Death Progressive

Intervista No Hiding Place (tutta la band)

Di Valentina Rappazzo - 7 Aprile 2025 - 8:30
Intervista No Hiding Place (tutta la band)

Spesso ci si chiede: “Cos’è il coraggio?”. Le definizioni sono molte, ma, secondo me, una delle cose più coraggiose che si possa fare è mettersi a nudo, offrire il proprio essere attraverso la musica, poiché tutti possano vederlo e sentirlo.

Ed è esattamente quello che i No Hiding Place hanno fatto, unendo emozione e un’identità artistica ben definita ma non banale o costrittiva.

Con un sound capace di mescolare forza e sensibilità il loro lavoro mi ha conquistata al primo ascolto e continua a sorprendermi, con un album che si trasforma alle orecchie dell’ascoltatore e si plasma al suo bisogno momentaneo, spingendosi sempre oltre i confini del proprio stile.

E così, dopo qualche peripezia per incontrarci, ne è venuta fuori l’intervista che vi lascio qui, buona lettura!

Intervista a cura di Valentina Rappazzo

Ciao ragazzi e benvenuti sulle pagine di Truemetal.it. Prima di tutto vi ringrazio per il tempo che ci state dedicando. Raccontateci un po’ di voi, come nasce il progetto No Hiding Place?

Francesco: Ciao Valentina e grazie a voi per l’opportunità, è un piacere essere su queste pagine. Allora … il progetto nasce quando io e Davide iniziamo a suonare insieme nel 2016, ci trovavamo con un cantante e un bassista per suonare cover. Da lì la voglia di scrivere pezzi originali è arrivata presto, anche se il processo di creazione è stato piuttosto lento e altalenante. Avevamo anche un’altra età e le intenzioni di tutti erano abbastanza diverse.

La giusta alchimia l’abbiamo trovata quando il cantante e il bassista di allora hanno lasciato il gruppo. Io e Davide sapevamo perfettamente ciò che volevamo, quindi abbiamo stracciato le prime creazioni e, a seguito di una nuova formazione, abbiamo cominciato a scrivere del materiale che più si avvicinava alla nostra identità, dando vita al progetto attuale.

Ci piacerebbe sapere chi è la mente creativa (o le menti creative) del gruppo e come nasce un pezzo della vostra band.

Davide: Per quanto riguarda l’album, la parte creativa l’abbiamo concepita principalmente Francesco ed io, anche se comunque tutti i componenti hanno portato ottime idee. Il più delle volte un pezzo nostro nasce da un giro che Francesco propone e che io, puntualmente, boccio. Intorno al decimo giro che Francesco propone, insieme a diverse minacce di morte, il giro, puntualmente, piace anche a me. A parte gli scherzi in realtà non c’è mai il momento dove io e lui decidiamo di lavorare su un giro, anzi questa cosa viene da sé. Come vengono da sé tutti i riff precedenti o successivi, come verranno da sole le linee vocali, insieme alle linee di basso, con le quali ci piace giocare tantissimo.

In ogni caso c’è da dire che dopo poche settimane che abbiamo pubblicato l’album è entrato nella formazione Giosuè, quindi ora siamo curiosi di vedere che approccio prenderà la parte compositiva.

Siete alla prima pubblicazione, come è stata l’esperienza? Raccontateci la cosa più bella e quella più brutta accaduta durante il processo di registrazione e produzione dell’album.

Davide: Come hai detto tu è il primo disco. Quindi non ci immaginavamo che dietro ci sarebbe stato così tanto lavoro e così tante persone. Conoscerle e lavorarci assieme è stato emozionante, non lo dimenticherò. Riguardo il processo di registrazione e produzione forse la cosa più brutta è stata dover sbattere la testa mille volte con la mia inesperienza sulla registrazione della batteria, essendo che avevo “0” esperienza di microfonazione, gestione dei gain, auto registrazione ed editing. Sbagliando s’impara, e io ho imparato moltissime cose.

Se dovessi pensare invece alla cosa più bella, direi sicuramente l’esperienza di missaggio in studio X-Land. Quando io e Francesco ci siamo presentati ad Alberto Gaffuri con tutto il materiale pronto per essere mixato immagino si sia trovato davanti due ragazzi con troppo poco budget per essere così tanto pignoli. Ma poi vedere l’album prendere forma è stato come raggiungere un orizzonte. Alberto, oltre ad essere una persona meravigliosa, è stato anche molto professionale svolgendo un lavoro egregio nonostante la qualità del materiale che gli abbiamo fornito. Ne approfittiamo ancora per ringraziarlo per la sua esperienza e pazienza!

Francesco: Condivido a pieno ciò che ha detto Davide: avere avuto l’opportunità di lavorare con Alberto e tante altre persone è stato senz’altro emozionante. Dalla mia parte, se dovessi parlare dell’aspetto più complicato, per quanto riguarda la registrazione e produzione dell’album è stato gestire tutti i progetti delle canzoni, soprattutto perché abbiamo impiegato molto tempo per scriverle tutte. Con questo intendo dire che riprendere i brani più vecchi significava spesso rimetterci mano, anche all’ultimo momento, addirittura anche il giorno prima di farla mixare. Inoltre, come già accennato, registrando perlopiù in casa ci siamo trovati più volte a fare i conti con tracce audio che non suonavano come volevamo, rendendoci conto troppo tardi che alcune parti sarebbero state da rifare. Ciononostante amiamo anche i difetti del nostro album.

Avete già calcato qualche palco, ma si sa che prima di musicisti si è sempre fan. Quali sono le band che vi hanno ispirato e vi ispirano, o che hanno segnato la vostra crescita musicale?

Francesco: Sicuramente tante, tantissime band e artisti mi hanno ispirato fin da piccolo, soprattutto a livello inconscio: dalle primissime cover dei Guns and Roses (Slash suonato tantissimo) e dei Rolling Stones con la chitarra, fino ai classici e leggendari BB King, Vaughan, Hendrix. Da più grandicello ho trovato interessantissimi Wes Montgomery e Django Reinhardt, che ho scoperto grazie a Synyster Gates dele Avenged Sevenfold, un altro pilastro nei miei 16-18 anni.

Durante la stesura dell’album, tuttavia, mi sono ritrovato ad ascoltare band e artisti come Gojira, Marcus King, John Mayer, Haken, Alter Bridge, Dream Theater e, soprattutto, Opeth.

Non so se posso dire di essermi ispirato direttamente a tutte queste band, ma sicuramente hanno fatto parte di un percorso musicale che, volente o nolente, ha influenzato ciò che sono oggi come musicista e ciò che abbiamo creato.

Gianluca: Nella mia crescita musicale rientrano sicuramente gruppi come i primi Opeth, Cynic e Atheist, mostri sacri che hanno definito il Progressive Metal odierno. Suonare e ascoltare le loro canzoni ti tiene in costante ragionamento e qualcosa di nuovo si impara sempre: diciamo che è un tipo di musica “pensata”. Musica che mi ha spinto a portare al massimo le mie abilità (ogni tanto facendo anche il passo più lungo della gamba, ma quello ci sta, non si va da nessuna parte se non ci si prova) imparando canzoni dei Necrophagist, Beyond Creation o Archspire.

Davide: Sono stato cresciuto a pane, Queen e Michael Jackson, con quest’ultimo che mi ha avvicinato al mio strumento. Ma dai Led Zeppelin in poi è stato un totale declino fino a gruppi come Rush, Death, Opeth, Tool e via andare. Se invece devo dirti chi, fino d’oggi, ha profondamente rivoluzionato il modo in cui ascolto le cose direi Gojira, Eugène Gigout e Gentle Giants.

Giosuè: Io ho iniziato con un classicissimo rock, molto Led Zeppelin, ma sono passato dopo poco al Prog. Come protagonisti i Dream Theater ma anche gruppi un po’ più sperimentali come Yes e Rush. In questo periodo invece ho iniziato ad ascoltare molto anche la Fusion delle “grandi leggende”, come Chick Corea, Guthrie Govan e molti altri.

Parliamo di ‘Garden of a Dream’, la vostra prima creatura : sono curiosa, qual è la prima parola che viene in mente pensando all’album e perché?

Giosuè: Quando sono entrato nei No Hiding Place l’album era già stato scritto e registrato, ma quando l’ho ascoltato sono stato colpito dall’atmosfera che ti trasmette, se dovessi pensare ad una sola parola sarebbe “viaggio”.
Davide: “Sogno”, perché come il finale aperto della storia che accompagna il disco, fin quando ti risvegli sai che è un sogno, ma se invece non ti risvegli?

Gianluca: A me la prima parola che viene in mente è “espiazione” proprio per il concept che sta dietro all’album. Album che narra di un viaggio dove l’espiazione è, secondo me, un aspetto fondamentale.

Francesco: “Lungo”, sotto ogni aspetto. La stesura dell’album è durata anni e la sua storia viene raccontata in un’ora e 12 minuti di musica, anche se le vicende di cui parliamo si sviluppano in un arco temporale più esteso.

Ma non è solo una questione di durata: ogni traccia ha il suo spazio per evolversi, senza essere costretta nei limiti imposti dalle logiche commerciali. Volevamo che la musica respirasse, che ogni nota avesse il tempo di esprimersi davvero.

Avete scelto di avere sia cantato in pulito sia cantato in growl, come mai? È una scelta che deriva dall’esigenza di esprimere due sensazioni diverse o una esigenza nata dalla linea melodica?

Francesco: La tecnica mista mi ha sempre affascinato e secondo me dà un senso di completezza ai pezzi che proponiamo, dati i vari cambi di dinamica. E io, da chitarrista, mi sono posto anche sul piano vocale in questi termini: in certe sezioni il brano necessita di quel pulito, in altre di quel distorsore. Per me, che prima di essere la voce della band avevo solamente fatto qualche backing vocal è stata quindi l’opportunità per imparare a cantare anche in growl.

In alcune canzoni, tra l’altro, abbiamo deciso di affidare al cantato pulito la voce del protagonista e al growl la voce del Giardino.

La sezione ritmica, in particolare la batteria, esplora molti generi, e trasmette fantasia e una capacità poliedrica di avvicinarsi a diversi stili e tecniche: qual è il leitmotiv che volete far emergere nell’abbinamento tra melodia e sezione ritmica?

Davide: Quando scrivo la batteria per un pezzo a volte ci metto settimane o mesi a capire se ho trovato l’abbinamento giusto per ogni sezione. Per l’album mi sono ritrovato spesso a scrivere prima le parti che volevo suonare e solo poi ad impararle. Questo perché durante la scrittura magari ci buttavo dentro tecniche che non avevo ancora praticato bene. In generale, sono stato molto pignolo e soprattutto esigente con me stesso, anche perché almeno per me vige sempre una regola che è intoccabile: “Serve the song“. Non devono esserci eccessi da parte di nessuno. Al contrario, tutti gli strumenti devono portare ad un miglioramento della canzone, senza distrarre l’ascoltatore dall’essenza del pezzo.

“Garden of a Dream” è anche un video, che storia ci volete raccontare? E come è stato girarlo?

Davide: Girarlo è stata una sfida scenografica, per la prima volta ci siamo trovati a concepire qualcosa che non fosse musicale. Personalmente volevo cercare di racchiudere in un video quello che, secondo me, rappresentano i sogni, perché quando sogni tu puoi fare un incubo, puoi fare un sogno meraviglioso oppure un sogno dove non capisci nulla di cosa è successo né perché. Ecco, con il grosso aiuto di Luca Piludu nella realizzazione e di Maurizio Pizzato nella recitazione, abbiamo cercato il più possibile di portare questi 3 concetti. Sinceramente non so quanto ci siamo riusciti ma sono comunque soddisfatto del lavoro.

E della copertina del vostro album cosa ci potete raccontare?

Davide: Beh una storia pazzesca, a dire il vero. Cercare la copertina per il tuo lavoro musicale è come aspettare una stella cadente fissando il cielo. In pratica un giorno, finalmente, trovo questo artista delle zone di Bassano che dipingeva con un tratto che sembrava scolpisse la tela. Avevo cominciato a dare un’occhiata al suo portfolio online e dopo che un dipinto in particolare ci colpì significativamente, abbiamo avuto il piacere di conoscerlo. Si chiama Andrea Bizzotto, una persona straordinaria. Succede che ci incontriamo e scopriamo che ‘Garden Of A Dream’ da un punto di vista ha davvero un sacco di cose in comune con il dipinto, ed è stato da pelle d’oca. Soprattutto, ci accorgiamo che quella che ora è la copertina del disco in realtà è solo una piccola parte dell’immensa opera di Andrea.

Successivamente ho avuto il grandissimo piacere di lavorare insieme a lui al font attuale della band, di cui ne vado mega orgoglioso.

Se non mi sbaglio non esistono ancora copie fisiche del vostro lavoro: come mai questa scelta? Per una band che si autoproduce immagino che la componente economica abbia avuto il suo peso.
Francesco: Esistono copie fisiche! Abbiamo commissionato 10 cassette ad un appassionato estremo in materia e amico del gruppo, Andrea Viero, che si è abilmente occupato anche dell’aspetto grafico: ogni copertina è personalizzata e realizzata a mano, ognuna diversa dall’altra.

Davide: La ricerca che abbiamo fatto per l’etichetta era anche per avere un supporto per la pubblicazione di CD, poi visto che non abbiamo ricevuto risposta da nessuno a breve li faremo noi, anche se onestamente, da ascoltatore di vinili quale sono, preferirei gli LP.

Gianluca: Sicuramente anche la componente economica, essendo ancora autoprodotti, non aiuta, ma a breve useremo il ricavato dei live proprio per la produzione di CD.

Secondo voi com’è la scena Metal in Italia oggi per l’underground? È facile per una band emergente crearsi contatti e riuscire a trovare agganci per inserirsi in palchi più o meno importanti?

Gianluca: A parer mio la scena metal underground odierna è straordinaria; dico sempre che i gruppi più interessanti ed innovativi in questi anni provengono dalla Finlandia, dal Canada ed ovviamente dall’Italia: basti pensare a gruppi all’avanguardia come Nero di Marte e Ad Nauseam, ma anche gruppi che ultimamente stanno girando il mondo con i loro concerti, citando Messa e Stormo. Sicuramente tutti complessi che all’estero hanno solo da invidiare.

Giosuè: La scena metal in Italia è un po’ particolare… È già di suo un genere di nicchia, in più ci sono tantissimi, forse troppi, sottogeneri. Questo lo rende abbastanza imprevedibile a livello di pubblico e palco. Credo che gli ascoltatori metal non abbiano problemi ad ascoltare gruppi che non hanno mai sentito, ma la persona media potrebbe trovarlo molto strano.

Davide: Per una band emergente farsi i contatti può essere sia semplice che difficile, alla fine il tuo biglietto da visita è la musica che fai. Se poi quando parti hai già degli agganci sei senz’altro più agevolato.

Quali sono le vostre ambizioni come band? Diamo spesso per scontato che chiunque suoni voglia raggiungere la vetta, ma non è sempre così.

Gianluca: Il nostro obiettivo non è quello di diventare famosi o fare concerti ogni fine settimana, bensì influenzare l’attuale scena underground con delle sonorità diverse dalle solite.

Invece la nostra ambizione musicale è quella di esplorare nuovi aspetti e dinamiche diversi da ciò che finora abbiamo creato, cosa che stiamo già sperimentando in saletta e questo sicuramente ci permette anche di imparare a suonare i nostri rispettivi strumenti in una panoramica più ampia.

Davide: Non so quanto grandi siano le nostre ambizioni, creare è un bisogno che ho e questo progetto mi dà l’opportunità per farlo, sono solo curioso di vedere fino a dove riusciamo a spingerci.

Giosuè: In Italia raggiungere la vetta direi che è proprio fuori questione. La mia personale ambizione è quella di lasciare qualcosa di permanente. In questo caso la musica.

Francesco: Io suonare e cantare lo vedo come un grande, grandissimo sfogo e non mi vedrete mai senza una chitarra in mano, così come non rinuncerò a suonare con qualcuno. C’è una chimica inspiegabile che è molto più forte di quando suoni da solo. Anche in sala prove, quando la canzone la facciamo finalmente bene, il cuore batte forte e l’emozione si fa sentire. La mia ambizione per ora è di continuare a condividere la passione con gli altri e scrivere materiale.

In una realtà di trapper, secondo voi quale futuro si pone davanti all’ambiente Metal?

Francesco: Il metal è sempre stato di nicchia, è musica complessa e studiata, non è per tutti. Se non altro gode di una community molto ampia, ben ramificata e soprattutto molto dedita, che non l’ha mai fatto morire. Comunque, certi sottogeneri in realtà, non senza compromessi ed evoluzioni fuori dai canoni e soprattutto non senza critiche, sono diventati molto popolari, basti guardare l’arco dei BMTH, o gli Ice Nine Kills che hanno fatto il video musicale promozionale di Terrifier 3; i Gojira hanno suonato alla Conciergerie per le Olimpiadi.

Certo che un metal sofisticato e con sonorità più ricercate passerà sempre in sordina, è comunque uno specchio della società di oggi, dove 15 secondi di reel su Instagram non bastano per catturare l’attenzione; bisogna fare i conti anche con questo fattore. In ogni caso, essere commerciali su questo aspetto non ci interessa.
Davide: Si tratta sempre di mode e come nella moda ogni tanto succede che le cose vecchie si ripropongono, quindi non si può mai sapere. Oltre a questo, non credo che la trap “abbia ucciso il metal blabla” come tanti pensano, anzi ha fatto anche bene ad emergere, ha comunque un messaggio e dei target ben espliciti. Alla musica metal non resta che evolversi, come si evolve il mondo e come si evolvono le persone fino a quanto un suo piccolo sottogenere creerà di nuovo una moda.

Gianluca: Onestamente devo dire che sono abbastanza fiducioso sul futuro di questo ambiente, non solo perché restando nell’underground si può portare quello che si vuole senza doversi preoccupare di dover soddisfare le richieste delle masse per poter andare avanti, ma vedo inoltre una specie di “ricambio generazionale” dove sempre più giovani e giovanissimi si avvicinano al genere tramite gruppi che ora stanno spopolando sui social, esempio lampante gli Slug Gore. Quindi, in un modo o nell’altro, qualcuno riuscirà certamente a portare avanti la scena metal italiana.

Quali sono i vostri progetti per questo 2025, ci potete già far sapere dove e quando i nostri lettori potranno venire a vedervi?

Davide: Forse una data a marzo, e, in teoria, un’altra a maggio. Seguiteci su IG per restare aggiornati!
Francesco: ‘Garden of a Dream’ è uscito adesso ma è un prodotto che ci trasciniamo dietro da 4 anni buoni, e da certe sfumature del nostro album, seppure ancora molto affezionato, vorremmo iniziare a scostarci un po’. C’è anche da dire che è da tanto che non suoniamo più con l’intento di scrivere, giustamente ora che l’album è fresco vogliamo cercare di proporlo il più possibile per dargli la visibilità che secondo noi merita. Inoltre, adesso che è entrato Giosuè abbiamo lavorato per dare una marcia in più ai live.

In ogni caso, il mio progetto per il 2025 è di scrivere musica, sperimentando un approccio diverso da quello che abbiamo usato per l’album. È ancora tutto da vedere, ma posso dire che una base di partenza c’è.

Grazie mille per il tempo che ci avete dedicato e … ultimissima domanda: cosa volete dire a quelle band che vorrebbero incidere ma han paura di “buttarsi”?

Gianluca: Grazie mille a voi! Innanzitutto vorrei dire che l’aspetto più importante di suonare in un gruppo è quello di divertirsi (tra prove e concerti ci si diverte sempre come dei macachi, ve lo assicuro!) e mettere in scena la propria passione, la fama arriva dopo. Un consiglio che potrei dare ai gruppi che sono prossimi ad incidere è quello di farsi un esame di coscienza ed essere sicuri che le vostre idee, le vostre canzoni soddisfino voi stessi in primis, e poi essere determinati a trovare un qualsiasi modo per registrare.

Giosuè: Condivido! Ringrazio tantissimo Truemetal.it e tutti i lettori che sono arrivati fin qui!

Davide: Ci sono davvero band che hanno paura di buttarsi? Forse direi la stessa cosa che direi anche a chi ha tutta la voglia di farlo: avere autocritica, se vuoi fare una cosa devi essere consapevole che non potevi fare di meglio nei limiti logici, temporali ed economici. Grazie mille a Truemetal.it e a Valentina per l’occasione, speriamo di risentirci presto!

Francesco: Dirò una cosa diversa da Davide: seguite l’istinto e lasciate la musica libera, quando è scritta tiratela fuori, pubblicate! DON’T OVER-THINK IT, una canzone finita È FINITA e non state a discutere per 0,3 dB (come abbiamo fatto tutti e sicuramente continueremo a fare)!!! Grazie di tutto e a presto!

Hanno già detto tutto loro, quindi l’unica cosa che mi sento di dirvi è..

ANDATE A VEDERLI!

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