Intervista The Dead Daisies (John Corabi)
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A poche settimane dall’uscita del nuovo disco dei The Dead Daisies, “Burn it Down“, abbiamo incontrato il cantante dell’a band, l’ex Mötley Crüe John Corabi.
Insieme abbiamo parlato del nuovo album, del nuovo batterista Deen Castronovo (ex Journey), della band in generale ed di altro ancora.
Ricordiamo che la band suonerà in Italia al Live Club di Trezzo Sull’Adda il 5 maggio.
Intervista a cura di Davide Sciaky
Ciao John, benvenuto su TrueMetal! Come stai?
Bene, penso di stare finalmente guarendo da un brutto raffreddore.
Ho avuto la bronchite per una settimana, ho appena preso oggi la mia ultima pillola quindi spero di svegliarmi domani e stare bene.
La scorsa settimana avete suonato il vostro primo tour inglese completamente sold-out, com’è andato? Vi aspettavate un risultato così buono?
Non puoi mai saperlo, è una cosa imprevedibile perché non c’è modo di sapere cosa farà il pubblico, capisci quello che voglio dire?
Il pubblico è sempre stato in costante aumento ogni volta che siamo tornati in Europa, ma non ci aspettavamo un pubblico così numeroso, letteralmente ogni show nel Regno Unito è andato sold-out, e pure qui in Europa sta andando alla grande, se non sono sold-out ci manca fottutamente poco ogni volta.
È davvero fantastico.
Sei soddisfatto dall’accoglienza del nuovo album da parte del pubblico e dalla critica?
Sì, non ho sentito una sola parola negativa, l’album è…penso sia uscito da due settimane, è uscito il 6 aprile quindi sono due settimane, ed è già entrato in tutte queste diverse classifiche nel mondo, quindi siamo piuttosto soddisfatti, sì.
Guardando la tracklist di “Burn it Down”, il vostro nuovo album, ci sono molte canzoni come “What Goes Around”, “Bitch”, “Leave Me Alone” e altre ancora che mi danno l’idea di un album piuttosto arrabbiato; di cosa parla?
Non direi che è arrabbiato, molto parla di…si raccoglie ciò che si semina [in inglese “what goes around comes around” N.D.R.], ‘What Goes Around’ sostanzialmente parla della vita in generale, è solo un modo di dire, “Ehi amico, chi la fa l’aspetti”, questo è tutto.
‘Bitch’ è una vecchia canzone dei Rolling Stones di cui suoniamo una cover ed è una canzone che ci fa impazzire.
Sai, molte di queste canzoni sono…‘Resurrected’ parla di, in tutta onestà molta gente mi dava per finito dopo il periodo in cui ero nei Mötley, e anche il nostro batterista Deen ha passato dei momenti difficili un paio d’anni fa, pensava, “Non credo che nessuno vorrà mai più lavorare con me”, quindi è un modo di dire, “Sono ancora qui a fare quello che amo e mi sto divertendo”.
‘Rise Up’ è sostanzialmente, giusto oggi prima di venire qui vedevo che oggi è l’Earth Day e facevano vedere queste isole di plastica lunghe chilometri che galleggiano nell’Oceano Pacifico e cose del genere; ‘Rise Up’ parla di politica, di gente arrabbiata che litiga su Facebook, del riscaldamento globale, sai, è un, “Ragazzi, non cambierà niente finché non ci cominceremo a fare qualcosa in prima persona”.
Quindi non direi che è un album arrabbiato, è più un album realista, questo è quello che succede.
Penso che nella band viviate tutti o quasi in posti diversi; vedevo che siete tutti accreditati come autori della musica del nuovo disco quindi mi chiedevo, come funziona il processo di scrittura per voi?
Sostanzialmente diciamo, “Ehi, vogliamo fare un nuovo album”, David, il nostro chitarrista, lui vive tra Sydney in Australia e New York, è anche un businessman, quindi andiamo tutti a New York, stiamo lì per una settimana e andiamo ogni giorno in un piccolo studio se scriviamo.
Una volta che siamo pronti, quando abbiamo 15-20 idee andiamo a Nashville e registriamo tutto.
Poi tutti tornano [fischia] da dove sono venuti.
Deen Castronovo è entrato nella band da poco, non molto prima che cominciaste a lavorare al nuovo album, in che modo ha contribuito a “Burn it Down”?
È un grande batterista!
Una cosa che è diversa rispetto a quando c’era Brian [Tichy], perché Brian è batterista altrettanto fantastico, ma Deen contribuisce molto in termini di voce, voce secondaria, è un cantante lui!
Quindi c’è quello, dà una spinta alle backing vocals, è poi c’è il suo modo di fare in generale, come dicevo prima non pensava che nessuno avrebbe mai più lavorato con lui, quindi è semplicemente molto felice di essere qui, è sempre un, “Buon giorno ragazzi! Come andiamo?”, “Facciamo…!”, sai, è divertente, sempre pronto a divertirsi e semplicemente entusiasta di essere qui.
È felice di suonare Rock N’ Roll di nuovo e di trovarsi ancora una volta davanti ad un pubblico, ha quest’energia positiva davvero bella.
Ora vorrei parlare un po’ della band: innanzitutto, ho visto che vi definite un collettivo e non una band, cosa significa?
Quando hanno iniziato, penso che David fondamentalmente voglia una band, ma si rende anche conto che la gente con cui lavora, gente come Marco, Deen, Doug, io, prima c’erano Richard Fortus e Dizzy Reed [entrambi membri dei Guns N’ Roses], sono gente molto talentuosa e quindi sempre molto richiesta.
Questo è quello che è successo con Brian, l’anno scorso ogni volta che avevamo una pausa andava a suonare con Steven Tyler [Aerosmith], andava a suonare con Don Felder degli Eagles; quest’anno gli hanno offerto degli show con loro e non poteva suonare quelli e stare nella band.
Quindi è chiamato un collettivo perché per un po’ era…c’era gente diversa che arrivava per ogni album; ma questa lineup è stata la stessa per tre anni, due anni, qualcosa del genere, e vorremmo continuare così, quindi incrociamo le dita che a nessun membro della band venga offerto un posto nei Led Zeppelin, capisci quello che voglio dire?
Questa sarebbe stata la mia prossima domanda: l’idea è quindi di mantenere la lineup il più stabile possibile.
Sì, esatto.
La prima volta che ho sentito parlare dei Dead Daisies sono rimasto affascinato da questo gruppo di grandi musicisti che venivano da tanti ambienti diversi guidati da David Lowy, un businessman senza alcuna esperienza nel mondo della musica…
Be’, in realtà aveva un po’ di esperienza, solo non a questo livello.
…qual è stata la tua reazione quando ti hanno offerto il posto di cantante?
Non li conoscevo, ho ascoltato un po’ della loro musica e ho pensato, “Oh, questa è roba forte”, non sapevo molto della band, sapevo che ne facevano parte Marco, Brian e Dizzy, non conoscevo Richard e David.
Sono andato in California e ho incontrato il loro manager, David Lowy e Richard e ho detto, “Forte, ci sono grandi musicisti, questo potrebbe essere divertente”.
Io ho anche la mia band solista, quindi facevo già cose con loro, ero contento, occupato, facevo soldi, quindi quando mi hanno chiamato mi sono detto, “Okay, penso di riuscire a fare entrambe le cose, proviamoci!”.
Non sapevo niente di David, i suoi business, niente, ho semplicemente ascoltato la musica e pensato, “Forte!”.
Siamo andati e abbiamo suonato uno show a Cuba, poi mi hanno detto “Ehi, ti va di registrare un album?”, “Certo”, quindi sono andato in Australia e l’abbiamo registrato.
E’ come la mafia, ora non ne posso più uscire.
Quando vi ho visti all’Hellfest l’anno scorso avete suonato 6 canzoni di cui 3 erano cover; con tre album vostri, ora quattro, avete tanta musica originale a disposizione, come mai questa scelta?
Durante questo tour stiamo suonando 17, forse 16, 17 canzoni e penso che solo due siano cover.
Non ti so spiegare la scelta dell’Hellfest, spesso la scaletta cambia giorno per giorno, non so cosa stessimo pensando quando ci hai visti l’anno scorso, può essere che il nostro management ci abbia detto, “Ehi, questa volta suoniamo una scaletta più dura, più aggressiva”, e magari hanno guardato le nostre scalette e detto, “Penso che queste siano le 6-7 canzoni più aggressive”.
Non ci frega davvero un cazzo se sono cover, una bella canzone rimane una bella canzone; è divertente perché molte band con cui sono cresciuto, voglio dire, pure il primo album dei Led Zeppelin era composto per metà da cover, capisci quello che voglio dire?
Quindi non ci preoccupa, si tratta solo di…sai cos’è divertente? È un nostro omaggio alla musica con cui siamo cresciuti, ma molta gente non si accorge neanche che sono cover.
Per esempio prima parlavamo di ‘Bitch’ e mi dicevi, “Queste canzoni sono aggressive”, e non sei neanche l’unico.
Quando dico, “Vi rendete conto che ‘Bitch’ è una canzone dei Rolling Stones” mi dicono “Oh…non ne avevo idea”.
Quindi in un certo senso…è molto divertente, potrei mettere insieme una scaletta, potremmo andare a suonare un intero concerto di cover e c’è chi penserebbe che è tutta musica nostra, lo trovo molto divertente.
Ma quella è la musica con cui sono cresciuto io, tu sei molto più giovane di me quindi non conoscerai molte di quelle canzoni nello stesso modo in cui le conosco io.
A dirla tutta ora mi sento scemo dato che penso che gli Stones abbiano pure suonato ‘Bitch’ l’ultima volta che li ho visti…
No, no, no, è divertente ma si tratta di una di quelle canzoni che, anche il modo in cui la suonano loro sul disco ha questo bel riff, e quando l’abbiamo registrata volevamo fare una canzone dei Rolling Stones, un nostro omaggio agli Stones, e ci sono un milione di canzoni che avremmo potuto fare, ma questa canzone, quel riff, “Da du, da du, da du, da du, da da” si inseriva bene nel resto del nostro disco.
Quindi l’abbiamo suonata un po’, l’abbiamo fatta nostra e sta andando alla grande, ma è divertente perché quando sono sul palco devo dire, perché molta gente è lì tipo, “Non conosco questa canzone, di chi è? L’avete scritta voi?”, è fantastico, quindi ora ogni volta all’inizio devo dire al pubblico, “Questo è un pezzo di uno dei più grandi gruppi Rock N’ Roll della storia, i Rolling Stones!”, boom, e poi la suoniamo.
Nessuno la riconosce, è divertente.
Spesso quando un musicista suona in una band grossa finisce per rimanere l’”ex cantante, chitarrista” o quello che è, di quella band per tutta la sua carriera anche dopo aver lasciato il gruppo in questione. Ti dà fastidio essere ancora etichettato come l’ex cantante dei Mötley Crüe più di vent’anni dopo quell’esperienza?
No, perché non ci posso fare niente, non posso cambiare questa cosa.
Sarebbe come se qualcuno venisse a chiedermi, “Ti dà fastidio essere bianco?”, capisci? Ci sono cose che non puoi cambiare.
Non mi interessa!
L’unico caso in cui mi incazzo un po’ è se qualcuno viene da me e comincia a rompermi il cazzo per essere stato nei Mötley Crüe, in quel caso mi fermo lì e gli dico, “Aspetta un attimo…”.
Un paio di mesi fa qualcuno mi ha scritto dicendo, “Sei un perdente, bla, bla, bla, vaffanculo, i Mötley Crüe sono…” e mi diceva, “i Mötley Crüe, sono solo Tommy, Nikki, Mick, Vince”, okay, dimmi qualcosa che non so già…
Ma gli ho semplicemente risposto, “Amico, questo è quanto, ero in una band e mi è stato chiesto di entrare in quella che all’epoca era una delle, se non la più grande Rock band americana al mondo. Dimmi che se fossi stato nella mia posizione non avresti fatto lo stesso.”.
Non è qualcosa a cui puoi dire di no.
Esatto, quindi potremmo stare qui a dire, “Mi dà fastidio che 20 anni dopo la gente parli di me ancora come dell’ex cantante?”, potrebbe, ma d’altro canto, guardando il lato positivo, una cosa che cerco sempre di fare, essere etichettato in quel modo mi ha permesso di continuare a fare tante cose nuove.
Pure quando faccio le mie cose acustiche da solo dicono, “John Corabi, ex bla, bla, bla” e la gente, magari per curiosità, viene a sentirmi.
Quindi va bene, non mi faccio toccare da queste cose, anche nelle recensioni di dischi, di concerti, di film, ho parlato con gente che mi ha detto, “Oh Dio, Braveheart mi ha fatto schifo”, ma sono andato a vederlo lo stesso e penso sia un gran film.
Quindi va tutto bene.
Questa era la mia ultima domanda, grazie per la tua disponibilità.
Ciao amico, grazie.
Ti lascio l’ultima parola se vuoi fare un saluto ai tuoi fan.
Onestamente, grazie di tutto ragazzi, il supporto che i Dead Daisies hanno ricevuto è stato incredibile, lo vediamo crescere continuamente e non vi possiamo ringraziare abbastanza.
Alla prossima!