Intervista Volbeat (Kaspar Boye Larsen)
Intervista a cura di Davide Sciaky
Ciao Kaspar, come stai?
Ad essere sincero sono un po’ stressato, siamo atterrati tipo mezz’ora fa.
È stata una giornata lunga, ci sono stati ritardi con gli aerei e ora non vedo l’ora di poter salire finalmente sul palco [dell’Alcatraz per il concerto di Milano].
L’ultima volta che ci siamo visti è stato nel 2019, ti avevo intervistato prima dello show al Fabrique, e ovviamente all’epoca non ci saremmo mai potuti immaginare qualcosa come la pandemia di COVID-19. Come sono stati questi ultimi anni? Sei stato preoccupato per cosa sarebbe stato del tuo lavoro o è stata semplicemente una questione di cambiare priorità?
Quando abbiamo suonato l’ultimo show [prima della pandemia], mi sembra fosse il 1° dicembre del 2019, il programma era di tornare in tour in primavera.
Quando c’è stato il primo lockdown ci siamo detti, “Va bene, ne riparliamo in autunno”. Poi Michael [Poulsen] ha cominciato a scrivere canzoni, non c’era Rob [Caggiano] con noi perché era in lockdown a New York, eravamo solo noi tre che non potevamo fare altro che suonare, provare la nuova musica, non c’era altro da fare.
In quel momento le cose andavano bene, c’era una bella energia, siamo andati in studio e abbiamo fatto le nostre cose. Poi pensavamo di poter andare in tour e… aspetta un attimo, il disco non è uscito fino al… 2021?
Sì, esatto, è uscito lo scorso dicembre, nel 2021.
Giusto.
Allora, la prima volta abbiamo semplicemente aspettato pensando che saremmo potuti andare in tour in autunno. Voglio dire, mi ha fatto piacere stare un po’ più tempo a casa con la mia famiglia, ma mi è davvero mancato andare in tour.
Quando però è arrivata la seconda ondata nel 2021 ho cominciato un po’ a preoccuparmi, a domandarmi quando sarebbe finito tutto quanto. Quello è stato il momento in cui poi abbiamo effettivamente registrato l’album.
A quel punto però ero un po’ preoccupato: un anno va bene, è bello stare a casa con la famiglia, ma stare fermi due anni? Decisamente troppo tempo.
Per fortuna abbiamo fatto un piccolo tour negli Stati Uniti alla fine del 2021.
Poi mentre tutto era completamente in lockdown tra dicembre 2021 e gennaio 2022 è uscito il disco e per fortuna siamo riusciti ad andare in tour con i Ghost.
Però sì, c’è stata parecchia preoccupazione, non solo da parte mia ma da parte di tutti.
Il vostro ultimo album, “Servant of the Mind”, è uscito quasi esattamente un anno fa. Ovviamente quando un disco è appena uscito è più difficile parlarne oggettivamente, è ancora fresco nella mente dopo averlo ascoltato mille volte in studio e così via, mentre oggi probabilmente hai acquisito un po’ più di distanza.
Pensandoci ora, che rapporto hai con l’album? Voglio dire, sei completamente soddisfatto di com’è venuto fuori, o pensi che ci sia qualcosa che avreste potuto fare diversamente?
Devo dire che sono davvero contento di questo album.
Mi sarebbe piaciuto che Rob fosse con noi quando l’abbiamo registrato, ma evidentemente non era fattibile. Sono davvero orgoglioso delle canzoni, mi piacciono molto.
In quest’ultimo anno abbiamo avuto modo di suonarne diverse dal vivo, non ancora tutte, purtroppo, ma comunque sono molto divertenti da suonare dal vivo.
Questa volta ho scritto io le linee di basso, mentre con quello precedente ci avevo lavorato molto insieme a Rob, abbiamo fatto demo insieme, abbiamo provato cose diverse.
Questa volta non ci sono state demo, è stato tutto più libero, c’è stata un po’ di improvvisazione, addirittura.
E’ interessante perché avevo visto i crediti che dicevano che tutte le canzoni sono state scritte da Michael, ma tu mi stai dicendo che le linee di basso le hai scritte te. Come funziona, lui vi presenta una bozza delle canzoni e poi voi le sviluppate sui vari strumenti?
Sì, esatto. Questa volta ha scritto praticamente tutto, ogni volta che provavamo ci presentava una nuova canzone, poi io avevo la mia libertà di fare… ma, sai, comunque nel Hard Rock e nel Metal in gran parte il basso segue la chitarra, di solito. Io poi ho cercato di fare qualcosa di più, anche se l’album è molto riff-based io ho cercato di aggiungere qualche tocco in più per fare qualcosa di un po’ diverso.
Non so se tu l’hai notato, o se qualcuno l’ha notato [ride] ma è quello che ho cercato di fare per renderlo un po’ più… quando uno ascolta una canzone per la prima volta, okay, ti fai una prima idea, ma poi la seconda, terza volta, quando ascolti un pezzo tante volte capita di accorgersi all’improvviso che, “Ah! La batteria fa un pattern diverso sul ride” o “Il basso fa una cosa diversa in quel punto!”
“Becoming” è il vostro tributo a LG Petrov degli Entombed. Questa canzone ha alcuni elementi, in particolare all’inizio, che sono decisamente più pesanti di quanto uno si potrebbe aspettare di solito dai Volbeat. Avete discusso della possibilità di renderla ancora più estrema, magari introducendo un cantato in growl?
Michael una volta cantava in growl, non con i Volbeat ma con la sua vecchia band, i Dominus, ma penso che il growl non sia qualcosa che farà mai con i Volbeat.
Ma ancora più pesante, dici tipo blast beat?
Non lo so, mi chiedevo solo se aveste considerato di aggiungere altri elementi per renderla più pesante. Se è un tributo a LG facciamolo fino in fondo, una cosa del genere.
Ci sono elementi che abbiamo introdotto per la prima volta quindi, chissà, tutto può essere.
Noi ascoltiamo molto Metal estremo, quello è l’ambiente da cui veniamo, quindi siamo aperti a tutto. Ma, devo essere sincero, quando Michael ci ha presentato quel riff per la prima volta e ha chiesto a Jon di fare [mima una batteria veloce] mi sono detto, “Non è un po’ troppo?”.
Ma ora mi piace, la adoro.
Oggi i Volbeat sono una band affermata con una fanbase solida, quindi direi che siete oltre la fase in cui il destino della band può dipendere dalle recensioni, ma comunque questo disco ne ha ricevute tante positive e immagino che faccia piacere. Quando sta uscendo un nuovo album le recensioni sono qualcosa a cui pensate, vi preoccupate di cosa possa scrivere la gente, o è qualcosa che non vi tocca particolarmente?
E’ fantastico che alla gente piaccia il disco, ed è bello quando escono recensioni positive, ma ad essere completamente sincero non penso che le recensioni oggi abbiano lo stesso impatto che avevano venti o trent’anni fa.
Voglio dire, oggi puoi ascoltare un disco in streaming e farti direttamente la tua opinione, e penso che la maggior parte della gente ora faccia così.
Era diverso prima dello streaming, quando dovevi effettivamente comprare il disco per poterlo ascoltare, quindi leggevi le recensioni e se una era negativa magari quel disco non lo compravi.
Ora le cose sono diverse. Le band le usano molto per condividerle sui social media e per far parlare del nuovo disco, ma a parte questo… non so quanta gente legga ancora le recensioni.
La cosa è che è l’opinione di una singola persona, e chi è quella persona? Quanto è qualificata per scrivere di musica?
Effettivamente oggi si è un po’ invertito l’uso delle recensioni: una volta uno leggeva la recensione e, se era convinto, andava a comprare il disco. Oggi uno ascolta il disco e poi va a leggere una recensione per trovare conferma della propria opinione. È cambiato un po’ tutto, se vogliamo.
Hai assolutamente ragione.
Ma penso che [lo streaming] sia grandioso. Una volta andavi in negozio e se ti andava bene avevano il 10% dei dischi che c’erano in giro, potevi magari riuscire ad ascoltare qualcosina, se il negozio lo permetteva. Ora tutto è disponibile immediatamente.
Io ascolto un sacco di roba, continuamente, non sono uno di quelle persone che ascoltano solo quello che ascoltavano quando avevano 20 anni. Specialmente il Death Metal e il Black Metal, c’è un sacco di nuova musica di grande qualità ed è subito disponibile per tutti!
Dicevi prima che avete suonato molte canzoni nuove, ho guardato su internet e dovreste aver suonato 8 pezzi nuovi finora. Pensi che introdurrete anche le altre canzoni che vi mancano di questo nuovo disco?
Penso che prima o poi succederà.
Questo è il piano. Ma alcune canzoni non le suoniamo da quando eravamo in studio, quindi dovremmo provarle, e ora possiamo farlo come una band completa [insieme a Rob].
Quando sei in tour all’inizio provi ogni giorno e quello può essere un buon momento per provare nuove canzoni, ma a tour inoltrato… magari non si prova più un granché [ride].
Quindi non penso che succederà in questo tour, ma prima o poi penso e spero di sì.
Parlando di setlist una cosa particolare che ho notato è che avete suonato “Step Into Light” solamente una volta, e dopo quel singolo concerto l’avete lasciata perdere. Cosa è successo?
L’abbiamo suonata una volta sola?
Secondo setlist.fm, quindi non te lo posso assicurare al 100%, ma parrebbe che l’abbiate suonata una volta sola a febbraio e poi non l’avete più messa in scaletta.
Ti dico, l’idea era di suonare tutti i pezzi e in quel tour era la prima volta che li suonavamo. Quello che può essere successo, e non te lo so dire per certo perché non mi ricordo, è che la canzone potrebbe aver ricevuto una risposta tiepida dal pubblico, o potrebbe esserci stato qualcosa che non ci tornava per come la suonavamo.
Ma non saprei, quella canzone mi piace molto.
Taglio un po’ corta l’intervista perché con il ritardo dell’aereo tra non molto dovrete salire sul palco e così ti lascio il tempo di prepararti.
Sì, devo suonare un po’, riscaldarmi. Mi spiace molto.
Nessun problema, figurati. L’ultima cosa che ti volevo chiedere è, al giorno d’oggi i social media hanno un ruolo importante nel rapporto tra una band e i fan, e sicuramente aiutano anche molto a mantenere alta l’attenzione su un gruppo, ma allo stesso tempo uno deve stare attento a come si pone per non finire a fare autogol e compromettere questo rapporto. Nella band avete regole su come usare i social?
La regola generale è “Non fare lo stronzo”.
Per il resto nessuno di noi, cioè, Rob usa parecchio Instagram, ma per il resto… voglio dire, io ho Instagram, Jon credo anche, Michael non è su nessun social media, ma non abbiamo davvero nessuna regola.
Io non pubblico niente sulla politica, ma questo sono io, non è una regola esplicita.
Sì, forse regole è la parola sbagliata. Più che altro, sei attento al modo in cui usi i social, fai attenzione per evitare problemi e polemiche?
Assolutamente, e questo è il motivo per cui non pubblico tante cose, mi chiedo “Ma a qualcuno interesserebbe davvero quello che pubblico?”, mi metto molto in dubbio.
Poi c’è una persona che si occupa della nostra pagina Facebook, non è che tutto quello che vedi lo pubblichiamo direttamente noi.
La realtà è che non uso i social così tanto.
Quando apro Instagram finisco per guardare bonsai e vasche di pesci [ride] perché quelli sono i miei hobby! Poi ovviamente guardo le band che mi piacciono.
Non pubblico assolutamente niente che includa la mia famiglia, devono essere loro a deciderlo quando avranno la giusta età, i miei ragazzi sono completamente off dai miei social.