Death

Intervista Tribulation (Adam Zaars)

Di Arianna Govoni - 23 Giugno 2023 - 12:32
Intervista Tribulation (Adam Zaars)

A distanza di appena due anni dal precedente “Where the Gloom Becomes Sound“, i Tribulation tornano in attività con un nuovo EP. “Hamartia” è, infatti, il primo lavoro in studio con il nuovo chitarrista della band, subentrato allo storico chitarrista Johnathan Hùlten poco dopo la pubblicazione dell’ultima release e ci presenta una band in continua evoluzione, la cui voglia di mettersi in gioco e sperimentare diventa, via via, sempre più presente album dopo album. In esclusiva, vi presentiamo un’intervista condotta con il chitarrista della band, Adam Zaars, che così si racconta ai microfoni di Truemetal.it!

Ciao e benvenuto su Truemetal.it! È un piacere averti qui oggi! Siamo qui oggi per parlare dei Tribulation e, ovviamente, del nuovo EP della band, “Hamartia”. Vorrei partire da una domanda basilare che, però, ha stuzzicato molto la mia curiosità. “Hamartia”, se non erro, è una parola latina e significa “Errore/peccato”. Vorrei chiedervi qual è il significato che avete attribuito a questo EP e se, in qualche modo, le 4 tracce che lo compongono sono legate al concept/al concetto dell’errore o del peccato…

Um, beh, no, non proprio. La parola stessa ha diversi significati, ho pensato fosse una bella parola, suonava bene e sembrava fantastica. E’ un termine intrigante e dietro quella parola si celano concetti interessanti. E’ stata una combinazione di tutti questi elementi e sì, ha anche a che fare con il peccato. Letteralmente, “Hamartia” significa “mancare il bersaglio”, suppongo che abbia anche una visione pessimistica sulle persone ben intenzionate che finiscono per rovinare tutto con le loro buone intenzioni. Lupi travestiti da pecora, suppongo. E’ stata davvero questa la parola che ha suscitato la mia curiosità e vedere come il concetto di peccato è cambiato nel corso dei millenni. Il significato che gli ha dato chiunque abbia scritto la Genesi e chi ha scritto i libri del Nuovo Testamento. Significa qualcosa per Paolo, significa qualcosa per chiunque abbia scritto il Vangelo. Aveva anche altri significati, per molte correnti religiose. Il significato del peccato nella Genesi era qualcos’altro per loro rispetto a quello che aveva per le persone che la scrissero o la trasmisero.

Dal nuovo EP “Hamartia” avete pubblicato l’omonima titletrack e “Axis Mundi“. Che genere di feedback avete avuto?

Beh, non ho visto niente né dalla stampa né altre cose che sono circolate online, davvero, per cui non ne ho idea. Nel tour precedente abbiamo suonato ad Illa, lo scorso autunno e dando un giudizio basandomi su questo, posso dire che ha funzionato bene, soprattutto in occasione degli ultimi concerti, dove la gente ha avuto modo di ascoltare qualcosa in più. Non so davvero, perché non ho avuto modo di dare nessuna occhiata.

Ascoltando proprio questi due singoli, ho notato anche una sorta di “rinvigorimento”, se mi concedi il termine, forse l’entrata in lineup di Joseph (Tholl) ha portato alla band nuova linfa vitale, quindi una nuova energia anche per ciò che riguarda sia la musica che il songwriting. Cosa puoi dirci in merito? Come ha contribuito, effettivamente, Joseph nella creazione di “Hammartia”?

Sì, sono d’accordo con te. Quella è stata la sensazione che avevamo anche quando stavamo lavorando alle canzoni, l’energia nella band è stata molto creativa, in particolare ciò a cui lui ha contribuito maggiormente è stata “Axis Mundi“. È la sua canzone, anche lui era in studio con me e Johannes quando stavamo lavorando alle mie canzoni, solo dandoci una mano, cercando di trovare la forma giusta, lo schema corretto per inserire la canzone e provare la voce e tutto il resto. Ad eccezione di “Axis Mundi“, si può sicuramente dire che ha avuto un impatto anche sulle altre canzoni, in alcune ha persino cantato. Joseph e Johannes hanno condiviso le parti vocali, forse era il bridge, e questo ha portato davvero qualcosa in più al brano. Anche se si è trattato solo per un breve periodo di tempo, Joseph è stato un cantante in una metal band che si ispirava molo a gruppi tedeschi, quali Kreator, Destruction e band del genere; quindi con una piccola vibrazione ha contribuito, in qualche modo, alla sensazione generale di “Hammartia”, a conferirgli un suono un po’ più aspro.

Sai, ascoltando la titletrack, non so per quale motivo ho avuto l’impressione di sentire qualche passaggio “gothic rock” sulla scia dei Fields of the Nephilim per quel che riguarda il lungo assolo nella parte centrale del brano, quasi psichedelico; inoltre, il tutto è anche corredato dalla partecipazione di Rob Coffinshaker, leader dell’omonima band The Coffinshakers. Pensi che questa nuova svolta, o comunque questo rinvigorimento, come menzionavo prima, potrebbe essere la perfetta rappresentazione di ciò che sono i Tribulation del 2023?

Beh, sì, lo è. E’ questo quello che siamo adesso. Sì, voglio dire, ci sono sicuramente influenze gotiche ora ed erano presenti anche in passato, ma attualmente potrebbero apparire più pronunciate, suppongo; ad ogni modo, sì, è decisamente quello che siamo adesso, forse rappresenta la direzione che stiamo intraprendendo, nella quale stiamo andando, ma dovremo scoprirlo.

Sempre ricollegandomi al video, è bello constatare come nei vostri video ci sia sempre una sorta di chiave di lettura che il fan o chi vi vede percepisce a modo proprio. Nel video di “Hamartia” vediamo il personaggio salire su una barca che sembra portarlo nell’aldilà, con questo individuo che potrebbe essere visto come una sorta di Caronte dei giorni nostri, tant’è che in molti si sono chiesti che fine faccia, effettivamente, il protagonista. È decisamente una interpretazione interessante, perché, effettivamente, non ci è dato scoprirlo. Ti andrebbe di condividere qualcosa?

Uh, beh, non c’è molto da spifferare, tu stessa l’hai “letto” abbastanza bene il video. Ed è davvero aperto all’interpretazione. Con i Tribulation la maggior parte delle volte è così, anche i testi, anche adesso, rivelano qualcosa, ma, come ho detto, non c’è una vera e propria linea narrativa diretta. Nel caso del video, ha anche qualcosa a che fare con i testi, ma si tratta perlopiù di un’idea. Voglio dire, il personaggio principale ovviamente entra nella barca, sì, morirà ed è davvero solo. Un modo artistico di osservare la morte di qualcuno. Suppongo che sia guidato da queste quattro figure che lo catturano. È stato ispirato molto dal film “Blood For Dracula” (pellicola horror del 1974 diretta da Paul Morrissey, ndr) e da Warhol. Il regista era coinvolto in qualche modo, così come l’attrice che ha partecipato anche agli altri suoi film. Il video era molto ispirato da quel film e dal suo “gemello”, per così dire, “Flesh for Frankenstein” del 1973, quindi entrambe le pellicole sono molto comiche, ma sono anche molto belle, esteticamente curate e, allo stesso tempo, anche un po’ serie. Volevamo inserire anche un po’ di  quegli elementi, non per renderlo una pura commedia ovviamente, ma c’è qualcosa di sinistro a causa dell’umorismo oscuro presente in quei film. Volevamo inserire anche un po’ di questi elementi. Cosa gli succede mentre muore? La risposta diretta e nel video. Mentre, cosa gli succede dopo? Beh, non lo sappiamo. Ma se guardi attentamente il video, ci sono alcuni collegamenti.

In ogni vostro lavoro cercate sempre di stupire chi vi ascolta: l’anno scorso avete pubblicato il singolo stand-alone “The Dhampir”, in questo nuovo Ep avete omaggiato i Blue Oyster Cult, fornendo così anche una certa varietà nel sound che è sì, più cupo e pesante, ma altrettanto groovy e, perché no, proggy nei suoi soli di chitarra. Cosa vi ha spinto ad omaggiare questi giganti?

Beh, stavamo pensando di realizzare una cover dei Blue Oyster Clult da, non so, almeno 10 anni. Abbiamo sempre voluto farlo, perché ci sembrava la scelta più ovvia, ma abbiamo sempre pensato che non saremmo stati in grado di farlo con le voci grezze e tutto il resto. Roviniamo solo la canzone perfettamente buona, stavamo solo cercando possibili opzioni. Stavamo solo cercando possibili scelte di copertina e stavamo parlando di vari e all’improvviso, Johannes, il nostro cantante, penso che il cantante avesse chiesto: “Avete mai pensato ai The Tangent?”. Gli abbiamo dato un ascolto e tutti quanti adoriamo l’album dei Blye Oyster Cult, “Fire of Unknown Origin”, e dal momento in cui il disco possiede una voce pulita, abbiamo creduto che non tutte le canzoni potessero adeguarsi, come hai detto tu poteva essere un’opzione, ma potresti finire per rovinare tutto. Sentivamo che c’era almeno una possibilità che “Vengeance (The Pact)” potesse funzionare. Alla fine ha funzionato, l’avevamo quasi cestinata, perché eravamo convinti che funzionasse solo a metà. Abbiamo, poi, provato varie cose con la voce e alla fine abbiamo inserito delle voci pulite e sì, ha funzionato! Avevamo pensato di fare una cover da molto tempo e ora finalmente abbiamo trovato una canzone che si adatti.

Quali sono le aspettative nei confronti dell’EP? Pensi che possa destare un po’ di nostalgia ai vostri vecchi fan ancora legati alla vecchia formazione o, al contrario, questo potrebbe essere anche un buon biglietto da visita per la vostra fanbase e anche per chi, invece, non ha alcuna familiarità con voi?

Beh, entrambi, spero, ma questo dipende dagli ascoltatori. Non abbiamo mai, mai, mai pianificato di soddisfare qualcuno, davvero. Stiamo solo componendo la musica che vogliamo fare, ma sai, ci sono alcuni elementi che sono ancora più metal di quanto non siamo stati per un po’; d’altro canto, ci sono, come hai detto tu, anche elementi simili al prog che potrebbero persino spingerci oltre rispetto a prima. Le persone si arrabbiano sempre per qualunque cosa facciamo e sono sicuro che lo faranno anche questa volta. Va bene così.

Recentemente siete stati premiati agli Swedish Grammis Award per il vostro ultimo album, “Where the Gloom Becomes Sound“, uscito nel gennaio del 2021. Se non erro, già nel 2018 avevate vinto con “Down Below“, come ci si sente a vincere un premio così prestigioso per ben due volte? Se non sbaglio, eravate in lizza con At The Gates e i Lucifer…

Sì. Non lo so. Voglio dire, è una cosa buona, ovviamente, ma è strana. Ci siamo impegnati per vincere dei premi, ma non è questo il motivo per cui abbiamo iniziato a suonare. All’improvviso ci siamo ritrovati con quei premi, che, voglio dire, sono un’arma a doppio taglio. Però penso che questo particolare premio vada bene, guardando altri artisti svedesi che l’hanno vinto in passato. Voglio dire, è una cosa importante, ma non lo so, è anche strano: un’esperienza surreale, ma ne siamo comunque grati. È una sorta di riconoscimento, non credo che ci siano moltissimi artisti che abbiano vinto, quindi immagino che dovremmo essere molto grati per questo.

A settembre dello scorso anno avete suonato in Italia per il Metalitalia.com dove avete condiviso il palco con Watain, Abbath e Bolzer. Cosa vi ricordate di questa esperienza?

Beh, è stato l’unico concerto del tour fuori dall’ordinario, poiché era un festival. Suppongo che abbiamo suonato un po’ prima rispetto a quello che avevamo fatto con le altre date. Ovviamente tutto era un po’ più caotico sul palco perché hai una routine durante il tour e all’improvviso ti trovi in questo nuovo contesto.

Ok Adam, siamo alle battute finali. Avete qualche progetto di tornare in Italia o perlomeno in Europa?

Abbiamo alcuni festival estivi, ma probabilmente sarà tutto per quest’anno. Ci concentreremo, invece, sulla scrittura di un nuovo album, dopodiché torneremo sicuramente, si spera con più concerti. Solitamente suoniamo al Nord quando veniamo in Italia, siamo stati solo una volta al Sud, per cui ci piacerebbe molto suonare anche là. Torneremo sicuramente a Milano o a Bologna o qualcosa del genere.

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