Intervista Pestilence (Patrick Mameli)
Intervista a Patrick Mameli dei Pestilence da parte di Mickey E.Vil (The Mugshots, Radio Onda D’Urto FM). In fondo alla pagina è possibile ascoltare la stessa in versione audio con sottotitoli.
I Pestilence lasciano sempre il segno, che lo si voglia o no. Li si ama, li si odia, non si può rimanere indifferenti di fronte ad un’uscita discografica degli alfieri olandesi del death metal più progressivo nel vero senso della parola. E il segno lo lasciano anche ricordando ai fan che in passato hanno realizzato album classici, immortali, oggi riproposti con una veste nuova dalla polacca Agonia Records, che non a caso ospita tra le proprie fila anche gli Atheist e i nostri Sadist. In attesa di nuova musica, Patrick Mameli invita i fan al Metalitalia.com Festival per fare un tuffo nel passato che non vuole di certo essere un’operazione nostalgica, anzi, è un monito a tenere d’occhio le future evoluzioni dei Pestilence!
Dunque, caro Patrick. Quali sono le tue impressioni sulle ristampe degli album classici dei Pestilence della Agonia Records? Come suonano alle tue orecchie i remaster?
Beh, posso solo dire cose positive in merito perché sono stato coinvolto direttamente nella rimasterizzazione. Non ero stato coinvolto nei remaster precedenti ma questa volta è uscito qualcosa che io stesso avrei desiderato ascoltare: non mi piace ascoltare troppo me stesso perché sono troppo analitico e sono un fan del mastering, col mio piccolo studio. Lavorando io stesso col mastering, considero quest’opera di primo livello, devo dire che è la miglior versione tra tutte le ristampe, ne sono molto soddisfatto!
Mentre se parliamo dei singoli album e torniamo indietro nel tempo, quali sono i tuoi ricordi più cari riguardo la registrazione e l’uscita del vostro album di debutto, Malleus Maleficarum?
Dato che era il nostro disco di debutto ed era la prima volta che entravamo in studio, ho naturalmente dei cari ricordi perché ogni volta che fai qualche cosa la prima volta, essa rimane con te! E non è stato diverso: la prima volta che entri in studio non sai cosa desidera l’etichetta discografica, se sei in grado di darglielo e a quei tempi dovevi registrare in un modo differente! Non era fatto in maniera digitale bensì analogica, quindi se facevi un errore dovevi ri-registrare: c’era molta più vitalità nel registrare la roba e più pressione quando sentivi partire il click e vedevi la luce rossa che significava che era iniziata la registrazione. È stato un periodo molto eccitante, la prima volta che i ragazzi entravano in uno studio, perciò tutti erano molto eccitati! Eravamo ancora molto giovani e non sapevamo cosa aspettarci.
Invece con Consuming Impulse avete abbracciato la musica death metal di alta qualità: come avete vissuto questo cambiamento?
Non è stato un vero e proprio cambiamento, quando inizi con una band cerchi di integrare tutte le influenze di chi è coinvolto e tutti sono felici quando si realizza l’album, giusto? Io ero già molto più per il – diciamo – death metal, mentre il resto dei ragazzi era più per il thrash alla Slayer, Exodus e via dicendo. Io invece ero più verso il pre-death: i Mantas, i Possessed che comunque erano un po’ thrash… Ascoltavo musica più oscura ed è stato più facile per me convincere i ragazzi che era la strada da seguire dato che il death metal stava crescendo parecchio: eravamo tutti coinvolti nel tape trading che era ciò che si faceva allora con le cassette che ci arrivavano dal Giappone, dall’America… Ovunque! Dunque cercavamo di ascoltare più musica underground che non di band già note. Quando i Death stavano registrando Leprosy, noi uscimmo con Consuming Impulse che io considero la risposta europea ai Death! È un album del quale sono molto felice.
Da dove arriva l’ispirazione per quel capolavoro intitolato Testimony Of The Ancients? Specialmente l’idea di tutti quegli interludi cinematografici tra le canzoni…
Sai, ora che sono più vecchio mi sto dirigendo sempre di più verso atmosfere cinematografiche perché amo la relazione tra il guardare un film e la musica creata per quel film specifico. Diciamo che se hai un film d’avventura, certi accordi e progressioni funzionano meglio laddove in un film horror usi altri accordi per farlo risaltare creando tensione per la gente. Sono sempre stato interessato all’ambito cinematografico e questo genere di composizione musicale. Quando abbiamo realizzato Testimony Of The Ancients, dato che Martin (Van Drunen, cantante) non era più con noi abbiamo potuto sperimentare un po’ di più: Martin voleva invece andare in una direzione più primitiva, un death metal più semplice. Io come musicista volevo progredire e siamo stati felici di poter sperimentare un po’, ecco da dove arriva l’idea di avere tutti questi brevi interludi che tenevano insieme il disco. In quei termini lo ha reso una vera e propria esperienza musicale.
Com’è stato lavorare ad un album incredibilmente complesso come Spheres? E cosa successe all’interno della band una volta uscito il disco?
Prima di registrare Spheres registrammo un demo con tre canzoni che poi finirono sul disco stesso: furono registrate con un approccio più metal perché allora volevamo distrarre la Roadrunner/Roadracer dimostrando che eravamo in grado di tornare con un Testimony parte due. Non eravamo felici della Roadrunner perché stavano inondando il mercato con ogni genere di band death metal che non ritenevamo significative quanto noi dato che avevamo creato Testimony Of The Ancients, che oggi credo sia un album di culto che tutti amano! Dunque pensavamo che siccome inondavano la scena death metal con tutte queste band, allora noi non saremmo stati più importanti per l’etichetta discografica. Ma non volevano lasciarci andare perché si aspettavano che avremmo fatto un Testimony Of The Ancients parte due! Io volevo recedere il contratto perché sentivo che per molto tempo l’aspetto legato agli affari mi aveva distaccato dall’intera scena dato che l’aspetto finanziario era molto duro e tosto. Mi chiedevo se fossero davvero interessati alla musica, prima di tutto: come avviene oggi, le etichette discografiche vogliono fare soldi, il loro motore è il far soldi. Noi invece siamo per la musica e dunque abbiamo un approccio più idealistico dell’intero processo! Non abbiamo ottenuto l’attenzione che meritavamo, dunque abbiamo realizzato Spheres e sapevo che avrebbero odiato quell’album, che ci avrebbero scaricato: ecco l’idea complessiva dietro la realizzazione di Spheres! Al tempo i fan non erano pronti per un album del genere perché era troppo particolare, oggi invece molta gente lo ama. Ci sono ancora molte persone che lo odiano ma molte altre lo accolgono e capiscono le ragioni per le quali lo abbiamo realizzato: non certo per suonare più “jazz” o cose simili ma perché volevamo uscire dal contratto. Ci siamo riusciti e io ero felice di essere libero, liberato da quella prigione in cui eravamo costretti.
Parlando del presente, come vanno i lavori in studio, come vanno le cose con Portals?
Portals non è ancora pronto, stiamo lavorando all’uscita del disco Levels Of Perception: esso conterrà i nostri brani preferiti che abbiamo ricreato, brani che per esempio erano su Doctrine; adoriamo quel disco ma non ha mai ottenuto grande attenzione e lo stesso dicasi per Obsideo, un grande album che merita più attenzione! Cerchiamo dunque di riportare in vita quegli album ricreando le canzoni con la line-up attuale: sono molto felice del risultato perché la gente noterà le differenze tra come vennero registrate allora e come sono con le conoscenze e le capacità che abbiamo oggi di riprodurle. A qualcuno piace e a qualcuno non piace quando si rifanno i brani ma credo che quando diventi un musicista migliore puoi re-inventare le tue canzoni e migliorarle. Se non sei in grado è meglio lasciar stare ma noi crediamo di essere stati in grado, suonano da paura: le voci vanno ancora registrate, poi mix e mastering e poi si spera che a settembre-ottobre siano sul mercato. Dopo questo momento inizierò a lavorare su Portals per il quale ho già scritto otto canzoni delle quali non sono però soddisfatto perché sto progredendo a tal punto col mio pensiero musicale, con la teoria e con come penso alla musica che sto cercando di realizzare il miglior album di sempre! Quello che ho in testa è di non guardare indietro e cercare sempre di superare quanto fatto in passato: ora sono certo di essere in grado di creare musica mai fatta prima, per me è un compito importante e Portals sarà la miglior cosa che avrete mai sentito! Qualcosa che non sarete nemmeno in grado di comprendere, penso, perché avrà l’effetto di Spheres: «Porca vacca, cosa sto ascoltando? Che roba è? Qualcosa di inaudito, qualcosa di mai fatto nel death metal!». Faremo del nostro meglio, questo è il mio obbiettivo: avere l’effetto-wow e il fatto che la gente non abbia idea di cosa si tratti, devono davvero introiettarlo e forse prendersi una settimana per cercare di capire l’album e percepire quanto sia fantastico! È qualcosa che non avrete mai sentito, sarà pazzesco!
Cosa possiamo aspettarci dal vostro show italiano al Metalitalia.com festival?
Beh, potete aspettarvi un grande entusiasmo perché è un bel po’ che non suono in terra madre: faremo un set per tutti i gusti, cercheremo di suonare più canzoni possibili da album diversi. Tutti potranno dire: «Questo è il mio disco preferito!» e sì, suoneremo un brano da quel disco preferito. Ci saranno molte energie ed entusiasmo, specialmente perché torniamo in Italia e adoro i fan italiani, so che anche loro adorano me: abbiamo sempre un grandissimo feeling quando veniamo!
Fuori dall’ambito metal quali sono i tuoi generi musicali preferiti?
Credo di ascoltare soprattutto roba che produco io stesso, ho davvero poco tempo per ascoltare musica di altri perché quando trovo qualcosa di interessante il più delle volte è una piccola parte della scena che mi piace. Non mi piace tutto il jazz, per esempio, mi piacciono certe cose del jazz che mi coinvolgono. Ad essere onesto credo che sia meglio, per me, non ascoltare troppa musica perché ne vengo troppo influenzato: ecco perché non ascolto metal in generale, mi influenza troppo e poi inconsciamente mi condiziona quando creo la mia musica. Ho paura di copiare delle parti e la cosa non mi piace, voglio essere il più originale possibile! Più sto lontano dal metal, più posso apprezzare certa musica che può essere jazz-fusion sperimentale ma anche musica elettronica. Ho il mio progetto parallelo chiamato Drone187 che è più cinematografico, con batteria elettronica ed atmosfere cupe con belle linee melodiche: è un’altra cosa che faccio e che mi dà molta soddisfazione al di là dei Pestilence.
Cosa ti manca di più della scena death metal di fine anni Ottanta e inizio Novanta?
È molto facile: la solidarietà e la fratellanza. Credo che oggi, non solo nel metal ma in generale, tutto venga politicizzato. Anche nel metal ci sono sotto-gruppi che usano la politica per bandire un altro gruppo o un gruppo di persone che non la pensano allo stesso modo. Mi ricordo che quando tutto cominciò con le prime death metal band dalla Florida, tutti riconoscevano un fratello, tutti trattavano gli altri con rispetto. Ora se non appartieni a questo determinato gruppo sei un emarginato e ciò a causa della politica!
Quale messaggio e saluto finali manderesti ai tuoi fan italiani?
Quello che dico sempre quando penso all’Italia, quando penso alla mentalità della gente: ho sempre una sensazione di calore quando penso all’Italia e alla scena metal italiana, ai fan… Così, in generale: essendo io stesso italiano e avendo ancora la famiglia in Sardegna, ogni volta che torno mi sento a casa, mi sento più rilassato. Amo il cibo italiano, la mentalità, l’ospitalità e il mondo in cui la gente pensa alla vita in generale! Sono felice di tornare in Italia a suonare per i nostri fan italiani e spero che ci incontreremo per stringerci la mano, perché è quello che facciamo! Quando veniamo lì non è che dopo lo show ci fiondiamo in hotel: no, voglio stringere mani, firmare autografi, incontrare tante persone e vedere quelle facce felici perché è quello che conta! E’ l’amore che conta, amico!