Intervista Plini
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Intervista a cura di Davide Sciaky
Ciao Plini, come stai?
Bene, tu?
Non male, grazie.
Questo tour di giugno è quasi finito, com’è andato?
È stato fantastico.
Non avevo davvero alcun tipo di aspettativa perché abbiamo suonato in un sacco di posti dove non eravamo mai stati prima e non in molte grandi città, ma ogni show è stato davvero divertente, il pubblico è stato grande ed è stato bello vedere parti diverse d’Europa dove non ero mai stato prima.
Poco fa stavi facendo una masterclass, è una cosa nuova per te?
No, è una cosa che ho cercato di fare in ogni tour.
Ho visto molte band che fanno biglietti VIP, io non vorrei far pagare la gente solo per incontrarmi o per fare due foto perché sono una persona abbastanza noiosa ma, penso in particolare per i chitarristi, può essere carino avere un momento con poche persone in cui parliamo perché ci piacciono a tutti cose simili, facciamo cose simili.
Hai già un altro tour europeo in programma per la seconda parte dell’anno, immagino voglia dire che stai avendo un buon successo in Europa.
Sì, è andato in modo un po’ strano perché abbiamo basato questo tour, e qualche concerto che ci sarà in agosto, sui festival, quindi ci siamo concentrati su questi mesi.
Non avrebbe senso fare un tour di tre mesi perché finirei i posti in cui suonare, ma per questo motivo ho l’opportunità di continuare a tornare, poi i Tesseract mi hanno invitato a partecipare al loro tour alla fine dell’anno e quindi eccomi già di ritorno.
Hai suonato molto in Nord America, Europa e ovviamente in Australia, c’è qualche posto dove ti piacerebbe suonare ma dove non sei ancora riuscito a farlo?
Mi piacerebbe molto tornare in Giappone, non ci torno dal 2015, poi mi piacerebbe suonare di più in Asia e vorrei davvero suonare in Sud America.
Parliamo un attimo di te, quando hai cominciato a suonare?
Ho ricevuto la mia prima chitarra, un’acustica, quando avevo 9 anni, penso, poi un’elettrica quando ho compiuto 11 anni, quindi sono 15 anni che suono.
Hai preso lezioni o sei autodidatta?
Sono per lo più autodidatta, guardo un sacco di video su YouTube e cerco di imparare dalla gente che mi piace.
Suonare musica strumentale vuol dire che le tue canzoni devono essere molto più varie della maggior parte della musica con il cantato; quando è che ti sei sentito abbastanza sicuro della tua abilità con la chitarra da cominciare a scrivere questo tipo di musica?
Direi che ho cominciato a scrivere intorno al periodo in cui ho cominciato a suonare la chitarra elettrica, mi sono sempre divertito a scrivere anche se non scrivevo niente di decente.
Ho scritto musica per una decina d’anni e negli ultimi anni ho messo insieme un bagaglio tecnico sufficente da essere in grado di scrivere roba che mi sembra interessante e che suoni come me stesso, non come me che cerco di essere gli Animals as Leaders o Steve Vai.
Quando hai iniziato a scrivere musica avevi fin dall’inizio l’obiettivo di scrivere musica strumentale?
Scrivevo buffe canzoncine punk quando avevo tipo nove anni, ma ho realizzato rapidamente che io non sono decisamente capace a cantare, non sono molto bravo a scrivere testi e quindi mi sono concentrato sul lato strumentale, ma mi piacerebbe scrivere musica con dei testi prima o poi.
Non ti ho mai visto suonare prima quindi non lo so: ovviamente ai tuoi concerti sei accompagnato dai altri musicisti, lo show è incentrato su di te o c’è più il feeling di una band completa?
Per me è decisamente una band, cerco di avere la migliore band possibile con me, gente che mi piace davvero, penso che vedrai stasera come siamo quattro eguali che si divertono e non io sotto i riflettori e altri musicisti anonimi.
Penso che in questo modo il concerto sia molto più dinamico ed interessante rispetto a come sarebbe se fossero tre persone pagate per essere lì, tristi a suonare e basta.
Un po’ di tempo fa sei stato sponsorizzato, per così dire, da uno dei maestri del genere che suoni, Steve Vai, come ti hanno fatto sentire i suoi commenti?
In un certo senso non sembrava vero, non mi sembra ancora vero, ma penso sia un grande stimolo a continuare a fare quello che faccio perché evidentemente sta funzionando.
Pensi che ti abbia aperto delle porte, magari aiutandoti a vedere più album o a suonare di più dal vivo?
Non sono sicuro che mi abbia necessariamente aiutato a vendere più album, ma ha sicuramente aiutato perché gente che non mi conosceva in questo modo ha sentito parlare di me e magari li ha resi curiosi di ascoltare la mia musica.
Qualcosa che probabilmente sperano in molti è un qualche tipo di collaborazione, in studio o con un tour insieme; avete parlato di qualcosa del genere?
A me piacerebbe molto, mi piacerebbe andare in tour con lui, sarei più che felice di aprire per lui, immagino che vedremo in futuro.
Lui sai che a me piacerebbe.
Mi parli un po’ degli strumenti che usi?
Sì, come chitarre uso chitarre della Steinberger, una chitarra svedese, ergonomica, senza paletta; è la prima chitarra che ho suonato dopo aver suonato una Ibanez per 10 anni e la adoro.
Per quanto riguarda l’amplificazione uso un effetto Axe che dal vivo faccio passare da una cassa 4×12 della mesa, ma la maggior parte del segnale viene direttamente dall’effetto Axe.
Per molte band il ciclo “album-tour” è qualcosa di inevitabile e l’unico modo di muoversi; tu, d’altro canto, lavori in modo abbastanza diverso pubblicando canzoni ed EP su Bandcamp, andando in tour senza avere nuovo materiale in studio da promuovere.
Pensi che questo lato dell’industria musicale oggi possa funzionare diversamente?
Penso che ci troviamo ad un punto di svolta e le cose stanno cambiando, ci sono ancora band che fanno un album e vanno in tour mondiale, quello sembra ancora il modo più grosso di avere un impatto.
Ma se guardi l’industria del Pop e del Rap ci sono persone che diventano famose per una singola canzone e poi vanno in tour con quello, poi fanno una canzone nuova e fanno un tour nuovo.
Per me, dato che voglio continuare a suonare per tanto tempo, non voglio che questa diventi una routine tipo, “Okay, è passato un anno, devo scrivere un nuovo album”, cerco semplicemente di fare quello che mi sembra divertente ed ispirato.
Quest’anno, ad esempio, sono andato in tour più che mai prima d’ora perché ho ricevuto molte offerte a cui non potevo dire di no, non posso dire di no ai Tesseract, sono una delle mie band preferite, non posso dire di no al Download Festival, ma suonare così tanto dal vivo mi ha anche fatto pensare che l’anno prossimo vorrei passare più tempo a scrivere musica e magari fare più clinic e cose del genere.
Hai già idee per un nuovo album?
Ho un EP già pronto che uscirà alla fine di luglio, e appena tornerò a casa voglio scrivere ancora e vedere cose succede.
Quali sono i tuoi obiettivi per il prossimo futuro?
Vorrei espandere il modo in cui suono, mi piacerebbe suonare con un’orchestra di archi o qualcosa del genere, mi piacerebbe collaborare con gente che lavora con le luci o con le proiezioni, mi piacerebbe suonare di più in Italia, parlavo con Mario, la persona che ha organizzato questo concerto, e la prossima volta che torno da queste parti vorrei suonare in Italia il più possibile perché mi piace davvero tanto.
La mia ultima domanda è, riesci a vivere di musica?
Sì.
Ottimo, grazie della chiacchierata.
Fantastico, piacere di averti conosciuto.