Intervista Premiata Forneria Marconi (Franz di Cioccio, Patrick Djivas)
La Premiata Forneria Marconi non ha bisogno di introduzioni: uno dei gruppi più importanti ed influenti della storia della musica italiana e del Progressive internazionale, da più di 45 anni calcano i palchi di tutto il mondo.
L’intervista in occasione del concerto di Manchester, parte del tour europeo che sta attualmente occupando la band, avrebbe dovuto avvenire prima dello show, ma per motivi di tempo decidiamo di spostarla a dopo.
Questo mi permette di assistere ad un concerto straordinario: molti gruppi ben più giovani avrebbero tanto da imparare dalla PFM.
Con un po’ di timore reverenziale davanti a tali giganti della musica arriva il momento dell’intervista e mi ritrovo a parlare con Franz Di Cioccio, batterista e cantante nonché membro fondatore, e Patrick Djivas, bassista, i due membri più di lunga data della band nella formazione di oggi.
Cominciamo con una domanda forse non semplicissima: perché ascoltare la PFM oggi?
Franz: Perché la PFM è l’unico gruppo che non è classificabile; veramente noi passiamo per un gruppo progressive ma non siamo solo questo.
Facendo un pensiero su tutto il nostro viaggio musicale partendo dai Quelli in avanti, non abbiamo mai fatto un disco uguale ai precedenti spostandoci continuamente dall’orizzonte; veramente il viaggiatore non viaggia per cercare l’orizzonte ma viaggia per cercare un luogo ipotetico perché l’orizzonte non è che lo puoi toccare, è un luogo ipotetico, tu vai e si sposta: questa è la PFM, dentro di noi sono passate molte cose musicali per cui ascoltare la PFM è sempre una sana immersione nella buona musica, nel sentire solisti e musicisti che hanno molte idee, che hanno una particolare fascinazione soprattutto dal vivo perché i nostri concerti sono fortemente epidermici.
Hai visto stasera nel concerto cantiamo in italiano, cantiamo in inglese, l’effetto è quello, perché la musica arriva perché sul palco abbiamo la fortuna di divertirci ancora e di fare questo mestiere perché ci piace senza avere la preoccupazione di che genere è o di che genere di disco faremo come fa la gente adesso.
Patrick: Infatti si può anche dire che “Perché ascoltare la PFM?” è uguale a “Perché suonare con la PFM?”, è lo stesso discorso: perché ogni sera è un concerto diverso, perché malgrado il fatto che i concerti sono ormai 5000 più o meno, ogni sera è una cosa diversa, ogni sera succede qualcosa di nuovo, ogni sera ognuno di noi fa una cosa diversa, quindi per noi è divertente e per il pubblico che ci viene a vedere è divertente, soprattutto per chi ci è venuto a vedere tante volte, perché ogni volta si rende conto che le cose sono diverse.
Proprio ieri sera parlavamo con un nostro amico che ha visto tantissimi concerti nostri che diceva che ogni volta è come se fosse uno spettacolo nuovo ed è un po’ questa forse la ragione per cui questo gruppo continua, perché ci si diverte.
Franz: Soprattutto ci lasciamo delle zone di libertà che è abbastanza difficile trovare oggi e la gente lo sa, questa era un po’ la nostra caratteristica anche all’epoca, non è un caso che noi all’estero abbiamo un riscontro, perché abbiamo un modo di proporci al pubblico che va al di là della canzone, del disco o del posto in classifica in cui è entrato, le nostre zone di improvvisazione sono quasi una forma artistica di proposta, avere la capacità dell’interazione vuol dire che tu lo spettacolo non lo prepari perché quella tournee farai quella cosa e poi non la farai più, PFM ha l’imprevedibilità come comune denominatore e questa è la ragione per cui la gente viene a vedere la PFM indipendentemente dai generi, spesso i padri dicono ai figli “vai a vedere la PFM” e questo è molto, molto bello, capita spesso, a parte che vedere dal palco i padri e i figli insieme è una cosa fantastica, soprattutto con una musica come la nostra che non è facile.
Patrick: Questa imprevedibilità deriva dal fatto anche che noi non usiamo computer, di conseguenza siamo completamente liberi tutte le sere.
Chi invece ha uno spettacolo impostato sui computer e queste robe qua tutte le sere deve fare esattamente la stessa cosa e questa cosa qua ovviamente dopo un po’ crea un po’ di noia.
La mia prossima domanda sarebbe stata se avete in programma un nuovo disco ma mi avete già risposto dal palco, uscirà all’inizio dell’anno prossimo, allora potete dirmi cosa ci potremo aspettare da questo nuovo album?
Franz: Che sarà diverso dagli altri 25 o 30 che abbiamo fatto.
Nessuno si sarebbe mai aspettato che la PFM oggi venisse riconosciuta come una delle esperienze più fulgide e vive del Progressive e non a caso Rolling Stones ha posto “Photos of Ghosts” nella classifica sui 50 dischi più belli della storia del Progressive al 19esimo posto e siamo italiani, che non è poco, è tantissimo; e nei 100 artisti più importanti della storia della musica secondo Classic Rock siamo 50esimi.
Questo significa che le scelte che abbiamo fatto le abbiamo vissute come tutte le cose vissute, a volte sembra che hai fatto un disco meno importante ma è importante avere passato un tempo che ti ha portato al tempo successivo, un po’ come un viaggio nello spazio, poi quando guardi Guerre Stellari lui schiaccia il bottone fa il salto nell’iperspazio e in un attimo si ritrova dove voleva andare. Fare un disco come quello con De André [N.D.R. i celebri “Fabrizio De André in concerto – Arrangiamenti PFM” Vol. 1 e Vol. 2]
che non è Heavy Metal, che non è Progressive, che non è Rock, che non è cantautore è una cosa che scompiglia le carte, scompagina tutte le regole perché è un disco secondo tutti che sarebbe stato un fiasco, invece è uno dei dischi più belli della musica italiana.
Non solo, noi ci permettiamo di farlo in Giappone e lo amano, in America e lo amano, non lo facciamo in Inghilterra perché è tanto che non venivamo in Inghilterra ed è più importante che ascoltino i dischi che amano; non a caso hai visto che ci sono state delle belle reazioni su “Chocolate Kings” perché “Chocolate Kings” è entrato nelle classifiche in Inghilterra, è entrato nei primi 15 nella classifica inglese, perché?
Perché è un disco molto sentito in Inghilterra per i testi e perché è un disco che faceva una critica sociale: mentre noi facevamo una critica sull’America, loro apprezzavano la critica da inglesi, meno gli americani, infatti “Chocolate King” in America non è stato molto amato, è più amato “Cook” [N.D.R. noto come “Live in USA” in Italia]; per farti capire che si devono aspettare un disco che non è quello che si aspettano, nel senso, sarà un disco totale dove ci saranno tutte le cose musicali che ci piacciono e poi la formazione è completamente nuova…visto che parliamo a chi si rivolge ad un pubblico Heavy Metal abbiamo due, forse tre musicisti che vengono dal vostro mondo: lui [indica Alberto Bravin] ha fatto parte di una band, i Sinistesia, un gruppo Progressive Metal che seguiva un po’ la tendenza Progressive di oggi, li conosco molto bene, hanno avuto il piacere di aprire il Gods of Metal un anno, quindi voglio dire…ed eccolo qua nella PFM, quindi un pezzo di Metal è entrato [ride], poi c’è [urla] MARCO SFOOOGLI!
Marco Sfogli, insomma, non c’ha la mano leggera, non è che fa proprio i valzer.
Visto che l’hai nominato volevo chiedervi, com’è lavorare con Marco Sfogli, un musicista che proviene da un ambiente affine ma anche molto diverso qual è quello dello shredding?
Franz: Ma sai, non è mai uno che influisce sulla band, è la band che fa suono totale, speriamo che questo suono sia una cosa nuova.
Lui…poi non sono mica io che devo parlare bene di lui, lui parla già con la chitarra bene di sé stesso, parla bene di sé stesso con le mani.
Patrick: Abbiamo soprattutto chiesto a Marco di fare quello che lui è, di non cercare di riproporre cose del passato ma di essere totalmente libero di fare quello che preferisce.
Deve fare Marco Sfogli, deve fare quello che è e portare il suo contributo a questa band come fa ognuno di noi.
Franz: Credo che questa sia la cosa bella che la gente non si aspetta, perché la PFM non fa repliche ma fa cose nuove, non replica, come Paganini.
Com’è composto il pubblico di un vostro concerto oggi? Prima un po’ di gente vi ha fatto autografare biglietti di vostri concerti degli anni ’70, il vostro pubblico è lo stesso di allora o c’è stato ricambio generazionale?
Franz: Assolutamente sì, questo concerto non è quello che fa la primavera, eh?
Certo che se veniamo a Manchester dopo vent’anni, è bello venirci, però fare 2000 persone a Buenos Aires è una cosa fantastica, o in Cile per esempio; questo capita ovunque, capita anche a Vancouver, in tantissimi posti…ovviamente in Italia, a casa nostra.
Il pubblico è di tutte le generazioni.
Patrick: molto eterogeneo, tutto molto eterogeneo…
Franz: una larga predominanza di giovani i quali hanno un’attrazione verso la musica Progressive perché la musica Progressive ti permette di…non butti via i dischi, insomma, quelli che trovi in casa del papà sono ancora buoni, sono validi musicalmente, e quindi trovano una fascinazione che vogliono sentire dal vivo, dal vivo suoniamo come ci hai sentito ed il gioco è fatto.
Immediatamente il pubblico capisce che c’è la musica da svago, la musica da ballo e c’è anche la musica che ti riempie a livello emotivo, psicologico, per cui il pubblico va dai 15 anni fino alla nostra età.
Siete sempre molto attivi all’estero, in cosa differisce il pubblico italiano da quello straniero?
Patrick: Ma no, non c’è tanta differenza, il nostro pubblico un po’ in tutto il mondo ha le stesse caratteristiche, un po’ come se fossero amici stretti.
È una nicchia ovviamente, non è un pubblico da stadio, però è un pubblico molto, molto affezionato e che vuole sempre dimostrarci il suo affetto ed il suo attaccamento e questa cosa si ripropone un po’ dappertutto, dal Cile come diceva Franz a Vancouver, al Canada, al Giappone, da tutte le parti più o meno c’è una specie di denominatore comune, un filo conduttore tra tutti i pubblici di tutti i paesi, è stranissima ‘sta cosa.
Un paio d’anni fa avete suonato a Sanremo, com’è stata l’esperienza?
Franz: Beh, non è la prima volta: non abbiamo mai partecipato al festival, siamo sempre andati come ospiti, chiamati per qualche progetto, idea, proposta.
Un anno che ci hanno chiamato era perché era il compleanno di Fabrizio [de André], ci hanno invitato e abbiamo fatto quella apparizione dove abbiamo fatto quelle canzoni dell’epoca ed è stata la sera dove c’è stato il picco massimo degli ascolti di sempre; questo significa, a parte che non eravamo mai stati noi al festival e noi per principio noi non saremmo andati per partecipare perché non siamo legati alla canzone, siamo legati alla performance , però valeva la pena quella volta perché essendo il compleanno di Fabrizio è stata una cosa magica, irripetibile.
Poi siamo andati una seconda volta perché Vecchioni che è di Milano e siamo amici ci chiese se avevamo voglia di fare il venerdì pazzo che si fa generalmente quando si cambiano gli arrangiamenti delle canzoni in gara; anche lì non eravamo in gara ma eravamo solamente ospiti e siamo andati e lui ha vinto il festival, non dico grazie a noi, ma quella sera ha preso più voti di tutti e da lì è partita la galoppata finale.
La terza volta era un esperimento dei soliti che fa la PFM quando vuole sparigliare le carte, abbiamo fatto una cosa siccome c’era l’anniversario della prima guerra mondiale, abbiamo fatto una cosa molto bella con la banda dell’Esercito Italiano, abbiamo fatto un pezzo di “PFM in Classic” arrangiato per banda, il Nabucco di Verdi che è un grande patriota, anche lì è stata un’occasione sempre per fare una cosa particolare, ma non festival in quanto festival.
Ci piacciono queste cose, è più un pensiero artistico che…la gara in se non ci importa.
Essendo in giro da così tanto tempo avete visto una grande evoluzione della musica, della tecnologia che c’è dietro e di tutto quello che è collegato alla musica, cosa è meglio e cosa è peggio nel mondo della musica oggi rispetto a quando avete iniziato?
Patrick: più che evoluta direi che la musica è cambiata, in certi casi si è involuta.
Quello che è cambiato tantissimo è l’utilizzo dei computer e di tutte queste cose qua che ha un po’ fagocitato tutti gli spettacoli che è come…è come vedere uno spettacolo televisivo vedere questo tipo di concerti, da un punto di vista è senz’altro bello perché c’è sempre lo stesso suono, la stessa resa però manca un po’ di spontaneità dell’artista che vedi sul palco, se è come sentire un disco credo che manchi qualche cosa.
La televisione forse ha preso il sopravvento sulla musica in generale e non credo che sia stata una cosa molto, molto positiva per la musica; ovviamente non parlo di qualità, perché la qualità c’è sempre stata, c’è oggi come c’era una volta e come c’era lo spettacolo di bassa qualità una volta c’è anche oggi, questo non è una cosa che vale per tutti, però questo modo che c’è di fagocitare tutto attraverso gli occhi della televisione e lo schermo televisivo forse non è la cosa migliore, è sempre più bello vedere un concerto in un club con gente che suona e che brucia le corde, che brucia tutto quello che tocca lì dall’intensità piuttosto che andare a vedere una cosa preparata con tutti i computer che tanto più o meno è come vedere uno spettacolo televisivo.
Siamo arrivati alla fine dell’intervista, vorrei concludere chiedendovi dall’alto di una carriera così lunga ed importante che ben pochi possono vantare, cosa consigliate a chi vuole diventare un musicista oggi?
Franz: La cosa più semplice è essere sé stessi, suona quello che sei, non quello che vuoi sembrare.
E’ inutile che ti metti il giaccone di pelle per fare il metallaro, per fare il metallaro devi essere metallaro dentro non fuori prima, se parli di metallo, se parli di altri generi è uguale.
Poi la cosa che raccomanderei a tutti è che se tu suoni il tuo strumento tu sai quello che stai suonando, quindi quando vai sul palco ascolta gli altri, non ascoltare te stesso che non serve; tu stai facendo quella cosa lì, non hai bisogno di ascoltarti, ascolta gli altri, solo così la musica diventa interazione, allora diventa creatività, allora diventa, che ne so, un disco bello.
Patrick: …e poi di non abbattersi perché è un mestiere difficile questo qua, è un mestiere che soprattutto, non so ora se era più difficile una volta o è più difficile oggi, è sempre stato difficile, come tutti i mestieri che quando funzionano poi ti danno tante soddisfazioni perché poi vivi della tua passione e vivi delle cose che hai sempre voluto fare che è la cosa più bella che può capitare ad una persona.
Ovviamente questi mestieri non sono facili perché tutti lo vorrebbero fare però non è una cosa automatica che tu studi, vai a vedere e poi vai a lavorare così e poi succede che fai carriera eccetera, non è così.
Può succedere, può non succedere ma non bisogna mai abbattersi, bisogna sempre continuare e avere il coraggio di fare anche sacrifici.
Però vale la pena perché riuscire a vivere una vita intera con la tua passione come mezzo di sostentamento è la cosa più bella che può capitare.
Davide Sciaky