Intervista Strana Officina (Daniele ”Bud” Ancillotti)
Qui di seguito quattro e più chiacchiere, per usare un eufemismo, con Daniele “Bud” Ancillotti, gigantesco (anche per la mole) personaggio dell’heavy metal italiano, cantante della mitica Strana Officina , gruppo pioniere del vero metallo made in Italy. Le domande non sono le solite dieci o poco più, bensì trentasette quindi, parafrasando lo slogan di Joey De Maio “wimps and posers leave the hall” chi non se la sente di leggere passi ad altro, con la consapevolezza però di perdersi un capitolo fondamentale del metallo made in Italy. Uomo avvisato…
Buona lettura.
Steven Rich
Daniele “Bud” Ancillotti
Cenni di Storia
Il gruppo nasce circa a metà degli anni ‘70 con i tre componenti originari Fabio Cappanera alla chitarra, Roberto Cappanera alla batteria ed Enzo Mascolo al basso. Dopo un periodo inziale nel quale lo stesso Fabio si occupa delle parti vocali, successivamente si aggiunge al combo livornese il cantante Johnny Salani, che resterà dietro al microfono fino al 1982. In quegli anni riescono addirittura a fare da supporter ad artisti del calibro di BB King, John Mayall e Muddy Waters, comunque sempre mantenendo la loro connotazione “heavy”. Nel 1982 si aggiungono Daniele “Bud” Ancillotti alla voce – che rimpiazza il fuoriuscito Salani – e Marcello Masi alla seconda chitarra, entrambi ex Bud Blues Band .
Il gruppo ottiene la sua prima uscita su vinile con la Saxoniana Non sei normale all’interno della prima compilation metallara italiana HM Eruption, per molti l’inizio di tutto il movimento HM made in Italy. La caratteristica principale della band risiede nel fatto – inusuale per l’epoca – di cantare in italiano.
Fanno poi un’apparizione al primissimo festival di heavy metal italiano a Certaldo (Firenze) nel Maggio 1983 in compagnia di : Shining Blade, Rollerball, Revenge, Monolith, Steel Crown, Raff, Vanexa e Death SS.
Nel 1984 pubblicano il loro primo lavoro in vinile ovvero il 12” EP Strana Officina, contenente quattro pezzi cantati in italiano che oggigiorno rappresenta un autentico cimelio della NWOIHM. All’interno del disco compaiono grandi pezzi come Viaggio in Inghilterra e Piccolo Uccello Bianco. Di quell’anno è la loro partecipazione all’Italian Massacre di Mantova dove, a detta dei presenti (io onestamente in quell’occasione non c’ero) , i nostri con una prestazione straordinaria oscurano gli incontrastati headliner Vanadium.
Il gruppo in quegli anni prende la sofferta decisione di convertirsi al cantato in inglese per insuperabili problemi legati a trattative con le etichette estere e nel 1986 esce il 12” EP The Ritual , un concentrato di potenza metallica che annovera al suo interno autentiche perle come la schiacciasassi Metal Brigade e la malinconica ballad Unknown Soldier. Il vinile gode finalmente , al contrario del suo predecessore, di una produzione “bella piena e sporca” all’altezza del prodotto e, a mio avviso, è da considerarsi l’uscita più fottutamente heavy metal del combo livornese. Per darvi un’idea di quanto fosse popolare la “Strana” in quel periodo, basti dire che un loro concerto al Tenda di Firenze contò più partecipanti di quelli convenuti per Venom ed Exodus messi assieme!
L’anno successivo (1987) , all’interno della compilation Metal Maniac la Strana Officina appare con il pezzo (guarda caso) Metal Brigade.
Finalmente nel 1988 esce il full-length a 33 giri Rock ‘n’ Roll Prisoners , lavoro molto variegato dove trovano posto un po’ tutte le influenze della band , dal blues all’hard rock anni ’70 , dal rock ‘n’ roll al tipico british HM ottantiano. Il disco rappresenta sicuramente uno degli episodi più riusciti dell’italian metal targato anni ’80 e, a quanto mi risulta, ottenne anche un discreto numero di vendite. Il gruppo, sull’onda del successo dell’Lp, intensifica l’attività live con entusiasmanti riscontri di pubblico su e giù per la penisola. Anni dopo, e precisamente il 23 Luglio 1993, avviene purtroppo l’irreparabile: muoiono in un incidente automobilistico i due fratelli Fabio e Roberto Cappanera , indimenticabili musicisti nonché persone squisite. Conseguentemente, il destino del gruppo pare inesorabilmente segnato. Non penso di esagerare dicendo che con Fabio e Roberto se ne è andato per sempre in cielo anche un po’ di hard ‘n’ heavy italiano, di quello vero, quello animato da profonda passione ed entusiasmo e pochi calcoli di marketing.
Il gruppo toscano, dopo questi tristi avvenimenti, è da considerarsi naturalmente sciolto. Bud & Company faranno ancora con il monicker Strana Officina un paio di concerti commemorativi con nipoti e figli dei due Cappanera ma poi, per volere delle famiglie di Fabio e Roberto, la band viene definitivamente sciolta.
Nel 1995 esce l’ imperdibile Cd postumo Una Vita Per il Rock , dove viene concentrata tutta la produzione della Strana in un solo dischetto ottico. Esso è un lavoro di incomparabile valore purtroppo però di non facile reperibilità. La Strana Officina rimarrà per sempre sinonimo di metallo tricolore suonato con il cuore e completa dedizione alla causa e fa parte meritatamente della schiera dei gruppi HM immortali di sempre.
Tornando al presente, attualmente Bud è il cantante nonché membro fondatore dei Bud Tribe, combo da lui stesso fondato nel 1994 che annovera fra le sue fila il fratello Sandro Ancillotti al basso, l’ex Sabotage Dario Caroli alla batteria e il chitarrista Leo Milani (pure lui anticamente nella primissima line-up dei Sabotage e nell’ultimissima prima dello scioglimento).
Essi hanno finora realizzato il promotape omonimo nel 1997, l’ottimo On the Warpath nel 1998 ed il single Cd In Remembrance in ricordo delle vittime dell’11 Settembre del 2001.
Nella formazione originale dei Bud Tribe militava anche il chitarrista Marcello Masi , guitar hero molto amato recentemente scomparso, già presente nell’Ep Strana Officina del 1984.
Fabio Cappanera e Bud Ancillotti
Diamo inizio ora alla chiacchierata.
Premessa : per mia scelta l’intervista è volutamente incentrata sul periodo di militanza di Bud nella Strana Officina piuttosto che sulla fase Bud Tribe. Questo perché ho ritenuto più interessante scavare nel passato glorioso della band livornese. Riguardo il suo attuale progetto Bud ha rilasciato interviste da altre parti sia sul web che sulla carta stampata e comunque sicuramente in futuro faremo un’altra intervista esclusivamente riguardante la Bud Tribe.
Come mai un nome “strano” come Strana Officina ? (scusa il gioco di parole). Da cosa nasce?
Tutto nasce da Fabio e Roberto Cappanera, i fratelli fondatori del gruppo. Alla fine degli anni ’70, i due ancora pischelli avevano attrezzato in un angolo dell’officina metalmeccanica del padre, dove lavoravano con gli altri due fratelli maggiori, una piccola sala prove. La passione per la musica rock faceva sì che dopo le otto ore di duro lavoro, Fabio alla chitarra e voce, Roberto alla batteria ed Enzo Mascolo (anche lui operaio della ditta) al basso, rimanevano in officina a suonare fino a tarda notte. L’officina purtroppo era situata in mezzo a case e palazzi. Naturalmente questa cosa all’inizio destò curiosità tra la gente del quartiere, ma poi scontato ci furono le prime lamentele. Una sera, dopo una segnalazione, arrivarono sul posto i carabinieri che fecero irruzione nell’officina credendo di trovarsi davanti a chissà che cosa, invece, sbalorditi, si trovarono di fronte questi tre ragazzini incazzati e sudati marci che pestavano duro sugli strumenti con una foga e una potenza da rimanere a bocca aperta. E fu proprio in quel momento che i militi esclamarono col tipico accento da barzelletta la fatidica frase che verrà poi ripresa simpaticamente per il nome del gruppo: “Certo che questa officina è davvero strana!”
So che la seguente può rivelarsi una domanda un po’ antipatica ma, visto la stima e l’incancellabile ricordo che mi lega (e più in generale lega i metallari di vecchio corso) a Fabio e Roberto, non avete mai pensato di rimettere in piedi il gruppo con i figli dei due Cappanera? So che potrebbe essere vista come una mancanza di rispetto alla memoria ma, credimi Bud non é da vedere in questo senso, tantissimi ragazzi si sono posti quest’interrogativo più che altro per intendere il nuovo gruppo come una naturale prosecuzione del discorso iniziato da Fabio e Roberto.
Veramente, questa era la mia intenzione e anche quella di Enzo Mascolo. Concordi anche con la famiglia Cappanera , dopo la scomparsa di Fabio e Roberto, decidemmo che Rolando alla batteria e Dario alla chitarra, fossero i loro naturali sostituti. Chi meglio di loro anche se giovani musicisti, ma con un eccellente bagaglio tecnico alle spalle potevano seguire le orme del padre e dello zio. Con i ragazzi, onorati della scelta e motivatissimi, incominciammo subito a provare i pezzi della Strana, che loro tra l’altro conoscevano molto bene, facendo session su session e sembrava davvero che Fabio e Roberto fossero lì con noi come sempre. Una sorta di magia inspiegabile che ci portò a finire la tourneè che avevamo intrapreso che culminò con un concerto memorabile a Firenze all’Italian Monster. Dopodichè uscì la raccolta tributo “UNA VITA PER IL ROCK” e poi iniziarono le registrazioni del nuovo album cantato in italiano ricco di gemme tutte riarrangiate come “Profumo di puttana”, “Il corvo è là”, “Officina”, “Vittima” in versione originale, “Ricordo di lei”, “Non sei normale”, gemme che purtroppo non sono mai venute alla luce. Infatti Dario e Rolando, dopo gli stimoli e gli entusiasmi iniziali, decisero di portare avanti un loro progetto, e a questo punto ognuno di noi è andato per la sua strada, la mia strada si chiama BUD TRIBE.
Nella fucina metallica dell’italian metal anni ’80 c’era un gruppo italiano con il quale avevate un particolare feeling?
Avevamo buoni rapporti di amicizia con vari gruppi di allora, ma il feeling con i Sabotage è stato davvero unico e particolare. Toscani purosangue come noi, oltre ad essere un gruppo di validi musicisti (abbiamo suonato parecchie volte insieme in diversi concerti e festival). Erano anche dei ragazzi eccezionali, tra di noi si era instaurato un rapporto di stima reciproca e di fraterna amicizia, e poi, per quanto mi riguarda, anche un rapporto affettivo. Infatti i Sabotage annoveravano tra l’altro nelle loro file i miei futuri cognati, i mitici fratelli Caroli Enrico al basso e Dario alla batteria, ed è anche l’amore per Patrizia, la loro sorella che ci ha fatto diventare tutti una grande famiglia con il metal nel cuore.
Ricordo che all’epoca dell’uscita del vostro EP d’esordio “Strana Officina” , riceveste pressioni dall’esterno per cambiare dal cantato in italiano al cantato in inglese. Mi immagino che la decisione per voi non fu affatto facile ed abbia creato non poche discussioni all’interno del gruppo. Dopo tutti questi anni pensi che ne sia valsa la pena oppure se potessi idealmente tornare indietro nel tempo non rifaresti più una scelta del genere ?
Innanzitutto devo dire che sono stato orgoglioso e lo sono tuttora di aver inciso in italiano quel disco. Un disco che, seppur con tutti i suoi “difetti”, rimane uno dei dischi storici del metal italiano. La decisione di passare dal cantato in italiano alla lingua inglese, fu molto sofferta in quanto questa era sempre stata una nostra sincera e originale prerogativa che ci aveva sempre contraddistinto dalle altre band heavy metal italiane. Successe che alcune etichette estere che andavano per la maggiore in quel periodo, dopo aver ascoltato il nostro primo Ep, si offrirono di distribuire il nostro secondo album oltre confine, a patto di inciderlo in inglese. Dopo una prima normale esitazione e un periodo di riflessione non breve, consigliati anche dal nostro manager dell’epoca, capimmo che sicuramente quella era un’occasione da non perdere e anch’io, che avevo sempre sentito il bisogno di esprimermi in lingua madre, seppur a malincuore, accettai. Mi domandi se rifarei questa scelta, sì, la rifarei, ma ti confesso che ancora oggi, dopo tutti questi anni, i brani storici cantati in italiano sono ancora i miei preferiti e la maggior parte di questi sono ancora in scaletta nei nostri concerti.
Voi foste uno dei gruppi che parteciparono la primo festival di heavy metal italiano tenutosi a Certaldo (Fi) nel 1983. Cosa ricordi di quella giornata ? Hai qualche aneddoto al riguardo?
Una giornata indimenticabile! Parteciparono al festival alcuni tra i migliori gruppi italiani del periodo. Il teatro tenda di Certaldo ribolliva, era una bolgia infernale di metallari giunti da tutte le parti d’Italia, che fin dalle prime ore del mattino presero “d’assalto” il paese, sembrava di essere al Reading Festival (festival che si svolgeva in estate nella cittadina vicino Londra) di quattro anni prima, seppur fatte tutte le dovute proporzioni.
Ricordo che c’era nell’aria un’eccitazione pazzesca, sia tra noi gruppi che tra i ragazzi che accorsero numerosissimi alla “chiamata”. L’organizzatore, Enrico Dell’Omo, metallaro incallito, seppur alla sua prima esperienza, fece miracoli. Non fu affatto facile coordinare tutte le band, con i soliti problemi tecnici da affrontare, i cambi di palco, i soundcheck etc… Ci fu anche un mitico scontro tra metallari e alcuni ragazzi di Certaldo, paese che ha sempre avuto una forte tradizione punk. Insomma tutti questi ingredienti esplosivi fecero si che questa giornata si trasformasse in un evento davvero memorabile.
Strana Officina
Come mai un pezzo che “spacca” come Profumo di Puttana non ha mai trovato posto in un vostro album ? Apparirà mai in un album della Bud Tribe?
Non so se apparirà mai in un album della Bud Tribe, ma ti posso assicurare che la “spareremo” al piu’ presto dal vivo, come abbiamo “sparato” già altri brani della Strana come Non sei Normale, Metal Brigade, King Troll, Kiss of Death.
Soprattutto negli anni ’80 i metallari italiani stravedevano per qualsiasi lavoro proveniente dall’estero mentre tendevano a snobbare e quindi non acquistare, i prodotti heavy metal di casa nostra. Tengo a precisare che io personalmente sono sempre stato controcorrente in questo senso. Ho sempre supportato il più possibile la scena nostrana , in Inghilterra ed in Germania i gruppi locali venivano prima di tutti gli altri. In Italia nel decennio compreso fra il 1980 ed il 1990 esistevano gruppi di caratura internazionale come Vanexa, Vanadium, Strana Officina, Crying Steel, Death SS, Bulldozer, Fil di Ferro, R.A.F., Revenge, Skanners, Elektradrive, Astaroth, Fingernails, Loadstar, Gunfire, Spa, Crossbones, Hocculta… , manipoli di persone che potevano dire tranquillamente la loro oltre confine. Fortunatamente la situazione oggi è cambiata grazie a band come Rhapsody, Labyrinth, Lacuna Coil, Domine, White Skull e Rain solo per menzionare i primi che mi vengono in mente. Bud , scusa la digressione ma mi sembrava opportuno inquadrare il periodo storico chiaramente. Sbaglio o la Strana Officina (insieme ai Sabotage per la verità), ha sempre sofferto meno di altri questo tipo di situazione ?
In effetti ti confesso che noi siamo stati sempre premiati da un supporto incondizionato su tutto il territorio italico. Pensa ad esempio che ai concerti avevamo sempre al seguito la “METAL BRIGADE” (nutrito gruppo di biker metal fan) di Prato con tanto di trasferte in moto e in certe occasioni addirittura in pullman.
Personalmente ho sempre amato i pezzi più massicci del vostro repertorio, alla “Metal Brigade” tanto per capirci. Chi aveva fra di voi l’attitudine più tipicamente metallara ?
Io e Fabio eravamo quelli più incazzati quindi più metallici.
Dimmi Bud , cosa c’è di vero nella storia che vuole che il remake di Non sei Normale in inglese fosse stato registrato direttamente in un ex manicomio?
L’intenzione era davvero quella di registrarlo con uno studio mobile nei locali di un ex manicomio però Man of Metal – questo era il titolo in inglese – per vari motivi non è mai venuto alla luce.
Concordi quando la critica ed i kid in generale dicevano che la Strana Officina era una macchina da guerra dal vivo ma che su disco non è mai riuscita a trasporre tutta l’energia della quale disponeva?
La Strana Officina dal vivo era davvero una “macchina da guerra”. Delle volte risentendo vecchi nastri o rivedendo vecchi filmati, mi impressiono tuttora della carica, della grinta, della potenza sonora che avevamo sul palco. Tutto questo a quei tempi era praticamente impossibile trasmetterlo nelle fredde mura di uno studio di registrazione, e infatti l’unico nostro rammarico è stato quello di non aver mai potuto registrare un disco live, dove sicuramente tutte le componenti che ho elencato prima sarebbero rimaste intatte e anzi ancor di più esaltate. Ciò non toglie però che noi onestamente siamo sempre rimasti soddisfatti dei nostri lavori su vinile.
Quante copie ha venduto Rock ‘n’ Roll Prisoners nel mondo?
Mi piacerebbe saperlo! So che sono state vendute migliaia e migliaia di copie, purtroppo la casa discografica di allora non è mai stata trasparente nei nostri confronti e quindi non ti so dire di preciso la cifra esatta.
Raccontami TUTTO ma proprio TUTTO di quel giorno dove partecipaste all’ Open Air 1988 di Lamone (Lugano) in Svizzera in compagnia di autentiche leggende HM come Saxon e Krokus. In particolare aveste modo di scambiare impressioni con loro prima e dopo il concerto?
Arrivammo la sera prima, oltre confine ad attenderci c’erano i nostri irriducibili fan della Metal Brigade di Prato che con le loro moto scortarono il nostro furgone fino al backstage. Ci accorgemmo subito di essere su un altro “pianeta”, nonostante la maggior parte delle persone parlasse la nostra lingua (Svizzera italiana). L’organizzazione era perfetta, inimmaginabile anche per le grosse band internazionali in tournee nel nostro paese. Tra i vari gruppi e gli addetti ai lavori si instaurò subito un bel feeling che proseguì per tutti e due giorni della manifestazione. Anche il backstage era un paradiso degno di Castle Donington, tutti i gruppi avevano a disposizione un camerino dotato di ogni comfort, fusti di birra alla spina, superalcolici e cibarie di ogni genere, mancava solo che ci avessero fatto trovare delle groupie… sarebbe stato il massimo! Prima del concerto eravamo piuttosto tesi e nervosi, ma tutto questo sparì appena mettemmo piede sul palco. Sembrava di essere in Italia, boati, incitamenti, trombe a tutta valvola, striscioni e bandiere tricolori. Alla Metal Brigade nel frattempo si erano aggregati altri fan giunti dall’Italia, e anche i metallari svizzeri che conoscevano le nostre canzoni: era uno spettacolo vederli. Tutto lo show funzionò a meraviglia, fummo richiamati a gran voce per il bis e chiudemmo il nostro live act con una devastante “Metal Brigade”. Con gli headliner non avemmo contatti (a parte un saluto sporadico) anche perché passarono la maggior parte del tempo chiusi nel loro camerino. Ci riproponemmo di farlo al mega party che l’organizzazione avrebbe tenuto a Lugano il giorno dopo, ma purtroppo un imprevisto ci costrinse a partire, un vero peccato….
Se la Strana Officina fosse nata in un momento diverso e quindi con una realtà italiana più evoluta come per esempio quella attuale, secondo te avrebbe potuto raggiungere quel successo internazionale che per ora ha baciato i sopraccitati Lacuna Coil, Rhapsody, Labyrinth etc.?
Gli anni ’80 saranno stati pure anni duri e pionieristici, ma sai benissimo che le band e i metaller di allora erano Veri ed animati da sentimenti rock puri, cristallini. Non ho nessun rimpianto quindi.
Steven Rich e Bud ad Artimino (Prato), nell’agosto del 2005
Risenti mai gli album della Strana Officina?
Ma stai scherzando! Certo che li risento, sono stati per anni e saranno ancora la colonna sonora della mia vita e quella della mia famiglia.
Qual è il brano più bello mai scritto dalla “Strana” a tuo avviso?
Bella domanda, li ho amati tutti e non saprei davvero quale scegliere. Ma se vuoi, ti dico i brani del primo Ep a cui sono rimasto particolarmente legato, Non Sei Normale, Officina, Metal Brigade, King Troll, Falling Star.
Qual è stato il miglior concerto della Strana Officina nella carriera?
Ce ne sono stati davvero tanti da poter scrivere un libro, ma forse all’Open Air Festival a Lamone in Svizzera, insieme a Saxon e Krokus e ai più grossi nomi emergenti del metal europeo dell’epoca, raggiungemmo davvero l’apice. Quel concerto fu per noi importantissimo, a cominciare dal pubblico ,dalla stampa specializzata e non, dalla televisione svizzera, dagli organizzatori e da tutti i musicisti e addetti ai lavori, ricevemmo attestati di stima e grossi riconoscimenti che ci ripagarono dei tanti sforzi e sacrifici fatti fino ad allora. Tutto questo ci fece capire quanto era duro suonare l’ HM in Italia e, a detta di tutti, se fossimo stati di un altro paese europeo avremmo avuto di certo tutt’altra fortuna.
Quale sarebbe stato il gruppo ideale straniero per il quale vi sarebbe piaciuto fare da supporter per cinque o sei date in Italia?
Sono due, i Black Sabbath con Ozzy e gli AC/DC con Bon Scott.
Nei vostri incontri internazionali con le altre band HM avete mai notato un certo atteggiamento di supponenza nei confronti dei gruppi tricolori oppure era solo un certo tipo si stampa che “ci sparava addosso”?
Non c’è mai stato alcun problema con le band estere, anzi quanto più professionali sono i gruppi, tanto meno sono presenti certi sentimenti di superiorità. In effetti le testate giornalistiche, inglesi soprattutto, anni fa avevano la tendenza a “smerdare” tutto ciò che era tricolore o perlomeno non anglo/americano. Fortunatamente la situazione è molto migliorata… hanno aperto gli occhi!
Dimmi tre concerti memorabili che hai visto in qualità di spettatore.
Il primo nel 1970, addirittura a Prato -la mia città- suonarono i Colosseum di John Hiseman, io e mio fratello Bid ancora adolescenti accompagnati dal nostro babbo rimanemmo letteralmente folgorati dall’esibizione di Hiseman e compagni, fu un concerto memorabile che ci sconvolse davvero l’esistenza. Il secondo a Berna in Svizzera nel 1979 durante la tournee’ di Highway to Hell degli Ac/Dc (purtroppo l’ultima con il grande Bon alla voce) con niente meno che i Judas Priest come supporter. E’ stato senza alcun dubbio il piu’ bel concerto della mia vita.
L’ultimo nel 1980 al Reading Rock Festival vicino Londra.
Tre giorni indimenticabili con i mostri sacri Ufo, Whitesnake, Gillan band, Rory Gallagher, Pat Travers band, Slade e Budgie (questi ultimi due gruppi sostituirono all’ultimo minuto i Blizzard of Ozz di Ozzy Osbourne e i G.Force di Gary Moore) e molti fra i maggiori gruppi della N.W.O.B.H.M. : Iron Maiden, Samson, Angel Witch, Def Leppard, Tygers of Pang Tang, Magnum, Girl, Praying Mantis, Grand Prix, Sledgehammer oltre agli svizzeri Krokus. Ho avuto davvero un bel culo a vederli tutti in un botto solo.
Da vocalist, dammi un giudizio sui cinque seguenti:
David DeFeis (Virgin Steele) – grande interprete, carismatico evocatore di suggestioni epiche.
Biff Byford (Saxon) – un mito, figura di vero rocker, essenziale ma incisivo.
Tony Martin (ex Black Sabbath) – poche ugole al mondo osano tanto, feeling assicurato con diversi capolavori alle spalle coi Sabbath. “Headless Cross” su tutti.
David Coverdale (Whitesnake) – un’icona del più viscerale hard rock blues, inimitabile.
Dan Beehler (ex Exciter) – tra I migliori speed metal screamer, favolosi i suoi primi due album con gli Exciter, voce aggressiva e batteria potente, un carro armato.
Dimmi il nome del gruppo italiano più sottovalutato e di quello più sopravvalutato.
Tra coloro che hanno raccolto davvero meno di quello che hanno seminato direi Steel Crown, Raff , Wyvern e senza falsa modestia, pure la mia Bud Tribe si deve sudare ogni minima soddisfazione artistica. Onestamente non sono il tipo che sputtana le altre band, comunque non mi” prendono” tanto le nuove leve che sanno tanto di finto, di programmato alla perfezione, quindi sopravvalutati.
Avete mai avuto nella vostra carriera “scazzi veri” con qualche altro gruppo nostrano?
No, non siamo i tipi! Agli esordi era un po’ duro esibirsi con band punk, ma più che altro all’inizio del concerto, poi familiarizzavano con il loro tipo di audience.
Ricordo che il magazine inglese Kerrang! vi recensì più volte… quali furono le vostre sensazioni al riguardo?
Ovviamente di grande soddisfazione come musicisti! Si sa che all’epoca quella di Kerrang! era una tappa importante per una metal band, figurati se italiana, visto che non erano assolutamente considerate.
Cosa pensi della stampa italiana specializzata?
Penso che possa contare su veri fuoriclasse professionisti come Klaus Byron, Beppe Riva, Ulisse Carminati o Gianni Della Cioppa, solo per citarne alcuni. Ma penso pure che altre testate facciano il gioco dei potenti e delle etichette discografiche. Mi rammarica dirlo, ma a parte qualche eccezione, negli ultimi anni è un settore un po’ in declino e di parte.
Strana Officina
Dammi i nomi dei cinque Lp HM più belli degli anni ’80 secondo te.
Heaven and Hell dei Sabbath
Diary of a Madman di Ozzy
Back in Black degli Ac/Dc
Screaming for Vengeance dei Judas
Breaker degli Accept.
Dei gruppi italiani attuali c’è qualcuno che ti piace particolarmente?
Il mio amico Pino Scotto coi suoi Fire Trails è ritornato alla grande, poi gli emiliani Listeria, i piemontesi Main Pain infine due giovani band interessanti in cui ho fatto da guest vocalist ossia gli Electric Fluid e L’Impero delle Ombre.
Che opinione ti sei fatto delle recenti o meno recenti riappacificazioni tra Halford e i Judas Priest e fra Dickinson e i Maiden?
A quei livelli è un lavoro, ed è inevitabile. Sono cantanti e gruppi che possono ancora scrivere ottime song e dare ancora molto all’ heavy metal. Insomma, in linea di massima non c’è di che scandalizzarsi, va bene così!
In questi anni hai notato come l’heavy metal classico sia tornato pesantemente alla ribalta? Cosa ne pensi?
Penso che sia una cosa estremamente positiva per me che l’heavy metal l’ho visto nascere e per poco quasi soffocare negli anni ’90. Io sono convinto che le mode e le tendenze passino, mentre il sound classico sia eterno. Peccato che alcuni ci abbiano speculato sopra saturando la scena con miriadi di band-clone.
Cosa sente Daniele Ancillotti oggi?
Ascolto ancora parecchia musica anni ’70 e ’80. Come anche tu sai benissimo, se tu peschi da un cilindro un disco di quegli anni, anche di un altro genere musicale, puoi andare sul sicuro. Grandi artisti, grandi gruppi, grande tecnica, grande feeling, grande musica, insomma dei veri e propri capolavori.
Della scena estrema tipo Black o Death cosa pensi?
Mi dispiace, ma né io né chi mi è a stretto contatto siamo attratti da quelle sonorità alquanto forzate … siamo ancorati sempre al vecchio metallo, pur rispettando ogni genere musicale.
Ti tieni sempre aggiornato sulla scena hard ‘n’ heavy?
Si, abbastanza, poi grazie a mio figlio Brian che è molto giovane è ovvio che sia aggiornato e istruito sul mondo hard ‘n’ heavy odierno. Beh, le novità non mi attraggono molto, ma gruppi come i Black Label Society spaccano di brutto!
Ti senti di consigliare qualcosa ad una giovane band agli inizi che vuole suonare HM in Italia?
Di non mollare mai, di tenere duro, e quando credi che il destino ti sia avverso, dare tutto sé stessi e andare avanti tenendo fede ai valori in cui io e la mia TRIBU’ abbiamo sempre creduto, come la passione, la dignità, l’onestà e la fratellanza metallica!
Cosa ti resta degli anni con la Strana Officina? Sono di più i ricordi positivi o le amarezze derivanti da una scena musicale ancora “impreparata”?
Mi è rimasta dentro una grande nostalgia per quegli anni davvero unici, meravigliosi, irripetibili e sicuramente i ricordi positivi sovrastano le amarezze. Per me sono stati anche una vera e propria lezione di vita e mi hanno lasciato in eredità valori incancellabili: una forza immensa, una grande maturità musicale e non, una carica interiore mai sopita e solo chi li ha vissuti in prima persona lo sa bene e si può davvero reputare un uomo fortunato.
Come ti vedi dopo ormai venticinque anni passati a sputare sangue per il metal italiano? Che sensazioni provi quando i kid ti considerano una sorta di leggenda tricolore vivente?
Credo che ne sia davvero valsa la pena, perché l’amore che ho per questa musica è immenso e l’affetto dei kid mi dà una spinta, una carica e un’emozione fortissima che mi ripaga dei tanti problemi, delle continue delusioni, dell’indifferenza mostrata e della mancanza di rispetto nei confronti di chi porta avanti questa musica.
Tirando le somme, sei soddisfatto di quanto hai raggiunto finora nella tua carriera a livello musicale?
Per quanto riguarda le soddisfazioni personali, certo che lo sono, rimane però il rammarico di non aver potuto far conoscere ad un pubblico più vasto la nostra musica nella quale credevamo fermamente.
A livello di Bud Tribe puoi anticiparmi qualcosa riguardo le vostre prossime realizzazioni?
Noi come gruppo abbiamo fatto una promessa a noi stessi e ai nostri fan: è quella che entro la fine dell’anno usciremo sul mercato con un nuovo lavoro. Abbiamo già registrato le basi delle nove song più una bonus track, manca di finire alcuni cantati e alcuni testi scritti, anche questa volta in collaborazione con il nostro caro amico factotum (paroliere e grafico) James Hogg. Oltre a me, Bid, Leo e Dario, in veste di ospite alle tastiere cui siamo avvalsi della collaborazione del grande Oleg Smirnoff (Death SS, Vision Divine). Ti posso anche anticipare i titoli delle song: Face the Devil, Roll the Bone, Ghost Dance, Breakin’ the Spell, Holy War, la mini suite Mother’s Cry , e poi tre brani cantati “udite, udite”… in italiano che sono una sorpresa insieme alla bonus track.
Vuoi aggiungere qualcosa in calce all’intervista?
Vi volevo salutare con delle frasi tratte da un testo di una nostra canzone: “Non finirà mai la forza che è dentro di noi, non finirà mai la rabbia che è dentro di noi, non finirà mai la voglia di continuare per Fabio, Roberto, Marcello e per tutti voi non finirà mai”.
Bud, grazie ancora per il tempo (non poco) concessomi. Non capita tutti i giorni di sentire il parere di un personaggio di “peso” del metallo di casa nostra come te (concedimi la battuta!)
E’ stata dura ma è stato un vero piacere: è l’intervista più lunga della mia carriera!
Stefano “Steven Rich” Ricetti