Intervista Katherine Turman
Intervista a Katherine Turman (Louder Than Hell, Nights With Alice Cooper) da parte di Mickey E.Vil (The Mugshots, Radio Onda D’Urto FM). In fondo alla pagina è possibile ascoltare la stessa in versione audio con sottotitoli.
Buona fruizione.
Da anni provavo una grande curiosità nei confronti del lavoro di Katherine Turman, questa professionista della musica americana nota ai più per essere la produttrice della trasmissione radio Nights With Alice Cooper e per aver scritto – insieme a Jon Wiederhorn – il monumentale volume Louder Than Hell: La Storia Orale Del Metal, egregiamente recensito dal nostro Steven Rich su TrueMetal. Alla fine di questa intervista mi sono reso conto che qui non si parla solo di un paio di storielle legate alle star della musica Hard’N’Heavy: le righe che leggerete descrivono uno spaccato della cultura americana degli ultimi 30 anni. Quella che noi “vecchi” europei abbiamo assimilato solo attraverso film, musica e letture. Sentiamo il racconto di una diretta protagonista di tali realtà…
Dunque cara Katherine, hai iniziato la carriera ad una giovanissima età, 16 anni se non ricordo male. Puoi descriverci brevemente il percorso che ti ha portato ad essere una giornalista freelance così rinomata, specialmente in ambito musicale?
(Ride, n.d.M.) Rinomata, grazie, molto gentile! Sì, io sono di Los Angeles, California, e come saprai c’è sempre stata una grande scena musicale là: gli anni Sessanta con band come i Doors, poi i Settanta con gli Eagles, gli Ottanta con i Guns’N’Roses e il Sunset Strip. Dunque a 16 anni prendevo la macchina di mia madre per andare ad Hollywood nei club per vedere le band! C’erano giornali e riviste nei locali e io li raccoglievo per leggere delle band. Pensavo: “Beh, sono scritti molto bene, posso fare lo stesso, posso scrivere allo stesso modo!”…dunque mi sono mossa e ho scritto agli editori delle riviste dicendogli che volevo scrivere! Mi hanno riso in faccia ma alla fine uno di essi mi diede un compito ed intervistai la mia prima band, ero un po’ più grande, forse 17 o 18 anni. Mi piacque un sacco e finii per iscrivermi a Giornalismo al college perchè volevo fare le cose seriamente e imparare tutto correttamente. Ecco come è iniziata la mia carriera: andando nei locali e seguendo le band!
Cosa puoi dirci del mastodontico lavoro che hai affrontato con Jon Wiederhorn per scrivere Louder Than Hell, La Storia Orale Del Metal, che include contributi di Scott Ian e Rob Halford?
Sì! Devo dire che quando avevo poco più di 20 anni, una volta uscita dal college lavorai per una rivista di Los Angeles chiamata Rip Magazine e Jon viveva a New York dunque ci conoscevamo solo per telefono. Non c’erano nemmeno le e-mail come negli anni Novanta, era un po’ prima di allora…comunque siamo diventati amici e giornalisti, lui si occupava di molte band di New York, dai Twisted Sister agli Anthrax e io essendo di Los Angeles mi occupavo di Poison, Guns’N’Roses e chiunque altro fosse là. Poi mi sono trasferita a New York circa 11 anni fa, forse nel 2006 e Jon disse che avevamo così tanto materiale, avevamo intervistato così tante band che avremmo dovuto scrivere un libro! Io pensai: “Oh no!”, pensai che sarebbe stato molto difficile…e così fu! Ma lui disse che aveva incontrato un editore e che gli avrebbe parlato, dunque lo incontrammo e ci disse che era una grande idea! Jon ed io siamo andati in un bar, abbiamo brindato e dopo uno shot di Jaegermeister ci siamo detti: “Ok, scriviamo un libro!”…ci abbiamo messo quattro anni per scriverlo, soprattutto perchè avevamo tutte le vecchie interviste della nostra storia giornalistica: Jon ha intervistato centinaia di musicisti e così ho fatto io, dunque abbiamo dovuto cercare i nastri con le interviste, le trascrizioni e gli articoli scritti. Jon aveva scritto per Guitar World ma anche io, poi MTV, Headbanger’s Ball…abbiamo dovuto raccogliere tutto il vecchio materiale, metterlo insieme e poi aggiungere qualcosa come un’ulteriore centinaio di interviste per avere le band attuali e le informazioni attuali! E’ stato qualcosa di estenuante, che ci ha confuso dato che avevamo circa 300 voci: Phil Anselmo, tutti i membri dei Pantera, tutti i membri dei Black Sabbath…mettere insieme tutte quelle interviste è stato come comporre un puzzle gigante ma alla fine ce l’abbiamo fatta (ride, nd.d.M)!
Parliamo della tua attività di produttrice: Rockline, The Sharon Osbourne Show e soprattutto Nights With Alice Cooper, cosa ci puoi dire di questo aspetto della tua carriera?
Sì, è divertente perchè sono cresciuta ascoltando la radio, soprattutto gli show di Rock classico! Poi, quando ero a Los Angeles, ho perso il lavoro con Rip Magazine che chiuse definitivamente e dunque necessitavo di lavorare! Un amico mi disse: “Vieni a lavorare a questa trasmissione radio, Rockline!”…pensai che sì, avrei potuto provare e fu quasi come tornare a tutto quello con cui sono cresciuta in radio, con tutte le mie band di Rock classico preferite: dai Foreigner a Peter Frampton, persino Ozzy Osbourne! C’era anche molto da scrivere in radio perchè lavoravamo con Bob Coburn e dovevamo prepararlo, fare ricerche, decidere con le band quello di cui avremmo parlato…era molto simile alla scrittura e al giornalismo, dunque la radio fu una fortunata estensione e una fortuna per me: molta gente va a scuola di trasmissioni per come andare in onda e tutte le faccende tecniche, io invece no e fui fortunata, ho lavorato tanti anni in radio a Los Angeles. Poi quello show…credo che successe che lasciai quella trasmissione radio sei o sette anni dopo Rockline e dal momento che avevo intervistato Ozzy tante volte, quando scoprii che Sharon Osbourne stava per iniziare il suo show televisivo dopo aver raggiunto il successo con gli Osbourne, il loro reality grazie al quale Sharon divenne famosa mentre Ozzy gironzolava per casa…beh, quando raggiunsi la gente che lavorava in tv dissi: “Ho lavorato con Sharon e Ozzy molte volte!” e incredibilmente ho ottenuto il mio primo ed unico lavoro televisivo (ride, n.d.M.)! Utilizzai le stesse abilità che usavo come giornalista, si trattava di prenotare le band che partecipavano alla trasmissione in tv, qualche band l’avevo già incontrata ma non puoi trasmettere Heavy Metal negli show televisivi mattutini negli Stati Uniti! Dunque chiamai Dido e band più soft che piacevano alle donne, era divertente, anche Sharon voleva band più heavy ma il network non ci diede il permesso. Lo show è durato quasi un anno, la televisione è davvero folle ma poi Sharon ebbe un grande successo con – non so se lo avete in Italia – The View, un talk-show durante il quale cinque donne si siedono e parlano dell’argomento del giorno. Dunque qualcosa ha portato a qualcos’altro, tutto è cominciato con la musica, conoscere persone e connessioni, fare amicizie e tutto è venuto da là!
E com’è lavorare con Alice?
Oh, sì, Alice! Anche in questo caso è stata la stessa cosa: ho lavorato a Rockline per un po’ di anni e dopo lo Sharon Osbourne Show sentii qualcuno dire che c’era una compagnia che voleva iniziare un nuovo show radiofonico con Alice Cooper. Io avevo intervistato il manager di Alice Cooper e avevo anche incontrato Alice…ancora una volta il grande circolo della vita: tutti conoscono tutti! Fui raccomandata per il lavoro, ero una fan di Alice ma non una fan scatenata che conosce ogni canzone che ha scritto! Lo show iniziò quasi quattordici anni fa, l’azienda con cui lavoravo era la United Stations Radio Network gestivano un sacco di trasmissioni radio inclusa quella di Alice: abbiamo lavorato a trasmissioni con Sammy Hagar, Riki Rachtman di Headbanger’s Ball, Dee Snider dei Twisted Sister e Alice è un lavoro-dipendente, non c’è niente che ami più del lavoro a parte il golf e stare sul palco! Trova il tempo per tutto questo, il suo show Nights With Alice Cooper va in onda – fammi pensare – 25 ore alla settimana e persino quando è in tour riesce a registrarlo! Voglio dire, tutti credono che sia uno show in diretta ma lo pre-registra perchè è in tour: ha 71 anni e fa qualcosa come 250 date all’anno, è folle che una persona di quell’età abbia quell’energia! Dunque è sul palco tutte le sere, poi torna in hotel col tour bus e registra la trasmissione! E’ davvero divertente e non posso dire abbastanza su quanto sia grande, ha tre bellissimi figli, suo figlio ha una band, sua figlia anche insieme al suo bassista, è insieme a sua moglie Sheryl da sempre…e la cosa migliore è che è ancora così creativo! Gli vengono ottime idee per delle sezioni, segue nuove band: gli piacciono gruppi del genere Garage dei giorni moderni come gli White Stripes, gli Struts, ama molto il Garage Punk beatlesiano odierno (ride, n.d.M.)!
Sì, ho parlato con Alice qualche volta e abbiamo affrontato questo argomento! Forse i suoi ricordi di Detroit e cose simili…
Sì, è un grande fan specialmente di band di Detroit, come me: Iggy Pop, Iggy And The Stooges e via dicendo…cose che trasmettiamo nel suo show, mi ha introdotto a molto Blues che lui ama, come una delle sue band preferite, gli Yardbirds. Dunque ho imparato molto e lui non conosce molto band come i Boston, gli Eagles, i Foreigner, non gli interessano molto e dunque me ne occupo io e lui inserisce cose fighe! E’ divertentissimo lavorare con lui!
Come lavori quando fai media training per i giovani artisti?
Questa è un’altra cosa buffa che mi è capitata! Sai, ci sono un sacco di giovani band che iniziano a 17-18 anni, sono ragazzini. Durante gli anni in cui ho lavorato nel music business come giornalista ho incontrato molta gente delle agenzie pubblicitarie e delle etichette discografiche che mi diceva: “Abbiamo questa giovane band che non parla bene durante le interviste, si dimenticano le storie da raccontare e se gli fanno una domanda non hanno nemmeno una buona risposta, dato che hai fatto così tante interviste forse puoi insegnargli come si risponde alle interviste!”…ecco come è nato questo mio lavoro parallelo: all’inizio mi chiedevo come fosse possibile insegnare a qualcuno come parlare ma poi mi sono accorta che è possibile aiutare qualcuno a raccontare le proprie storie! I giovani musicisti manco sapevano cosa volesse la stampa, avevano paura di parlare troppo e io dicevo: “Oh no, se state facendo un’intervista è il vostro lavoro parlare tanto!” (ride, n.d.M)…provo ad insegnargli a raccontare le storie più interessanti. Come ben sai ci sono così tanti luoghi comuni là fuori, dunque gli suggerisco: “Non dite semplicemente che la vostra band dà il 110%! Dite che state svegli fino alle 3 del mattino ascoltando i Led Zeppelin e bevendo caffè nero, che fate esercizi fisici per stare svegli tutta notte per scrivere canzoni! Raccontate storie folli!”…cerco dunque di espandere la loro creatività perchè giornalisti come me vogliono sentire grandi storie e loro non devono aver paura di raccontarle! E’ come se io e te stessimo conversando e io ti dicessi: “Sono nata a Los Angeles e mi piace scrivere delle band”. Potrebbe essere tutta la mia storia ma spero di essere in grado di raccontare altre storie (ride, n.d.M.)!
Tu sei nata a Los Angeles ma ti sei spostata a New York, quali sono secondo te le differenze tra le due città?
La cosa divertente è che tutti in America si spostano da New York verso Los Angeles perchè New York ha un brutto clima, l’inverno e la neve e in California c’è il sole tutto l’anno (ride, n.d.M.)! Ho fatto il contrario solo perchè ho vissuto una vita intera in California e a Natale si andava in spiaggia con 21°, era magnifico e mi piaceva! Ma volevo provare un altro stile di vita, quindi mi sono spostata a New York e sono riuscita a rimanerci per due anni, mi sembravano sufficienti e sarei tornata a L.A. per rivedere tutti i miei amici, Malibu a Venice e tutti quei bei posti…ma sono qui da undici o dodici anni, New York offre così tante cose: bellissimi teatri, star del cinema…ho visto Bryan Cranston che vedevo in tv su Breaking Bad ed ora è nel network degli spettacoli di Broadway! Tanti teatri, molte più gallerie d’arte, realtà creative e cose simili. E naturalmente come giornalista, nel media training e tutto quello che faccio, tutti vengono qui a New York…all’inizio sono venuta qui per cambiare ed è stato eccitante vedere la neve perchè non la vedevo da quando avevo 8 o 10 anni! In California bisognava salire in montagna ma qui ora posso guardare fuori dalla finestra e vedere la neve cadere, è magico! Ma alla fine mi stancherò di questa magia, della fanghiglia…a New York ci sono milioni di persone, la neve sporca le strade in pochissimi minuti e ti chiedi: “Oh, come posso vivere qui, è terribile!”…quindi amo entrambi i posti e vorrei essere abbastanza ricca per vivere l’estate…beh, a New York l’estate è calda ma le spiagge non sono così belle ed accessibili ma sì, vorrei avere casa in entrambe le parti del mondo. Oppure in Italia, se avete un po’ di spazio extra per me potrei venire anche là!
Sarebbe fantastico!
Questa è la cosa bella di questo periodo storico, con Internet puoi fare quasi tutto ovunque! Quando la mia carriera è iniziata e pure Internet era agli albori, non potevi farlo: dovevi inviare le tue storie alle riviste via fax, era così buffo! Ora Alice è la prova che può essere in tour in Russia e da là può fare una trasmissione radio, può fare tutto da qualsiasi posto e io pure per lo più…non so, sei stato a L.A., la preferisci a New York?
Non ci sono mai stato ma devo visitarla decisamente, per fare il confronto!
Sì, sono entrambe molto divertenti e credo che la gente non sia poi così diversa…forse sono un po’ più in salute a Los Angeles (ride, n.d.M.)! Forse un po’…qui c’è gente che fa jogging a mezzanotte e gente distrutta nei bar alle quattro del mattino, quindi hai tutto! Hai tutto in entrambi i posti, quindi dipende da quanto ami il sole!
Che messaggio e saluto finale manderesti ai lettori italiani dei tuoi lavori?
Oh, vorrei dire che è molto eccitante avere lettori italiani, in Louder Than Hell non mi vengono in mente molte band italiane che abbiamo incluso dunque ditemi quali band amate, parlatemi della musica in Italia, voglio conoscere il Rock And Roll da tutto il mondo…raccontami tutto, Italia!