Intervista Secret Sphere (Aldo Lonobile)
A pochi giorni dall’uscita “The Nature of Time” (qui la nostra recensione), ottavo full length dei Secret Sphere, ormai una delle band di punta della scena nazionale, e non solo, abbiamo avuto modo di scambiare due chiacchiere con Aldo Lonobile, chitarrista e mastermind della band. Eccovi il resoconto di quella che si è rivelata una piacevole chiacchierata. Non sono mancate le sorprese.
Buona lettura!
Intervista a cura di Marco Donè
Ciao Aldo, sono Marco, benvenuto su TrueMetal.it. Come va?
Ciao Marco, grazie, tutto benone!
Il 2 giugno prossimo uscirà il vostro ottavo full length intitolato “The Nature of Time”, a due anni esatti dalla ri-registrazione di “A Time Never Come”. “The Nature of Time” è un concept che, seppur diverso, trova dei punti di contatto con il concept di “A Time Never Come”, come se il lavorare nuovamente a quel disco vi avesse influenzato nella scelta e nella struttura della storia. Ti ritrovi in questa mia affermazione? Ti andrebbe di approfondirla?
Mah… in realtà è una cosa di cui non me ne sono nemmeno reso conto. Alcuni ci hanno fatto notare la similitudine nella struttura divisoria dei brani, racchiusi in capitoli, ma è una cosa assolutamente non voluta. Il percorso compositivo e la scrittura delle liriche sono stati processi avvenuti in maniera totalmente diversa rispetto a “A Time Never Come”.
Il concept di “The Nature of Time” trae ispirazione da una storia vera. Come ne siete venuti a conoscenza e chi di voi l’ha proposta?
La storia da cui prende spunto “The Nature Of Time” è stata vissuta in prima persona da un membro della band, ovviamente non nella maniera e nei modi descritti, ma il motivo trainante è identico. Dedicare il nuovo album a quel trascorso è stato molto naturale, dal momento che ha condizionato l’andamento e lo sviluppo della band.
Per come si articola “The Nature of Time” si ha l’impressione che abbiate iniziato a comporre dopo aver deciso il concept che avreste voluto narrare nel disco. È stato complicato rendere in musica una storia carica di emozioni così forti? Chi ha dato il maggior contributo nella fase di songwriting?
Il songwriting, come consuetudine, sin dalla nostra nascita, è per la stragrande maggioranza opera mia. Sviluppo le idee, da sempre, con Antonio Agate, il nostro ex tastierista. La novità è stato il coinvolgimento di Gabriele (Ciaccia n.d.r.), per la prima volta. Hai assolutamente ragione, parecchi episodi musicali sono nati proprio nel trascorso degli eventi di cui ti parlavo prima. Quando abbiamo poi deciso di fare il concept, il posizionamento è stato abbastanza facile perchè quasi cronologico. Difficili sono stati gli arrangiamenti e tutte le parti di collegamento curate da Simone Campete, compositore e grande amico, oramai anche lui collaboratore in pianta stabile. Michele, poi, come al solito, ha composto tutti i testi e le melodie vocali, a mio parere molto cariche di pathos.
Il nuovo lavoro, dopo “Portrait of a Dying Heart”, sembra staccare ulteriormente con il vostro passato, trovando maggiori spunti nel prog e nel rock melodico. È stata una scelta naturale o un processo avvenuto a seguito dell’ingresso in formazione di Michele Luppi? La sua voce si esprime al massimo su questi territori…
Stilisticamente il cambiamento c’è. Non è stato pianificato e nemmeno avvenuto a causa dell’ingresso di Michele. Come ti dicevo prima, il contributo di Michele a livello compositivo avviene su una stesura musicale e il fatto che trovi maggiore libertà espressiva in quella dimensione, sicuramente gioca a favore. I dischi dei Secret non hanno mai seguito dei filoni a tutti i costi, “Scent Of Human Desire” ne è un esempio. Non seguiamo nessun filone, scrivo ciò che davvero mi emoziona. E’ innegabile che non ho più la necessità di scrivere un disco à la “A Time NeverCome”, risulterebbe forzato e non avrebbe senso.
Come singolo apripista del disco avete optato per “The Calling”, una scelta che mi ha un po’ sorpreso. La canzone, a un primo ascolto, non risulta una delle più immediate dell’album, assume però fascino dopo ripetuti passaggi. Caratteristica che, a mio modo di vedere, si ripete anche in altre tracce di “The Nature of Time”, con il rischio, o pregio, di non venire compreso nell’immediato per esser poi rivalutato tra qualche tempo. Qual è la tua chiave di lettura a tal proposito?
La scelta di “The Calling” è in un certo senso dovuta, il concept ha una storia precisa e questo brano dà il via al tutto. Strutturalmente è un brano semplice, ha una parte strumentale evocativa e strutturata. Ascoltare il brano, guardare il video e conoscere le liriche dà maggior trasporto. Sono da sempre affascinato dai concept, ho sempre letto bene i testi e preso informazioni sulla storia prima di ascoltarne uno. “The Nature Of Time” è completamente legato anche da intermezzi, narrazioni e altro, necessariamente risulta un po’ impegnativo all’ascolto.
Per “The Calling” è stato girato un video, attraverso cui veniamo introdotti nella storia di “The Nature of Time”. Chi si è occupato delle riprese? Siete soddisfatti del risultato?
“The Calling” è stato girato dai ragazzi di Lucerna Film, a mio parere due veri talenti. Sono contentissimo del risultato, ambientazione, storia, fotografia sono super.
A proposito del video di “The Calling”… Marco Pastorino non vi compare. Stanno inoltre circolando delle foto che vi ritraggono senza di lui. Per tranquillizzare i fan, ti andrebbe di fare chiarezza sulla lineup dei Secret Sphere?
Marco non è più nella band. Abbiamo un rapporto che va oltre la collaborazione musicale, per cui non c’è nessun attrito, ma questa dimensione dei Secret Sphere non è sua. Ha sempre dato una grande mano a livello logistico, ma non ho mai fatto registrare a nessuno le chitarre di un disco dei Secret Sphere e ho sempre composto tenendo poca considerazione della seconda chitarra, in questo disco maggiormente, è una chitarra molto individualista. Lo abbiamo capito noi e lo ha capito lui, per cui abbiamo deciso di andare su strade diverse. È una persona molto attiva e sono sicuro che otterrà buoni risultati con la sua band.
Avete da poco pubblicato il vostro primo live album intitolato “One Night In Tokyo”, un capitolo che mancava nella vostra discografia. Com’è nata l’idea e perché solamente ora?
Nel 2015, prima di partire per il tour giapponese, il promoter mi scrisse dicendo che Tokyo era tutta esaurita e mi proponeva di registrare l’evento. Abbiamo fatto il tutto in fretta, dal punto di vista visivo non c’è nessuna pre-produzione, ma è un prodotto genuino e come primo live va bene (ride n.d.r.)
Quali ricordi porti con te dall’avventura nel Paese del Sol Levante?
Oramai possiamo dire tranquillamente di aver costruito un rapporto solido con il Giappone, da sempre è un ottimo mercato per noi e ho un rispetto immenso per il popolo giapponese. Siamo sempre stati trattati con rispetto e ammirazione e sono estremamente grato a loro. Conoscono dettagliatamente la storia della band, sono informati, collezionano tutto ciò che riguarda la nostra musica.
Uscendo momentaneamente dal mondo Secret Sphere e concentrandoci maggiormente su Aldo Lonobile, va detto che sei il chitarrista anche di un’altra band, una delle formazioni più sottovalutate di sempre, che molte compagini ben più affermate citano come una delle fonti di ispirazione: i Death SS. Com’è condividere il palco con una figura come Steve Sylvester e suonare delle canzoni che appartengono a dei dischi che possono essere definiti cult?
I Death SS hanno dato letteralmente lo spunto a un tipo di musica e attitudine, sfruttata e monetizzata in seguito da act esteri. Steve ha messo in scena degli spettacoli in tempi molto lontani, ho avuto modo di parlare con artisti molto conosciuti che citano i Death SS, Steve è un artista con una spiccata attitudine teatrale e sono sicuro che se avesse avuto un tipo di struttura adeguata, a tempo debito avrebbe imposto la band a livelli internazionali. Oramai con Steve ho un rapporto consolidato e di fiducia, ci sentiamo spesso e ho condiviso alcuni dei live più belli della mia carriera insieme a lui.
Tornando ai Secret Sphere, quali i progetti futuri? Partirete nuovamente in tour per iniziare la promozione di “The Nature of Time”?
In estate faremo una serie di date italiane, per il resto non credo faremo molte uscite nei club, non ne vedo più la necessità se non ci sono determinate condizioni. Andremo nuovamente in Japan e faremo sicuramente qualche uscita europea.
Aldo, siamo arrivati alla fine. Ringraziandoti per l’intervista lascio a te le ultime parole per salutare i nostri lettori.
Ti ringrazio per aver dedicato uno spazio alla band!
Ricordatevi di dare ugual spazio alle band di casa nostra, abbiamo una vastità di artisti da scoprire e apprezzare.