Intervista Hymnodya (Pasquale Ninni e Leonardo Ascatigno)
Intervista a cura di Marco Catarzi
Benvenuti su TrueMetal.it. Come nasce il progetto Hymnodya? Quali sono le vostre precedenti esperienze come musicisti?
Pasquale: Buongiorno a tutta la redazione di TrueMetal.it e a tutti i lettori, grazie per il tempo che ci dedicherete. I brani del prossimo full-lenght, in termini di stesura, sono quasi tutti ultimati. Questo rappresenta l’incipit di un paradosso in quanto “Oblivion” è stato composto addirittura dopo quella che sarà la prossima release. Il lockdown dovuto alla pandemia in corso ha favorito le condizioni affinché vedesse la luce questo concept che, in condizioni reali, non era stato nemmeno immaginato. Questa è, in sintesi estrema, la genesi del progetto Hymnodya, nato come progetto parallelo al principale, ma che, a quanto pare, sarà il catalizzatore di tutto diventando quello principale. Come musicista ho conseguito la laurea di II livello presso il conservatorio di Bari dove mi sono specializzato nelle tecniche di fingerpicking, ma per me la musica è un mondo da esplorare in tutta la sua interezza, motivo per cui studio la chitarra in ogni sua sfaccettatura. Questo mi ha portato a pubblicare due cd, “Misere Corde” ed “Evo”, e a vivere un’esperienza live molto intensa e importante, anche di respiro internazionale, dove ho prestato la mia opera in progetti anche molto differenti tra loro e dove il pendolo della chitarra continua a oscillare tra chitarra elettrica, acustica e classica. Col tempo mi sono specializzato anche nell’attività di registrazione, questo sia per utilità personale e sia per una completezza di formazione che ritengo fondamentale nel percorso di un musicista, anche perché in questo modo riesco a rendere aderente quello che ho in mente con il prodotto finale, in quanto non devo spiegare a qualcuno cosa voglio. L’attività di musicista, turnista, docente di chitarra, mi ha portato ad abbandonare un impiego fisso che limitava il tempo a mia disposizione da dedicare allo studio della chitarra e anche di altri strumenti, tipo pianoforte, basso e batteria.
Leonardo: Buongiorno e grazie per questa gradita possibilità. La genesi del progetto l’ha spiegata Pasquale e a lui vanno i miei ringraziamenti per l’impegno che ha profuso affinché quello che era un desiderio è diventato realtà. Lui è un chitarrista straordinario con una visione globale della musica e anche alla luce di questo con lui è tutto più semplice. Io ho un percorso differente in quanto nella vita non faccio il musicista di professione, mi occupo di altro. Sono un grande ascoltatore di musica e ho maturato diverse esperienze musicali sia in ambito acustico che in ambito elettrico. Anche io ho suonato in progetti molto differenti tra di loro anche se il tempo che il lavoro mi lascia a disposizione è inferiore a quello che vorrei da poter dedicare alla musica. Ricordo con piacere gli albori della mia esperienza musicale, nel classico locale di paese che si configurava come un contenitore di tutto quel vissuto tipico della nostra generazione; uno spazio all’interno del quale si viveva gran parte della giornata e al quale affidavamo i nostri sogni, i nostri desideri, le nostre ambizioni, ecc.
Nel vostro sound si evidenzia una fusione di death metal feroce e melodico, con una declinazione epica che rimanda a territori introspettivi. Quali sono le suggestioni e le ispirazioni a cui siete legati?
Pasquale: L’introspezione è un elemento fondamentale nelle mie composizioni; la fase compositiva è fortemente influenzata da questo. L’ispirazione e le suggestioni sono molteplici e svariate e di certo si avventurano in territori inesplorati e forieri di tanti stimoli che poi trovano collocazione nei brani. Se potessi fare un esempio, chiamando in causa l’arte grafica, mi piace pensarmi collocato nello scenario della cover del disco dei Dissection “Storm of the Light’s Bane” dove lo scheletrico cavaliere erra in territori algidi e inesplorati che si caricano di suggestioni sconosciute, affascinanti e misteriose. Il tutto ovviamente portato in un genere molto “feroce”, come voi dite, e pesante … anche se per Leonardo non è mai pesante abbastanza!
Leonardo: L’ispirazione e le suggestioni vengono seminate nel campo della cultura con la speranza che sboccino frutti particolari; tutto quello che noi facciamo deve avere un’alta carica culturale e mai banale. Cerchiamo, come già detto da Pasquale, di spingerci oltre, di guardare al di là, un po’ come iniziarono a fare i poeti decadenti nella seconda metà dell’Ottocento. Cerchiamo poi di coniugare tutto questo nel genere musicale che amiamo segnandolo con pennellate di personalità che speriamo riescano a identificare il progetto Hymnodya. Siamo affascinati da determinate ambientazioni e da determinate ratio e cerchiamo sempre di capire cosa c’è oltre la reale apparenza delle cose.
Le trame epiche sono ben presenti, soprattutto in un brano come “Forgotten Child”. Il vostro sound potrebbe evolvere in questa direzione, o la componente death metal manterrà la sua importanza? Avete già composto nuovi pezzi per un futuro full-lenght?
Pasquale: Come già detto in apertura il prossimo full-lenght è quasi terminato, la risonanza avuta dal progetto Hymnodya ci impone di riflettere su alcune scelte che ritenevamo scontate ma che adesso, per forza di cose, devono essere riviste. Cercheremo di evolvere il nostro sound pur rimanendo nell’alveo di uno stile che ci caratterizzi con la speranza di ricavarci qualche stilema che ci identifichi in un panorama, quello metal, che pullula di band e progetti, anche molto validi. Il death rimane il mio terreno di caccia preferito e preferenziale, anche se le contaminazioni fanno parte integrate del progetto; infatti, per esempio, molte scale utilizzate, non hanno molta attinenza con il genere, ma ho cercato di creare una felice commistione tra le parti.
Leonardo: Pasquale bisogna tenerlo a freno, ha l’erronea convinzione che tutti sappiano suonare come lui, basta poco per farlo esplodere, lui è, come direbbe Dante, “poca favilla gran fiamma seconda”! Il death rimane la base, anche se io non disdegno felici incursioni nel black, genere che mi piace per sonorità e atmosfere cupe e algide, e nel thrash.
C’è molta attenzione anche verso l’aspetto tecnico del songwriting, rimanendo comunque fedeli alla struttura di forma canzone.
Pasquale: Questa domanda mi permette di sottolineare un aspetto a cui tengo molto: ogni elemento che entra in gioco nella composizione deve essere coerente con tutto il resto, faccio un esempio: il testo deve avere coerenza con il passaggio musicale, questo deve avere coerenza con la parte tecnica, questa sommatoria con la struttura della canzone e così via fino alla scelta della chitarra più idonea. Solo così un brano potrà essere “integralista” fino in fondo, solo così sembrerà venir fuori nella sua interezza dal vortice delle note possibili. Quindi l’aspetto tecnico è di primaria importanza per quanto mi riguarda; inoltre con l’utilizzo sapiente della tecnica, ovviamente non fine a se stessa, si possono allargare notevolmente gli orizzonti musicali.
Leonardo: Quanto detto da Pasquale trova pienissima dimostrazione nell’animazione dei lyric video di “Oblivion” e di “Divine”. I disegni magistrali di Alessandro Amoruso sono stati montati ad arte da Pasquale e concentrandosi anche sui minimi dettagli ci si renderà conto che questi hanno una forma di legame con quanto la musica, in quel preciso momento, sta offrendo. Ho citato Alessandro Amoruso e ne approfitto per menzionare anche il nostro fotografo Gianluca Soccio, a loro due vanno i nostri più sentiti ringraziamenti per quanto fatto.
Nel vostro approccio compositivo sembra evidente una certa apertura mentale. Qual è la vostra opinione sulla scena metal attuale, che sembra divisa tra ondate di revival da un lato e slanci di sperimentazione dall’altro?
Pasquale: L’apertura mentale credo sia fondamentale nelle forme artistiche contemporanee per evitare ogni forma di cristallizzazione che, come molti esempi dimostrano, anestetizza progetti anche molto validi. Rimanere arroccati a un unico modo di lavorare con la musica credo sia poco stimolante anche sotto il mero profilo motivazionale del musicista; bisogna ricercare perché grazie alla ricerca, e Leonardo lo sa perché fa di questo una parte del suo lavoro, si può migliorare. Apprezzo molto quei chitarristi e musicisti che non hanno confini, stando nella musica così come si sta al mondo. Il mondo di oggi poi, che viaggia a velocità incredibile, dove il nuovo domani è già desueto, impone l’adozione di un’apertura mentale che impone, per certi aspetti, anche applicazione e sacrificio.
Leonardo: Rispondo con il titolo di un disco di Riccardo Zappa: “Definire significa limitare”. In questo caso, ma Zappa intendeva altro, l’accezione del verbo “limitare” è negativa; definire a priori e negarsi la possibilità di avere aperture significa limitare, in un certo senso, anche la propria personalità. L’uomo sta al mondo e con il mondo evolve ecco perché serve apertura mentale, posto che questa poi offre scenari culturali e ispirativi che possono essere tradotti in musica. Se così non fosse credo che non esisterebbe il concetto di “classico”, della letteratura, della musica, ecc…
Si guardi per esempio il percorso di Sergio Leone: pur rispettando i suoi classici stilemi, nei suoi film emerge una grande apertura mentale che l’ha portato a firmare dei capolavori.
In riferimento al panorama metal attuale le cose da dire sono molte; di certo, il determinismo storico e tecnologico, con i social e simili, ha consentito il proliferare di pubblicazioni di album di tantissime band. Questo è un vantaggio perché avere un minimo di visibilità oggi è semplice, però poi ascoltando quello che viene suonato in giro ci si rende conto che, o si aderisce totalmente alle caratterizzazioni moderne del metal, motivo per cui le band sembrano tutte uguali, oppure c’è un ritorno al classico con tutto il negativo e le pastoie che ne derivano. Concludo, e questo è il medesimo pensiero di Pasquale, che oggi è difficile e raro trovare nelle band quella ventata di novità e particolarità che tanto farebbe bene a tutto il genere.
Prevedete di mantenere il progetto Hymnodya come duo, oppure di trasformarlo in una vera e propria band?
Pasquale: Il progetto, anche per quanto detto prima, è nato come un divertissement, ma lo sviluppo naturale è quello di configurarlo come una band. Questo per una serie di motivi, non per ultimo in previsione di qualche impegno live. In realtà qualche pedina è stata già opzionata e per le altre siamo nella fase decisionale dopo aver sondato alcune opzioni. Essendo un chitarrista molto attivo sul territorio ci ha permesso di disporre di un ampio spettro di possibilità.
Grazie per l’intervista, cosa vorreste dire a chi è interessato ad avvicinarsi alla vostra musica?
Pasquale e Leonardo: La nostra più grande soddisfazione sarebbe quella di “muovere qualcosa” nelle persone che ci ascoltano, speriamo di generare qualche emozione, un semplice attimo di attenzione, un brivido e di lasciare un minimo ricordo. Non ci piacerebbe abbandonare nell’indifferenza chi si avvicina alla nostra musica; questo sarebbe negativo e significherebbe aver fallito in qualcosa. Nel bene o nel male speriamo di essere forieri di un qualcosa che prima o possa sbocciare, su quale versante non si sa, ma che ci auguriamo accada.
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Ringraziamo la redazione per la gradita possibilità concessa e tutti colori i quali leggeranno questa intervista.