentirsi dire cosa fare. Quando l’abbiamo composta non pensavamo al genere, a come collocarla, ma solo al sentimento: un po’ di groove, un po’ di polvere catturata nell’aria e un ritornello che puoi cantare con un drink in mano.

Quindi sì, assolutamente, il sapore del Southern che incontra la polvere del deserto. Direi che hai colto perfettamente nel segno!

 

Grand Slam live in Italy, 2025

 

Una tua definizione dei vostri due lavori:

Mike Dyer Hit the ground 2019 – Questo album ha costituito una vera e propria “liberazione” per Laurence, che si portava dietro delle canzoni mal registrate nella testa da trent’anni. Pezzi che avevano un assoluto bisogno di essere incisi con tutti i crismi. Laurence viveva una sorta di missione. L’album ha significato il nostro toglierci il cappello e dire addio a Phil Lynott. Contiene cinque brani vecchi e cinque nuovi e ha segnato la direzione artistica verso cui ci stavamo dirigendo.

 Mike Dyer – Wheel of Fortune (2024) – Questo album è piuttosto profetico. In origine si sarebbe dovuto intitolare “Take a look at what you could’ve won (guarda cosa avresti potuto vincere!)”, che era una frase ad effetto di un noto programma televisivo, tutto incentrato sull’ironia. Ad esempio i poveri erano soliti vincere barche a motore ma poi non avevano l’auto per trainarle, cose del genere, piuttosto esilaranti. É il disco dove personalmente ho potuto incidere pienamente, cioè calarmi nell’atmosfera generale e raccontare storie, scrivere di cose che hanno un significato e non solo di andare in giro per il Sunset Strip a cazzeggiare.

 

Phil Lynott

 

Quanto c’è ancora di Phil Lynott dentro i pezzi che compongono Wheel of Fortune? 

Laurence Archer – Solo una canzone contiene parte del suo contributo, le altre sono state scritte da me e Mike si è occupato dei testi e di perfezionare alcuni passaggi. Mi piace comunque pensare che Phil mi guardi sempre le spalle.

 

Laurence Archer 

 

Come sei entrato nei Grand Slam agli inizi?

Laurence Archer – Incontrai Phil quando ero nei Wild Horses, la mia band di allora, che era sotto lo stesso management dei Thin Lizzy, da lì è poi nato tutto quanto. 

 

Quali i motivi per i quali non firmaste un contratto e non faceste uscire nulla come Grand Slam nel periodo con Phil Lynott nella formazione?

Laurence Archer – Godevamo di cattiva stampa, in quel periodo, nel Regno Unito. Essa non faceva che scrivere articoli riguardanti Phil, rimarcando i suoi problemi con la droga e i suoi comportamenti sopra le righe. La cosa di certo non aiutava…

 

 

Cosa ti manca di più di Phil Lynott?

Laurence Archer – Un po’ tutto, Phil era il mio mentore e mi prese sotto la propria ala in qualità di songwriter.

 

Che tipo era Phil?

Laurence Archer – He was a great guy, a gentleman and a very driven artist (non occorre traduzione…)

 

 

 

Come siete approdati a Silver Lining Music? Come vi trovate con loro?

Mike Dyer Inizialmente eravamo con la Marshall, ma abbiamo concordato di separarci. Nel giro di poche settimane siamo poi stati presentati alla Silver Lining Music dal manager delle Girlschool, Giles Lavery. Devo dire che la Silver Lining Music per noi ha costituito una ventata di aria fresca. Sono davvero la casa discografica più comprensiva, empatica e proattiva in circolazione, gestita da quelle che chiamo affettuosamente le “streghe di Eastwick”, cioè Serena Furlan, Carly e Catherine. Tre esseri magici che, essendo donne, eliminano del tutto i preconcetti di cui è pregna l’industria rock della vecchia scuola, dominata dagli uomini. Una vera gioia!

  

Conosci band italiane?

Mike Dyer – No, mi spiace, ho però lavorato con Zucchero molto tempo fa.

 

Uscirà un vostro prossimo disco?

Mike Dyer Oh yes!!!

 

Prossime mosse?

Mike Dyer – Suonare il più possibile in giro!

 

 

Stefano “Steven Rich” Ricetti