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Intervista Shiver Down (Federico Dalla Benetta)

Di Valentina Rappazzo - 24 Novembre 2024 - 8:30
Intervista Shiver Down (Federico Dalla Benetta)

Un salto nel vuoto
intervista a cura di Valentina Rappazzo

Ci sono persone che non credono al colpo di fulmine. Normalmente sarei tra queste, ma mi sono dovuta ricredere: gli Shiver Down per me sono stati un batticuore al primo scream. Di recentissima scoperta (Giugno 2024, durante un festival qui in Veneto) sono stati un ascolto quasi giornaliero negli ultimi mesi e mi hanno conquistata talmente tanto che li ho contattati per approfondire il loro lavoro, ‘The Void Supreme’, uscito nel 2024 sotto l’etichetta Ad Noctem Records.

Ciao Federico e benvenuto sulle pagine di Truemetal.it. Prima di tutto: grazie per il tempo che ci state dedicando ma … Partiamo subito con la prima domanda, da dove vengono gli Shiver Down?
Gli Shiver Down nascono da un’idea di Tomas Valentini (Skanners, Animae Silentes) e Francesco Gambarini (Animae Silentes, Black Alley Studio). Al progetto si uniscono Al Pia (Twintera, Animae Silentes), Gabriele Cardilli (Rota Temporis) e Federico Dalla Benetta (Riul Doamnei, Nero or the Fall of Rome, Exhaustion). La band nasce dalla passione per la musica a un livello più ampio e in generale anche dalla necessità di esplorare sentieri alternativi rispetto alle nostre band di provenienza, che, essendo progetti consolidati da molti anni, non ci permettono di esprimere del tutto la volontà di trascendere la realtà che fino ad ora abbiamo vissuto.
Poi, il nome che avete scelto, Shiver Down, da cosa nasce?
Il nome della band riflette il desiderio di trasmettere una vasta serie di emozioni attraverso le diverse sfumature musicali che emergono nel corso dell’album, dalla rabbia alla malinconia, dalla disillusione alla tristezza e accettazione e perché no, anche provocare dei brividi lungo la schiena.

Qual è stato il background di ognuno di voi e come ha influenzato la vostra presenza all’interno della band?
A prima vista potrebbe sembrare che sia stato difficile far convivere le influenze personali passate e presenti, eppure è avvenuto in modo abbastanza naturale. Proveniamo tutti da vari progetti di lunga data che sono parecchio diversi tra loro, dall’heavy metal classico al black metal, passando per doom, folk e progressive. Penso che mettere da parte il nostro ego musicale e “abitudine” sia stata cosa fondamentale per riuscire a lavorare assieme in modo maturo e efficace, tuttavia proprio grazie ai nostri diversi background siamo riusciti ad ottenere qualcosa di originale e non troppo ancorato ai canoni del genere. Inoltre credo che ogni musicista nella band sia consapevole che per produrre della buona musica sia necessario essere aperti mentalmente e non rimanere incastrati in certi schemi mentali che rischiano di compromettere l’impegno, la dedizione e il risultato. In effetti è anche questa l’idea che ha spinto Tomas e Francesco a fondare il progetto. Chiaramente questo non vuol dire azzerare la nostra personalità ma metterla al servizio delle canzoni in modo più creativo.

La vostra ultima pubblicazione, ‘The Void Supreme’, sta riscuotendo un discreto successo: mi potresti raccontare la sua composizione e genesi? Parlami un po’ di questo “vuoto”.
Le prime idee sono state sviluppate durante il periodo del lockdown e poi si sono concretizzate quando è finalmente stato possibile tornare a provare in presenza per lavorare sugli arrangiamenti e consolidare i pezzi che compongono ‘The Void Supreme’. Per quanto riguarda la scelta delle tematiche affrontate che riflettono l’idea musicale a livello lirico, ci siamo lasciati guidare per la maggior parte dalle atmosfere che a mio parere sono fondamentali per aggiungere immagini alle note. Il concetto di “vuoto”, proprio perché inconsistente e indefinito è molto ampio e lascia spazio a tante interpretazioni che nascono dall’espressione dei sentimenti umani. Sia esso perdita o smarrimento di fronte all’ignoto, e in ogni caso parte della vita e della natura dell’uomo che da sempre non trova risposta ai quesiti fondamentali. ‘The Void Supreme’ esplora non solo il suo significato e rappresentazione ma anche le sensazioni che lo accompagnano.

La presenza della dicotomia vocale tra il cantato di Tomas e quello di Federico è la cosa che colpisce ad impatto nelle vostre vocals: l’acutezza dello scream contrapposto da una parte e la presenza cupa e baritonale dall’altra la rendono estremante caratteristica. Come mai questa scelta?
Volevamo sicuramente esprimere un forte contrasto per dare ancora più spessore alle liriche e, a seconda del momento, accentuare il concetto. La scelta è stata totalmente naturale e mentre io mi sono trovato a usare la voce in modo quasi del tutto in linea con il mio stile, sebbene con alcuni accorgimenti dettati dall’esigenza che il genere suggerisce, Tomas si è trovato a sperimentare qualcosa di totalmente nuovo e a scoprire nuovi territori. Credo che il risultato sia stato decisamente interessante e abbia dato un’impronta molto personale e allo stesso tempo abbia aiutato a definire non solo la direzione lirica ma qualcosa che nel tempo può diventare il nostro marchio.

Parlami un po’ dell’artwork di ‘The Void Supreme’, da dove nasce il concept?
Per quanto riguarda l’artwork ci siamo affidati a Dronicon Films (gestita dall’artista argentino Bloudengaztia Wolfgang, che ha lavorato tra gli altri con Swallow the Sun) che si è occupata della cover e della parte multimediale e a Carolina Gottardi (layout e progettazione). Per il concept ci siamo ispirati alle atmosfere e dopo aver suggerito una serie di immagini abbiamo preferito lasciare spazio anche alla sua interpretazione. Personalmente credo sia una cosa giusta lasciar sviluppare le idee a chi si occupa della realizzazione dell’opera, a volte è necessaria anche una visione esterna per esprimere al meglio il concetto a livello grafico, altrimenti si rischia di dare una visione riduttiva e troppo guidata di qualcosa che potrebbe essere molto più ampio e inaspettato. Direi che chi ha creato l’artwork ci ha sorpreso fornendo possibilità che non avevamo considerato e poi si sono rivelate essere le più azzeccate.

E cosa direste a chi si approccia al vostro lavoro per la prima volta?
A chi conosce il genere non credo che ci sia molto da dire se non di cercare di cogliere le diverse sfumature e derivazioni forse inaspettate, a tutti gli altri direi di tenere la mente aperta e lasciarsi coinvolgere.

Personalmente ho molto apprezzato il vostro album, in particolar modo ‘Dead Silence’: qual è la traccia per voi più sentita?
Grazie, ci fa molto piacere! Ognuno di noi probabilmente è legato a un brano in particolare, ad esempio so che Tomas è particolarmente connesso a ‘Father’ per ragioni personali. Per quanto mi riguarda direi ‘Divine’, la canzone che apre l’album. Mi piace molto perché è diretta, trascinante e il suo ritornello è travolgente e “apre” decisamente il brano a qualcosa di più “epico e solenne”.

Passiamo un po’ al pratico: se non ricordo male vivete tutti lontani, come gestite la parte compositiva e quella logistica delle prove?
Bella domanda! Fortunatamente almeno tre di noi vivono nella stessa zona, questo facilita perlomeno il lavoro sugli arrangiamenti che per la maggior parte viene affrontato in sala prove. Della parte compositiva se ne occupano Tomas, Francesco e Al, che si scambiano idee anche da remoto. Di solito lavoriamo in questo modo, partendo da un’idea che poi viene sviluppata e affinata nel corso delle varie sedute. Certamente la parte logistica è la più complicata perché io e Tomas dobbiamo viaggiare parecchio per essere presenti alle attività della band, che come ben saprai, non si limitano alla composizione, all’arrangiamento e registrazione ma comprendono tutta una serie di altri impegni organizzativi, pianificazione e gestione.

Come gruppo underground, cosa ne pensate della scena italiana?
Personalmente credo che ci siano molte ottime realtà in Italia, non credo che abbia nulla da invidiare alla scena estera. Quello che si sente dire sul fatto che la scena italiana venga considerata inferiore non credo sia vero. Credo invece che l’underground sia diventato nel corso degli ultimi anni sempre più snobbato, e questo succede in Italia come in qualsiasi altro paese. Lo stereotipo secondo il quale solo il Nord Europa viene considerato come la terra promessa del metal, è a mio parere un po’ esagerato.

In questa stagione estiva avete avuto diversi live, ad esempio ci siamo incontrati in parentesi locali come quella del Belluno Metal Fest. Siete soddisfatti delle esperienze di palco avute fino adesso?
Le prime esperienze live sono andate molto bene e abbiamo avuto la possibilità di esibirci in contesti di tutto rispetto, come ad esempio Isola Rock, un festival che offre un’organizzazione impeccabile e un programma sempre all’altezza delle aspettative. Siamo sicuramente soddisfatti e siamo decisi a lavorare costantemente per portare le nostre esibizioni ad un livello sempre più alto.

E quali sono i progetti per il futuro della Band?
Promuovere al meglio il nostro primo album grazie a concerti, magari un tour e un altro video. Abbiamo molti propositi e siamo decisi a metterli in pratica.

Sui vostri social ho visto un accenno ad uno studio di registrazione, siete già a lavoro su qualcosa di nuovo?
Sì, i ragazzi sono già al lavoro sulla stesura di nuovi pezzi che andranno a comporre una prossima uscita discografica. Al momento ci sono molte idee che stanno prendendo forma in una prima versione demo registrata al Black Alley Studio di Francesco Gambarini, che oltre ad essere uno dei due chitarristi della band, si occupa anche della produzione, mix e master, come avvenuto per ‘The Void Supreme’.

La redazione vi ringrazia per il tempo che ci avete dedicato, chiudiamo con l’ultima domanda: cosa vorreste dire ai lettori di Truemetal.it?
Anche noi vi ringraziamo per lo spazio concessoci. Ai vostri lettori consigliamo di dare un ascolto a ‘The Void Supreme’ e se ne avranno la possibilità di passare a trovarci ad un nostro futuro live!
E anche chi scrive vi consiglia di non perdervi il prossimo live di questa band che, nonostante le radici piantate in uno stile melodich death, non cede ai facili giochetti del genere, e ci propone un mix con una spinta in più.

E per non farsi mancare nulla, eccovi il video del mio pezzo preferito di tutto l’album, ‘Dead Silence’, e una parte del testo che mi è da subito rimasta in testa:

“Like a seed planted in a barren desert
There lies the mystery that turns me voiceless
As words were stuck in my throat like bitter stones
They grow everyday like beautiful flowers on your grave”

 

Gli Shiver Down sono:
Federico Dalla Benetta – Voce
Tomas Valentini – Basso & Voce
Francesco Gambarini – Chitarra
Al Pia – Chitarra
Gabriele Cardilli – batteria