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Intervista Spite Extreme Wing (Argento)

Di Giuseppe Casafina - 10 Luglio 2024 - 12:00
Intervista Spite Extreme Wing (Argento)

L’occasione era ghiotta. In occasione delle recenti ristampe della discografia dei seminali black metaller tricolore Spite Extreme Wing non potevamo porre qualche domanda al leader Argento, personaggio tanto stimato quanto controverso, tanto apprezzato quanto dibattutto in egual misura dagli esordi sino a oggi da parte di tutti gli appassionati. Vi è molto di ci discutere, pertanto a lui la parola.

Salve a te Argento, benvenuto sulle pagine di TrueMetal.it!
Seguo il tuo progetto con interesse sin dai tempi di “Magnificat” e precisamente quando fu brevemente recensito su Metal Hammer, ma è probabilmente con “Non Dvcor, Dvco” che la tua creatura raggiunse, e uso un certo tipo di passato visto che parliamo esattamente di venti anni fa, un certo eco nell’ambiente Black Metal nostrano. Quanto vi è dell’Argento di due decadi fa in quello odierno? La via della realizzazione di sé (concetto alla base di “Non Dvcor, Dvco”) è ancora un concetto a cui sei legato alla stessa maniera, oppure lo hai in qualche modo ridimensionato per accostarti nel mentre anche ad altro? Due decadi possono cambiare molto il proprio io oppure renderlo ancora più convinto delle proprie basi, dipende sempre dalle proprie esperienze di vita.

Grazie per queste domande, sono davvero dense e articolate. Cercherò di rispondere senza dilungarmi troppo, così somiglierà più ad un dialogo. Partiamo…

Quanto c’è dell’Argento di due decadi fa in quello odierno?

Con tutta onestà non saprei risponderti, non sono così bravo nell’autoanalisi. Mi piace ciò che ha fatto l’Argento di venti anni fa, lo capisco e lo riconosco. Certo ho poi percorso altrettanta strada. Il concetto delle vie della realizzazione di sé è un concetto cui sono sempre legato, è un concetto dinamico e quindi per sua natura inesauribile. Oggi, forse, lo riformulerei come “ritrovamento di sé”, per citare il giovane Evola di Arte Astratta. In Arte Astratta (1920) tutto era già in nuce, sia filosoficamente che operativamente, perché in sostanza si parlava di una forma d’arte nuova ed estrema (il dadaismo per lui, il black metal per me) che fosse vettore della tradizione e mezzo di realizzazione individuale. Forme espressive usate come mezzo e non intese come fine, direi se dovessi semplificare ancora.

Mi hanno sempre incuriosito le origini dei nomi: come mai hai scelto di chiamarti Argento (se non erro già ai tempi della tua militanza negli Antropofagus)? E come mai proprio Spite Extreme Wing come nome per la tua creazione, un nome anglofono per un progetto che col senno di poi divenne portavoce di un linguaggio e di concetti totalmente italiani?

Lo ieronimo Argento mi fu dato, senza troppe spiegazioni, da Alessandro Sagipter, ai tempi batterista degli Abside (1998). Lo riconobbi subito come appropriato. Simile genesi per Spite Extreme Wing: proposto da un vecchio e caro amico senza troppe spiegazioni, lo riconobbi come distintivo e al contempo enigmatico. Per quanto riguarda l’italofonia: non la confonderei con la italomania. Ho sempre trovato limitante e meccanico il principio di coerenza. Concept italiano e nome inglese? Perché no!

In passato hai più volte rigettato l’idea di Spite Extreme Wing come una creatura legata alla politica, da te in passato definita come “la più democraticizzata forma d’arte astratta”, eppure molti concetti sia a livello lirico che grafico rimandano, se non altro di primo acchito, a certe cose viste durante l’epoca fascista sul suolo italiano. Confermi, a distanza di 16 anni dallo scioglimento di SEW, di come il tuo stesso progetto sia slegato da qualsivoglia forma di orientamento politicizzato? Come puoi spiegare al tuo meglio le ragioni effettive e apolitiche dietro una così fraintendevole, almeno per alcuni, scelta visiva?

Non ricordavo la definizione che citi, ti ringrazio per averla riportata: non la riuserei oggi ma mi diverte molto. SEW è un progetto perlopiù metastorico, cioè riferito ad una dimensione simbolica e archetipica. La storia fa capolino attraverso la Grande Guerra e l’Impresa di Fiume, quindi fino a quel 1920 di Arte Astratta. Le opere degli Anni ’30 che abbiamo utilizzato sono riferite all’immaginario di questi precedenti momenti storici. In primis, a riguardo, citerei un pittore e una serie di variazioni su tema che mi stanno molto a cuore: Mario Sironi e la sua Vittoria alata (seconda copertina di Non Dvcor, Dvco).

Oltre l’immaginario, mi sono spesso rifatto a pensatori della cosiddetta cultura di destra perché, forse, più frequentemente di altri hanno tematizzato il simbolico, l’archetipico e l’irrazionale. Componenti essenziali nel black metal dell’epoca. È anche il motivo per cui una casa editrice di successo come l’Adelphi ha ricevuto critiche nei suoi oltre 60 anni di vita: per aver ripreso questi temi e con essi pensatori non allineati o non allineabili alla cultura dominante del tempo. Ma per capire SEW è importante non cadere nelle polarizzazioni né nei dogmatismi, non dimentichiamo grandi maestri della storicizzazione di sinistra come Carlo Ginzburg: tra le sue opere capitali, anche per SEW, il libro sui Benandanti friulani e Storia notturna sulla decifrazione del sabba. Ma anche saggi da leggere e rileggere come Mitologia germanica e nazismo, su un vecchio libro di Georges Dumezil.

Allacciandomi all’ultimo settore della domanda precedente, in che modo i concetti portanti di SEW possono essere applicati anche all’attuale presente, infarcito di un rinnovato e spesso ipocrita moralismo portato all’eccesso e una certa iperattività passiva che da allora (2008, anno dello scioglimento) a oggi (2024 e dintorni) hanno sicuramente influenzato la società in negativo, peggiorandola? Il “sonno letargico della nostra era” che citavi in passato temi si stia espandendo verso limiti non più recuperabili? Credi che i concetti di base possano spingere la massa spesso dormiente verso l’acculturarsi oppure è già davvero troppo tardi? Il richiamo delle ristampe di SEW è un piglio sicuro al risveglio delle coscienze oppure un, per così dire, tentativo “disperato”?

Ci sono tanti stadi del sonno, quello della storia si è sicuramente interrotto: tra pandemia e immobilizzazione totale, guerre vicinissime e potenze egemoni sempre più lontane, la storia è ripartita. Non sono io a dirlo, ma gli analisti geopolitici. SEW ricorda solo di tenersi saldi individualmente e di intelligere le proprie narrazioni e quelle altrui. Non saranno la sola musica o la sola lettura a risvegliarci, ma se vissute attivamente e come mezzo possono certo aiutare.

Il presente ha bisogno di autenticità e, a proposito di autenticità, non posso fare a meno di pensare ai famosi riverberi naturali che utilizzasti in “Non Dvcor, Dvco”: anche questo suppongo fosse un tentativo di differenziare SEW da altre produzioni dell’epoca sicuramente molto più artificiosamente post-prodotte in studio, se non erro.

Penso che ogni presente abbia al contempo bisogno di autenticità e artificiosità, perché ogni essere umano ha al contempo una componente orfica, collegata alla natura, e una titanica, collegata al superamento della natura stessa. Diciamo che da Non Dvcor, Dvco in avanti ho cercato di ribilanciare le due componenti.

Il Black Metal è Arte Scandinava che rimanda ad un passato lontano sicuramente affascinante che non ci appartiene eppure ha colpito noi tutti, italiani compresi, al punto che molti se ne sono totalmente appropriati spesso scimmiottando persino tradizioni a loro del tutto estranee, mentre te hai provato a farne qualcosa di più “italico” pur restando fedele ai dettami dell’allora già consolidata tradizione stilistica nordeuropea.
Non a caso, ai tempi di “Non Dvcor, Dvco” esprimesti appunto un certo sdegno, invero sentito, nei confronti delle band nostrane ed extra-scandinave in genere per via dell’utilizzo mitomane, modaiolo e forzato di riferimenti alla mitologia pagana norrena senza che queste appartenessero in alcun modo al panorama storico e culturale dei territori da cui spesso le band stesse provenivano: lanciasti un appello alle formazioni italiche in particolare verso le vere origini pagane dello Stivale in ere rispetto ad oggi arcaiche, ovvero Mithra e la sua memoria. In che quantità oggi credi ancora in questo revisionismo necessario, questa correzione doverosa? Cosa può insegnare l’era pagana dell’antico Stivale alla modernità? In fondo come data di uscita per le ristampe hai scelto il 19 Marzo, un giorno che per alcuni rappresenta la Festa di San Giuseppe, per tutti sicuramente la Festa del Papà, mentre per Argento la celebrazione della Dea Minerva, colei che rappresentava le arti non grossolane, distaccandoti in toto dai valori tipicamente popolari della modernità, e sicuramente denota come alla fine l’Argento del 2024 sia una prosecuzione dello stesso Argento del 2000, anno del primo demo.

Credo che all’epoca fosse necessario: si stava perdendo una realtà simbolica, mitica e magica molto potente e molto vicina, sia nello spazio che nel tempo. Oggi non saprei.
Per il resto, su cosa possa insegnare la romanità alla contemporaneità ci sono parecchi libri e di autori di tutte le nazionalità, tra gli italiani più noti mi vengono in mente i molti contributi del classicista Maurizio Bettini.

A questo punto mi sorge spontanea una domanda più spinosa: Argento e il Cristianesimo. Come ti poni, sia con lo sguardo di oggi che di allora, verso tale fenomeno? Credi sia un male a tutto tondo oppure saresti disposto a riconoscerci qualcosa di positivo, nonostante tutto (ovvero quella miscela di cose dettata dal tuo background personale, le infinite vicissitudini e contraddizioni del Clero e così via)?

Penso che Roma o un certo spirito occidentale – ammesso che la locuzione significhi qualcosa – siano riusciti ad appropriarsi e ad esprimersi anche attraverso una visione così lontana come quella portata dal cristianesimo: la densità d’aria di una chiesa eretta dai magistri comacini non è, a sentir mio, troppo dissimile da quella di un tempio pagano. Del cristianesimo delle origini, chissà… Oggi sicuramente non c’è più né il cristianesimo delle origini né la sua versione intrinsecamente pagana. Oggi, per fare una citazione colta, c’è l’innominabile attuale: secolarizzazione diffusa e il sociale che ingloba in sé ogni altra dimensione. Insomma, per essere un po’ provocatorio: l’anti-black metal.

Puntiamo ora al presente usando un tuo recente detto, ovvero “la storia ha ricominciato a muoversi”. Un concetto riferito ovviamente dal punto di vista militaristico, soprattutto per via delle recenti invasioni russe in Ucraina e della guerra in Medio Oriente. I valori di cui si faceva promotore SEW, o meglio quella rimembranza del primo Novecento, sono insomma tornati attivi dopo decenni di apparente sonno, di fasulli silenzi. Eppure anche quei “rozzi” finlandesi degli Impaled Nazarene urlarono ciò al pianeta tutto, intitolando un loro disco “Absence Of War Doesn’t Mean Peace”! Magari un tuo pensiero a riguardo sarebbe possibile oppure ti chiedo troppo?

Non mi stupisce che gli Impaled Nazarene su certi aspetti possano essere stati più acuti e concreti di alcuni sociologi o analisti contemporanei. Chi fa – ed è – black metal può avere un vantaggio: può vedere la storia non unicamente come la propria storia, ma come continuità lunghissima, perché il black metal getta un ponte tra la modernità e la primordialità. Se il tuo sguardo storico è più lungo, cadi meno nelle trappole retoriche e narrative dell’attuale.

Già all’epoca di SEW adottavi un look che non era esattamente “standard”, eppure riuscisti comunque a far rispettare la tua figura all’interno di un ambiente spesso totalmente chiuso e poco orientato alla diversità anche nell’aspetto. Recentemente, in occasione delle ristampe dei tuoi lavori, ti sei presentato al pubblico con un atteggiamento sicuramente per nulla conforme allo standard Black Metal poi conosciuto come tale: circondato da libri, ben curato e senza nessun capello lungo. Argento oggi è, insomma, Daniele Orzati e viceversa. Ciò dipende dal fatto che la formazione non è più attiva oppure è una scelta che avresti intrapreso comunque anche nel caso si fosse deciso di tornare in attività a pieno regime?

Mi spiace davvero ma su questo non sono in grado di risponderti: non so cosa avrei fatto se non avessi fatto quello che ho voluto fare.

A proposito di qualcosa non più a pieno regime e tornando a parlare per un attimo di passato, che fine ha fatto la B.M.I.A., ovvero la congregazione di band tricolore note come Black Metal Invitta Armata? Questa è ancora attiva in qualche maniera oppure si tratta di un qualcosa ormai disciolto e appartenente al passato? Magari mi sono perso qualcosa (anzi, è sicuro) ma sai, per alcuni anni (partendo proprio dal 2008, pian piano) ho smesso di seguire del tutto il Metal in toto volendomi prendere una pausa, tutto qui.

La compilation è stata l’ultima azione collettiva, su ciò che è stato fatto dopo individualmente non so bene nemmeno io. Mi ritengo comunque pienamente soddisfatto, sono stati grandi momenti e si sono cristallizzati in Signum Martis, disco che ritengo davvero rilevante.

Passato e presente a confronto, una tua opinione: cosa può insegnare in toto l’attuale società iper-tecnologicizzata ad un passato dove il massimo della tecnologia era un’onda radio e una “banale” (per quanto elaborata) meccanica, e viceversa? Potrei sbagliarmi, ma essendo che ti sei sempre fatto portavoce dell’antico sapere tradizionale, quelle basi solide da cui poi si potrebbe costruire un’avanguardia musicale, magari hai anche qualche idea in merito applicabile unicamente a livello sociale.

È un discorso molto complesso, che filosoficamente è ben espresso da Spengler con il concetto di tecnica faustiana, passa da Heidegger, Junger e arriva fino a noi, in questo cambio di paradigma dell’intelligenza artificiale. Non sono persona deputata ad affrontare questo discorso filosoficamente, quindi mi asterrò. Ribadisco però che riconosco in ogni uomo e in ogni donna sia una componente orfica, nella natura, che prometeica, oltre la natura. Io non faccio eccezione, ho anzi portato queste due componenti verso un’alleanza: amo le macerie nella radura, gli altoforni sul mare, i gazometri al tramonto… e soprattutto amo fare il bagno sotto una gigantesca fregata, cosa che mi è davvero accaduta qualche settimana fa.

E sempre in merito al presente, su cosa si basa la tua vita musicale? Ascolti ancora Black Metal e Metal in genere, oppure ti sei mosso verso altri lidi? Sei ancora attivo musicalmente in qualche modo, oppure allo stato attuale hai scelto di restare unicamente un docente, il Professor Daniele Orzati?

Certo, ascolto ancora black metal, così come ascolto ancora molte delle cose che ascoltavo all’epoca, come il punk, lo space rock e la musica Zehul. Non insegno più (salvo in alcuni MBA): ho lasciato l’università lo scorso dicembre dopo 7 anni di attività. Credo che ci sia bisogno di una nuova pedagogia nazionale, e che si debba intervenire prima, durante la cosiddetta terza adolescenza.

Durante la tua attività come insegnante e divulgatore, ti è mai capitato un qualche allievo o generalmente qualche persona che conoscesse SEW? Magari chiedendoti una foto, un autografo, o magari entrambe le cose: insomma, una classica situazione Rock & Roll!

C’è una scena in Fight Club in cui un membro del Progetto Mayhem riconosce il fondatore, Tyler Durden, e gli fa l’occhiolino, null’altro. Ecco, sono accadute cose di questo tipo più che situazioni Rock’n Roll.

Lasciaci con qualcosa di totalmente inedito, che vorresti dire solo a noi di TrueMetal.it e di conseguenza al nostro pubblico.
Grazie di tutto.

Non dirò nulla di originale, ma qualcosa di originario: ricordatevi che il Black Metal può essere un potente mezzo di autoformazione, un mezzo che passa attraverso gli abissi del tempo e pone di fronte al proprio sentire primordiale. Una via pericolosa, che attraversa la foresta, dove non serve scegliere tra destra o sinistra, ma solo andare dritti verso sé.

FINE.