Heavy

Intervista Trivium (Paolo Gregoletto)

Di Davide Sciaky - 17 Ottobre 2017 - 10:00
Intervista Trivium (Paolo Gregoletto)

Alcune ore prima della data milanese dei Trivium a supporto dei Megadeth ad agosto abbiamo incontrato Paolo Gregoletto, il bassista dei Trivium.
Con lui abbiamo parlato del nuovo album della band americana “The Sin and the Sentence“, in uscita il prossimo venerdì; all’epoca dell’intervista la maggior parte dei dettagli dell’album, a partire dal titolo stesso, non erano noti, quindi alcune domande riflettono questo fatto.

Intervista a cura di Davide Sciaky
 

Ciao Paolo, come stai?
Molto bene, grazie.

 

Una settimana fa avete cominciato il tour dei festival estivi, come sta andando per ora?
Alla grande, abbiamo suonato a Wacken, al Woodstock polacco, al Vagos Open Air ed ogni festival è più grosso del precedente, non ci si può proprio lamentare, abbiamo un gran programma.

 

Dato che sei mezzo italiano immagino che lo show di oggi sia speciale per te…
Sì, ogni volta che suoniamo in Italia sono sempre felice di essere nel paese dove ho le mie origini, ho ancora molti membri della mia famiglia qui.

 

Verranno a vederti stasera?
Non oggi, vivono vicino a Venezia e Treviso quindi non ce la facevano a venire, ma spero che in futuro torneremo a suonare da quelle parti, ne è passato di tempo.
Ma, sì, è bello essere di nuovo qui!

 

Hai qualche routine particolare quando torni qui?
Mangiare un sacco di cibo! [Ride]

 

Immagino che lo show sarà speciale anche perché aprirete per i Megadeth che, se non ricordo male, sono una delle principali influenze della band.
Certamente!

 

Come ci si sente ad aprire per loro?
Abbiamo già suonato molti show con loro, ma è sempre bello aprire per una band che ti aiutato, non solo ti ha ispirato a suonare, ma ti ha proprio insegnato come suonare, voglio dire, [i Megadeth] sono probabilmente uno dei pilastri non solo del Thrash ma anche della musica tecnica, e sono anche incredibili a scrivere musica, coprono tutta la gamma che va dai grandi inni Rock ai pezzi molto tecnici, in un certo senso penso che i Trivium siano nati da quest’idea, dal fatto che è possibile essere tutte queste cose insieme, essere molto tecnici e anche scrivere grandi canzoni, quindi è sempre bello aprire per loro e vederli suonare.

 

Alcuni giorni fa avete pubblicato il singolo “The Sin and the Sentence” e avete iniziato a suonarlo poco dopo dal vivo; come sta rispondendo il pubblico quando la sente live?
Inaspettatamente molto bene.
Ogni volta che pubblichiamo una nuova canzone mi aspetto sempre che, non che alla gente non piaccia, ma semplicemente che molti non conoscano la canzone, specialmente ad un festival perché, anche se in molti la ascoltano online e gli piace, ci vuole un po’ perché la conoscano in tanti.
Dato che la canzone è così energetica e intensa da subito mi fa pensare che abbia una sorta di energia che si trasmette bene anche a chi non la conosce, quindi siamo davvero eccitati e contenti che sia stata accolta bene da subito; poi le reazioni sono sempre migliori ogni notte, quindi stanotte potrebbe essere anche meglio degli scorsi giorni.

Il nuovo album, ancora senza titolo, esce a 2 anni di distanza dall’ultimo, “Silence in the Snow”; siete sempre stati molto attivi e avete pubblicato 7 album in solamente 12 anni, fate mai fatica a scrivere nuova musica?
Non direi, penso che sia perché ce ne usciamo sempre con nuove idee tra un tour e l’altro e nei momenti di pausa, quindi abbiamo sempre abbastanza musica, l’unica cosa è capire in che direzione vogliamo andare con un nuovo album, questa è la cosa più difficile.
Scrivere riff? È molto facile, io, Matt e Corey scriviamo tutti quindi c’è sempre un sacco di materiale a disposizione, si tratta di filtrarlo, questo è buono e questo non lo è abbastanza, trovare i pezzi migliori e capire come sarà l’album nella sua interezza, cosa vorrà significare, come sarà una volta pubblicato guardandoci indietro, questa è la parte difficile.

 

Dato che hai appena detto che la parte più difficile è decidere la direzione dell’album, ho appena ascoltato alcune nuove canzoni e mi sembrano in generale piuttosto pesanti, direi più di quelle dell’ultimo album. È questa l’idea con cui vi siete approcciati alla scrittura del nuovo album?
Sì, voglio dire, per noi è stato, non ci siamo messi lì pensando, “Sarà più duro”, siamo semplicemente tornati alla modalità predefinita di scrittura dei Trivium, quindi con me, Matt e Corey che ci occupiamo della musica, senza il filtro di alcun produttore o di altra gente, poi ovviamente è arrivato Alex e a novembre abbiamo iniziato a scrivere con lui, l’abbiamo incluso tra la fine del processo di registrazione delle demo e l’inizio della pre-produzione.
Quindi si tratta semplicemente di Trivium che fanno i Trivium, cioè…siamo una band heavy, ci piace la musica heavy, le nostre influenze sono sia heavy che melodiche.
Quindi quando ci siamo messi senza filtri, come un produttore o un’etichetta, chiunque, questa è la direzione in cui ci muoviamo normalmente, questo è il nostro nord, quindi è stato bello, naturale, non ci siamo sentiti forzati a fare qualcosa di pesante, è semplicemente venuto fuori così.
E’ divertente quanto volessimo spingere in una o in un’altra direzione, ma una volta in sala prove ognuno è un filtro per gli altri, “Ehi, questo riff è buono?”, “E’ troppo pesante?”, “Questa parte va bene?”, e questo è il modo in cui ci siamo approcciati al disco, e penso che ci sia la musica più naturalmente nostra, nel senso che non sembra scritta al computer e poi assemblata insieme, l’abbiamo suonata davvero.
The Sin and the Sentence” la suoniamo da 6-7 mesi, quindi ci sembra quasi un pezzo vecchio anche se è nuovo.

 

In che modo ha influenzato l’album l’ingresso nella band del vostro nuovo batterista, Alex Bent?

Avevamo un’idea di dove volevamo andare con l’album, ma l’aggiunta di Alex nell’equazione ha davvero cambiato fino a dove ci potevamo spingere con la musica.
È davvero un musicista fenomenale, ha questo incredibile feel e tecnica, può suonare la musica più lenta con gusto, groove, degli incredibili gill, ma anche tanto veloce da far venire le vesciche ed è così aperto a nuove idee, puoi davvero lanciargli delle palle curve, “Ehi, puoi provare qualcosa così?” e lui  in grado di arrivare e suonarlo immediatamente; avere qualcuno così accelera quanto rapidamente possiamo scrivere e quanto possiamo fare.
Penso che in un certo modo abbiamo sorpreso l’etichetta per quando siamo stati svelti con questo disco, sai, ci vuole del tempo per scrivere musica, ma noi stiamo sempre scrivendo, quindi quando siamo andati in pre-produzione abbiamo concluso una canzone al giorno; abbiamo diviso il lavoro in due, sei canzoni a novembre, sei canzoni appena dopo l’ultimo tour europeo, poi subito in studio e questo è quanto.

 

Puoi raccontarmi di più sul processo di songwriting?
Sì, scriviamo tutti un sacco di roba, non c’è uno schema di come suonerà, ci passiamo le idee l’un l’altro e lavoriamo insieme alla visione complessiva dell’album.
Ho iniziato a lavorare a questa musica subito dopo “Silence and the Snow”, alcuni riff e alcune delle cose che la gente ascolterà sono state scritte tanto tempo fa, alcune cose sono più nuove, più vicine al quando abbiamo registrato.
Non abbiamo dei ruoli ben definiti, tipo chi può fare cosa nella band, voglio dire, io scrivo un sacco di testi, un sacco di melodie vocali ma, di nuovo, si definisce tutto quando proviamo, tutti portano le loro idee e le proviamo, se funzionano funzionano, se no, se c’è un’opzione migliore la proviamo; a quel punto le canzoni che qualcuno porta diventano davvero Trivium, diventano canzoni di noi tutti e ciascuno di noi ci mette il suo che è quello che preferisco, non dovermi preoccupare delle parti di batteria è una liberazione per me, così posso concentrarmi sull’immagine complessiva senza dover pensare a tutti i piccoli dettagli; quando arriviamo ad un ritornello posso dire, “Ehi, prova questo, prova quello” e viene fuori.
E’ un processo molto semplice per noi.

 

Dicevi che hai scritto molti testi, di cosa parlano?

Be’, per “The Sin and the Sentence”, dato che è l’unica uscita finora, ho usato l’idea della caccia alle streghe e della giustizia popolare come metafora di come la gente interagisce online.
Sai, è una cosa strana, ma penso che sia inevitabile ora, specialmente con cose come Twitter che penso facciano davvero scaldare le folle; la cosa è che non ti rendi conto di essere parte di questa cosa, così la piccola cosa che fai, non so, attacchi qualcuno, questo diventa parte di un attacco più grosso.
L’idea dietro la canzone è che allo stesso modo in cui, guardando al passato, funzionava la caccia alle streghe, o l’inquisizione…può essere che oggi tu sia nel gruppo “in”, ma magari un domani potresti trovarti dall’altra parte, magari potresti essere te quello attaccato e che finisce rovinato, capisci?
Fortunatamente non mettiamo a morte le persone per delle idee nella nostra società, ma si possono davvero rovinare delle vite e questa è l’idea della canzone, non parla di un evento specifico, riguarda la nostra società e la natura delle persone di attaccare chi è diverso, è un invito a pensare due volte prima di farlo perché si potrebbe finire nel ruolo opposto.

 

Parlando della registrazione, quanto tempo ci avete messo?

Dopo la pre-produzione siamo andati a Los Angeles, il nostro studio è ad Anaheim, per registrare; la registrazione ha preso circa 15 giorni, non ci abbiamo mai messo così poco, ma in totale siamo stati ad Anaheim per circa un mese.
E’ stato veloce, eravamo semplicemente molto preparati, sapevamo quello che volevamo fare, sapevamo come suonarlo, non ci sono stati molti cambiamenti in studio perché avevamo fatto così tanto lavoro in pre-produzione, abbiamo lavorato a tutti i dettagli lì che è meglio che andare in studio e fare, “Ok, come vogliamo fare?”.
Semplicemente sapevamo cosa volevamo e l’abbiamo fatto.

 

L’opener del vostro ultimo album, ‘Snofall’, è stata scritta da Ihsahn, un musicista che non verrebbe da associare ai Trivium. Avete qualche ospite particolare su questo nuovo album?

No, siamo solo noi, solo i Trivium.

 

In quest’era in cui nulla è più segreto, qualsiasi cosa passa immediatamente dai social network, è piuttosto particolare la vostra scelta di tenere nascosti tutti i dettagli del nuovo album, anche dopo la pubblicazione del primo singolo.
Come mai questa scelta?

È perché così in questo modo possiamo decidere come farlo uscire, possiamo fare tutto con i nostri tempi ed il nostro ritmo.
Penso che dato che la gente è abituata ad avere tutto e subito, spezzettando il tutto e rivelando le cose un po’ alla volta possiamo mantenere un po’ di mistero intorno al disco.
Non avrai mai le stesse cosa di decenni fa con il mistero che c’era intorno alle band, ma possiamo controllare il lato musicale, quello che la gente sente e in che modo lo sente e vede, quindi ci stiamo divertendo un po’ così, assicurandoci di arrivare alle orecchie ed occhi di tutti prima che l’album esca.