Intervista The Aristocrats (Guthrie Govan)
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In occasione della data di Manchester del lungo tour mondiale degli Aristocrats (che toccherà anche l’Italia per ben 8 concerti il prossimo Febbraio) abbiamo incontrato per voi il funambolico chitarrista Guthrie Govan.
Benvenuto su TrueMetal Guthrie: siete in tour in supporto al nuovo album “Tres Caballeros”, come è stato accolto dai fan?
Toccando ferro sembra che tutto stia andando davvero bene; stiamo avendo più presenze a questo giro che in ogni tour che abbiamo mai fatto prima, quindi immagino che l’album piaccia; spero piaccia perché noi siamo tutti piuttosto contenti.
Quindi siete soddisfatti dalla reazione del pubblico
Oh sì, completamente, è bello che la gente venga a vederci, e se rimangono fino alla fine dello show e non ci tirano roba è un valore aggiunto; si, stiamo ricevendo tanta buona energia dal pubblico, penso stiano rispondendo bene.
In questo tour andrete a suonare ben 8 concerti in Italia l’anno prossimo; è piuttosto inusuale per un gruppo straniero fare tante date lì, come mai questa decisione?
Non è stata proprio una scelta personale, abbiamo un tour manager per questo genere di cose, quello che sapevamo era che vogliamo girare il pianeta il più possibile e, nel caso dell’Europa, colui che mette tutto questo insieme è Riccardo Cappelli; io ho lavorato con Riccardo per anni, inizialmente solo facendo tour di clinic e cose del genere, andando in tour con la mia band e con Dave Kilminster. Immagino ci sia un buon network di locali in Italia, per noi ovviamente è sempre un piacere venire a suonare lì.
Quindi non esprimete mai personalmente la preferenza per suonare in luogo specifico?
No, allo stesso modo in cui non ci fideremmo nel far suonare la tastiera al nostro tour manager, sai, è meglio se ognuno fa il lavoro che fa meglio. Noi diciamo cose tipo “vogliamo andare in tour in Europa, ma dev’essere in questo momento dell’anno perché abbiamo tour con altre band”, a parte questo ci fidiamo dei professionisti che si occuperanno dei dettagli
Visto che menzionavi il vostro lavoro con altre band, tu e Marco Minnemann avete interrotto la vostra collaborazione con Steven Wilson alcuni mesi fa per intraprendere questo tour, avete intenzione di ripristinare questa collaborazione una volta che il tour con gli Aristocrats sarà finito?
Questo dipende da Steven, e Steven vuole compattezza in una band, chi non lo vorrebbe? Sai, vuole una band con un certo tipo di musicisti e poi vuole un anno, un anno e mezzo del loro tempo mentre va in tour in giro per il mondo, quindi noi abbiamo provato a lavorare con il management di Steven per trovare un modo di bilanciare tutto quello che facciamo con tutte le band, purtroppo non siamo riusciti a organizzare tutto, quindi per il resto di questo tour non saremmo io e Marco con lui, quando ci sarà il prossimo album…chi sa?
Quanto è diverso suonare con Steven rispetto a suonare con gli Aristocrats?
Oh, completamente diverso! Quando suono con Steven c’è un gruppo più grande e un pezzo più piccolo di un puzzle più grande e la musica è, per la maggior pare, molto preparata e strutturata, tutto deve essere sincronizzato con le proiezioni video, quindi è una cosa molto più specifica. In quel gruppo io sono, immagino, l’esperto di chitarra e quando c’è il momento della chitarra faccio il mio lavoro. Con questa band [gli Aristocrats]…è il nostro bambino, noi scriviamo tutta la musica, prendiamo tutte le decisioni, l’etichetta è nostra, abbiamo totale controllo su ogni aspetto di quello che facciamo; ci rispettiamo l’un l’altro e cerchiamo di agire come una completa democrazia.
Preferisci suonare con uno rispetto ad un altro?
Beh, penso che sia una buona cosa avere uno stile di vita musicale bilanciato piuttosto che fare sempre solo una cosa, ma come è detto questo è il nostro bambino, è una sensazione diversa se è la tua musica e se tu hai creato qualcosa dal nulla; è una bella esperienza con questa band anche solo guardarla crescere, vederla svilupparsi musicalmente e vedere il numero di fan crescere un po’.
Parlavi di stile di vita musicale bilanciato, tu insegni, scrivi per riviste, suoni in vari gruppi, componi, c’è un approccio alla musica che preferisci?
Diciamo che sto cercando di eliminare tutto l’insegnamento, non ho avuto uno studente privato in circa dieci anni, davvero non mi sento un insegnante! Ci sono certe cose che penso di poter spiegare bene, ed è tutto basato sul fatto che sono autodidatta e ho iniziato a suonare molto giovane, quindi cerco di spiegare a musicisti con un educazione maggiore della mia come ci si sente ad avere 3 anni, com’è completamente diversa la tua relazione con la musica se cominci ad imparare così giovane senza preconcetti. Ma davvero penso che probabilmente ho più da offrire scrivendo e registrando e suonando live, facendo queste cose, quindi cerco di focalizzarmi di più sull’essere un suonatore piuttosto che un educatore.
Hai vinto il premio “Guitarist of the year” nel 1993 ma è solo nel 2000 che hai pubblicato il tuo primo album con gli Asia e nel 2006 il tuo album solista, come mai ci hai messo tanto? Perché non hai pubblicato niente prima?
Questo era un periodo prima della nascita di Internet, sarà una cosa difficile da credere per alcuni di voi lettori, ma se suonavi un certo tipo di musica specializzata con un piccolo seguito sparso per tutto il mondo era davvero difficile raggiungerli.
Mi ricordo quando ho vinto il premio “Guitarist of the year” e ovviamente è stato molto bello ricevere un encomio del genere, ma di fatto ho ricevuto un amplificatore gratis, un’intervista su una rivista di chitarre e poi…sono tornato a lavorare al McDonald; non è stato esattamente come se fosse arrivato il Natale in termini di una carriera, è stato bello sapere che qualcuno apprezzava il modo in cui suonavo, ma non è che abbia “sfondato” come potresti pensare. Quindi ho speso alcuni anni trascrivendo spartiti e insegnando e via dicendo, scrivendo musica solo per me stesso perché non pensavo che ci fosse un mercato per quello che facevo, non pensavo interessasse a nessuno.
E così nel 2000 hai finalmente registrato il tuo primo album insieme agli Asia…
Era così tardi?
Sì, penso di sì; comunque dicevamo, hai mai sentito la pressione di registrare il tuo primo album in assoluto con una band così importante?
Non esattamente, non sapevo molto degli Asia prima di ricevere la chiamata, se ho sentito qualche pressione è stato quando sono andato in studio e hanno fatto partire la backing track e ho realizzato che gli altri musicisti erano Vinnie Colaiuta e Simon Phillips e Tony Levin, perché c’erano molti turnisti su quell’album
Quindi non sapevi niente degli Asia prima?
No, davvero; pensavo che sarebbero stati un band più prog, non avevo realizzato quanto fossero più orientati verso singoli Pop/Rock da 4 minuti, quindi era una band più commerciale di quanto mi aspettassi.
Stai lavorando con la Charvel da circa 3 anni ormai, come è nata questa collaborazione?
Penso di aver incontrato i ragazzi a qualche fiera, tipo il NAMM o qualcosa del genere, ed è stato chiaro fin da subito che volevano davvero lavorare con me e, parlando di che tipo di relazione potevamo avere, mi è molto piaciuta la loro proposta. Invece di dirmi “bene, faremo questa e quella chitarra, tu ne avrai una in blu con le tue iniziali al 12esimo tasto e la chiameremo il tuo modello signature” mi hanno detto “invece di fare così costruiamo qualcosa dal nulla e facciamo in modo che sia la tua chitarra dei sogni, ascolteremo tutti i tuoi feedback e tutte le tue richieste” e così ho speso almeno i 2 anni successivi suonando in giro per il mondo diversi prototipi.
Quindi il modello che usi ora è quello definitivo?
E’ un progetto in via di sviluppo, stiamo ancora parlando di altre cose eccitanti che potremmo fare, ma quello che mi piace è che sono stati così gentili da ascoltare tutto quello che potevo riferirgli su come la chitarra suonava; questo è buono per i ragazzi e buono per me, così io posso suonare una chitarra che davvero mi piace molto e, si spera, questo aiuterà loro a venderle.
Cosa cerchi in una chitarra?
Mi piace quando una chitarra può adattarsi a molti territori stilistici diversi perché una così strana soglia dell’attenzione come suonatore: mi piace il Jazz, il Country e il Funk, il Rock e immagino di dover dire anche il Metal. Solitamente dovresti avere un diverso tipo di strumentazione per ognuno di questi stili, a me piace l’idea di poter passare da uno stile all’altro in qualsiasi momento, solo perché questa è la mia idea di musica, non penso tanto in termini di generi che sono scatole separate; penso che esistano solo due tipi di musica: la buona musica e quella cattiva. La buona musica dovrebbe essere un miscela di tutto quello che ti piace in quanto ascoltatore quindi, si, cerco una chitarra versatile che possa darmi un tono “grosso” da Jazz, o funky tipo Nile Rodgers, o tagliente come Eddie Van Halen.
Dicevi che ti piacciono diversi generi, stili musicali, ce n’è uno che preferisci o che ti diverti di più a suonare?
Non necessariamente, infatti non mi piace sentirmi inscatolato e che tutto quello che suono appartenga ad un genere, mi piace la situazione dove ho la libertà di inventarmi le cose; per me generi diversi non sono linguaggi diversi: sono lo stesso linguaggio, semplicemente sono diversi dialetti, o diversi accenti, e io sento connessioni tra tutti questi stili.
Grazie dell’intervista Guthrie, ti lasciamo questo spazio finale se vuoi lasciare un messaggio per i lettori.
Ciao, sono Guthrie, verremo in Italia a breve, spero di vedere alcuni di voi lì, let’s have some fun!