Intervista Theatres Des Vampires (Sonya Scarlet)
Torna alla ribalta una band protagonista della scena gothic metal nostrana, tra quelle che più hanno contribuito a identificare con coraggio e personalità il canone del gotico italiano. Amatissimi all’estero, dopo 5 anni di silenzio discografico sono pronti a dar seguito alla loro carriera con un nuovo lavoro, a 20 anni esatti dal debutto. Abbiamo fatto quattro chiacchiere son Sonya, singer della band, per approfondire il discorso sul loro ultimo disco e scoprire cosa i vampiri italici hanno in serbo per il futuro.
Intervista raccolta da
Marco Tripodi
Salve Sonya, grazie per questa intervista. Il penultimo studio album dei TDV risale al 2011 (“Moonlight Waltz”). Da allora è seguito un periodo di silenzio. La band non è andata spasmodicamente in cerca di visibilità mediatica, c’è stato lo split con Fabian Varesi prima e Stephan Benfante poi; sui social mi è capitato di vedere diverse tue foto in zone problematiche del mondo, come il Nepal, sempre circondata da fango, macerie, povertà e bambini sorridenti pur senza avere niente. Come sono stati gli ultimi 5 anni in casa Theatres Des Vampires?
Ciao Marco, intanto un grazie per l’intervista e per il supporto di True Metal alla nostra band. Iniziamo con il dire che in realtà abbiamo trascorso gli ultimi anni in modo piuttosto movimentato. Abbiamo preferito lavorare in silenzio affrontando cambiamenti importanti e concentrandoci sulla lunga composizione del nuovo album senza clamori inutili. Credo che non sia necessario dover sempre mettere in mostra tutto specialmente quando i cambiamenti riguardano la line-up storica della band e la conseguente ricerca di un nuovo equilibrio interno. Sono stati senz’altro 5 anni faticosi e difficili, abbiamo superato alcuni momenti neri restando uniti, con tanta costanza e con la voglia di portare avanti la band, credendoci sempre fino in fondo. Ne siamo usciti a testa alta con una nuova energia, una line-up di tutto rispetto e un disco in uscita il 14 Ottobre.
Per quanto riguarda i miei viaggi nei paesi meno fortunati del nostro, sono stati e sono tutt’ora una parte importante del mio percorso indipendentemente dai concerti o dai dischi in uscita. Sono realtà difficili, sono difficili da vedere e difficili da gestire interiormente… sono viaggi dai quali si torna sempre diversi e che ti aprono gli occhi sul concetto vero di vita e su quanto possiamo ritenerci fortunati anche si ci piangiamo addosso ogni giorno. Ma questa è un’altra storia e ci vuole il giusto spazio per poterne parlare a dovere. In conclusione si, sono stati 5 anni di intenso silenzio diciamo!
Lo spunto per “Candyland” deriva dal sanatorio della Pennsylvania nel quale una stanza dai colori accesi (“Candyland” appunto) era adibita a bambini ed adulti con turbe psichiche. Immagino un luogo di violenza e abiezione. Puoi raccontarci più in dettaglio il concept che soggiace al vostro nuovo album e in che modo le varie tracce sono legate tra loro, se lo sono?
Tutto è nato dalla visione di uno special sul manicomio di Pennhurst, dove si parlava delle atrocità commesse nei confronti dei pazienti ricoverati, delle violenze perpetrate per moltissimi anni su gente indifesa, degli esperimenti fatti su adulti e bambini e di Candyland, la stanza nello scantinato dalle pareti coloratissime e dai grandi disegni infantili dipinti sui muri, dove venivano rinchiusi i bambini considerati “ritardati” e gli adulti con un quoziente intellettivo pari a quello di un bambino di 4 anni. Tante sono le testimonianze sulle atrocità commesse, tante sono le persone ricoverate e mai uscite… tanti i bambini scomparsi. “Candyland” è dedicato a coloro che sono stati abbandonati, confinati nella loro pazzia, chiusi e nascosti nella propria mente, è dedicato a coloro che sono stati rifiutati dalla società , sepolti vivi e lasciati affogare nelle proprie paure, lontano dalla vita stessa.
Il disco è un viaggio nelle ossessioni di tutti noi, chi crede di essere morto e sente il proprio cuore senza battito e la propria carne andare in putrefazione (“Delusional Denial”) chi non vuole addormentarsi per paura di essere ucciso e disegna croci sul muro per restare sveglio (“Parasomnia”) e chi è rinchiuso sin da bambino tra le mura di Candyland ed ascolta le cantilene dei bimbi deceduti e sepolti nei suoi corridoi. Ma “Candyland” non è solo questo. ”Seventh Room” è ispirata alla la novella di Poe “The Masque of the Red Death”, sulla quale abbiamo avuto l’importante partecipazione di Fernando Ribeiro (Moonspell). In “Opium Shades” è invece Coleridge che parla mentre scrive il suo “Kubla Khan”, ispirato da fantastiche visioni d’oppio mentre sente il suo fluido scorrere nelle vene. E via dicendo… ogni canzone ha un senso, un significato e una storia… che sia una paura, una visione, un delirio. “Candyland” rappresenta l’inferno di ciascuno di noi, diverso per ciascuno di noi, una sorta di dannazione, il non voler reprimere la nostra zona d’ombra, il non voler poi guarire fino in fondo perché, alla fine, la amiamo e fa parte di noi.
Rispetto agli esordi black metal, seppur sinfonici, il vostro orizzonte semantico di riferimento sembra aver abbandonato il soprannaturale ed il “diabolico”, per orientarsi piuttosto su ansie, paure e disagi assai più concreti, umani e contemporanei. Da questa prospettiva, come ritieni si siano evoluti testi e musica dei TDV?
Dopo il 2004 musica e testi hanno seguito una diversa direzione. Come unica cantante della band ho voluto fare “mie” sia le tematiche che le sonorità, ed insieme a Fabio e alla band abbiamo deciso di spostarci verso un sound più gothic metal e verso tematiche più particolari. Amo molto la letteratura e adoro scrivere… il soprannaturale è interessante ma non avrei mai potuto limitarmi ad esplorare un solo campo. La mente umana ha in sé una ricchezza incredibile e, a volte, la realtà è ancora più spaventosa dei nostri peggiori incubi. Quindi dalla letteratura alle ossessioni, alla realtà, ad un dipinto… tutto può ispirare i miei testi cosi come tutto può ispirare la nostra musica.
La band ha sempre attratto attenzioni radicali nei propri confronti, difficilmente il pubblico si è limitato a definirvi “carucci”; capita spesso di leggere commenti a notizie e recensioni che vi riguardano totalmente opposti e contrari, chi vi ama incondizionatamente, chi vi critica in modo distruttivo. Certamente la vostra immagine forte (in un contesto come quello italiano poi) ha solleticato gli haters di professione. Tu come vedi questo modo di porsi un po’ fondamentalista nei vostri confronti? E’ tutt’ora così o la situazione si è più moderata nel corso degli anni?
Diciamo che questa è stata una particolarità tutta italiana ma devo dire che nel corso degli anni le cose sono cambiate molto, la scena musicale metal si è sviluppata, si sono allargati gli orizzonti e sono nate tante band. Sicuramente ci sarà sempre chi avrà un giudizio netto su di noi, bianco o nero, (sicuramente meglio di carucci!) ma questo non mi da problemi, rispetto le opinioni di tutti, la nostra musica non può piacere a tutti, sarebbe assurdo, diventeremmo mainstream!
Hai preso le redini della band, come frontwoman, all’altezza di “Pleasure And Pain” (2005), benché anche nei due dischi precedenti il tuo ruolo andasse ben oltre quello della semplice “corista”. “Pleasure And Pain” è stato un album spartiacque per molti versi nella vostra discografia. Le carte in tavola cambiarono e parecchio. Tra l’altro offriste sonorità inedite al vostro pubblico, intrise di (pop/new) wave e post metal, una visione estremamente moderna di rock gotico e alternativo. Tuttavia, a partire da “Anima Noir”, il sound cambiò ulteriormente, assestandosi su coordinate electro-goth-metal più quadrate e “codificate”. Come mai quell’album è rimasto un po’ una mosca bianca nel vostro percorso artistico, a tuo parere?
Onestamente non lo so… ogni album è diverso dall’altro e segue percorsi mentali e compositivi differenti. Proprio perche bisogna seguire la propria strada e oggi non posso essere la stessa persona di ieri. Le mie esperienze sono cambiate, le mie visioni si sono arricchite, ogni album sarà sempre un po’ diverso dagli altri, e questo è sempre uno dei nostri obiettivi, cercare di andare avanti e non essere una pallida copia di se stessi, avere sempre qualcosa di diverso da raccontare.
Pur mantenendo elementi dichiaratamente gothic, “Candyland” mi pare un album più metal dei due precedenti, complessivamente più robusto e compatto, meno “glamour”, semi passi il termine. Condividi questa opinione? E’ stato qualcosa di voluto consapevolmente o una naturale e libera evoluzione del vostro songwriting?
La condivido assolutamente. “Candyland” è l’inferno in terra, rappresenta le nostre paure… non ha orpelli… ha quella malinconia di fondo che si percepisce sotto una struttura massiccia e violenta, intervallata da momenti che ricordano ancora le nostre atmosfere; ma alla dolcezza di quegli istanti si sovrappone il malessere di un’anima tormentata… della tua anima, e le visioni distorte ricominciano ad agitarsi nella testa.
Considerando che venite da qualche anno di sottoesposizione, come si prospettano i prossimi mesi? Ho visto che avete un nuovo logo fresco fresco di conio. Come promuoverete l’album? Riprenderete con date live anche in Italia, oltre che all’estero? Ho visto intanto una presenza a Modena per il 1° Ottobre.
Siamo tornati e siamo pronti per i prossimi live. A breve verrà pubblicato il nuovo video, seguiranno le date di Modena il 1 ottobre, dove saremo headliner al Modena Metal Ink Festival e le date in Russia a fine ottobre. In cantiere un tour in Europa e un tour in Sud America nel 2017. Sicuramente organizzeremo live anche in italia, a breve le prossime news!
Siete dei musicisti e quindi anche ascoltatori compulsivi di musica immagino. C’è qualche band o album in particolare che ha accompagnato le vostre sessioni di registrazione e che magari, più o meno coscientemente, ha fornito spunti e stimoli per costruire le architetture di “Candyland”?
Dovresti entrare nella testa di Christian Ice (storico produttore dei TDV – nda) …e fidati… è’ impossibile!!!
Grazie ancora per il tuo tempo e in bocca al lupo per ogni passo futuro!
Grazie a voi ragazzi e ai lettori di True Metal per l’attenzione.. in blood we lust!!