Intervista Triptykon (Tom G. Warrior)
Intervista a cura di Davide Sciaky
Ciao Tom, come va?
Io tutto bene, te?
Tutto bene, considerate la situazione.
Giusto, dove sei esattamente?
A Milano.
Come si chiama quel negozio di dischi fantastico che avete lì, è Sound Cave?
Sì, esatto!
Siete fortunati ad avere un negozio così buono.
Davvero, tra l’altro è qua piuttosto vicino a casa mia, ma ovviamente non ci posso andare.
Il negozio è chiuso e comunque non possiamo uscire di casa.
Uguale qui.
Come stai passando il tempo mentre sei chiuso in quarantena?
Ci sono un sacco di cose da fare per l’uscita di “Requiem”, sono in costante contatto con l’etichetta perché ci sono tante cose collegate al disco, la direzione artistica.
Ora sto facendo tutte queste interviste, lavoro al prossimo disco dei Triptykon, ad un side project e via dicendo, c’è molto da fare.
Ecco, parliamo di “Requiem”, un progetto che ha richiesto più di 30 anni per venire completato. Prima di tutto voglio chiederti com’è nata l’idea di suonarlo per la prima volta al Roadburn. Gli organizzatori del festival ti hanno chiesto di completare la terza parte appositamente per il festival, o ci stavi già lavorando e quando sei stato invitato al festival hai deciso di approfittare di quell’occasione?
È stato un po’ entrambe le cose: ho sempre voluto finire il Requiem e quando i Celtic Frost hanno lavorato ad una seconda parte del Requiem, ‘Winter’, che poi divenne parte dell’album “Monotheist”, Martin e io ovviamente eravamo intenzionati a finire il Requiem.
Poi purtroppo la band finì per sciogliersi e io formai i Triptykon come i successori dei Celtic Frost e anche allora ero intenzionato a finire il Requiem, ma non volevo farlo nel primo o secondo album, prima volevo che la band si affermasse prima.
Negli anni recenti ho cominciato a pensare “Sul prossimo album, o al massimo su quello successivo, finirò il Requiem”. In questa situazione il mio amico Walter [Hoeijmakers], l’organizzatore del Roadburn, mi ha chiamato e mi ha detto che volevano fare una collaborazione tra Metal e musica classica al Roadburn e mi chiesto se fossi interessato.
Ovviamente ero interessato e così gli dissi, “Guarda, stavo pensando di finire il Requiem, magari è una cosa che posso fare in questo contesto”, lui era entusiasta e così abbiamo cominciato a parlarne nel dettaglio e così è cominciato a nascere un piano.
Mi sono seduto e ho completato il Requiem, detto così sembra semplice, ma ci ho lavorato per un anno e ho scritto otto versioni diverse; finalmente sono riuscito a finire una cosa che volevo finire, le tempistiche sono state un po’ influenzate dalla scadenza del festival e dell’offerta di Walter, ma le cose hanno funzionato.
Ecco, questa era una cosa che ti volevo chiedere dato che, anche se si tratta di una canzone sola, è comunque lunga mezz’ora, quindi, quasi come un album, un album breve se vuoi. Comunque mi hai risposto, ci è volute un anno intero. Un’altra cosa che ti volevo chiedere è, il Requiem è composto da tre parti, ‘Rex Irae’ uscito nel 1987, ‘Winter’ uscito nel 2006 e ora l’anno scorso avete suonato ‘Grave Eternal’. Nonostante questo sia stato l’ultimo pezzo composto e pubblicato è la seconda parte del Requiem. Come mai hai scelto di pubblicare prima la terza parte della seconda?
Perché… perché no?
Perché no? Io non scrivo musica come un burocrate, non è una formula matematica, scrivo musica secondo le emozioni, secondo il mio istinto, all’epoca feci sentire a Martin delle demo che avevo scritto per l’ultima parte del Requiem e fummo d’accordo che sarebbe stato perfetto su “Monotheist”, quindi ci dicemmo, “Ok, facciamolo!”.
L’intenzione è sempre stata che, una volta completate le tre parti del Requiem, le avremmo suonate come un pezzo unico e pubblicate come un pezzo unico, quindi non è mai stato importante l’ordine perché abbiamo sempre saputo che ad un certo punto le avremmo suonate come un pezzo unico e questo è esattamente quello che successo.
Immagino che non sia semplice suonare con un’orchestra, in particolare un pezzo che non avete mai suonato prima. Quanto a lungo avete provato, se l’avete fatto, per lo show del Roadburn?
Abbiamo provato, ma non abbastanza [sorride].
È complicato perché tra orchestra, crew, staff e via dicendo si parla di trenta, trentacinque persone e innanzitutto è difficile organizzare tutte queste persone, ognuno ha i propri programmi, concerti, impegni.
Quindi, punto primo, è difficile far trovare tutte queste persone in un posto solo e, punto secondo, è molto costoso radunare tutti quanti, affittare uno spazio abbastanza grande e queste cose qui.
Quello che abbiamo fatto è stato prima di tutto fare le prove nella nostra sala prove con una versione MIDI [dell’orchestra] per vedere se c’erano cose che andavano cambiate; ovviamente suonava di merda senza un’orchestra vera, ma almeno abbiamo potuto provare.
Poi abbiamo passato due giorni a provare con l’orchestra in Olanda, abbiamo registrato anche queste prove e una di queste suona molto bene e verrà pubblicata come bonus su un’edizione del “Requiem”.
Due giorni sono ovviamente relativamente brevi, in particolare perché noi e l’orchestra non avevamo mai lavorato insieme prima, c’è voluto molto lavoro per arrivare sul palco, avrei preferito un po’ più tempo per provare ma è quello che è.
La terza prova è stata direttamente il soundcheck prima del concerto.
Beh, direi che il risultato è ottimo, anche senza abbastanza prove.
Sono molto felice di come è venuto.
Devo dirti, per me mancava ancora qualcosa durante le prove, ma quando abbiamo suonato nel pomeriggio, durante il soundcheck, è stata la prima volta in cui tutti gli elementi si sono allineati nel modo giusto ed il risultato è stato fantastico.
A quel punto ormai ero convinto, “Va bene, funzionerà”.
Ho visto che l’album è dedicato a Giger. So che hai lavorato con lui anche al di fuori delle tue band e che eravate amici, puoi parlarmi un po’ del tuo rapporto con lui? Come l’hai conosciuto?
È dedicato a Martin Eric Ain e ad H.R. Giger, entrambi cari amici e collaboratori che sono morti recentemente.
Ho conosciuto Giger molto tempo fa, quando ero ancora negli Hellhammer, quando lo approcciamo con l’idea di collaborare con noi se avessimo ottenuto un contratto discografico; ovviamente speravamo di riuscirci e quindi lo contattammo chiedendogli se avrebbe realizzato la copertina dell’album.
Con nostra grande sorpresa accettò anche se eravamo dei nessuno all’epoca, accettò e poi ovviamente gli Hellhammer si sciolsero e formammo i Celtic Frost.
A quel punto sentivamo di dover fare un album davvero, davvero buono che fosse degno della sua copertina, quindi aspettammo il secondo album, aspettammo di diventare musicisti leggermente migliori, prima di usare la sua arte per la copertina.
Da allora divenne nostro amico e mentore e sono molto felice che questa amicizia sia durata tanto a lungo; siamo diventati ancora più vicini a metà degli anni 2000 perché il suo agente americano, Leslie Barany, praticamente ci ha riavvicinati e ha restaurato il nostro rapporto quando Giger stava collaborando con le chitarre Ibanez, io sono stato invitato a guardare queste chitarre e a dare la mia opinione.
Quell’occasione ci ha riavvicinati molto e siamo diventati più vicini che mai fino a quando è morto.
L’anno scorso hai formato un nuovo progetto, i Triumph of Death, per suonare la musica degli Hellhammer. Come mai hai deciso di formare un nuovo progetto con nuovi musicisti anziché suonare quella musica con i Triptykon?
E’ un’idea che ho avuto per tanto tempo, probabilmente la prima volta che ci ho pensato è stato intorno al 2010, questa musica non era mai stata suonata dal vivo e questa musica per me e Martin e Steve Warrior che hanno formato gli Hellhammer, questa musica ci ha cambiato la vita, è stato un periodo molto importante della nostra vita e ho pensato che fosse un peccato che non fosse mai stata suonata dal vivo prima.
Abbiamo suonato qualche canzone degli Hellhammer con i Triptykon, ovviamente, e continueremo a farlo, ma non volevo che i Triptykon diventassero una tribute band degli Hellhammer o dei Celtic Frost.
Noi siamo i successori dei Celtic Frost e suoniamo molta musica dei Celtic Frost, ma non voglio che i Triptykon diventino una cover band.
Nel 2013, quando abbiamo registrato il secondo album dei Triptykon ho parlato per la prima volta ad alcuni amici, al chitarrista degli Ascension, per esempio, di una collaborazione per questo progetto; tutti mi dissero che era una buona idea e quindi finì per diventare realtà e sono molto felice che sia successo.
Suonare con i Triumph of Death è stata una delle esperienze migliori di tutta la mia vita come musicista.
Non ero ancora nato all’epoca, ma da quanto ho letto la musica degli Hellhammer non era molto apprezzata negli anni ’80. Ho letto che Kerrang scrisse che “Apocalyptic Raids” era l’album peggiore mai ascoltato dal recensore.
[Sorride] Vero.
Ovviamente questo col tempo è cambiato e ora gli Hellhammer sono considerati una delle band classiche per quanto riguarda il Metal estremo. Come ti fa sentire vedere tutto questo interesse verso la musica degli Hellhammer e verso i Triumph of Death, oggi?
Non era solo Kerrang, un sacco di riviste all’epoca smontarono completamente la musica degli Hellhammer.
Non ho nulla contro di loro, devi capire che all’epoca i Black Sabbath con Ronnie James Dio, gli AC/DC, i Whitesnake erano i gruppi che andavano, tutti cercavano di avere un cantante con tante ottave nella voce, musica molto sofisticata, e gli Hellhammer erano completamente fuori contesto.
Non esisteva una scena estrema, non esisteva una scena Black Metal, quindi la gente era completamente sorpresa, o scioccata, dalla nostra musica, c’erano forse solo i Motörhead che suonavano musica così pesante.
Per rispondere alla tua domanda, ovviamente non ho mai dimenticato quei giorni, e quando ora salgo sul palco da headliner suonando esattamente quella musica là a Wacken, o a Hellfest, dove ho suonato da headliner la stessa musica che all’epoca era derisa, odiata, ovviamente è una sensazione strana.
Ti fa pensare a come sia strano quello che succede con il passare del tempo, ma sono molto grato che la gente sia interessata a questa musica; devo la mia vita intera al pubblico, la mia carriera, e questo è qualcosa che non dimenticherò mai proprio a causa di quei tempi.
C’era un tempo in cui a nessuno piaceva la mia musica, e l’unico motivo per cui posso ancora suonare dopo 39 anni è perché la gente mi ha dato una possibilità, perché c’è qualcuno di interessato e aperto a quello che faccio; questa è una cosa veramente grande, è una cosa che non do per scontato.
Quando sali sul palco in queste circostanze questo è qualcosa a cui pensi sempre, sei molto grato per ogni singola persona che è venuta a vederti perché c’era un tempo in cui questo non succedeva.
Intorno a dicembre la bassista Jamie Lee Cussigh si è unita alla band. Avevo sentito che Mia Wallace era stata strumentale alla nascita della band quindi mi chiedevo come mai avete deciso di interrompere il vostro rapporto nella band.
E’ stata strumentale [alla nascita della band] nel senso che quando abbiamo lavorato insieme ad un progetto, i Nyrith, una volta le ho parlato di questa mia idea dei Triumph of Death e lei fu molto entusiasta, mi disse “Dovresti farlo!”, lei è stata la scintilla che mi ha spinto dall’avere un’idea di cui avevo parlato con qualche amico al formare una band.
Il cambio della lineup purtroppo è stata una cosa assolutamente necessaria.
Sono molto cauto con queste cose, innanzitutto perché non sono una rivista di gossip, non mi piace lavare in panni sporchi in pubblico, nessuno guadagnerebbe niente da una cosa del genere.
Posso solo dire che il cambio di lineup era necessario: chi conosce me ed il modo in cui lavoro sa che sono molto conservatore per quanto riguarda i cambi di lineup, l’ultimo cambio che ho fatto è stato alla fine degli anni ’80.
I Triptykon hanno avuto una lineup stabile per 12 anni, l’unico cambio è stato quando il nostro batterista, che ha lasciato la band amichevolmente, ha deciso che voleva cambiare genere: veniva dal Prog Rock e ha deciso che voleva suonare di nuovo quella musica, ma è ancora nostro amico e viene ai nostri concerti.
Puoi vedere che non mi piacciono i cambi di lineup, penso che ci sia qualcosa di molto negativo in questo e se faccio un cambio di lineup è assolutamente necessario.
Parlando in generale di come funzionano le mie band, posso dire che preferisco lavorare con persone che sono sincere con me, che rimangono con i piedi per terra e che rimangono parte di un team, di una famiglia, queste sono cose molto importanti per me.
Questo vale per tutti coloro che lavorano con me, io stesso vivo una vita molto semplice, e non ho mai creduto nel mito che si è creata intorno alla mia persona.
L’unica cosa che conta è la musica e le persone con cui lavoro devono avere la stessa attitudine.
Questa comunque è una considerazione generale.
Ho visto che avevate un po’ di concerti in programma per il 2020 che, vabbè, a questo punto saranno rimandati al 2021. Dopo questi show hai in programma di mantenere in vita il progetto, o tornerai a concentrarti al 100% sui Triptykon?
Per ora non è stato un problema avere i due progetti in parallelo perché non devo dedicare troppo tempo ai Triump of Death, non devo scrivere un nuovo album, la musica c’è già, quindi mi piacerebbe davvero molto continuare a suonare con i Triumph of Death per molto tempo.
Siamo diventati davvero una famiglia con questa band e ora abbiamo trovato la lineup perfetta, c’è una bellissima atmosfera nella band, una bella amicizia, e vorremmo continuare così per molto tempo.
Mi piace molto suonare dal vivo con questa band.
I Triptykon ovviamente sono la mia band principale, la mia vita, la mia carriera, e non penso che questi due progetti siano in competizione l’uno con l’altro, penso che possano coesistere per molto tempo.
Abbiamo molti concerti in programma anche per i Triptykon, e anche concerti in cui i Triumph of Death e i Triptykon suoneranno insieme.
Sfortunatamente come molti altri siamo stati colpiti da questa situazione e molti concerti sono stati spostati, non vediamo l’ora di tornare a suonare dal vivo ma ovviamente nessuno sa quando potrà succedere.
Hai accennato prima al nuovo album dei Triptykon, me ne puoi parlare? A che punto sei, quando pensi sarà pronto?
Ci sono molte canzoni che sono a buon punto, quello che è sicuro è che il piano è di completare l’album quest’anno.
Non penso che faremo in tempo a pubblicarlo quest’anno, ma sicuramente faremo almeno un EP quest’anno e pubblicheremo il disco l’anno prossimo, questo è il piano più realistico per ora.
In aggiunta a questo, abbiamo registrato molti concerti dei Triumph of Death l’anno scorso e ora mi metterò con il chitarrista dei Tryptikon ad ascoltare tutto questo materiale, sceglieremo le registrazioni migliori, le mixeremo e quindi pubblicheremo anche un live dei Triumph of Death quest’anno.
Hai già un’idea di quale concerto userete?
Non ho ancora ascoltato bene tutte le registrazioni, prima di scegliere dovrò vedere bene quali sono quelle migliori, poi le mixeremo… vedremo.
Parlando dei concerti dei Triptykon, nei live suonate sempre molte canzoni dei Celtic Frost.
Pensi che i Celtic Frost potrebbero mai tornare in attività, o ora che Martin Ain è morto questo è impossibile?
Non torneranno mai, purtroppo.
Mi piacerebbe che fosse possibile.
Non ho mai voluto lasciare la band, ma all’epoca non c’era un’alternativa perché Martin non voleva cambiare le cose.
Lo rimpiangerò per sempre, e penso che una volta sciolti anche Martin lo rimpianse perché dopo ovviamente rimanemmo amici e una volta mi disse, “Faremo di nuovo musica insieme”, quindi sapevo che anche lui voleva, ma ci sarebbe voluto molto tempo per riuscire a mettere di nuovo insieme la band.
Io ho sempre sperato che potesse succedere.
Ora Martin è morto e penso che sarebbe disonesto con i fan aggiungere qualche altro musicista e chiamarli Celtic Frost.
I Triptykon sono la cosa più vicina possibile ai Celtic Frost, ho fondato i Triptykon perché fossero i successori dei Celtic Frost e lavoriamo con le stesse persone, le stesse organizzazioni, tutto è lo stesso tranne la lineup.
Dato che per me i Triptykon sono i successori dei Celtic Frost suoneremo sempre canzoni dei Celtic Frost, facciamo sempre circa metà canzoni dei Triptykon e metà dei Celtic Frost, penso che questa sia la ricetta perfetta per noi, e vorrei continuare così.
Purtroppo non penso sarà mai possibile far tornare i Celtic Frost, è un incredibile peccato.
Stavo guardando ai concerti che hai suonato in Italia con i Triptykon e notavo che avete suonato qui solo tre volte parecchio tempo fa, sono passati otto anni dall’ultima data italiana. Pensi che ci vorrà ancora molto per vedervi tornare nel nostro paese?
Noi suoniamo dovunque se un promoter ci invita, non ci importa dove, sappiamo che ci sono fan, sappiamo che c’è un pubblico e io stesso ho molti amici in Italia.
Suoniamo dovunque ci siano le giuste condizioni e abbiamo suonato proprio recentemente in Italia con i Triumph of Death ed è stata un’esperienza fantastica, il pubblico è stato pazzesco, quindi se un promoter ci inviterà in Italia con i Triptykon nelle giuste condizioni non vedo nessun problema nel tornare.
Per concludere l’intervista ti chiedo una piccola curiosità: sei svizzero, ma della parte tedesca della Svizzera… parli italiano?
No, solo parolacce, parolacce molto brutte… è un peccato, lo so.
C’è una parte italiana della Svizzera che tra l’altro amo molto, ci vado spesso, ed è imbarazzante che io non parli né francese né italiano, nonostante siano parte della cultura del mio paese, ma a scuola quando insegnavano queste lingue ero occupato a leggere riviste Rock sotto al banco invece di fare attenzione, davvero, è quello che è successo [ride].
Sono finito per diventare un musicista ma ora pago questa cosa, è tutta colpa mia, purtroppo.
Oh beh, questo te lo si può perdonare se leggevi di musica.
Sì, ma mi sento molto stupido quando vado nelle parti francesi o italiane della Svizzera e devo parlare in inglese nel mio stesso paese, è ridicolo.
Bene, questa era la mia ultima domanda, grazie per la tua disponibilità!
Grazie mille a te, spero di rivederti presto!