Intervista Summoning (Silenius)
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A poco più di un mese dalla pubblicazione di “With Doom We Come” abbiamo avuto l’occasione di intervistare Silenius, al secolo Michael Gregor, una delle due menti dietro gli ormai celebri Summoning. Oltre a parlarci del nuovo album, dei suoi suoni e dei suoi testi, ci ha raccontato di come Tolkien gli abbia cambiato la vita, di come sia scampato per un soffio alla morte e di come i Summoning siano quasi arrivati al punto di rottura.
Ciao e benvenuti su Truemetal.it! Grazie per aver accettato quest’intervista! Come state? Immagino che le settimane dopo una release siano piuttosto stressanti per voi.
Silenius: Sì, infatti. Oltre allo stressante lavoro di promozione ho perso il mio lavoro alla fine dell’anno scorso, per cui devo trovarne uno nuovo e parallelamente frequentare dei corsi. E devo anche prendermi cura di mia madre, che questo mese dovrà sottoporsi ad una seria operazione chirurgica.
«Old Mornings Dawn» e «With Doom We Come» hanno molto in comune, a partire dal cantato di Protector e dall’uso di nuovi suoni sintetizzati fino ad arrivare al feeling complessivo dell’album, che è più nostalgico rispetto agli album precedenti, come «Oath Bound». È una ‘nuova era’ per i Summoning?
No, non è una nuova era, anzi è proprio l’opposto. Tutto sommato vedo il nuovo album quasi come un seguito o un fratello minore di «Old Mornings Dawn», semplicemente perché è stato creato e costruito da riff e persino da canzoni non finite di quelle sessioni. Ecco perché abbiamo anche cercato di trovare un sound simile, specialmente per le chitarre.
La maggior parte delle melodie di tastiera sono sullo stesso livello e non c’è una melodia in primo piano, quindi forse l’album suona un po’ meno epico ma più malinconico. Gli elementi black metal invece sono leggermente più presenti questa volta. Cerchiamo sempre di mescolare i classici suoni di tastiera come trombe, corni, violini ecc. con qualche nuovo suono di strumenti ‘world’ per aggiungere varietà alla musica; ovviamente poi lavoriamo con campionamenti di suoni per conferire alle canzoni un mood ambient.
Lo stile vocale di Protector, invece, non è nuovo: lo usava già in ‘Long Lost Where No Pathway Goes’, in «Stronghold». Però forse questa volta la cosa è più intensa, perché molte persone sembrano realizzarlo per la prima volta.
L’album complessivamente ha un tocco nostalgico. Canzoni come ‘Mirklands’ potrebbero stare benissimo su «Dol Guldur». È un misto tra vecchio e nuovo.
Da quello che ho letto sul vostro sito qualche tempo fa, ho quasi avuto l’impressione che sciogliete la band dopo aver pubblicato un album e che la riformate quando sentite l’ispirazione di scrivere nuova musica. C’è qualcosa di vero in quest’impressione o la band è sempre attiva?
Sì e no. Di solito, quando pubblichiamo un album e il lavoro promozionale è finito, ognuno di noi va per la propria strada: non ci frequentiamo privatamente. Di solito ci dedichiamo alle nostre vite o lavoriamo ad altri progetti musicali, a band come gli Ice Ages, gli Abigor, i Kreuzweg Ost e gli Amestigon.
Ma, questa volta, la band si è davvero quasi sciolta. È stato a causa di battibecchi senza fine e problemi coi suoni; non solo nel senso del sound in generale, ma anche della ricerca dei suoni di tastiera giusti per le diverse melodie. Dopo due anni di tentativi inutili eravamo piuttosto frustrati e alla fine volevamo arrenderci e abbandonare tutto. Abbiamo deciso di prenderci una pausa di un po’ di settimane e ripartire dopo una lunga conversazione chiarificatoria. Per fortuna siamo rientrati in carreggiata e così siamo riusciti a completare l’album.
Silenius e Protector
Com’è stato il processo di composizione di «With Doom We Come»? Avete scritto ogni brano insieme o avete lavorato separatamente?
No, il processo è sempre il solito. L’unica differenza è stata che questa volta avevamo già del materiale, proveniente dalle sessioni di «Old Mornings Dawn». È stato un vantaggio perché partire da zero è sempre la cosa più difficile del creare un album.
Di solito io compongo la prima e la seconda melodia e poi Protector aggiunge le sue idee, ma a volte capita anche l’opposto. Quando poi tutto il lavoro sulle tastiere è terminato, Protector aggiunge le parti di batteria e le chitarre. Nel frattempo io raccolgo potenziali testi e dipinti per la cover e per il booklet e cerco così di costruire un concept visivo e tematico per l’album. Poi ci suddividiamo le parti vocali e, per finire, aggiungiamo qualche suono e qualche campionamento recitato per rendere il tutto più vivo e vibrante. L’ultimissima tappa consiste invece nell’aggiunta dei cori.
Una delle più grandi differenze tra «Oath Bound» e gli ultimi due album è il mixing. In «With Doom We Come», in particolare, il suono è molto più pulito e cristallino, mentre nei lavori precedenti era più cupo. Qual è la ragione dietro questo cambiamento? Eravate alla ricerca di un’atmosfera diversa?
Su «Oath Bound» i suoni di chitarra avevano un tono acuto e piuttosto sottile, per cui potevamo far suonare la batteria in modo più forte e possente. Nei dischi successivi è successo il contrario. [Con «With Doom We Come»] Protector ha cercato di creare un suono più o meno simile a quello di «Old Mornings Dawn», ma una grande differenza è che questa volta i suoni delle tastiere sono tutti sullo stesso livello. Di solito invece la melodia principale è posta in primo piano.
Personalmente preferisco il suono di «Old Mornings Dawn», mentre a Protector piace di più questo. So che molti fan vorrebbero che ritornassimo al suono di «Oath Bound», per cui vedremo cosa accadrà in futuro.
Il mio pezzo preferito del nuovo album è ‘Silvertine’: in quel brano la voce di Silenius è al top della forma e ho anche apprezzato i suoni spettrali ed epici delle tastiere, così come il ritmo complessivo del brano. Ho notato che questa è un’opinione condivisa da tanti recensori e fan. Potete parlarci di questa canzone e di come è nata?
Sì, anch’io ho notato che questo brano è il preferito dalla maggior parte dei fan. Ha semplicemente le melodie più orecchiabili ed è più mossa rispetto al resto dell’album. Non ho molti ricordi del processo di composizione di questo album, ma originariamente [‘Silvertine’] avrebbe dovuto essere un seguito tematico di ‘Tar-Calion’, cioè quello dell’imbarcarsi contro le Lande Immortali. Sentire queste melodie mi ha fatto immaginare un esercito che naviga in mare aperto, ma alla fine il presunto testo non si accordava per niente con il ritmo e la struttura del brano; perciò abbiamo aggiunto più riverbero a svariate linee melodiche per creare un feeling gelido e così l’atmosfera è cambiata radicalmente da quella del mare aperto a quella di una montagna ghiacciata.
Di solito, prima di iniziare a cantare, esercito la mia voce per riuscire ad ottenere un suono abrasivo: abbiamo usato questi esercizi come una specie di introduzione al brano.
Il testo di ‘Herumor’ è una poesia di E. A. Poe, il che sembra una scelta strana per voi. Ci potete dire qualcosa in proposito?
Ho trovato un libro intitolato «Tales And Poems of Edgar Allan Poe» in una libreria. L’ho comperato e ho cercato di individuare testi che potessero essere intessuti col concept della Terra di Mezzo. Mi è piaciuta questa poesia, ‘Alone’, e ho cominciato a pensare a chi potesse adattarsi. Così, lentamente, è nata l’idea di riferirla ad Herumor: un personaggio ambizioso che compie scelte fatali nella sua brama di potere.
Ho sentito che anche gli Arcturus hanno usato questo testo in uno dei loro album. E, tra l’altro, anche il testo di ‘Night Fell Behind’ è tratto dal libro che ho menzionato.
Il nuovo album è basato molto sul «Silmarillion». Siete stati una delle prime band metal a basare i propri testi sui lavori di Tolkien e, per di più, ad essere fan negli anni ‘90, quando non erano ancora letture molto conosciute. Ci potete dire come avete scoperto Tolkien (e soprattutto il Silmarillion), quando praticamente nessuno lo conosceva? Qual è la vostra relazione con queste opere?
Be’, non direi che i suoi lavori fossero davvero sconosciuti negli anni Novanta, anzi. La marcia trionfale del «Signore degli Anelli» e dello «Hobbit» era cominciata negli anni Settanta in America, quando i libri vennero stampati per la prima volta in formato tascabile ed economico e furono così scoperti dagli studenti. Il fatto che in un romanzo epico sword and sorcery fossero presenti gli Hobbit, un po’ hippy e cannaioli, ha affascinato tutta quella generazione. Questa fu una delle pietre miliari dell’immenso successo di Tolkien.
Da adolescente ero già un grande fan della letteratura fantasy, ancor prima di imbattermi in Tolkien. Conoscevo il cartone animato e un mio amico mi aveva già detto come finiva la storia, per cui inizialmente non lessi i suoi libri. Ma poi mi accorsi che quasi ogni autore fantasy faceva riferimento a Tolkien, e che un libro fantasy su due veniva pubblicizzato come ‘per fan del «Signore degli Anelli»’. Quindi mi cimentai nella sua lettura e quello fu l’inizio della mia adorazione… da quel momento comperai tutto di e su Tolkien. La creazione di un mondo così dettagliato è incredibile…
Credete che fare musica su Arda abbia perso una parte del suo fascino, ora che è diventata una cosa più comune? Avete mai avuto voglia di abbandonare del tutto Tolkien per dedicarvi totalmente ad un autore meno conosciuto?
Ovviamente i film [del «Signore degli Anelli»] hanno portato Tolkien all’olimpo della popolarità, della commercializzazione e del gradimento di massa. Ma ciò non rende meno grandi le sue creazioni. Credo che, qualche tempo dopo la pubblicazione di «Dol Guldur», avessimo contemplato l’idea di scrivere un concept album sul mito germanico dei Nibelunghi ma poi, fortunatamente, abbiamo deciso di non farlo. Per cui, alla fine, tutto il nostro lavoro potrà essere visto come unitario, sia a livello concettuale che visivo.
Una delle ragioni per le quali verrete ricordati nella storia del metal è che avete innovato e trasceso il black metal, inventando così praticamente un nuovo sottogenere. Molte band hanno seguito i vostri passi, alcuni prendendo ispirazione dal vostro sound, altri copiandolo direttamente. Qual è la vostra opinione sul genere al quale avete dato il via? È troppo derivativo o apprezzate/ascoltate le band che lo suonano?
Non c’era un piano generale dietro la nostra musica ma, guardandoci indietro oggi, la cosa è piuttosto divertente: di solito la decisione di dare la priorità alle tastiere e alle batterie campionate è la morte di una band metal, o per lo meno è ciò che sancisce il suo esilio nella musica kitsch, come il gothic metal. Credo che l’accettazione di questo processo sia merito di Burzum. L’idea che una band possa avere due facce, una metal e l’altra ambient, è ottima. Noi abbiamo semplicemente unito le due e abbiamo creato qualcosa di nostro.
Ovviamente per noi è un onore quello di ispirare le nuove generazioni, e sono piuttosto sicuro che un giorno qualcuna tra queste band raccoglierà il nostro testimone e lo porterà in nuovi territori musicali.
Silenius, nel 2011 hai avuto un infarto e non oso nemmeno immaginare come sia stata l’esperienza. Questo avvenimento ha cambiato in qualche modo il tuo/vostro approccio alla musica e ai Summoning?
Non ha cambiato il mio approccio ai Summoning, ma in quel periodo mi ha decisamente dato la spinta per ricominciare a comporre per la band. Prima avevo perso interesse e per me erano diventati più importanti i Kreuzweg Ost, per esempio. Oltre a ciò bevevo anche molto alcol, il che mi aveva reso pigro e improduttivo, proprio come Theoden sotto l’incantesimo di Saruman.
L’infarto mi ha colpito al ristorante. Non è stato molto doloroso, è stato piuttosto come una pressione contro il cuore. All’inizio pensavo che fosse un nervo schiacciato e avrei voluto semplicemente andare a casa e farmi una dormita. Per fortuna non l’ho fatto, perché altrimenti sarei morto. Ho avuto la fortuna di arrivare all’ospedale velocemente e di essere operato subito. Grazie a ciò non ho subito danni permanenti ed ora posso andare a correre in montagna come una volta. Se la cosa fosse successa qualche ora prima, quando ero nel bosco, ora non sarei seduto qui a fare quest’intervista…
Quanto è importante per voi il fatto di essere quasi anonimi? Sappiamo come vi chiamate e all’incirca di dove siete, ma niente di più: non pubblicate vostre foto e non siete attivi sui social media. È una scelta artistica per mantenere un’aura di mistero o è semplicemente un modo per proteggere la vostra vita privata?
Agli albori del movimento black metal era la norma scattare foto poco chiare e misteriose per creare una certa immagine intorno alla musica. Noi copiavamo semplicemente i nostri eroi ma, quando il black metal divenne popolare e poi commerciale, improvvisamente tutti i protagonisti della scena vollero mostrarsi pubblicamente o diventare famosi o chissà che altro. Noi non seguimmo questo cambiamento e rimanemmo anonimi. Tra l’altro la cosa ha anche un piacevole effetto collaterale: mentre nelle loro foto tutte le altre band invecchiano, noi rimaniamo giovani!
Ok, finiamo l’intervista con una domanda un po’ scema: cosa ne pensate del fatto che Shakira ha plagiato ‘The Passing Of The Grey Company’ con la tromba all’inizio della sua famosa canzone ‘Hips Don’t Lie’?
Mi ricordo che la gente menzionava questa cosa di tanto in tanto, ma mi sono sempre dimenticato di ascoltare la canzone. Ora lo faccio!
Per finire, scherzi a parte: grazie per il vostro tempo e per tutta la vostra stupenda musica. Avete dato a moltissime persone la possibilità di sognare e di fuggire in un mondo fantastico, e per questo vi saremo sempre grati.
Grazie! Grazie per l’intervista e up the hammers per i nostri fan in Italia!
Francesco “Gabba” Gabaglio