Intervista No Man Eyes (Andrew Spane)
Ciao ragazzi, presentate agli ascoltatori i No Man Eyes con un breve profilo biografico!
Ciao a tutti e grazie di averci concesso questo spazio! La band nasce nel 2011 dalle ceneri del mio precedente progetto, i Graveyard Ghost, con cui facevamo power classico. Lo scioglimento è avvenuto proprio quando avevamo deciso di spostare la direzione musicale verso generi più “robusti” (volendo dare un riferimento, citerei i Nevermore), e infatti nel primo disco dei NME sono confluiti tanti brani che avevamo preparato per una ipotetica seconda uscita dei GG con uno stile appunto diverso dal precedente. Il primo lavoro (Hollow Man, Mighty Music 2014) era un po’ debole anche per via di questi cambiamenti, avendo anche raggiunto la lineup stabile (che è poi durata parecchi anni) solo nel 2012 insieme a Michele Pintus (batterista), Fabio Carmotti alla voce e Alessandro Asborno al basso. La vera anima stilistica dei NME è venuta fuori definitivamente nel secondo album intitolato Cosmogony (Diamonds Prod. Records, 2016), dove abbiamo inserito sonorità che sono assimilabili musicalmente non solo ai Nevermore ma anche a The Agonist, ai Soilwork, dando in generale una spinta sulla modernità, anche aiutata dalla passione del nostro ex batterista per il technical death metal. Successivamente Michele ha lasciato la band per questioni familiari, e abbiamo vissuto un periodo un po’ difficile in cui abbiamo cambiato un paio di batteristi fino a trovare in Tony Anzaldi, il nostro attuale drummer, una persona affidabile e preparata. Nel frattempo, anche prima dell’arrivo di Tony (avvenuto poco prima del periodo COVID) ne avevamo approfittato per lavorare al nostro terzo disco in modo da essere pronti quando avremmo trovato una persona valida, e così è stato.
Come nascono i vostri brani e che approccio utilizzate per la produzione di un disco?
Sono sempre stato convinto che un brano con arrangiamenti validi ma senza “sostanza” (in particolare, un ritornello non originale che non mi emozioni particolarmente) sia un po’ una scatola vuota, e considero le linee vocali la parte col maggior peso nello scongiurare questo pericolo; solitamente iniziamo proprio da loro. Tipicamente facciamo una prima preproduzione con solo strofa/bridge/ritornello, testo abbozzato, un’idea di riff di chitarra e una batteria midi; pur con questi pochi elementi si riesce già a valutare se il brano abbia un potenziale. Se la bozza funziona, si decide
la struttura del brano e si realizza una preproduzione completa delle varie sezioni; si ascolta tutti insieme e se piace a tutti si può iniziare a decidere gli arrangiamenti e successivamente a registrare. Ecco, riguardo agli arrangiamenti, ritengo che questi siano una parte davvero molto delicata e fondamentale nel processo di songwriting; sono infatti uno strumento potente per dare un senso di evoluzione al brano, che necessariamente comporta l’alternanza di parti melodiche e più tirate e tecniche, ma le cose vanno fatte con criterio in quanto l’arrangiamento per me deve sempre essere al servizio del messaggio che vuoi dare, e quindi è il mezzo principale per dare all’ascoltatore introspezione, pace, speranza, ma anche suscitare violenza, negatività e in generale per rappresentare tutti i mood che una storia può comprendere.
Come descrivereste ad un potenziale nuovo fan il sound di Harness the Sun?
Direi che in sostanza è un sound alla “power prog” che strizza l’occhio a generi moderni, pesanti mamelodici, molto basato sulle chitarre e sulla sezione ritmica ma con elementi distensivi e introspettivi, enfatizzati da vari inserti di synth e tastiere. Tutto questo non è casuale – il sound è pensato specificamente per calare l’ascoltatore in un viaggio fantascientifico con tutti i crismi, dove ci sia spazio per riflettere e pensare, nel modo in cui ci ha abituati la fantascienza classica dove il contesto futuristico è spesso il pretesto per riflettere sulla condizione umana. Per quanto riguarda il comparto strumentale, completano il quadro gli assoli di tastiera ad opera di Gabriele ‘Gabriels’ Crisafulli e Dave Garbarino (Mindlight) che hanno ulteriormente impreziosito le composizioni con la loro maestria. Aggiungo che la presenza di tre voci (oltre a Fabio, sono presenti come ospiti Claudio Canovi degli Aurea e Silvia Criscenzo dei Guzuta) rende abbastanza indispensabile l’ascolto di questo concept album ‘alla vecchia maniera’ ossia un brano dopo l’altro e possibilmente con i testi alla mano per capire cosa succede e perché. Sicuramente tutto ciò lo rende un lavoro meno immediato del nostro precedente, ma a mio avviso è un disco che ti lascia qualcosa, che sia la continua ricerca del divino di William (Fabio), i piani segreti di ISAAC (Claudio) o la benevolenza e le rivelazioni di Viracocha (Silvia), il disco è carico di messaggi e chiavi di lettura.
Qual è per voi l’importanza del formato fisico di un disco e cosa ci dite dell’artwork realizzato per il vostro ultimo lavoro?
Riteniamo che il formato fisico sia sempre importante, nonostante al giorno d’oggi la musica sia sempre più ‘usa e getta’. Ancora ripenso a quando da ragazzino tornavo a casa con un CD nuovo e mi mettevo ad ascoltarlo leggendo i testi che in alcuni casi finivo per imparare a memoria. Il senso era collezionare dischi e ascoltarli perché per te rappresentavano qualcosa e finivi per affezionarti ai particolari più nascosti, mentre oggi si tende a ‘mettere della musica’ con i vari servizi online, che a volte ti propongono brani in maniera quasi casuale, cosa ottima per scoprire artisti nuovi ma pessima per immergersi in un lavoro complesso come può essere un disco nella sua interezza, ‘magia’ che inevitabilmente va ad affievolirsi. Personalmente trovo che il disco fisico renda più profondo il legame con la musica che contiene, e spero davvero che non sia destinato a sparire del tutto. Considerando tutto questo abbiamo fortemente voluto stampare Harness the Sun, la cui copertina è stata realizzata da Romulo Dias per All4band Design. E se guardi bene in copertina ci sono tutti e tre i personaggi… di fatto l’artwork immortala il
momento subito prima della partenza di William e ISAAC verso il Sole. Ne approfitto per dire ai lettori che possono ordinare una copia di Harness the Sun scrivendoci sui nostri profili social!
Come nasce la collaborazione con la storica Nadir Music e siete soddisfatti del lavoro di Buil2Kill Records?
Con i No Man Eyes abbiamo realizzato tre dischi e ciascuno è uscito per un’etichetta diversa. Questo perché le nostre esigenze sono cambiate nel tempo e in questo ‘periodo storico’ un po’ complicato abbiamo identificato in Nadir Music/Buil2Kill Records la migliore possibilità di avere visibilità e diffusione. Trovo che sia un periodo complicato in quanto la musica live sta faticando a ripartire dopo il lockdown ed è sempre più importante avere una buona presenza sulla rete, per cui un’etichetta come Buil2Kill Records ci ha assicurato una presenza molto buona su webzine italiane ed estere, anche grazie all’esperienza e alla reputazione delle persone che la compongono. Al momento siamo pienamente soddisfatti, e – non lo nego – quasi stupiti dall’entusiasmo messo in campo!
Cosa avete in mente ora dal punto di vista degli show dal vivo?
Stiamo pianificando delle date ma non nell’immediato in quanto al momento stiamo inserendo in lineup un tastierista in pianta stabile, e contiamo di annunciarlo a breve magari con un video di uno dei brani. Grazie a questo ampliamento della lineup saremo in grado di riproporre il disco live nella sua interezza, senza usare basi, dato che non ci piace particolarmente averle in sede live – al di là del gusto di suonare veramente tutte le parti, non ci piace dipendere da ulteriori dispositivi che possono dare problemi e rovinare la performance… Purtroppo lo abbiamo capito a nostre spese perché in passato abbiamo avuto dei problemi in questo senso. Avere un tastierista in carne e ossa aiuta anche a rendere il sound più pieno e siamo sicuri di aver fatto la scelta giusta. Infine, almeno per la prima uscita live di Harness the Sun mi piacerebbe avere entrambi gli ospiti alle voci sul palco, ci stiamo lavorando e speriamo di essere pronti quanto prima.
Come possono trovarvi online gli ascoltatori, quali sono i canali che preferite usare per la promozione?
Ci trovate sui vari social, in particolare Facebook e Instagram, su TikTok non ci siamo come No Man Eyes ma abbiamo il nostro Fabio Carmotti che è molto attivo e fa parecchia promozione alla band. Poi c’è ovviamente il canale YouTube, dove vi aspettiamo con un po’ di video che saranno rilasciati nei prossimi mesi.
Quale saluto e messaggio finali inviereste agli ascoltatori di Heavy Demons?
Grazie a voi per lo spazio, a tutti i lettori, alla nostra etichetta Buil2Kill Records, a Nadir Promotion e a Trevor. Date un ascolto a Harness the Sun e supportateci acquistandone una copia fisica se volete avere un (probabile) capitolo 2! Direi che è tutto, grazie ancora e rock and roll!