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Intervista Shadowside (Dani Nolden)

Di Marco Donè - 1 Settembre 2017 - 10:00
Intervista Shadowside (Dani Nolden)

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Dopo un’attesa di sei anni, i brasiliani Shadowside sono tornati sulle scene con un nuovo disco, intitolato “Shades of Humanity” (qui la nostra recensione). Non ci siamo fatti scappare la possibilità di approfondire l’argomento e abbiamo scambiato due chiacchiere con la singer Dani Nolden. Abbiamo parlato di musica, di un periodo buio affrontato dalla band e di tanto altro. Eccovi il resoconto della chiacchierata.

Buona lettura!

Intervista a cura di Marco Donè

 

Ciao Dani, sono Marco di Truemetal.it, come va?

Non male, grazie mille!

 

Prima di iniziare a parlare del vostro nuovo lavoro “Shades of Humanity”, farei un piccolo passo indietro. Nel 2015 avete avuto un avvicendamento in lineup e Magnus Rosén, ex bassista degli Hammerfall, è entrato a far parte degli Shadowside. Com’è nata la vostra collaborazione?

All’inizio volevamo chiedere a Magnus di registrare l’album, dato che stavamo vivendo un cambiamento in line-up e non volevamo affrettare la decisione su chi sarebbe diventato il nostro nuovo bassista. Noi ammiriamo molto Magnus come musicista e quando siamo entrati in contatto con lui e abbiamo iniziato a discutere delle idee per l’album, della band, dei piani per il futuro, siamo andati immediatamente tutti d’accordo e abbiamo iniziato ad ammirarlo come persona, così abbiamo deciso di chiedergli di unirsi a noi e, come puoi vedere, ha detto sì! (ride n.d.r) A quanto pare sentiva la mancanza essere in una metal band e noi siamo veramente fortunati ad averlo con noi.

 


L’attuale formazione degli Shadowside

 

Shades of Humanity” esce a sei anni di distanza dall’acclamato “Inner Monster Out”. Come mai un’attesa così lunga? I fan aspettavano da tempo un vostro nuovo album…

Prima di tutto, il tour di supporto al nostro precedente album, “Inner Monster Out”, è stato veramente lungo. Il nostro ultimo show di quel tour è avvenuto nel 2014 e l’album è stato pubblicato in Brasile nel 2011, così abbiamo passato molto tempo on the road. Comunque, i piani erano di iniziare a registrare il nuovo album appena dopo il tour, ma proprio in quel momento caddi in un periodo personale estremamente buio. Entrai in depressione e non riuscivo a provare praticamente nulla. Non riuscivo a scrivere. Non avevo voglia di scrivere. Non volevo nemmeno più ascoltare musica. Ero completamente paralizzata e ho compreso che durante gli spettacoli, in particolare all’ultimo a cui avevamo suonato, perché era stato fantastico, le persone erano state stupende, era stato tutto incredibile e io avevo questa strana sensazione di non essere nemmeno lì. Sembrava come se stessi guardando ogni cosa attraverso gli occhi di qualcun altro e non riuscivo a provare assolutamente nulla. Nessuna felicità, nessuna tristezza, nulla. Sono dovuta andare a cercare aiuto e, nel frattempo, i ragazzi continuavano a lavorare alle loro idee per l’album e quando finalmente ho iniziato a riprendermi, mi sono unita a loro. Ma solo dopo che sono rimasta in ospedale con mia nonna, per diciannove notti di fila, a tenerle compagnia dopo un’operazione, ho veramente iniziato a occuparmi del songwriting. Durante quelle diciannove notti mi sono praticamente imposta di scrivere e lì è uscita la maggior parte dei testi e delle melodie che puoi sentire nell’album, e le idee iniziali di tre canzoni: ‘Alive’, ‘Insidious Me’ e ‘Beast Inside’. Anche i ragazzi hanno attraversato un periodo difficile, ma io parlo solo del mio, nel rispetto della loro privacy, però posso dirti che il 2014 e il 2015 non sono stati semplici, per nessuno di noi. Quando Magnus si è unito a noi nel tardo 2015, abbiamo deciso di fissare una data per ultimare il songwriting e iniziare a registrare l’album, non finiamo mai nulla se non abbiamo scadenze (ride n.d.r.).

 

Non ne sapevo nulla Dani, mi lasci senza parole… Sapere questo e vedere che sei tornata, che siete tornati con un disco nuovo è un esempio per tutti. Proprio riguardo al nuovo lavoro, avete iniziato la vostra carriera con una proposta legata a sonorità heavy-power ma, a mio giudizio, è con “Inner Monster Out” che avete trovato la vostra reale dimensione. Avete inserito nel vostro sound una componente “moderna”, dando alle song un taglio più aggressivo, senza dimenticare la melodia. A suo tempo coniai il termine “modern power metal” per descrivere l’album. Cosa dobbiamo aspettarci da “Shades of Humanity”? Un’ulteriore evoluzione? (Al momento dell’intervista “Shades of Humanity” doveva ancora essere pubblicato n.d.r.)

Assolutamente! Ritengo che la definizione “modern power metal” sia adatta anche per “Shades of Humanity”, anche se però ci abbiamo aggiunto altri elementi. Penso che abbiamo fatto un ulteriore passo avanti rispetto all’identità musicale che abbiamo raggiunto con “Inner Monster Out”. “Shades of Humanity” comprende tutto quello che abbiamo fatto nella nostra carriera, abbiamo mantenuto un equilibrio tra sonorità aggressive e melodia, ma siamo anche stati più pesanti in alcuni passaggi e abbiamo rivisitato il nostro passato più lontano in una via più moderna, che sarebbe il modo in cui stiamo suonando ora. Credo che “Shades of Humanity” sia tutto quello che abbiamo musicalmente cercato da quando abbiamo iniziato come Shadowside.

 

Con l’ingresso di Magnus Rosén in formazione è cambiato qualcosa nel vostro processo di songwriting?

No, direi che è proprio l’opposto… abbiamo mantenuto lo stesso processo. Il processo che abbiamo usato in “Inner Monster Out” ha coinvolto nel songwriting tutta la band, lavorando sulle canzoni usando le idee di tutti, finché tutti non erano contenti. Abbiamo fatto esattamente lo stesso in “Shades of Humanity” e Magnus si è sentito libero di esprimere le sue idee e portare le sue canzoni in seno alla band. Ha scritto ‘Unreality’ e ‘Haunted’, la bonus track per il mercato giapponese, in collaborazione con Andy La Rocque, suo amico e chitarrista di King Diamond. È stata una collaborazione, un lavoro di gruppo e sono orgogliosa di averne fatto parte.

 

Quali sono le tematiche trattate in “Shades of Humanity”? Il titolo fa pensare a delle riflessioni sull’attuale società…

È esattamente quello che sono… Riflessioni sulle persone, sulla società, la nostra abilità, come essere umani, di distruggere la casa in cui viviamo e, allo stesso tempo, capaci di gesti nobili e altruisti… Ci sono moltissime sfumature di grigio nell’animo umano, quindi c’è molto di cui parlare riguardo alle diverse “sfumature di umanità” che possiamo trovare nelle persone e in noi stessi. Siamo difettosi e imperfetti, eppure c’è una specie di strana bellezza nel caos che ci portiamo dentro.

 

I vostri testi sono sempre stati molto impegnati. Avete trattato il degrado della società, le paure, le ansie dell’animo umano. Qual è il pensiero di Dani Nolden sui tempi che stiamo vivendo, dettati da una dimensione social network e da un odio sempre più crescente verso il “diverso”?

Mi preoccupa, a essere onesti. Sta cambiando tutto così velocemente. Non credo che l’odio per il diverso sia in aumento, penso sia solo diventato più evidente. Internet ha permesso a chiunque di esprimere cos’ha sempre pensato, ma che non ha mai detto in faccia alla gente. Questo mondo social ci ha permesso di vedere la natura reale e più oscura delle persone. Da un lato è una cosa triste, perché ora vediamo persone che offendono e attaccano gli altri per ragioni politiche, per idee diverse, o senza alcuna ragione, ma almeno ora possiamo vedere che sta accadendo realmente. Lo abbiamo “diagnosticato” ma non sappiamo ancora come curarlo. Ma se questo tipo d’odio non fosse stato esposto, non saremmo mai stati in grado di guarirlo… sarebbe rimasto seduto lì, nascosto, espresso quando meno ce lo saremmo aspettato. Ora almeno penso che possiamo cercare di scoprire un modo per stabilire un futuro migliore per le prossime generazioni. Ci vorrà tempo, non credo che qualcuno di noi sarà ancora vivo per riuscire a vedere una società in grado di rispettare e accogliere davvero le diversità, ma sono convinta che un giorno accadrà. Il primo passo, a mio avviso, è unirci tutti assieme per combattere per l’umanità. Ora abbiamo tanti piccoli gruppi che combattono per i propri diritti e molte volte dimenticano i diritti degli altri. Penso che le cose inizieranno a cambiare quando ci fermeremo e inizieremo a combattere per i diritti di tutti. Io sono una donna, ma non devo combattere per i diritti delle donne e ignorare qualsiasi cosa subiscano gli uomini, per esempio. Se una singola persona ha un problema, questo è un problema di tutti.

 

Un pensiero molto profondo, Dani… Tornando a “Shade of Humanity”, come singolo apripista avete scelto ‘Alive’, canzone per cui avete girato un video che si è rivelato una sorta di cortometraggio. Ti andrebbe di parlarci del suo significato?

“Alive” si riferisce al periodo di depressione di cui parlavo prima e alla voglia di sopravvivere. Non avevo tendenze suicide, ma arrivare a quella decisione era solo questione di tempo visto che stavo contemplando alcuni pensieri strani e oscuri riguardo la morte. I versi “seeking a reason to verse and force at myself one more song” sono cose realmente accadute. Comunque, il regista, Daniel Stilling, ha avuto totale libertà nel creare la sceneggiatura e l’ha trasformata in una fantastica storia di sopravvivenza, sul trovare la forza per restare in vita e ha realizzato in quel cortometraggio quattro diverse situazioni dove i protagonisti hanno dovuto trovare la forza in sé stessi. Ed è interessante, perché tutte queste storie riescono a descrivere molto bene com’è la depressione… ci si sente intrappolati, annegati, persi. E tu continui a tirare avanti. Chiedi aiuto e continui a tirare avanti. Solamente un’altra canzone, solamente un altro giorno. E alla fine… Beh, puoi vedere da te cosa succede alla fine (ride n.d.r.). Il video è disponibile qui, così potrai vedere cosa succede se si continua a tirare avanti un altro giorno ancora (sorride n.d.r.).

 


Il videoclip di ‘Alive’

 

Anche per questo nuovo disco, in cabina di regia, vi siete affidati nuovamente alla coppia Fredrik Nordström-Henrik Udd. Squadra che vince non si cambia…

Esattamente! Sanno esattamente come ottenere i migliori suoni e le migliori prestazioni da noi. Entrambi sanno come spingerci a creare e comporre al massimo delle nostre possibilità e poi registrano in maniera naturale, anche quando cantavamo e suonavamo cose al limite delle nostre capacità. Non abbiamo mai dovuto dire cosa volevamo. Siamo solamente andati là con le canzoni. L’unica cosa che abbiamo detto loro è che volevamo un disco pesante. Loro sapevano cosa fare (ride n.d.r.)

 

La copertina di “Shade of Humanity” mi ha incuriosito molto. Sebbene “rielaborati”, siete voi della band a comparirvi, una soluzione che sta diventando sempre più rara. Una scelta per andare in controtendenza e differenziarvi o vi è un significato ben preciso?

L’aver usato volti incompiuti e imperfetti sta a rappresentare l’idea che l’umanità è imperfetta. L’idea di usare i nostri volti sulla copertina sta a rappresentare che non stiamo solo puntando le dita. Stiamo includendo noi stessi. Le persone sono imperfette e ciò inizia da noi. Questa è l’idea che che sta dietro la copertina… l’album è molto personale, così abbiamo sentito che anche la copertina doveva esserlo.

 


La copertina di “Shades of Humanity”

 

Vi siete fatti conoscere ai fan europei, in particolare, con la tournèe di supporto agli Helloween del 2013. Che ricordi porti con te di quell’esperienza?

Le persone, soprattutto! I fan europei sono stati fantastici, sia in quei paesi in cui eravamo già stati sia in quelli in cui non avevamo ancora avuto la possibilità di suonare. È sempre molto difficile essere la band di supporto perché ti confronti direttamente con delle band leggendarie, le persone sono ansiose di vedere la band principale, e quando sei così ben accolto, come lo siamo stati noi da tutti quei fan, significa veramente tanto.

 

Ammesso che ve ne siano, a livello di organizzazione, quali differenze hai trovato tra l’esibirsi in Europa e in Sud America?

In Brasile, per quanto riguarda gli eventi professionali, come ad esempio i grandi festival, non ci sono molte differenze, le strutture e le attrezzature sono molto simili. I problemi in Brasile, e che raramente vediamo negli eventi in Europa, anche in quelli più piccoli, sono che alcuni promoters di concerti non comprendono le ripercussioni di far suonare le band con attrezzature schifose, e non perché è tutto quello che hanno a disposizione, ma perché non si sbattono a leggere i tech rider o perché pensano “ma sì, che succederà, non sarà poi così diverso”. E quando cerchi di spiegarglielo, impazziscono e iniziano a dire che hai dimenticato da dove vieni, che tu dovresti solamente suonare, che l’attrezzatura è troppo costosa. Comunque, se il suono sul palco fa schifo, viene sempre data la colpa alla band. Ci rendiamo conto che il noleggio dell’attrezzatura può essere costoso, e che se il promoter pensa che sia troppo costoso non dovrebbe organizzare gli eventi, ma, invece, a questo non ci pensano, vogliono un evento low-cost, non si preoccupano d’altro. Fortunatamente non abbiamo mai avuto questi problemi in Europa o negli USA. Qualsiasi strumentazione chiediamo, quando arriviamo è sempre lì, perché sanno che non lo stiamo chiedendo perché ci crediamo delle rockstar, siamo solo preoccupati per la qualità dello show. Fortunatamente questo sta lentamente cambiando in Brasile e vediamo sempre più promoters disposti a pianificare in anticipo, che organizzano meno concerti, ma di qualità.

 

E i fan? Reagiscono allo stesso modo?

Credo non ci siano molte differenze tra i fan brasiliani e quelli di alcuni paesi europei, come Italia, Spagna, Francia e Polonia, per esempio. Là c’è davvero moltissima gente, che sembrava sempre essere estremamente appassionata di musica, come accade qui in Brasile. Altri paesi sembrano mostrare il proprio apprezzamento in modo un po’ diverso, sembrano voler assorbire ogni dettaglio che il concerto può offrire, così lo guardano un po’ in silenzio. Tu pensi che non gli stia piacendo ma poi arrivano allo stand del merchandise e acquistano qualsiasi cd e maglietta vedano e ti dicono quanto hanno apprezzato lo show (ride n.d.r). È molto interessante vedere come le differenti culture reagiscono e vivono la musica.

 

Dani, uno dei tratti caratteristici del sound degli Shadowside è sicuramente la tua voce. Per quanto riguarda le voci femminili, la scena metal degli ultimi anni ci ha abituato a dei soprano di impostazione lirica. Tu invece sei un contralto e sai essere aggressiva e melodica, estremamente personale ed espressiva. Questa tua “diversità” ti ha creato difficoltà agli esordi o ti ha invece aperto le porte?

È difficile dirlo perché non ho potuto e non riuscirò mai a “testarlo”. È stato un bene che quando ho iniziato a cantare di cantanti femminili nel metal non ce n’erano così tante, a dir la verità non ne conoscevo nessuna, così ho imparato a cantare ascoltando i ragazzi e cercando di assomigliare a loro… Dato che sono un contralto, non è mai stato un problema. Non mi sono mai sentita fuori luogo, suonava così naturale, e io avevo dodici, tredici anni, così non sono mai stata influenzata da “i ragazzi cantano come tizio” o “le ragazze cantano come tizia”. Non avevo coscienza dei ruoli maschili e femminili, delle differenze, non ne sono stata colpita fino ai quindici o sedici anni, quando la gente ha iniziato a sottolineare quanto fosse insolita la mia voce. Non saprei proprio dire se questo mi ha aiutato o meno, forse lo ha fatto in qualche modo perché era diverso da ciò che era popolare ma, allo stesso tempo, significa che la gente voleva ascoltarlo, così onestamente non saprei dire che impatto possa aver avuto all’inizio della mia carriera. A lungo termine credo mi abbia aiutato perché esiste già una Tarja, una Floor, la gente non si interessa a me se cerco di assomigliare a loro, sono già fantastiche per quello che fanno. Cerco di essere me stessa e canto in qualunque modo che ritengo possa adattarsi alla canzone. Sono contenta e grata che ti piaccia il modo in cui io canti, e credo che sia chiaro a tutti quelli che, là fuori, vogliono diventare cantanti che non ha importanza se non assomigli ai tuoi cantanti preferiti o a quelli più popolari. Canta con il cuore e troverai il tuo spazio.

 


Dani Nolden

 

E adesso, quali i progetti futuri degli Shadowside? Ci sarà un tour di supporto a “Shade of Humanity”? Passerete per l’Italia?

Lo spero! Ho bellissimi ricordi di ogni concerto che abbiamo suonato in Italia e non vedo l’ora di tornarci.

 

Dani, siamo arrivati alla fine. Ti ringrazio per l’intervista e, come di consueto, lascio a te le ultime parole per salutare i nostri lettori.

Grazie anche a te, per tutte le belle parole e il supporto! Spero che “Shades of Humanity” vi piaccia, è un disco molto personale, con delle liriche profonde, ma è anche molto musicale, melodico, con un sacco di malinconia in aggiunta, per riflettere quella bellezza nel caos… spero possa piacervi e spero di incontrarvi on the road! A presto!