Intervista Malice (1987)
Intervista ai Malice da parte di Piergiorgio “PG” Brunelli con il bassista Mark Behn, tratta dalla rivista H/M numero 20, dell’anno 1987, quando uscì il Loro album License To Kill.
Buona lettura.
Steven Rich
I Malice, in tournée in Europa, Italia compresa, con gli Slayer, non sono californiani come molti pensano, ma di Portland, Oregon. Il loro trampolino di lancio è stata la Metal Blade, che ha pubblicato un paio di loro demos (Capture Of Light e Kick You Down) nella riedizione del Metal Massacre vol.1. Quella originale comprendeva Tell The World dei Ratt, che finirono per minacciare di rappresaglia legale la Metal Blade dopo il successo del loro mini LP se il brano non fosse stato tolto. Dal 1982, i Malice hanno ottenuto un contratto con la Atlantic ed hanno pubblicato due albums: In The Beginning e License to Kill. Quest’ultimo, uscito un paio di mesi fa, sembra rendere giustizia al suono della band che, anche grazie a Max Norman, può affermare di essere sulla strada giusta. Sulla via per l’Europa, i Malice, reduci dal tour con gli WASP, si sono fermati un paio di settimane a Los Angeles, per registrare un brano che sarà la colonna sonora di un film. A casa di Mark Behn e Mick Zane (assente al momento dell’intervista) a Hollywood, si è fatto il punto della situazione.
Nella foto: i titoli dell’intervista così come comparsi su H/M nel 1987
FILM & HEAVY METAL
Mark Behn— Stiamo facendo un film per la Columbia Pictures intitolato Viceversa, che uscirà il 15 dicembre. L’attore principale è Jeff Ridgehold che ha lavorato anche in Ruthless People e Beverly Hills Cops II. È la storia di due persone, padre e figlio, che tramite una qualche pratica voodoo si scambiano il corpo, l’uno entra nel corpo dell’altro e viceversa. Il gruppo preferito del figlio sono i Malice e, dato che lui adesso è nel corpo del padre, è il padre che viene al nostro concerto. La scena consiste in riprese dal vivo e nel backstage.
– Avete anche un pubblico, quindi?
M.B. — Sì, è stato girato a Chicago e prodotto dalla Columbia Pictures: ci sono lasers, esplosioni pyros, perciò è motto visivo, molto bello.
— Lo considerate un passo molto importante a questo punto dello vostra carriera?
M.B. — Si, è molto importante, perché il film uscirà in dicembre, proprio quando noi entreremo in studio per registrare il prossimo album. Solitamente quando vai in studio, manchi dalla scena pubblica, nel senso in cui non fai concerti e apparizioni, perciò il film capita proprio al momento giusto per farci pubblicità. È un film da 35 milioni di dollari e dicembre è il periodo più propizio per il cinema. Dopo aver registrato la nostra parte andremo in tournée con i Motorhead per un paio di settimane qui negli States, poi verremo in Europa con gli Slayer.
Nella foto: il cantante James Neal sovrastato da Mark Behn e, nel riquadro in alto a sinistra, l’intera band
— Parlami di questo vostro nuovo album License To Kill, che sembra molto migliorato rispetto al primo.
M.B. — In Europa la sua uscita è stata ritardata di circa due o tre settimane rispetto agli States. Per questo disco ci siamo organizzati meglio, prima di tutto è stato prodotto da Max Norman, che ha prodotto i primi 3 album di Ozzy, Y+T, Loudness. E’ sempre stato uno dei miei preferiti, perciò quando è saltato fuori il suo nome abbiamo cercato in tutti i modi di poter lavorare con lui. Max voleva darci un suono molto live e aggressivo e le sue idee combaciavano perfettamente con quello che noi avevamo in mente, abbiamo creato un ottimo rapporto lavorativo con lui, tanto è vero che produrrà anche il nostro terzo album. Quando componiamo o registriamo insieme a Max, le cose vengono così facilmente e velocemente. Figurati che Sinister Double è stata scritta In un quarto d’ora e si può dire che sia saltata fuori da sola, grazie a questa sintonia. E’ divertente quando succede così, noi chiamiamo “creatività forzata” quando sei bloccato con un’idea che non riesci a tirar fuori e anziché lasciar perdere e lavorarci sopra in un altro momento, ti sforzi di creare. Il nostro primo album era stato prodotto da Ashley Howe che ci ha leggermente forzato, noi avremmo voluto lavorare con Michael Wagener, ma le cose sono andate diversamente e Michael ha finito solo per missare il nostro album. Principalmente la carenza qualitativa del suono sul primo album, è dovuta al fatto che abbiamo finito per usare delle demo tapes.
— Il vostro primo album aveva uno strano sound, non era troppo tecnico, ma neanche troppo commerciale. Avevo l’aria del progetto incompleto, quasi un anello della catena fosse mancato nella sua realizzazione.
M.B. — Era una gran confusione. All’inizio lavoravamo con un tecnico che poi é stato cambiato a metà progetto, al che si è presentato un problema notevole. Michael Wagener ha missato qualcosa che era stato registrato da qualcun altro e anche questa è stata dura perché Michael usa tecniche diverse da quelle di altre persone, perciò sul primo album c’erano un sacco di alti e bassi. Abbiamo cercato disperatamente di fare in modo di pulire il tutto per il nuovo album e assicurarci che questo incidente non si ripetesse.
— Si à trattato di un contrattempo?
M.B. — Forse, ma comunque è servito per farci imparare qualcosa che abbiamo migliorato per questo album. Credo che tutto succeda per un motivo e anche questo è successo per una ragione ben precisa, cioè non commettere più gli stessi errori sul secondo album e, come puoi vedere, questo è venuto molto bene. Il suono è molto buono, se lo metti a fianco ad altri tipi di registrazioni, può reggere il confronto, ed è una cosa importante per la qualità delle canzoni.
Nella foto: Jay Reynolds
— Per quanto riguarda il vostro stile, il vostro è un tipo di approccio tecnico, oppure mirate di più a fare canzoni orecchiabili?
M.B. — Beh, parlando di registrazioni abbiamo cercato di ricoprire una miriade di filosofie diverse, parlando invece di come scriviamo le nostre canzoni, quello che cerchiamo di fare è naturalmente cercare di mantenere alta la nostra integrità; ci piace lanciare molte sottigliezze di modo che quando ascolti il disco per la ventitreesima o ventiquattresima volta, senti qualcosa di nuovo che non avevi afferrato la prima volta. Può trattarsi semplicemente di una piccola sottigliezza, o qualcosa con la batteria. Puoi sentirlo più facilmente dal vivo perché tutto è più evidente e puoi cogliere tutte le sottigliezze. Per quanto riguarda le nostre canzoni, cerchiamo di mantenerle heavy il più possibile. Siamo tutti degli scrittori heavy, ci sono quattro compositori principali nella band, cosa che aiuta molto, per il fatto che puoi scegliere fra i diversi stili. In ogni caso, sia che suoniamo con strutture o inclinazioni diverse, cerchiamo sempre di mantenere tutto piuttosto heavy, perché puoi suonare di tutto e farlo sembrare heavy, se lo suoni nel modo giusto. Per esempio i Biack Sabbath avevano l’abilità di suonare un pezzo lento e farlo sembrare heavy allo stesso tempo e noi possiamo farlo. Stiamo mirando a ciò, mantenere una certa classe in quello che fai, ma allo stesso tempo mantenerlo molto forte.
— Vi state presentando al pubblico come una Class Band, Class Metal o che altro?
M.B. — Suppongo che ognuno lo possa interpretare diversamente, non abbiamo molto a che fare con certe foto che sono uscite su di noi, sono semplicemente andate così.
— E’ un peccato che non siate venuti in Europa in seguito alla copertina che vi ha dedicato Kerrang! lo scorso anno.
M.B. — Beh, come ti dicevo, abbiamo fatto un sacco di errori all’epoca del nostro primo album e uno dei tanti riguardava appunto quella copertina, infatti il disco non era ancora stato finito ma sarebbe uscito da lì a due mesi. È stato un problema di comunicazione tra il nostro management e la casa discografica e noi stessi che non conoscevamo niente del business. È inutile riversare la colpa su una persona, perché è come se fosse un treno in marcia, le cose si sono susseguite così in fretta e noi non abbiamo avuto la possibilità di afferrarle… In ogni caso, queste cose non succedono più adesso, i grandi articoli non escono più prima della realizzazione dell’album.
— Qual è la vostra immagine?
M.B. — Non ci preoccupiamo eccessivamente dell’immagine. L’immagine è quello che succede sul palco, cioè quando tutti gli elementi si riuniscono e ciò che vedi rappresenta chi siamo veramente. Abbiamo un forte senso dell’umorismo, facciamo sempre un sacco di cose strane.
— Mi hanno detto che avete registrato in un posto molto particolare.
M.B. — Si, si tratta di un magazzino, è una grande sala che ti dà l’impressione live, cosa che ci aiuta molto per la composizione delle nostre canzoni, abbiamo scritto tutto il materiale per il secondo album e la canzone per il film Crazy in che Night uscirà anche sul terzo LP; la cosa più interessante è che prima di tutto questo pezzo uscirà sulla colonna sonora del film e in un secondo tempo, quando registreremo il prossimo album verrà ri-registrata e prodotta da Max Norman, perciò il suono sarà leggermente diverso. Questa prima versione sarà prodotta da Stacey Heiden, che è molto conosciuto nel suo campo in Canada, perché Max non era disponibile al momento.
— Prima dicevi che avete commesso molti errori con il primo album, ma che vi sono serviti per imparare. Qual è stato il tour che vi ha insegnato di più?
M.B. — Beh, fin dall’epoca del primo album abbiamo fatto dei concerti lungo la costa Est ed abbiamo imparato molto sulla resistenza della band e come stare al passo, di modo che adesso possiamo farlo continuamente. Secondo noi è meglio suonare sei sere alla settimana, perché così non ti fermi troppo a lungo nello stesso posto. È divertente. E’ stata una cosa graduale; nel tour che abbiamo iniziato quest’anno con Alice Cooper, puoi dire che eravamo decisamente migliorati e maturati rispetto alle nostre prime esperienze. Inoltre, avevamo un album alle spalle, e quindi materiale nuovo da suonare, così eravamo carichi di energie.
Nella foto: James Neal
— Il primo tour à stato duro per voi? Di solito le band di supporto, soprattutto se alle prime esperienze, si trovano a dover sopportare ogni sorta di stronzate.
M.B. — Inoltre eravamo al nostro primo prodotto e non era neanche molto pubblicizzato: in Europa si era a conoscenza dell’uscita del nostro album, mentre in America nessuno ne sapeva niente. Eravamo invisibili in molti posti. Perciò arrivavamo in una città dove ci aspettavamo un’audience più numerosa di quella che invece c’era effettivamente. In quei momenti abbiamo avuto una crisi di identità, ma alla fine mandi giù il tuo orgoglio e ti concentri su un duro lavoro per offrire al pubblico presente il meglio di te. Devo dire che il passa parola è stato molto importante per noi; i kids spandevano la voce, di modo che quando siamo tornati quest’anno nelle stesse città ogni locale nel quale abbiamo suonato era affollatissimo. Le voci corrono.
— L’imminente tour con gli Slayer sarà la vostra prima occasione per venire in Europa?
M.B. — Si, siamo tutti molto eccitati all’idea. Abbiamo ottenuto un ottimo responso dall’Europa, riceviamo moltissime lettere dai kids europei, è meraviglioso. Le leggiamo tutte e cerchiamo di rispondere il più possibile. E’ bellissimo sapere che la musica che scriviamo dalla nostra prospettiva piace alla gente e crea dei sentimenti e dell’interesse. Ci fa sentire appagati, è molto bello e non vediamo l’ora di suonare per i Kids europei e dar loro una dose di Malice.
Foto e testo di Piergiorgio “PG” Brunelli
Articolo a cura si Stefano “Steven Rich” Ricetti