Intervista Jethro Tull (Ian Anderson)
Intervista a Ian Anderson da parte di Mickey E.Vil (The Mugshots, Radio Onda D’Urto FM). In fondo alla pagina è possibile ascoltare la stessa in versione audio con sottotitoli.
In questa intervista si parla poco di musica ma si parla tanto di altro. Cose di tutti i giorni, interessi, cibo, considerazioni varie. Il che non è poco tenendo presente la grande fama di burbero che il buon Ian Anderson si porta appresso! Dalla fine degli anni Sessanta sino ad oggi, il menestrello inglese ne ha vista di acqua passare sotto i ponti ma di sicuro non ha perso un briciolo della passione che lo ha sempre contraddistinto, per la musica ma non solo. Di cosa stiamo parlando? Leggete un po’…
Dunque, caro Ian. The 7 Decades Tour: cosa possono aspettarsi i fan italiani dai vostri concerti imminenti?
Beh, sentiranno esempi di registrazioni effettuate in tutte e sette le decadi: dalla fine degli anni Sessanta alla prima parte degli anni Venti del Duemila. Saranno mostrati i cambi nello stile musicale e talvolta il ritorno al genere musicale degli inizi, è davvero una sinossi dei lavori dei Jethro Tull attraverso gli anni. Per lo più il tutto può essere annoverato nel progressive rock o nel rock classico, non suonerò brani acustici in questo tour perché sono stanco di portare con me una chitarra acustica, sono pigro!
Mentre sul fronte del lavoro in studio, sei soddisfatto della risposta a RökFlöte e del lavoro della InsideOut Music?
Sì, beh, ho lavorato con un po’ di etichette discografiche negli anni e ho sempre avuto buoni rapporti con esse, inclusa la InsideOut. Naturalmente il marketing e la promozione è a cura della Sony, dunque abbiamo un motore potente in termini di distribuzione dei dischi con ottime possibilità in paesi in tutto il mondo. Sì, è bello lavorare con un’etichetta che potrebbe essere definita come una boutique della musica rock ma con il rinforzo di una potente etichetta come la Sony, una delle tre più grosse compagnie rimaste al mondo oggi.
Com’è stato lasciarsi ispirare dall’antico paganesimo nordico per i testi di RökFlöte? Credi che il mondo odierno potrebbe trovare utile tale filosofia di vita, per i rapporti con la natura e tra esseri umani?
Beh, avevo osservato degli esempi di letteratura cristiana in The Zealot Gene, uscito nel 2022, utilizzandoli come base per scrivere le canzoni: si trattava di alcune parole tratte dal Nuovo Testamento e dalla Bibbia. Con RökFlöte ho deciso di dare un’occhiata alle credenze politeiste: ho pensato alla mitologia greca, a quella romana e poi ho deciso di avere come riferimento la mitologia nordica, perché suppongo – in un certo modo – di avere più accesso, è alla “porta di casa”. Voglio dire, con un nome come Anderson ci sono possibilità che abbia origini nordiche io stesso e mi sono sentito più a mio agio che non ad avventurarmi nella parte remota del Mediterraneo, nel mondo lontano della mitologia greca. La caratteristica degli dei nordici è che sono tutti – o quasi tutti – una sorta di umani superiori, hanno forma umana, provano emozioni umane, hanno attributi e sentimenti umani. Penso che la cosa interessante per me sia stata trovare parallelismi tra i caratteri dei vari dei e quelli di persone che ho conosciuto nella mia vita: quello è stato il punto di partenza per la scrittura del disco. Ho cercato di dargli un tocco di leggerezza, non di renderlo un disco di metal nordico, doom e triste oppure di avventurarmi nel territorio di Wagner o nel fascino oscuro della mitologia nordica portato avanti da Heinrich Himmler, per esempio! Bisogna stare alla larga da tutta quella roba!
Il vostro ultimo album è uscito recentemente, posso comunque chiederti se possiamo aspettarci qualcosa di nuovo in termini di lavori in studio nel futuro vicino o lontano? Stai lavorando a qualche cosa?
Beh, speravo di poter far uscire qualcosa alla fine del 2024 ma a causa di vari conflitti tra gli impegni dei membri della band e gli impegni dal vivo, probabilmente si parlerà della prima parte del 2025. Ma è qualcosa a cui sto lavorando, ho in mente l’inizio delle idee che porteranno ad un nuovo album quando potrò dedicarvi più tempo, quando non sarò impegnato con interviste promozionali e con il lavoro di ufficio!
Quali sono le tue attività parallele al momento, a parte i Jethro Tull, sia musicalmente che non?
Di quando in quando suono su dischi di altra gente se lo reputo interessante: la settimana scorsa ho suonato su tre o quattro canzoni di una band prog metal chiamata Opeth, dalla Svezia. Prima ancora ho fatto un paio di cose per Marc Almond, il tizio che negli anni Ottanta faceva synth pop coi Soft Cell. Dunque faccio queste cose di quando in quando ma non voglio farlo tutte le settimane, talvolta devo dire educatamente: «Scusate ma non sono disponibile!» a molte persone che me lo chiedono. Ma c’è della musica che suona in modo diverso alle mie orecchie, che cattura la mia attenzione e la mia immaginazione. Ma in termini di cosa faccio al di fuori della musica, beh, c’è tutta la parte amministrativa dell’organizzazione di tour e della gestione dei budget che preferisco fare da me piuttosto che chiedere a qualcuno che potrebbe gestirla in modo errato. L’ho fatto per qualcosa come cinquantacinque anni e credo di sapere come voglio viaggiare, dove voglio soggiornare e come voglio organizzare un tour. Piuttosto che stare a spiegarlo a qualcun altro, per me è più facile farlo da me e lo faccio! Ci vuole un po’ di tempo ma per quanto riguarda i miei hobby, mi piace badare ai miei animali…
I tuoi gatti!
Sì, sì…e…
Quanti ne hai?
Ne abbiamo solo due, entrambi piuttosto giovani, uno dei due giovanissimo: infatti devo chiamare il veterinario quando ho finito di parlare con te, per organizzare la sua castrazione dato che presto avrà cinque mesi. E ha un bel “paio” che penzola dietro di lui! Per essere un piccoletto è molto ben dotato… Come spesso capita ai piccoletti! Dunque mi occupo di lui… Poi la fotografia è il mio hobby principale, mi piace portare una macchina fotografica quando viaggio, non quella dentro il cellulare, una vera e propria macchina fotografica! Dipende anche da dove mi trovo, di solito me la porto dietro ma bisogna stare attenti a camminare per le vie, con una macchina fotografica, se sei in certe zone di certe città potrebbe essere un invito ad essere scippato! Perciò di solito sono molto cauto e nascondo la mia macchina fotografica sotto la giacca per non dare nell’occhio. Ma sai, appaio come un piccolo vecchietto che passeggia e non sono un bersaglio ovvio! Non sono un giovane alla moda che lavora in una banca di investimenti e che indossa un Rolex in modo vistoso sul polso!
Qualche nuovo consiglio da Ian Anderson riguardo il cibo indiano?
Sì, dipende da cosa vi piace. Quando sono in una città, cerco il ristorante indiano con le peggiori recensioni e quello sarà quello in cui andrò! Perchè credo di non aver mai avuto brutte esperienze mangiando nel peggior ristorante indiano: di solito le esperienze sono positive perché il cibo è buono, perché sono educato con loro, so cosa voglio mangiare e mi danno un buon benvenuto. Inoltre, a causa delle cattive recensioni, non molta gente ci va e io amo mangiare da solo, in silenzio. Dunque può essere un aiuto – si spera – per godersi un pasto in un ristorante vuoto (ride)! I venerdì sera e i sabato sera sono pessimi per me perché persino i peggiori ristoranti sono pieni (ride)!
Credi che il cibo originale indiano sia diverso da quello che poi cucinano per clienti occidentali?
Beh, lo è e non lo è, molti piatti sono molto tradizionali, specialmente quelli vegetariani. Ma non c’è dubbio che i migliori ristoranti in India… Ricordo che quando soggiornai all’Oberoi Hotel a Mumbai, uno dei due più costosi hotel all’epoca, il manager del ristorante cercava di attirarci nel suo ristorante. Noi dicemmo che era ora di pranzo e che non avevamo tanto tempo, non desideravamo cibo fantasioso, piuttosto uno snack veloce! Ma lui disse: «Venite dentro, potete mangiare quello che volete, abbiamo il miglior chef di tutta l’India!»… Pensavo fosse interessante e lui aggiunse: «Sì sì, è il miglior chef perché si è allenato in un ristorante nella parte nord di Londra!» (ride)…Dunque questo tizio ha imparato il suo lavoro in un piccolo ristorante indiano a nord di Londra e poi ha ottenuto il lavoro, probabilmente perché conosceva entrambe le tradizioni: la tradizione della cucina indiana e il gusto moderno degli occidentali per certi piatti, credo sia importante per qualsiasi cosa tu faccia. Voglio dire, sono stato in un ristorante italiano a Londra, tre o quattro giorni fa, e sono rimasto molto deluso perché le tre cose che volevo mangiare – insalata caprese, un buon ricco minestrone e spaghetti alle vongole – non le avevano minimamente! Avevano cibo che credo fosse attraente per gente che, vicino ad una grande stazione ferroviaria, metteva dentro la testa per qualsiasi cosa volessero mettere dentro la testa… Ma non c’era una singola vongola presente! Pare che gli inglesi non mangino le vongole, dunque gli spaghetti alle vongole non si trovano e per quanto riguarda il minestrone, molti ristoranti non servono più minestre del tutto! Una delle ragioni per cui mi piace venire a Venezia è che è ottima per le minestre ma anche per i molluschi e per il pesce. Ma Roma… Dimenticatevelo! (ride)… Non riesco mai a trovare un piatto di minestra a Roma!
Ci sono altre cucine al mondo che ti piacciono, oltre a quella indiana?
Probabilmente mi muovo di giorno in giorno tra quella indiana, quella cinese e quella giapponese. Questo perché in tutte e tre è di solito abbastanza facile trovare cibo vegetariano e io non sono un mangiatore di carne. Mangio per lo più verdure e di questi tempi i ristoranti cinesi e giapponesi offrono montagne di verdure tra le quali scegliere. Tendo a cercare ristoranti simili di solito. Ma talvolta se sono in Italia cerco un ristorante italiano, se sono in Germania uno tedesco e in Repubblica Ceca mangerò in un ristorante del posto. Ovviamente non è facile, in un ristorante tedesco o ceco, trovare cibo nel quale non sia presente la carne: io non sono un vegano o vegetariano, semplicemente non voglio mangiare carne. Io non mangio carne ma il resto della mia famiglia sì, dunque una volta alla settimana devo essere educato e mangiare con loro!
Dunque un messaggio e saluto finali e un invito, per i vostri fan italiani, a raggiungervi e – cosa più importante – tenere spenti i cellulari durante il vostro concerto!
Sì, credo che dall’avvento dei telefonini il disturbo non sia solo relativo ai musicisti ma anche a membri del pubblico! Paghi un sacco di soldi per il biglietto di un concerto e devi guardare uno show attraverso lo schermo di un cellulare tenuto in alto dalla persona seduta davanti a te, è davvero scocciante! Lo so perché me ne sono andato da un concerto degli Iron Maiden dopo circa venticinque minuti: non ce la facevo più con tutte quelle distrazioni a causa dei telefonini della gente di fronte a me! Non mi stavo divertendo, dunque piano piano me ne sono andato… So che per un membro del pubblico può essere molto irritante. Ed è una grossa distrazione anche per i musicisti, a causa delle lucette dei telefoni che non vengono spente, ciò ti distrae quando stai davvero cercando di concentrarti sulla musica con tutte queste lucette intermittenti davanti a te! Dunque chiedo alla gente, per favore, di non usare i telefoni durante lo spettacolo, fino all’ultima canzone: lì diciamo alla gente che può fare foto, video, quello che vogliono per gli ultimi sei minuti. Francamente, se non hai la foto che desideri dopo sei minuti (ride), c’è qualcosa che non va! Questo è il patto che cerco di fare con il pubblico: datemi un’ora e quarantacinque minuti, un’ora e cinquanta minuti o quello che è senza telefoni e poi gli ultimi sei minuti non ci sarà da impazzire! Sì, come sai abbiamo qualche concerto in arrivo a Roma, Trieste, Brescia e Torino a inizio febbraio e non vedo l’ora di vedere i nostri fan italiani, spero che loro non vedano l’ora di vedere me! Vivremo insieme una gioiosa ora e cinquantacinque minuti prima che possano ritrovare la via verso casa: specialmente nell’Italia del nord farà più freddo che qui nel Regno Unito! Per me va benissimo, potrei essere fortunato al punto che a causa del grande freddo le persone non mi aspetteranno fuori dalla porta per chiedere dei selfies! Se lo faranno, mi sentirò in dovere di firmare degli autografi e mi sento davvero imbarazzato: non ho mai amato l’attenzione dei fan che vogliono toccarmi oppure vogliono degli autografi, l’ho sempre trovato imbarazzante! So che altre persone amano questa cosa, posso pensare ad un paio di band che adorano stare coi fan, chiacchierare e fare foto… Mi dispiace ma io non sono fatto così, sono un solitario! Una volta sceso dal palco non voglio dover parlare con la gente per le successive ventiquattro o ventidue ore… Sono fatto così: non sono ostile ma non cerco neanche di fare nuove amicizie. Dunque trovo imbarazzante tutta quell’attenzione. Conosco altre persone così, non solo nel mondo della musica ma anche in altre forme di arte ed intrattenimento ma anche in politica: persone che davvero non vogliono l’attenzione, non credono di meritare tale attenzione! Perciò preferisco semplicemente nascondermi lontano…
Dunque spegnete il vostro telefono cellulare e godetevi uno degli show dei Jethro Tull: