Intervista Imago Mortis (Abibial)
Oggi incontriamo i bergamaschi Imago Mortis, band Black Metal italiana con una carriera trentennale alle spalle che ho visto dal vivo pochi giorni fa in occasione della XV edizione del Black Winter Fest e con cui ho avuto il piacere di scambiare quattro interessanti chiacchiere.
Intervista a cura di Jennifer “Jenny” Carminati
Lo so che ve lo avranno già chiesto in molti, ma a me piace sempre farla come prima domanda anche a band non nuove nel mercato musicale. Come mai questo nome? A cosa vi siete ispirati nella scelta di ciò che più rappresenta una band.
Il nome Imago Mortis è latino, significa “Immagine della Morte”. Lo abbiamo scelto in quanto rappresentava appieno la nostra propensione interiore e artistica volta all’oscurità, al mistero, all’enigma del trapasso e al misticismo arcaico.
Vi va di presentarvi ai lettori di TrueMetal che magari non vi conoscono ancora.
Gli Imago Mortis nascono nel 1994 dalla mia volontà e quella di Maelstrom. Dopo le consuete fasi di assestamento abbiamo esordito nel ‘98 con un primo demotape, al quale sono susseguite altre demo, partecipazioni a compilation e split, sino ad approdare nel 2005 a un contratto con la storica label francese Drakkar Productions per la quale abbiamo rilasciato cinque album, un EP, e uno split. La nostra formazione comprende il sottoscritto, Abibial, basso e voce, Scighéra, chitarre, e Axor, batteria.
Parliamo delle liriche dei vostri album. I vostri testi sono studiati, affondano le radici nella storia delle orobie in epoche antiche, con leggende e culti raccontati spesso con un linguaggio aulico. Da dove nasce questa vostra passione? Centra in qualche modo la vostra vita personale, i lavori che fate nella vita di tutti i giorni e la realtà provinciale in cui vivete?
Sicuramente le nostre ispirazioni provengono dal nostro substrato etnoculturale, dalla nostra storia umano-familiare e, naturalmente, dal contesto in cui siamo cresciuti. Proveniamo e viviamo in provincia, in paesi di campagna, in cui il contatto con il mistero è sempre stato particolarmente presente. Ogni famiglia conserva al proprio interno un bagaglio di storie ed esperienze con il mondo del soprannaturale come premonizioni, apparizioni, leggende, stregherie, possessioni, spiritismo…. Partendo da queste premesse gli Imago Mortis non possono ridursi al considerarsi semplicemente una band musicale, ma bensì un epicentro volto allo studio e conservazione di queste esperienze sottili. L’esito di tutto ciò vien tessuto nei nostri lavori.
Riconducendomi alla domanda precedente, avete fatto la scelta azzardata di cantare in italiano, latino e a volte, addirittura, in dialetto bergamasco. Come credete sia visto tutto questo all’estero? Rappresenta in qualche modo un ostacolo alla diffusione della vostra musica oltralpe, o il fatto di inserire le traduzioni dei testi in inglese negli album pensate possa bastare?
Sicuramente il fatto dell’esprimerci nelle nostre parlate in passato fu considerato come un qualcosa di inconsueto o, se vogliamo, maldestro. Ma se partiamo dal fatto di considerare il Black Metal come la massima espressione della propria libertà intellettuale, identità e velleità artistiche, tutto collima senza particolari sbavature. All’esterno il nostro esprimerci è ben accolto, abbiamo molti estimatori sparsi per il globo. Credo che riportare le traduzioni dei nostri testi e concept all’interno dei booklet possa aiutare l’ascoltatore a comprendere ulteriormente il significato del nostro esprimerci, e l’heimat da cui proveniamo.
E dopo aver parlato dei testi parliamo della musica in senso stretto. Per voi cosa significa suonare black metal? Come mai avete scelto, ormai nel lontano 1994, di fare vostro questo genere oscuro, sacrilego, arcano e per certi versi, non di facile fruizione che voi, a mio avviso, interpretate come una scelta spirituale, e non certo banalizzandolo come altri fanno con i soliti cliché inflazionati che ormai dilagano?
Per noi Black Metal significa appagare quella sfera interiore di continua ricerca sulla soglia del mondo dell’arcano e dello sconosciuto. Non possiamo definirci semplicemente dei musicisti, ma dei sensibili ricettori spiritualmente avanzati. Come denoti, ci sentiamo particolarmente refrattari alla superficialità che spesso viene espressa con la pura e semplicistica iconoclastia, sovente funzionale al mascherare un profondo vuoto interiore.
Ci sono delle band che vi hanno ispirato maggiormente o che comunque fanno parte dei vostri ascolti quotidiani e, in qualche modo inevitabile, influenzano la vostra produzione ora ferma al quarto disco ‘Ossa Mortuorum e Monumentis Resurrectura’ uscito nel 2020?
Sicuramente ognuno di noi è stato influenzato da un proprio bagaglio di ascolti metal. Possiamo sintetizzare le nostre radici nel vecchio metal ottantiano con tutte le sue svariate sfaccettature oscure, sul quale si è diramato poi il nostro orientamento al primo Black Metal di matrice scandinava, ellenica ed Europea. Oltre a ciò, riserviamo una certa venerazione per quelle band del nostro territorio nazionale, che nel thrash e l’occult metal ci hanno donato molto, citerei i Death SS su tutti. Non nascondiamo inoltre di nutrire un cento rispetto anche per la nostra vecchia scena prog settantiana.
Il 2023 terminerà tra pochissimi giorni; vi va di dirmi, se ce ne sono, quali sono i dischi che più vi hanno colpito?
Personalmente in questi giorni sto inalato le cupissime atmosfere degli album dei Veštac e l’ultimo lavoro degli End.
Dal vivo mi siete piaciuti tantissimo, mettete in scena uno spettacolo primordiale, come il Black Metal più intransigente richiede. Pochi fronzoli e spazio alla musica. Suonate con non troppa frequenza dal vivo o sbaglio? Quanto è importante per voi la dimensione live?
Ci fa piacere che hai apprezzato la nostra esibizione. Confermiamo la tua impressione, non facciamo molti concerti, cerchiamo di valutare le giuste tempistiche, situazioni e contesti. La dimensione live per noi è importante, abbiamo sempre concepito il fatto che il proprio operato artistico deve essere condiviso, al fine di trasmettere al pubblico le proprie sensazioni.
Personalmente, non capisco il motivo per cui band come voi, con un indubbio valore artistico e che fanno musica con passione e attitudine da tantissimo tempo, non riescano ad emergere dal mondo underground che spesso, purtroppo rappresenta, un limite alla carriera. Vi siete mai chiesti come mai in Italia soprattutto c’è questa pessima tendenza a valorizzare i gruppi stranieri e non i nostri meritevoli pari?
Sicuramente subiamo un vecchio limite culturale nei confronti della musica rock, che non ha potuto proliferare per svariate ragioni. Su tutte sicuramente ci ha messo del suo la politica e la religione. Quest’ultima ha posto questioni di tipo morale, ovvero vietando ai giovani di ascoltarla, in quanto forviante e più o meno collegata al culto del diavolo. La politica perché ha sempre voluto e foraggiato ciò che doveva esser forzatamente schierato o militante. In questo quadro gli estremisti di sinistra nel 1971, convinti che il pagar un biglietto d’ingresso fosse un’ingiustizia nei confronti del proletariato, sfondarono al Vigorelli di Milano facendo terminare il concerto dei Led Zeppelin a suon di molotov e scontri con la celere. Gli storici musicali son concordi nel giudicare quell’assalto come l’evento che precluderà di fatto al nostro paese di poter godere di numerose tappe dei tour di band rock e hard rock anglofone. Se leggiamo qualsiasi biografia degli svariati grandi artisti dell’hard rock e metal, uno dei motivi che li indusse ad imbracciare uno strumento fu proprio quello dell’aver assistito durante l’adolescenza a dei concerti dei loro idoli, come Led Zeppelin, Deep Purple, Black Sabbath, Kiss, Alice Cooper, ecc… Se in Italia non c’è stato permesso di seminar nulla nel passato, come possiamo oggi cogliere dei buoni frutti?
Come considerate la scena metal underground italiana in generale? Restringendo un po’ il campo, quali sono, secondo voi, le realtà più interessanti nel panorama Black Metal di casa nostra?
La scena nostrana è cronicamente altalenante. Vi sono fasi in cui è particolarmente prolifica e attiva e fasi in cui i fenomeni si sgonfiano. Sempre più sentiamo parlare di progetti e non più di band. La differenza tra i due termini non è affatto scontata. Dietro la parola band vi è un gruppo umano animato dal medesimo sentire, che crescendo, inevitabilmente, darà vita a una profonda e sincera amicizia, al di là dei risultati. Dietro la parola progetto si cela una pianificazione a tavolino di una band con un piano di investimento volto alla notorietà e conseguentemente al profitto. Su questa barca può salirci un po’ chiunque, non è necessario esser neppure un metallaro/a. Se dopo una deadline convenuta il progetto non dà i suoi frutti il giocattolo si rompe e tutto volge inevitabilmente al termine, sprofondando nell’oblio. Naturalmente nello scenario deficitario descritto prima quasi sempre questi progetti scemano rapidamente, come i soldi richiesti per restare a galla in quel mondo. Al di là di queste considerazioni, troviamo sempre interessanti gli operati di band come Unctoris, End, Selvans e Kaiserreich. Concludendo, chi fa metal in Italia deve mettersi il cuore in pace e prenderla con la giusta filosofia.
Cosa riserva il futuro agli Imago Mortis? State lavorando ad un nuovo album o dovremo attendere ancora molto per il degno erede delle vostre tutte ottime uscite discografiche passate?
Abbiamo già registrato tempo fa dei nuovi brani che andranno a comporre un interessante split concept sul quale non vogliamo ancora sbilanciarci troppo, dopodiché abbiamo deciso di riservare parte del 2024 a comporre il successore di Ossa Mortuorum… sul quale stanno già serpeggiano delle buone idee.
Il 2024 vedrà il compimento dei 30 anni di carriera del gruppo; l’avreste mai immaginato quando formaste la band di andare avanti così a lungo?
Sinceramente certi frangenti ci sembrano ancora dietro l’angolo, rammentavamo proprio poco tempo fa dopo le prove questo nostro tempus fugit. Sinceramente non ci siamo mai posti degli obbiettivi temporali, forse in virtù di ciò che abbiamo espresso prima, ovvero del concepire gli Imago Mortis come una band e non come un progetto. Detto ciò, finché avremo forza e desiderio continueremo il nostro cammino, chissà magari sin sull’orlo della fossa…
Se avete qualcosa da aggiungere prima di concludere questa intervista, questo è il momento giusto, a voi la parola.
Ricordate che a volte la Morte ha il dovere di soccorre la vita, e a volte la Vita ha il dovere di soccorrere la Morte… a tutti le nostre più sentite condoglianze.