Intervista Tim Aymar (Pharaoh, Angband, Control Denied)
Con questa intervista ripercorriamo i differenti periodi della carriera di una delle voci più espressive e al tempo misconosciute della scena metal statunitense. Scelto da Chuck Schuldiner per quella splendida avventura chiamata Control Denied, Tim Aymar ha poi proseguito la propria attività partecipando a numerosi progetti, che gli sono valsi lo status di cantante di culto.
Intervista a cura di Marco Catarzi
Ciao Tim, benvenuto su TrueMetal.it. Puoi raccontarci come ti sei avvicinato alla musica nella tua adolescenza?
Da bambino presi parte al programma di musica della mia scuola. Ho cantato nel coro e suonato la tromba fino ai 14 anni. Al tempo amavo chi cantava in falsetto e su toni alti, poi ho scoperto l’heavy metal e me ne sono innamorato. A 15 anni mi sono unito alla mia prima band, suonavamo pezzi hard rock e heavy metal. In più di quarant’anni di carriera ho cantato altri generi, ma il metal resta il mio vero amore.
I 313, negli anni in cui erano in attività (1985-1987), non hanno pubblicato niente di ufficiale, ma nel 2019 vario materiale è stato raccolto in una compilation.
Ci siamo andati vicini. Partecipammo a uno show trasmesso a livello nazionale chiamato Metal Shop e ricevemmo un’offerta da CBS/Parc Records, ma la band è andata in pezzi e ognuno ha preso la propria strada. Trent’anni dopo, Divebomb Records si è ricordata di noi e ha pubblicato il nostro materiale in una compilation. Del periodo con i 313 ricordo l’immensa creatività, l’incoscienza e l’amicizia tra di noi. Scrivevamo pezzi e suonavamo in continuazione, come mai prima mi era capitato. Abbiamo lavorato duramente, ci incontravamo in sala prove 4 o 5 volte a settimana e i risultati erano sotto gli occhi di tutti.
Anche gli Psycho Scream (1994-1998) non sono mai arrivati al full-lenght, eppure le canzoni dei demo erano indubbiamente interessanti, all’insegna di un power metal elaborato e potente. Ci sarà mai possibilità di veder pubblicati quei pezzi?
Abbiamo inciso un EP di 6 pezzi, che ha attirato l’attenzione degli addetti ai lavori, ma ancora una volta la band si è dispersa, solo io e Jim Dofka (chitarrista) abbiamo continuato a scrivere materiale, cercando di mettere insieme una nuova formazione. Poi sono entrato nei Control Denied e abbiamo pubblicato The Fragile Art Of Existence. Poco dopo sono tornato negli Psycho Scream per registrare un album completo, ma ci siamo nuovamente separati. Jim ci ha lavorato negli ultimi due anni, spero che presto possa veder la luce.
Per molti il tuo nome è venuto alla ribalta con i Control Denied. Come hai conosciuto Chuck Schuldiner?
È stato proprio Jim Dofka a mettermi in contatto con Chuck, che ha chiesto di “avermi in prestito” per i Control Denied. Jim non si è opposto, sapeva che questa collaborazione avrebbe dato una spinta alla mia carriera. Chuck mi ha chiamato e siamo andati immediatamente d’accordo. Mi ha invitato a casa sua in Florida per un’audizione, abbiamo registrato tre canzoni ed è andata bene.
Quali ricordi hai della lavorazione di The Fragile Art of Existence?
È stato bellissimo lavorare con Jim Morris e con gli altri. Poi Chuck ha iniziato a soffrire di forti mal di testa che gli impedivano di dormire. Si manifestò anche una paralisi parziale alla mano sinistra, era molto spaventato. Gli consigliai un chiropratico perché anch’io seguivo dei trattamenti per alcune lesioni che avevo subito al collo e alla schiena. Purtroppo tutti noi sappiamo come si è conclusa questa storia.
Ci sono particolari momenti del tuo rapporto con Chuck Schuldiner che vuoi raccontarci?
Ci svegliavamo e facevamo colazione con caffè e ciambelle, chiamavamo la stazione radio locale per chiedere che mandassero in onda brani southern rock, cantavamo insieme prima di iniziare le prove nel suo studio di casa. Ci siamo divertiti un mondo. Dopo due settimane però mio fratello minore morì. Chuck e la sua famiglia mi accompagnarono all’aeroporto affinché tornassi immediatamente a casa. In quel tragitto Chuck disse che da quel momento saremmo stati legati dal dolore oltre che dall’amore per l’heavy metal. Anche lui aveva perso suo fratello e aveva trasformato quell’esperienza nei Death, la cosa più importante della sua vita. Una settimana dopo, quando arrivò il momento di registrare, mi incoraggiò a dare tutto me stesso. Il nostro legame è diventato molto forte. Non era solo il leader della band, ma un amico sincero che considererò sempre come un fratello.
Le canzoni di The Fragile Art of Existence non sono mai state suonate dal vivo. Avete mai pensato di intraprendere un tour commemorativo con gli altri membri di quella formazione per suonare i pezzi dell’album, così come avviene per i Death col progetto Death to All?
Ho partecipato a due concerti in Costa Rica con una cover band dei Control Denied e diverse tribute band dei Death. Shannon Hamm [chitarrista di Death e Control Denied] ha presto parte alla seconda di quelle date. Andrò a Tampa, in Florida, per assistere agli spettacoli commemorativi dell’11 e del 12 dicembre, forse sarò invitato sul palco. Sarà una sorpresa.
Sono circolate molte voci su canzoni scritte da Chuck Schuldiner per un secondo album che avrebbe dovuto chiamarsi When Man and Machine Collide. Si è parlato spesso della possibilità che gli altri membri portassero a compimento quelle registrazioni.
Purtroppo non riusciremo a completarlo. Il nostro avvocato ha impiegato dieci anni per riavere i diritti per portare avanti le registrazioni e pubblicarlo, ma dopo tutti questi anni i file sulle unità su cui era archiviato il materiale sono andati corrotti. I dati si sono danneggiati senza alcuna possibilità di recuperarli.
Molti fans rimpiangono la figura di Chuck Schuldiner, per la sua scomparsa così prematura e per l’importanza della sua musica. Che cosa pensi avrebbero potuto fare i Control Denied se non ci avesse lasciati così presto?
Se tutto fosse andato secondo quello che io e Chuck ci dicevamo, avremmo pubblicato dieci o più album e poi ci saremmo ritirati, per ritrovarci adesso con le nostre barche al largo della costa orientale della Florida. Avevo totale fiducia in Chuck e nella band.
Prima dell’uscita dell’esordio dei Pharaoh, hai partecipato al demo Burnn dei Vicious Cycle, di cui però non esistono molte informazioni.
Poco dopo aver completato After The Fire [primo album dei Pharaoh], un mio studente di canto è venuto da me con un progetto da produrre. Non riusciva a trovare un singer, quindi ho cantato nei demo. I pezzi sono stati presentati a un concorso locale che abbiamo vinto. Uno dei brani si è classificato al primo posto dei download metal di Amazon.com. Abbiamo suonato molti concerti prima che la band si sciogliesse. Per gli altri membri era diventata un’esperienza troppo impegnativa, sebbene fossi io a cantare, produrre e spesso avevo il ruolo di tecnico del suono ai concerti. Si sono riformati senza di me, ma non hanno mai portato a termine nessuna incisione. Il ragazzo che ha scritto quelle canzoni suona anche chitarra e basso. Siamo tornati in buoni rapporti, abbiamo parlato di avviare qualcosa nel corso degli anni, ma non siamo ancora riusciti a farlo.
Nel 2014 hai pubblicato A Taste of the Light con i Xthirt13n, album decisamente poliedrico, tra prog, heavy e rock, e ricco di ottime canzoni. Come mai è rimasto un episodio isolato nella carriera della band?
Un’altra band che è rimasta schiacciata sotto il suo stesso peso. Non immaginavo che qualcuno si ricordasse dei Xthirt13n! Ero tornato a Tampa da Pittsburgh per lavorare con quei ragazzi dopo nove mesi passati a comporre. Allora era quasi impossibile ritrovarsi per provare, e quando ci riuscivamo non era comunque sufficiente. Abbiamo fatto due concerti in quasi due anni, ero stanco di lottare affinché anche gli altri si concentrassero su questa band, così poco dopo sono tornato a Pittsburgh.
Puoi parlarci del progetto Aymargeddon?
Tengo molto a questo progetto. Canto e produco cover con amici musicisti con cui finora non ho mai avuto l’opportunità di lavorare o con cui voglio ritrovarmi nuovamente per fare qualcosa di divertente. Le canzoni che scelgo sono quelle che mi hanno ispirato come cantante e come fan, brani che mostrano il vero spirito del metal. Finora ho pubblicato solo tre pezzi (l’EP è disponibile qui: https://bnd.la/3onZAVq), perché è un progetto che passa in secondo piano rispetto all’attività con i Pharaoh e con gli Helios, la nuova band in cui, oltre a cantare, mi occupo della produzione. Quando avrò tempo comunque produrrò altro sotto il monicker Aymargeddon.
Veniamo al presente. I Pharaoh sono la band con cui hai inciso più album finora, tutti di gran livello, pubblicati per l’italiana Cruz del Sur.
Poco dopo aver lavorato ai demo dei Control Denied, Matt Johnsen, chitarrista dei Pharaoh, mi chiese di cantare due canzoni per una compilation tributo agli Iron Maiden, e successivamente per un’altra raccolta. Dopo aver registrato The Fragile Art of Existence, mi hanno ricontattato per prender parte al loro disco d’esordio, After The Fire, che ha avuto ottimi riscontri, così ho deciso di entrare nella band e non ne sono rimasto deluso. Siamo cresciuti di livello album dopo album, aspetto che ritengo fondamentale. Oltre ad essere eccellenti musicisti, sono ragazzi fantastici con cui sentirsi e passare del tempo.
Nell’ultimo The Powers That Be (2021) (qui recensione) la tua prestazione vocale si muove su registri più ampi rispetto al passato, e anche a livello musicale c’è maggiore introspezione e un songwriting più variegato. Sarà questa la direzione che dobbiamo aspettarci in futuro?
Contiamo di aver un approccio ancora più potente e progressivo in futuro. Proprio l’altro giorno ho parlato con Matt su come potrebbe suonare il prossimo disco e lui ha proposto spunti molto interessanti. Sono curioso di vedere cosa ne verrà fuori.
Passiamo agli Angband, e alla pubblicazione dell’ottimo IV (qui recensione) nel 2020 per Pure Steel Records. Com’è nata la collaborazione con il chitarrista Mahyar Dean?
Per molti anni Mahyar e io siamo stati in contatto su internet. La prima volta che ci siamo incontrati abbiamo parlato di tecniche di registrazione e attrezzatura, oltre che di altri aspetti. Sono stato felice quando mi ha chiesto di cantare per il suo progetto. Sapevo quanto significasse per lui e ho fatto del mio meglio.
Il sound di IV ha un approccio quasi minimalista e sembra strutturato per valorizzare al massimo la tua prestazione vocale.
Mahyar si è occupato del songwriting e della produzione dell’album, ad eccezione delle parti vocali che sono state incise con l’assistenza del mio caro amico Michael Procter qui a Pittsburgh e presso i Tonic Recording Studios, dove ho mosso i primi passi come produttore. Mahyar ha fatto un ottimo lavoro, lasciandomi libertà nell’interpretare le linee vocali che aveva scritto.
Lo scorso anno hai inciso un demo con gli Helios, è una tua nuova band a tutti gli effetti?
Sì, stiamo per completare il nostro album di debutto, Touch The Sun. Cercheremo di pubblicarlo in modo indipendente con la speranza abbia buoni riscontri e ci permetta di raccogliere parte del budget per il disco successivo. Se non fosse così, continuerò a scrivere, cantare, produrre e pubblicare in maniera indipendente. Anche se richiede molto impegno, è quello voglio, credo in questa band.
Quali sono le esperienze più belle che hai vissuto nella tua carriera? C’è qualcosa che rimpiangi e che avresti voluto fare diversamente?
La mia carriera mi ha permesso di essere riconosciuto come cantante e di guadagnarmi da vivere per un certo periodo. È più di quanto molti musicisti abbiano mai raggiunto. Ho “camminato tra gli dei”, sono molto grato di questo. Per quanto riguarda i rimpianti, penso che quando le cose vanno male, sia meglio raccogliere i pezzi, rimettersi in piedi e andare avanti.
Se potessi esprimere un desiderio, in quali band ti sarebbe piaciuto cantare?
Non vorrei essere altrove rispetto a dove sono adesso. Non sarò ricco e famoso, ma sono felice. Tutto ciò che voglio è che possa piacere la musica che faccio con le mie band.
Grazie mille per la tua disponibilità. Cosa possiamo aspettarci da Tim Aymar prossimamente?
Non fatevi sfuggire Touch The Sun, l’esordio degli Helios. Speriamo di pubblicare il primo singolo tra qualche settimana.