Intervista Mistheria (Vivaldi Metal Project, Bruce Dickinson)
Intervista a cura di Davide Sciaky
Ciao Mistheria, come va?
Tutto bene, sì, tutto bene. Sono stato 10 giorni in giro, sono tornato ieri sera. Ci prepariamo a questi prossimi appuntamenti dal vivo.
Ormai da poco po’ più di un mesetto sei tornato dal tour con Bruce Dickinson, chiaramente un grande highlight di quest’anno. Ti vorrei fare qualche domanda a questo proposito, e comincio prendendola larga, ti chiedo semplicemente… com’è stato?
Beh, il tour è stato a dir poco… grandioso! [Ride] Eccitante, bello. Soprattutto perché poi è andato un po’ oltre le aspettative di tutti, compresi noi, ma compreso lo stesso Bruce, per cui, sai, non è neanche che ci aspettassimo questo o quello, però eravamo tutti concentrati nella preparazione, poi Bruce mancava dalle scene come solista da 20 anni. Quindi comunque, sì, ci si preparava solamente, senza effettivamente pensare tanto a quello che poteva essere il tour, la risposta del pubblico, anche della critica, e invece è stato veramente eccezionale, perché abbiamo avuto tanti pienoni, poi una risposta del pubblico e della critica, veramente, quasi direi sorprendente per noi e per Bruce stesso. Quindi, diciamo, in definitiva non poteva andare meglio.
Fantastico. La vostra collaborazione, chiaramente, non inizia certo ieri, sono quasi 20 anni fa che avete registrato “Tyranny of Souls”, però all’epoca non eravate riuscite ad andare in tour. Questa volta si è concretizzata questa cosa, avete cominciato il tour tra l’altro da due concerti in un locale leggendario, il Whiskey A Go-Go a Hollywood. Come ti sei sentito a finalmente salire sul palco con Bruce dopo quella che immagino si possa dire un’attesa di 20 anni?
Sì, è stato, come dicevo prima, eccezionale, appunto mancando da tanto tempo e aspettando da tanto tempo questo tour. C’era nell’area qualcosa che si poteva fare già prima, poi c’era stato un tentativo di partecipazione al Metal For Kids a Roma nel 2020, che sembrava andasse in porto, poi è andata come sappiamo con la pandemia, quindi è stato cancellato, però doveva essere un concerto in acustico con me e Roy Z, ad accompagnare Bruce. Precedentemente, tra tantissimi impegni lunghi con i Maiden, poi il problema di salute che ha avuto e infine la pandemia, è sempre stato rimandato, poi a un certo punto c’è stato anche un po’ di scoraggiamento da parte di tutti, nel senso che ormai si pensava non ci si riuscisse più, per appunto tanti motivi. Lo stesso album “The Mandrake Project” ha avuto una gestazione decennale, c’abbiamo lavorato circa 10 anni, con grosse pause in mezzo, però il processo è iniziato tipo nel 2012, una cosa del genere, alla fine è uscito nel 2024, ti lascio immaginare quello che poteva essere un po’… anche forse questo, ha amplificato quello che poi è stata tutta la risposta e l’andamento del tour, sai com’è quando una cosa si attende da tanto. Poi c’è stata anche da parte nostra sicuramente una carica forte, intensa, perché tutti volevamo fare veramente un gran tour, e noi stessi non vedevamo l’ora di ascoltare quei brani che per noi del gruppo avevano significato tanto e ci avevano accompagnato per tanti anni. Io ascoltavo “Accident of Birth” in tempi non sospetti, nel lontano 1998, ancora prima di iniziare la mia collaborazione con Bruce, ce l’avevo fisso in macchina, e ritrovarmi dopo, ora non so nemmeno il calcolo degli anni [ride], quanti sono passati dal 1998, 26 anni, ritrovarsi poi finalmente a suonare quei brani sul palco con Bruce stesso, davanti a un pubblico favoloso, è stata la cornice perfetta, un percorso disegnato quasi da un destino magico, da una mano divina che ha portato finalmente a compimento un sogno, quindi ci siamo riusciti, era diventato un sogno anche per Bruce, riportare sul palco questi suoi brani, questi suoi album, qualcosa che attendeva anche lui da anni.
Certo, una cosa che ti volevo chiedere era se in questi quasi vent’anni da Tyranny of Souls si era mai parlato di lavorare insieme, se te l’aspettavi, però se mi dici che sono almeno 12 anni che ci stavate lavorando, immagino che fosse solo una questione di trovare il tempo per realizzare il tutto, perché effettivamente non c’è neanche stata questa pausa così lunga come potrebbe sembrare al pubblico, noi vediamo vent’anni tra un disco e l’altro, in realtà per voi è stato molto meno tempo.
Sì, è stato molto meno tempo, anche se in alcuni momenti sembrava troppo tempo, però lavorarci anche a sprazzi teneva costante questo progetto, questa collaborazione è sempre stata in piedi. Ovviamente non ci è stato tanto poi da parlare quando si è arrivati al momento di fare il nuovo album, “The Mandrake Project” e metter su il tour. Per me, per il batterista Dave Moreno che anche lui collabora con Bruce da tanti anni quanto me, anche lui ha registrato su “Tyranny of Souls”, c’era quasi un accordo tacito, ecco.
Tu ovviamente a parte che con Bruce hai comunque 25 anni di carriera alle spalle, un sacco di progetti, un sacco di esibizioni, però quando poi ti trovi a fianco a quello che è considerato uno dei più grandi cantanti della storia della musica Metal, senti pressione a salire sul palco insieme a lui o per te comunque una volta che sei dietro la tua testiera sei tranquillo?
Eravamo tutti tranquillissimi, tutti i membri del gruppo, tutti concentrati, però quella concentrazione controllata che non ti porta ad esagerare e quindi poi magari a fare qualche passo falso sul palco. Personalmente io ero così, cosciente, quindi sono riuscito a godermi il momento che è poi durato quasi 5 mesi. Pressione no perché poi Bruce è una persona, un’artista che ti mette a su agio, poi insomma sai c’è anche il fatto di conoscersi, del sapere cosa quel musicista ti porta e c’era una fiducia di fondo che si trasmetteva da Bruce a me, da Bruce al gruppo e ciò ti consente ovviamente di dare il meglio di te senza pressioni, liberamente. Ovviamente i primi 2-3 concerti che citavi tu, quelli del Whiskey a Go Go, sono stati i concerti d’esordio, eravamo tutti ovviamente più concentrati, molto attenti a quello che succedeva e ovviamente è uno spettacolo che va rodato, da lì poi già nei primi concerti in Messico eravamo comunque pronti a portare questo tour fino in fondo, a portarlo in Brasile con 7 concerti e poi in Europa dove sapevamo che ci aspettavano tanti fan, tanti amici e ci aspettavano dei festival importanti, quali quelli che abbiamo fatto come l’Hellfest, il Master of Rock, il Graspop, il Copenhell e tanti altri. Quindi quella fiducia e quella sicurezza e tranquillità che ci trasmetteva Bruce, ha permesso che tutto si svolgesse nel migliore dei modi.
E chiaramente lui viene dagli Iron Maiden che sono un gruppo che a livello di show è in un certo senso impostato perché comunque c’hanno delle scenografie imponenti, si sono tante cose che succedono sul loro palco, mentre invece voi vi ho visti molto più liberi, c’era qualche sorta di paletto dietro o era un po’ un “liberi tutti”, ognuno fa quello che si sente sul palco, diciamo?
Sì, liberi tutti [ride], diciamo che può un pochino dare una spiegazione a quello che è stata l’organizzazione del concerto. Bruce voleva mantenere il focus soprattutto sulla musica, sul gruppo, su musicisti e sulle canzoni, senza troppe distrazioni create da scenografie, effetti speciali e quant’altro. C’è stato solo uno schermo dietro il palco che proiettava alcune immagini e alcuni video, ma senza mai esagerare; delle immagini in movimento più che video, diciamo così, e questo è stato qualcosa che Bruce ha voluto fortemente. Infatti una delle prerogative iniziali del tour era che, anche se, come ovviamente sarebbe successo, ci fossimo trovati in palchi grandi – come quello dell’Hellfest e di altri festival grandi – comunque Bruce voleva il gruppo raccolto entro un certo perimetro, il più possibile, proprio per avere quel contatto fra noi musicisti e di conseguenza comprimere tutta l’energia in un’area ristretta del palco per poi trasmetterla al pubblico. Ecco, questa era l’idea di base.
Certo, e per concludere il discorso su questo tour, una volta avevo letto un’intervista, non mi ricordo esattamente a che musicista che parlava della difficoltà di tornare da un tour, dal passare dal periodo della propria vita in cui uno ha davanti magari ogni sera migliaia di persone che ti osannano a tornare una vita normale in cui devi fare la spesa, lavare i piatti, quello che fa una una persona normale. Adesso tu hai passato questi mesi a suonare davanti in questi palchi enormi e hai citato l’Hellfest dove io vi ho visto, ho visto le decine di migliaia di persone che erano lì nonostante la pioggia. Adesso, nelle prossime settimane, suonerai con il Vivaldi Metal Project in locali sicuramente più contenuti, pensi che ci sarà difficoltà ad adattarsi a questo cambio o è normale routine?
No beh, fa parte del lavoro, della nostra professione. È qualcosa che ti resta, comunque, la scia del tour, di un tour così lungo. Abbiamo suonato cinquantuno concerti ed è una cosa che resta, ma più che poi schiacciarti ti tiene su, perché pensi che hai dato e ricevuto tanto, ma tutto quello che si è riuscito ad accumulare poi hai ancora voglia di trasmetterlo ad un pubblico più o meno vasto, in locali più o meno grandi. Quindi io personalmente da questo tour sono tornato con una grossa carica, anche avendo in prospettiva il mio Vivaldi Metal Project, avevo idea appunto di riportarlo sul palco e dopo aver dedicato un anno e mezzo, quasi due, a Bruce, sia per la chiusura del disco nuovo, sia per la preparazione del tour e quindi io personalmente ho trovato una grande carica, l’ho vissuto in questo modo ed è una carica che mi porterà, spero, fino al prossimo tour che dovremmo tenere l’anno prossimo, per cui nel mentre sono felicissimo di tornare sul palco con il Vivaldi Metal Project, un progetto su cui lavoro da diversi anni con grandissimi musicisti e quindi c’è anche qui una grossa voglia di tornare sul palco.
Hai parlato di un tour il prossimo anno, parli di tour ancora insieme a Bruce?
Sì, è qualcosa che lui comunque ha accennato già in diversi contesti.
Ah ecco, mi era sfuggito, quindi buono sapersi. Parlando del Vivaldi Metal Project, progetto che nasce circa dieci anni fa, il primo disco è uscito 2016 e stavo guardando giusto stamattina un po’ la lista degli ospiti che hanno partecipato agli album per citarne qualcuno, c’è Dirk Verbeuren dei Megadeth, Micheal Angelo Batio che oggi è nei Manowar, il nostro Fabio Lione, Chris Caffery dei Savatage e della Trans Siberian Orchestra, un sacco di nomi molto importanti e quindi mi chiedevo, in un progetto del genere, quanto è importante la presenza di un determinato musicista? Insomma, viene prima l’artista o il brano? Se non riesci ad ottenere un artista passi al prossimo e l’importante che il brano renda bene o scrivi la musica con uno specifico artista in mente?
Nel mio caso il brano, la composizione, viene prima di tutto, sempre e comunque. Alla base deve esserci, si spera sempre, un buon brano, un buon arrangiamento, una buona produzione, poi tutto il resto viene dopo. Per tutto il resto tutti siamo necessari ma nessuno è indispensabile, me compreso, quindi se invece il brano non funziona perdiamo tutti. Se il brano funziona, non dico che chiunque può dare il suo apporto, ma comunque sicuramente un pianoforte e voce, chitarra e voce già può dare l’impressione del brano, della composizione, se un brano funziona o meno, quindi la composizione è fondamentale. Poi il lavoro che ho fatto di produzione negli album del Vivaldi Metal Project è quello di cercare di trarre il massimo da quel brano, da quella composizione o arrangiamento con il musicista giusto e lì da parte mia c’è stata una ricerca sempre della giusta formazione per ogni brano. Poi se qualcuno non ha potuto ho trovato un’altra soluzione ma comunque c’è sempre stato da parte mia uno studio per cercare di capire quale potesse essere il musicista giusto per quella parte, per quel brano.
Ecco, parlando anche di tutti questi nomi così importanti pensavo che ci vuole una forte motivazione e coraggio per pensare di creare un album con, anche, tutti questi nomi. Voglio dire, se domani mi mettessi in testa di produrre un album con la metà dei musicisti che hai coinvolto te ci metterei poco a pensare “Ma perché dovrebbero voler collaborare con me?” e lasciar perdere. Dove hai trovato la motivazione, hai magari avuto alle spalle un’etichetta che ti ha detto, “Non ti preoccupare, lo faremo succedere”, o comunque da dove è arrivata la spinta per creare un progetto così ambizioso?
Nei due dischi usciti in studio sono coinvolti più di 300 musicisti, solisti, più orchestra e coro. Nel primo disco c’è stata una casa discografica tedesca, la Pride & Joy Music che mi contattò perché sentí alcune demo e volle pubblicare l’album… ed è andato bene. Per il secondo album non c’è stata questa collaborazione perché comunque bisognava ripartire dai risultati del primo disco e l’etichetta che aveva il contratto e che si era anche aggiudicata il secondo album, nel senso che aveva un diritto di prelazione sul secondo disco, poi non ha potuto adempiere perché erano un po’ saliti gli obiettivi e di conseguenza anche quelli economici ma io ero deciso a farlo comunque, infatti il disco poi l’ho prodotto io interamente sia dal punto di vista artistico che esecutivo. La spinta che c’è stata è la spinta che da sempre mi porta avanti nel discorso musicale, nella mia carriera che è quello di fare musica. Proporre musica al di là di ogni ostacolo, poi io sono abbastanza testardo da buon abruzzese.
Quindi il trucco è essere a abruzzese, insomma.
Eh, insomma [ride] per me gli ostacoli sono fatti per essere abbattuti quindi per me uno ostacolo è solo un obiettivo successivo e quindi sì, sono andato avanti e ho fatto poi il secondo disco che è stato un doppio, “EpiClassica”, ed è quello che attualmente stiamo promovendo in concerto insieme a qualche brano più di successo del primo disco. Quindi poi sì, ho contattato musicisti con cui magari avevo già collaborato, altri con cui volevo collaborare, musicisti eccezionali più o meno noti, altri noti a tutti quali non so, Mike Portnoy, Jeff Scott Soto, Mike Terrana, Rob Rock, Mark Boals e tantissimi altri.
Chiaramente è presto per parlare di nuovo disco dato che stai ancora promovendo questo, però hai già un’idea di dove ti potresti muovere in futuro con la prossima musica, prossimi eventuali ospiti magari che hai già in mente?
Il terzo disco in studio del Vivaldi Metal Project, diciamo che è in cantiere, ci sono un paio di demo anche se nell’ultimo anno non ho potuto lavorarci e ci dovrei lavorare l’anno prossimo fino a quando potrò, prima di partire, e poi a seguire al ritorno dal prossimo tour. Per quando riguarda gli ospiti no, non ho ancora un’idea precisa, però non sarà un album come quelli precedenti. Concettualmente avrà un numero molto, molto più ristretto di ospiti, si conteranno davvero su due mani mentre darò molto più spazio invece a quello che è il gruppo dal vivo, i musicisti che mi accompagnano sul palco con cui lavorerò più da vicino per il prossimo disco rispetto a quanto è stato fatto nei dischi precedenti. Col primo disco questo non era possibile perché non c’era un gruppo ancora, anzi, non avrei mai pensato di portare dal vivo questo progetto, poi arrivò una chiamata dalla Bulgaria dove fui invitato al festival che si fa a Plovdiv in un anfiteatro romano dove quell’anno suonarono la sera prima i Sons of Apollo. Arrivò questa richiesta di andare lì un mese e mezzo prima del concerto stesso, quindi misi su un gruppo veramente in pochissimo e fu però il pretesto per iniziare a far dei concerti con questo progetto e da lì insomma siamo un po’ partiti, abbiamo fatto un po’ di date sia in Italia che all’estero e l’idea è quella di andare avanti anche in studio con la formazione che attualmente mi segue.
Quindi insomma l’idea è di farlo diventare un po’ più band e un po’ meno progetto “corale” composta da tanti ospiti.
Sì beh, è un po’ difficile definire gruppo o progetto, comunque l’idea che sta dietro al Vivaldi Metal Project è quella di collaborare, di collaborazione fra musicisti. In questi anni attraverso questi dischi fatti con il Vivaldi Metal Project ho conosciuto di tanti musicisti poco noti, ho scoperto io stesso dei talenti che poi hanno fatto davvero cose eccellenti e questo è uno degli aspetti che a me piace di più della musica. Poi se possiamo definirlo band o progetto è un po’ difficile, però sicuramente sì, l’idea è quella di comunque lavorare più da vicino con i musicisti che fanno parte di quello che è il gruppo dal vivo. Poi magari sul disco possono esserci anche 20, 30, 40 musicisti, però l’obiettivo è di lavorare molto di più con il gruppo.
La mia prossima domanda sembra un po’ il contrario di quello che mi hai appena detto, mi hai detto che vuoi lavorare più strettamente con il gruppo con cui suoni live, ma invece ti volevo chiedere se hai il sogno, l’ambizione di portare sul palco, anche solo per un singolo concerto speciale, tanti di quegli ospiti con cui hai lavorato su disco, un po’ come hanno fatto Ayreon o gli Avantasia.
Sì, l’idea c’è. I musicisti che potrebbero far parte di questo eventuale mega show ci sono e sono tutti disponibili, o almeno la maggior parte di loro, quindi serve solo l’occasione giusta e ovviamente chi ha modo di poter portare sul palco musicisti di questo calibro, che ovviamente hanno il loro cachet, quindi in fin dei conti si tratta effettivamente solo di avere le possibilità economiche perché dal punto di vista artistico tutti coloro che hanno suonato su disco dietro una mia chiamata sarebbero felicissimi di venire sul palco, parlo di Chris Caffery, Jeff Scott Soto, Mike Portnoy, Steve Di Giorgio, Mike Terrana, quindi spero un giorno di poter fare un concerto di questo tipo, magari un evento speciale, perché poi sono loro anche che hanno reso questi due album qualcosa di particolare. Hanno dato voce a questi brani quindi sarebbe veramente bello per me, e magari anche per il pubblico.
Per concludere ti voglio chiedere, tra progetti solisti, collaborazioni e quant’altro, quale sarà il prossimo progetto a cui ti dedicherai?
Sì, allora innanzitutto volevo ricordare i primi due prossimi obiettivi dal vivo, con il Vivaldi Metal Project, il 26 settembre alla Stazione Birra a Roma e il 28 settembre allo Slaughter Club di Paderno Dugnano vicino a Milano e sicuramente questi sono due obiettivi molto importanti perché torniamo sul palco dopo quasi due anni. Mentre invece per quanto riguarda lo studio il prossimo appuntamento riguarda il mio nuovo album solista Metal, un album cantato dopo l’ultimo metal che era uno strumentale, “Gemini”, uscito nel 2017, e il terzo disco in studio del Vivaldi Metal Project per quando riguarda appunto i progetti che dipendono direttamente da me. Poi, in uscita c’è anche il secondo disco in studio dei Joe Stump’s Tower of Babel, una formazione ottima che a me piace molto perché è un gruppo che incarna le sonorità di gruppi come Deep Purple, Rainbow, Dio a me cari considerando che i Deep Purple sono stato il mio gruppo preferito, quello da cui ho iniziato a prendere coscienza di quello che è il Rock e di quello che sono le tastiere nel Rock. Questo disco l’abbiamo registrato e dovrebbe uscire entro quest’anno o all’inizio dell’anno prossimo e vi consiglio di dargli un ascolto perché ci sono ottimi brani a seguito di un primo disco che ha avuto un gran successo, soprattutto di critica. Poi non siamo riusciti a portarlo dovutamente sul palco come volevamo, siamo riusciti a fare praticamente solo due apparizioni in due festival, l’ultimo al Mennecy Metal Fest in Francia due anni fa, l’album era “Lake of Fire”. Il gruppo è capitanato da Joe Stump alla chitarra, Mark Cross alla batteria, Nick Angileri al basso, me alle tastiere e Joe Amore, il Dio francese, come lo chiamano, è il cantante anche già dei Nightmare. Questo è anche un gruppo a cui tengo molto sperando appunto di riuscire a fare anche qualche concerto dal vivo l’anno prossimo a supporto del nuovo disco e quindi vi invito a seguire anche questo gruppo che… è uno dei miei, diciamo così.