Intervista Manam (Marco Salvador)
I connazionali Manam contribuiscono attivamente a mantenere alto il vessillo del metal italiano. Melodic death metal, a essere precisi. E “Rebirth of Consciousness” è il loro debut-album. Di questo e di altri argomenti se ne è parlato con Marco Salvador (voce e chitarra solista).
Il vostro nome deriva dall’unione di “Mana” e “Anaam”. Qual è il significato dei due termini? Perché li avete messi assieme? Qual è il significato complessivo? Com’è nata quest’idea?
Ciao ragazzi e grazie innanzitutto per lo spazio che ci dedicate! Prima di cominciare mi presento, sono Marco Salvador (voce e chitarra solista) e risponderò alle vostre interessantissime domande. Manam viene dalla fusione del termine malese ”Mana” che significa ”forza spirituale/energia vitale” e dell’indiano ”Anaam”, che significa ”senza nome/senza limitazioni”. Il significato complessivo è di una forza senza limiti che trascenda ogni barriera fisica, mentale e spirituale, una sorta di ”mantra” che concentra la nostra idea di arte e un augurio per l’ascoltatore.
“Rebirth of Consciousness” è un concept-album. Potete spiegare nel dettaglio qual è la sua tematica portante? Ne seguiranno altri? Se sì, di quali argomenti tratteranno?
Sì, “Rebirth of Consciousness” è un concept: principalmente riprende le teorie di Zecaria Sitchin e Mauro Biglino riguardo l’origine dell’Umanità. Narra quindi dell’arrivo di una civiltà extraterrestre che, una volta giunta sulla Terra, ha modificato geneticamente i primati (scimmie) per trasformarli nel genere umano. Lo scopo è quello di avere degli schiavi che potessero capire i loro ordini. Noi raccontiamo tutto questo in chiave fantasy, ne traiamo ispirazione per narrare una storia in cui l’Umanità a un certo punto sviluppa un proprio pensiero critico e una consapevolezza del proprio potenziale, si ribella ai propri creatori e li sconfigge. Parallelamente alla storia, approfittiamo per trattare in molti brani tematiche della psicologia dell’inconscio, come il tema dell’obbedienza, della libertà, della solitudine, ecc. Attualmente abbiamo in progetto altri tre concept-album, stiamo già lavorando al secondo album e possiamo anticipare che le tematiche saranno diverse rispetto al primo album, ma ancora non sappiamo dirti con certezza di che cosa parlerà perché siamo indecisi tra due tematiche.
I vostri abiti di scena, uno dei quali maschera il volto del personaggio. Anch’essi hanno una precisa logica o sono solo per figura?
I nostri abiti hanno una filosofia che sta dietro alla loro creazione: innanzitutto i colori, bianco e nero richiamano il concetto del tao, ovvero che nulla esiste senza il suo opposto, e soltanto un’armonica convivenza di entrambi questi aspetti porta a una vita piena e consapevole. Ci sono poi i simboli alchemici di Aleister Crowley: ognuno di noi (siamo in quattro) rappresenta uno dei quattro principi fondamentali, acqua, fuoco, terra e aria. Infine il volto coperto del frontman sta a indicare un abbandono dell’ego, dell’identità, in modo che chi ci ascolterà sia dal vivo che dal disco si concentri sul messaggio che intendiamo trasmettere, invece che sui singoli individui.
Il death metal melodico dei Manam è difficilmente accostabile a qualche altra band. Nel vostro retroterra culturale ci sono dei gruppi che hanno comunque determinato in qualche modo la vostra crescita artistica?
Sicuramente abbiamo cercato, con umiltà e con la consapevolezza di essere agli esordi, di proporre un sound originale che, nel bene e nel male, sia unico e legato alle emozioni invece che a uno stile in particolare. Come influenze, comunque, fondamentali sono sicuramente i Wintersun, i Metallica, i Trivium, i Gojira e i Children Of Bodom, band che musicalmente ci hanno ispirato molto. Non mancano gli ascolti al di fuori del metal: Franco Battiato, Ivan Graziani, Lucio Dalla, la musica prog rock anni ’70 e tutti i suoi derivati, la musica classica (in particolare Beethoven, Tchaikovsky e Monteverdi).
Com’è nato “Rebirth of Consciousness”, musicalmente? Siete partiti da zero oppure ciascuno di voi ha portato con sé le proprie esperienze pregresse per avere una base su cui partire con il progetto?
“Rebirth of Consciousness” è nato principalmente da me, nel senso che era un progetto che avevo in testa da qualche anno a questa parte. Ho composto tutti i pezzi e registrato le preproduzioni, dopodiché, una volta aggiuntisi al progetto Nicola, Fabiola e Marco (Montipò), abbiamo provato i pezzi in sala prove e aggiustato alcuni dettagli. Altro contributo fondamentale lo ha dato Marco Pastorino dei Temperance, che ha prodotto artisticamente l’album lavorando molto sulle strutture dei brani e sulle linee e armonie vocali.
Oltre a essere un concept-album, “Rebirth of Consciousness” è un debut-album. Nato dal nulla, nel senso che prima di esso non sono stati pubblicati demo/EP/single/ecc. Una difficoltà in più o in meno?
Forse una difficoltà in meno, nel senso che avendo già le idee chiare sulla direzione da prendere è stato abbastanza naturale stendere questo album (abbiamo anzi escluso sette o otto canzoni, per dare una maggior coerenza e non rendere tutto troppo lungo e pesante). Sicuramente è stato impegnativo lavorare su un intero album con una formazione nuova e che non aveva mai suonato assieme prima, ma siamo molto soddisfatti di come è uscito date queste premesse, e nonostante qualche evidente limite di questo primo lavoro è stata un’esperienza positiva che ci ha insegnato molto per i prossimi lavori.
Una peculiarità interessante del full-length è l’intreccio di diverse linee vocali: growling e clean vocals, anzitutto. In che modo riuscite ad amalgamarle sì che appaiano come frutto di un’unica ugola?
Principalmente l’intreccio delle voci è molto legato al concept: il cantato pulito corrisponde sempre all’umanità o al singolo protagonista del brano; il growl identifica invece gli alieni; lo scream infine rappresenta il lato più oscuro e tendente alla pazzia dell’essere umano. Se ascoltate l’album con un occhio al testo e questa chiave di lettura, sicuramente capirete il perché di scelte altrimenti ”poco scolastiche”.
Le canzoni di “Rebirth of Consciousness” danno l’idea di essere studiate a lungo, nota per nota, accordo per accordo, assolo per assolo, senza lasciare nulla al caso. È vero? Vi sentite più a vostro agio con gli slow-tempo o con i blast-beats?
È vero, sono brani sui quali ho lavorato molto, dando tantissima importanza alla sezione ritmica innanzitutto, e poi da lì ogni nota, armonia e assolo sono stati pensati e composti piuttosto che improvvisati. Preferisco questo tipo di approccio apparentemente meno spontaneo ma che mi consente di lavorare più sui dettagli. Questo primo album vede in prevalenza delle canzoni mid-tempo, ma è abbastanza un caso, diciamo che più che sentirci a nostro agio con un tempo invece che un altro, puntiamo a trasmettere al meglio il nostro messaggio a livello musicale, e tutto è subordinato a questo.
Com’è nato il vostro rapporto con la Rockshots Records? Siete nati nel 2017 e subito, nel 2018, il debut-album. Frutto di fortuite circostanze positive?
È stata una piacevole circostanza positiva! Una volta registrato l’album e avute pronte le grafiche, ci siamo proposti a quattro/cinque etichette che ci sembravano lavorare bene, ma il primo obiettivo è sempre stato Rockshots. La conoscevamo già perché etichetta dei nostri amici Kanseil, e dopo aver sentito che loro si sono trovati bene, li abbiamo contattati e gli abbiamo proposto il nostro progetto anche per gli anni a venire. Rockshots è stata fantastica perché ha capito subito la nostra idea e ci ha accolti con entusiasmo nel proprio roster, e noi siamo felicissimi di questo.
Come nasce una song-tipo dei Manam? C’è qualcuno da cui parte sempre l’idea principale (il c.d. “mastermind“) oppure partecipate assieme, democraticamente, alla stesura delle primissime parti musicali di un brano?
Come anticipato prima, sì, nasce tutto da me, nel senso che avendo in testa il progetto Manam da qualche anno ho sempre scritto brani dedicati a questa idea. Quindi di solito parto da un’emozione, uno stato d’animo o un’immagine, e cerco di descriverla musicalmente attraverso la chitarra. Una volta che ho il tema principale, comincio a scrivere la seconda chitarra e la batteria, dopodiché lascio a Marco (Montipò) le linee di basso, e da lì aggiungo la voce e rifinisco il tutto. Una volta fatto questo si prova tutti assieme la canzone dal vivo, e aggiusto ciò che è necessario.
Provate fisicamente assieme, tipo “garage-band” o, come sempre più spesso accade, vi scambiate i file musicali via Internet? A prescindere dalla risposta, cosa pensate al riguardo?
Purtroppo siamo tutti distanti l’uno dall’altro, e per l’album abbiamo provato solamente in tre (Marco S., Fabiola e Nicola) senza basso, dato che di base viviamo in Veneto ma il bassista è di Reggio Emilia. Prima di suonare dal vivo poi ci siamo trovati fisicamente a Verona, invece. Per quella che è la mia idea, nulla sostituisce il trovarsi dal vivo e provare fisicamente assieme il più possibile, oltre a suonare tanto dal vivo per cementare anche l’intesa sul palco. Dal punto di vista compositivo invece, secondo me lì la questione è diversa, condividendo i progetti e grazie alla tecnologia si riesce comunque a comunicare molto bene, almeno per quanto riguarda l’approccio che abbiamo noi!
Avete in previsione delle date live per promuovere “Rebirth of Consciousness”? A proposito, che esperienze avete, in merito a suonare in pubblico? Sia come individualità, sia come Manam…
Sì, adesso abbiamo delle date già fissate e altre in attesa di conferma, e puntiamo a suonare dal vivo il più possibile prima di registrare il secondo album. A livello di esperienza, ho suonato molto dal vivo con varie band metal negli anni passati, e attualmente oltre ai Manam suono dal vivo con i Kanseil. Per quanto riguarda Fabiola, anche lei ha suonato molto in tanti contesti, dal technical death al punk. Nicola ha tutt’ora una band heavy/power metal, i MAIM, coi quali sta per festeggiare il decimo anniversario. Infine Marco Montipò suona anche con i POE, fantastica band emergente di Reggio Emilia, e i Moth’s Circle Fight, gruppo hardcore.
Cosa volete comunicare ai lettori di TrueMetal.it? A voi la parola, in assoluta libertà!
Innanzitutto ringraziamo di cuore TrueMetal.it per le domande veramente bellissime e per l’attenzione e la cura con le quali sono state fatte. Vogliamo invitare i lettori ad ascoltare la nostra musica, leggere i nostri testi e inviarci un feedback: il loro parere conta tantissimo per noi! Il nostro obiettivo è spingere gli ascoltatori a porsi delle domande, e a sognare sulle onde della musica, lo strumento più vivo e potente che ci sia, e speriamo di poter contribuire a questo. Grazie a tutti e ci vediamo dal vivo!
Marco e MANAM
Intervista a cura di Daniele “dani66” D’Adamo