Intervista Saxon (Biff Byford)
Cronaca di una chiacchierata con Biff Byford (immortalato in una foto iconica negli anni Ottanta), il cantante dei metal warrior inglesi Saxon, giunti con il nuovissimo ‘Carpe Diem’ (qui recensione) al loro ventitreesimo album realizzato in studio.
Buona lettura,
Steven Rich
Da dove scaturisce l’idea di intitolare l’ultimo album ‘Carpe Diem’?
Dal “Vecchio Muro di Adriano” (Il Vallo di Adriano), che attraversa l’Inghilterra. Il motto romano “Carpe Diem”, nelle mie scorribande al Nord del Paese l’ho notato più volte fra i mattoni di quell’opera monumentale e mi è parso un ottimo titolo per un album dei Saxon. Cogli l’attimo, non farti sfuggire la vita ma goditela appieno, è un messaggio molto positivo, che mi pareva interessante veicolare per il tramite della nostra musica.
Quale, secondo te, l’album del vostro passato che si può accostare a ‘Carpe Diem’?
Per lo spirito anni Ottanta che lo pervade e per la tipologia di riff di chitarra utilizzati ritengo che ‘Denim And Leather’ sia il disco che più si avvicina a questo nuovo. Anche per via della positività che ne ammantò la lavorazione.
La copertina di ‘Carpe Diem’ è il frutto di una cernita oppure si tratta di un lavoro unico da voi scelto appositamente?
In realtà di soggetti ne abbiamo valutati due. Un artista ha realizzato quella che poi è divenuta la copertina del disco mentre un altro ha realizzato un disegno sempre a tema che molto probabilmente utilizzeremo per il merchandising di prossima produzione, sempre inerente ‘Carpe Diem’, comunque.
Che apporto ha fornito la collaborazione, ormai stabile, di Andy Sneap nell’economia dei Saxon?
Andy conosce il segreto di come realizzare al meglio il “Saxon sound”, sa benissimo come i Saxon devono suonare alle orecchie dei fan. Poi è un vero e proprio ultras delle band heavy metal anni Ottanta, come noi e i Judas Priest. E’ un uomo di talento, ha un orecchio molto fine legato al british metal e poi non è uno che lavora con tutti, sa anche dire di no. Se una band non gli piace rifiuta di collaborarci insieme, se non scatta l’adeguata scintilla.
La conquista da parte dell’Impero Romano di alcune zone dell’Inghilterra ha lasciato, ancora oggi, dei segni tangibili secondo te?
Dal punto di vista del lascito sul territorio sicuramente si: ci sono molte scritte in latino e molte rovine romane, molto evocative. Poi gli stessi romani hanno fondato una città fondamentale per il mio Paese come York. Per quanto riguarda invece l’influenza sulla popolazione è difficile rispondere, si tratta di una tematica molto complessa, al momento non saprei cosa dirti di preciso.
Ti è mai stato chiesto di unirti a un’altra band?
Ufficialmente no, ma giravano voci piuttosto insistenti e verificate riguardo il mio ingresso nei Black Sabbath in sostituzione di Ronnie James Dio. Ma poi, di fatto, nessuno me lo venne a chiedere.
Biff e Lemmy
Per molti metallari i Saxon costituiscono la band più accreditata in grado di raccogliere in qualche modo il testimone lasciato vacante dai Motorhead. Cosa ne pensi?
E’ assodato che la musica dei Saxon sia strettamente dipendente dal sound dei Motorhead (Biff usa il termine “Motorheadish”), cosa evidente soprattutto agli inizi. Mi sarebbe piaciuto far cantare a Lemmy la nostra nuova “Living On The Limit” presente su Carpe Diem, una canzone fottutamente Motorhead. Siamo sempre stati amici, noi eravamo loro fan e poi successivamente loro stessi sono diventati nostri fan. Il nostro rapporto non ha mai vacillato, nonostante i vari cambi di line-up, personalmente sono stato grande amico di Fast Eddie Clarke così come di Phil Campbell. I Motorhead mi mancano tantissimo, penso e spero che i loro fan vengano ai nostri concerti, vista l’attitudine comune e le similitudini evidenti fra le due band, che ci vengono riconosciute.
Quali sono stati i momenti più belli passati con Lemmy e come lo descriveresti?
Con Lemmy ho passato dei momenti memorabili, ma mai nulla di particolarmente trasgressivo. Negli anni Ottanta quando suonavamo all’Hammersmith o in altri locali di Londra i Motorhead non mancavano mai, venivano a vedere il concerto e poi ci si trasferiva nel loro quartier generale, dove non mancavano mai le presenze femminili. Ricordo che in una stanza c’era il poster del loro manager e i Motorhead si divertivano a tempestarlo di freccette! Durante gli ultimi tour insieme mi vedevo e parlavo spesso con Lemmy ma già accusava gli effetti della malattia e quindi la nostra frequentazione era più limitata. Lemmy era uno che sapeva quello che voleva dalla vita e non tollerava intrusioni di sorta da parte di chicchessia. Amava fare quello che faceva, punto! Ci teneva particolarmente ad avere successo negli Usa e ce l’ha fatta, era molto soddisfatto per questo. L’ho sempre considerato un’icona, un musicista TOTALE, uno al quale piaceva molto anche il punk, passione che condivido. Era amato da tutte le band perché era un uomo disponibile e divertente.
Saxon, 2022
Ti consideri una rockstar?
No, in realtà no. Non sono mai stato un grande bevitore e Lemmy mi ha sempre preso per il culo per questo. Lui andava di superalcolici e io a Thè! Ah,ah,ah! Sono sempre stato piuttosto tranquillo nei vari party e per questo molti mi additavano come un arrogante, solamente perché non mi ubriacavo marcio come loro. Per me l’archetipo della rockstar era Lemmy. Io mi considero semplicemente una persona molto fortunata che è riuscita a realizzare un sogno: fare ciò che ama fare, nella vita.
Come ti senti quando vieni indicato come un mito vivente dell’heavy metal?
In coscienza cerco di raggiungere i miei obiettivi e quelli dei Saxon al meglio, sia sul palco che in studio. Non mi considero un mito, quantomeno non ci ho mai pensato seriamente, mi basta che la gente e i metallari apprezzino il mio e il nostro lavoro, la passione che ci riversiamo dentro e il senso di appartenenza al genere che riusciamo a creare.
Quando iniziasti a fare musica ti saresti mai immaginato di arrivare a pubblicare ventitré album in studio?
No, sinceramente no. Speravo, questo sì, di intraprendere una lunga carriera ma è anche vero che poi le cose nascono una dopo l’altra, giorno dopo giorno e non ha senso pianificare. Nonostante tanti anni di vita on the road le domande che mi pongo sono sempre le stesse, riguardo gli album, i pezzi nuovi, le date dal vivo e tutto quanto appartiene ai Saxon.
Biff in copertina, Kerrang! Novembre 1981
Dove vivi attualmente?
In Inghilterra, vicino a York. La parentesi francese è terminata da un bel po’.
Quanto dureranno, ancora, i Saxon?
Mah, chi lo sa? L’intenzione di smettere non c’è, un altro album come minimo lo mettiamo in cantiere, tranquillo! Ah,ah,ah!
Fra trent’anni cosa si ricorderà la gente dei Saxon?
Spero diranno che eravamo una band che ha realizzato grandi album e mi auguro che la gente li ascolti ancora. Tutto qua.
Hai mai più incontrato quella splendida ragazza italiana più alta di te con la quale ti intrattenesti sessualmente a Milano negli anni Ottanta?
Mi ha sedotto ed è stata solamente l’avventura di una notte, ma ancora me la ricordo molto bene! Ah,ah,ah! Fu un momento memorabile, era davvero bellissima. Non ci siamo più rivisti, dopo quel giorno, comunque.
Suonerete “Stallions Of The Highway” al concerto del 25 giugno al Rock The Castle di Villafranca (VR)?
Potremmo suonarla, perché no? Ci penseremo. Promesso, dai, tu stai in campana, comunque!
Conosci qualche band italiana?
I Rhapsody Of Fire, poi quel gruppo coinvolto nei film horror di qualche anno fa, ma non mi sovviene il nome.
I Goblin?
Si, esatto, proprio loro.
E i Death SS?
Mmmmhhhhh… è un nome a me familiare, mi ricordano qualcosa ma non riesco a focalizzare, al momento.
Never Surrender, l’autobiografia di Biff Byford, Tsunami Edizioni
Al di là di “Never Surrender” del 2007 è pianificata la realizzazione di una biografia ufficiale dei Saxon?
Ne abbiamo parlato seriamente durante la pandemia, è una cosa che abbiamo in cantiere, poi se si realizzerà o meno al momento non ti so dire.
E’ tutto, Biff, grazie.
Grazie a te, alla prossima.
Stefano “Steven Rich” Ricetti