Intervista Invisible Horizon (tutta la band)
Truemetal intervista gli Invisible Horizon
a cura di Pasquale Ninni e Leonardo Ascatigno
Gli Invisible Horizon, identificati come Italian Fresh Metal Band, rappresentano una delle band più interessanti del panorama Metal italiano e Truemetal li ha intervistati in occasione dell’uscita del loro album ‘Deafcon: One’.
L’intervista ha visto la partecipazione degli elementi stabili della band Alessandro Cultrera (Guitars, Backing Vocals), Paolo Carrone (Guitars, Backing Vocals) e Davide Avetta (Bass, Backing Vocals); mentre Marco Binda (Drums) e Marciello Vieria (Lead and Backing Vocals) sono dei session musician.
Dall’intervista emerge una band fortemente motivata, dall’alto contenuto “culturale” e dalla voglia di fare le cose per bene badando poco alla forma e tanto alla sostanza, tutto questo alimentato da una passione esponenziale e da una inusuale originalità. Le domande poste, di vario respiro, hanno evidenziato delle menti davvero interessanti che meritano tanto successo e di calcare palchi importanti.
Si è abituati, nel Metal, alla caratteristica “nostalgica” del ritrovarsi in una sala prove dove ogni musicista dà il proprio contributo e poi successivamente si affinano le idee e le proposte. Questo approccio però non è ravvisabile in voi. Quindi come nasce un vostro “brano tipo”?
Alessandro: La domanda è molto interessante. Dopo una prima fase molto “garage” e poco stabile, a seguito di altre esperienze musicali, abbiamo deciso di avere un nostro “spazio creativo”, quindi abbiamo disposto di avere questo spazio all’interno del quale chiudersi lasciando fuori tutto il resto.
Paolo: Lo “spazio creativo” era necessario per essere totalmente liberi, per poterlo gestire al meglio e anche perché doveva in qualche maniera condizionare al meglio il lavoro musicale, da sotto tutti i punti di vista. Quindi in questo spazio l’unica interazione avviene tra noi tre e qui un brano può nascere in tanti modi differenti, non esiste una regola precisa. Di certo lo “spazio creativo” solo nostro contribuisce alla freshness che ci caratterizza.
Davide: Ogni canzone nasce in maniera differente da un’altra, anche se la base è sempre la condivisione dei materiali, o in presenza o tramite i mezzi tecnologici, dalla quale parte la costruzione del brano step dopo step. Un aspetto fondamentale è rappresentato dal fatto che tutti e tre dobbiamo essere concordi sul risultato finale e questo ci porta ad avere molti confronti.
Come avete lavorato quindi nel dettaglio su uno dei brani più belli, vale a dire “Too Late For Canada”? Questo perché si nota un approccio differente rispetto ad altre band italiane.
Alessandro: Tutti i brani sono scritti totalmente da noi tre e questa domanda è davvero particolare perché la canzone in questione è nata da una reale consapevolezza di farla “totalmente progressiva” senza una minima ripetizione, tant’è che non è presente un assolo e non c’è mai lo stesso riff. Ecco questo brano è nato da un criterio fissato a priori e poi abbiamo notato che in corso d’opera “emergeva”. Inoltre tengo a precisare che la parte più importante del nostro studio è la macchinetta del caffè, il mini bar, il divano, le luci, tutto questo per avere le migliori condizioni possibili per poter lavorare bene. In più, nella creazione di un brano, se una parte a uno di noi non piace deve comunque sostituirla con un’altra alternativa. Quindi, per aderire ai nostri tempi e per non avere logiche di mercato, abbiamo deciso di autoprodurre l’album.
Paolo: “Too Late For Canada” è uno dei brani che da subito abbiamo percepito come tra i più validi, ma paradossalmente è tra i più vecchi perché la genesi, nello specifico il riff iniziale, è datato 2016, 2017 al massimo. Il fatto che sia un brano con tre strofe tutte differenti ci ha portato a una lunga gestazione affinché fosse “progressivo” nel senso che “progredisce” fino ad arrivare all’apice con i cambi di tonalità. Questo è stato possibile in quanto non abbiamo avuto nessuno che ci ha imposto degli schemi stilistici e dei tempi da rispettare.
Alessandro: In questo sta il paradigma di “Fresh”, avere il tempo di fare sufficiente ricerca e sufficiente riascolto in modo che l’ascoltatore possa trovare il brano subito “digerito” e “ottimizzato”.
Troviamo nel vostro modo di fare musica un approccio che nella vita dovrebbe essere predominante, cioè si intuisce che avete un criterio “colto”, mai banale e questa è una nota di grandissimo merito.
Per capire la vostra ratio siamo curiosi di sapere se esiste, secondo voi, una band che ha ottenuto più successo di quanto meritasse.
Alessandro: Il successo che ottiene una band è il frutto del funzionamento di tutto il “meccanismo”; se questo funziona bene nella sua totalità allora la band può avere successo. Vorrei parlare di noi stessi, magari meritiamo tanto successo, ma non abbiamo per adesso tutte le carte in regola, ci mancano gli asset, per conseguirlo.
Esiste una band nella quale avreste voluto suonare?
Paolo: Rage! Perché Peavy è uno dei personaggi più profondi presenti nel mondo musicale; anche dal punto testuale mi piace molto come affronta le problematiche, anche personali. Inoltre mi piace l’idea di lui che trova i riff di chitarra utilizzando una chitarra classica. È lui che crea le atmosfere giuste e tutto questo lo caratterizza come un artista completo.
Alessandro: Rage!
Davide: Rage!
Ascoltando il disco emerge il valore e l’importanza del cantante, come avete pensato all’idea di utilizzare un cantato così orecchiabile che vada a “smorzare” la complessità di ogni singolo brano? La cosa è stata studiata preventivamente o è venuta dopo a opera del cantante Vieria?
Alessandro: L’orecchiabilità vocale del brano è per noi importante perché la canzone non deve annoiare, per questo motivo tendiamo ad ascoltare il brano tantissime volte, perché prima di tutto deve piacere a noi. Il pezzo, anche se complicato, deve comunque “scorrere”. Le linee vocali le abbiamo scritte volutamente “al di sopra” di tutto.
Davide: Non è un caso che ci piacciano i Rage i quali riescono sempre a produrre delle melodie completamente scollegate dalla potenza sonora che suonano. In questo ci hanno fortemente influenzato, perché ci piacciono le diversità che poi comunque si fondono in un risultato comune.
Per questo motivo ci piacciono molto anche gli Helloween.
Paolo: Le backing vocals al 90% sono fatte da noi, perché questa cosa ci piace farla, ma è curiosa la storia del vocalist Marciello Vieria. Lui è stato trovato attraverso una piattaforma perché cercavamo un cantante per incidere il nostro disco e dopo averne contattati diversi del territorio, ma che non ci avevano soddisfatto, abbiamo battuto questa strada. A lui abbiamo inviato, in Portogallo, un nostro brano chiedendogli di cantarlo e il risultato ci ha soddisfatto, tanto che si può parlare di “amore a primo ascolto”. Di lui ci ha colpito la potenza unita alla melodia. Anche se con la sua voce si corre il rischio di essere catalogati come band Hard Rock, ma così non è! Possiamo parlare in modo originale di base Metal con voce Hard Rock.
Per assurdo dovete fuggire su un’isola deserta e potete portare con voi tre cose: un disco, un musicista e un libro. Quali?
Davide: Un disco di musica rilassante, Bruce Dickinson e qualche saga fantasy.
Paolo: “Deafcon: One”, Steve Ray Vaughan e “Uomini comuni”.
Alessandro: “Better Than Raw”, Eddie Van Halen e “L’affaire Moro”.
Per la preproduzione è stato utilizzato l’analogico, il digitale o entrambi? Sono stati utilizzati dei simulatori?
Davide: Tutti gli strumenti sono stati “ripresi” con microfoni veri, poi il tutto è stato gestito da banchi digitali.
Paolo: Sono stati scelti amplificatori e strumenti specifici in relazione al suono che volevamo ottenere.
Il vostro progetto musicale come e perché nasce?
Paolo: Circa 10 anni fa io e Alessandro ci siamo incontrati casualmente e abbiamo deciso di vederci per suonare qualcosa con le chitarre acustiche; abbiamo notato che alcune cose che suonavamo erano carine e abbiamo deciso di vederci con una certa regolarità fino alla nascita del gruppo datata 2016. Davide è entrato successivamente nella band, circa due anni dopo il primo incontro tra me e Alessandro.
Alessandro: Vorrei precisare che prima di creare la band ci siamo posti il quesito se avessimo qualcosa da dire e comunicare.
Quando le condizioni lo consentiranno pensate di portare il vostro prodotto dal vivo? Se sì, con gli stessi musicisti?
Alessandro: Certo, però adesso noi siamo in grado di gestire due mestieri: quello con cui viviamo e quello con cui “respiriamo”. Aggiungere l’attività live significherebbe aggiungere un terzo mestiere considerando che, essendo produttori di noi stessi, dovremmo produrci anche questo e la situazione potrebbe diventare impraticabile. Il nostro disco così curato nasce anche per darci la consapevolezza che “noi esistiamo”, adesso se questo lavoro avesse una risonanza e ci fossero delle possibilità nuove che si aprono, le sfrutteremmo. Se ci invitassero a suonare live valuteremmo il da farsi e con le condizioni giuste parteciperemmo anche perché il disco è stato pensato “live” e suonato “live”. Quindi dipende molto da cosa succede…
Paolo: Molti dei brani sono nati con due chitarre, quindi saremmo anche pronti per un’attività dal vivo.
Davide: Quando abbiamo scritto i brani avevamo già in mente come suonare dal vivo le varie parti.
Ci spiegate la copertina del disco?
Paolo: Il titolo allude alla condizione di sordità, l’artwork presenta un alieno con il cavo che si strappa proprio a causa del “muro sonoro” e il cervello è la sorgente del “muro sonoro” stesso che ha provocato questo shock.
Davide: Comunque non esiste un legame diretto tra la copertina e l’album, perché il nostro lavoro non è un concept.
Come nasce un vostro assolo di chitarra?
Alessandro: Io gli assoli me li canto e poi me li riporto sulla chitarra. Comunque gli assoli nascono da una complessità di situazioni, quindi non in maniera univoca.
Paolo: Una delle componenti fondamentali è l’accordatura che utilizziamo in quanto è “aperta” e non standard, questo stimola ulteriormente. Già solo questo porta a delle sonorità “estranee” a un ascolto Metal “classico”. Quindi scrivere un assolo è una specie di “sfida”. Comunque se uno di noi ha in mente un assolo o un riff e la cosa dopo tempo non ci convince la eliminiamo completamente, tipo “rupe di Sparta”.
Una domanda specifica per Davide. Come fai a convivere con due chitarristi?
Davide: Li faccio scaricare e poi intervengo in maniera mirata su quello che serve! Devo tenerli un po’ a bada e fare da amalgama.
Progetti per il futuro?
Davide: Abbiamo l’idea di proseguire con un altro disco.
Alessandro: Finché ci sono le idee possiamo pensare a un altro disco, non è obbligatorio farlo se non si ha nulla da comunicare. Preciso che lo studio è stato smontato quindi per il prossimo disco bisogna allestire un nuovo “spazio creativo” in quanto il cambiamento dello stesso ci porta ad avere nuove ispirazioni e nuove idee. Serve una condizione “fresh” per scrivere altra musica “fresh”.
Paolo: Questo è fondamentale per evitare di scrivere cose simili a quelle di questo disco.
Ragazzi è stato piacere chiacchierare con voi, vi auguriamo il meglio, perché ve lo meritate! A presto e non fateci aspettare molto per il vostro nuovo lavoro. Grazie per questa bellissima intervista e tanti auguri!
Invisible Horizon: Grazie a voi, a presto!