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Iter Charontis (Zergo)

Di - 14 Novembre 2005 - 11:17
Iter Charontis (Zergo)

 

Il ricco e mai sufficientemente supportato panorama italiano, nasconde un sottobosco rigoglioso di band nascoste, che nell’ombra lavorano con dedizione alle loro forme d’espressione. In questa categoria ricadono i meridionali Iter Charontis, già comparsi tra le pagine di TrueMetal (qui la recensione) ed autori di un disco che mostra un potenziale molto interessante, meritevole di approfondimento… ecco il pensiero di Zergo:

Intanto vi dò il benvenuto su TrueMetal, poi, visto che siete una band giovane, vi chiedo di presentarvi al pubblico con una mini biografia che tratteggi un profilo della band.

Grazie a te per lo spazio concessoci.
Gli Iter Charontis nascono come progetto True Black Metal nel Marzo 2002 e.v. a Catanzaro Lido dalle menti di Zergo (voce) e Francesco (chitarra). In principio ai due si affiancano un bassista e batterista di Tiriolo (sperduto paesino di montagna) che per svariati motivi ben presto decidono di abbandonare il gruppo. In seguito fanno la loro entrata Angelo alla batteria e Luigi al basso. Incomincia a sfociare la vena depressiva presente in ogni componente del gruppo e nel settembre 2003 e.v. si partorisce l’omonimo demo, che trova nell’underground italiano una buona luce. Nel 2004 viene scelto il primo pezzo del demo per comparire nella compilation Italia Nera, distribuita su territorio italiano. Dopo qualche concerto in Calabria e trascorso circa un anno, ecco venire alla luce De Desolatione , il lavoro attuale che si sta in questo periodo distribuendo, un mcd di 6 pezzi per 42 minuti di musica rigorosamente come il precedente, autoprodotto.

L’ho già detto nella recensione, per me l’uso che avete fatto del flauto è quantomeno ottimo. Che ruolo espressivo si prefigge questo strumento e, più in generale, l’ampio spazio che date ai momento acustici?

Crediamo che il flauto che trova spazio su De Desolatione in accoppiata con la chitarra classica sia un ulteriore mezzo per esprimere il nostro concetto di black metal. Si possono considerare queste parti come “meditative”, il soffermarsi su un qualcosa che oramai ti “possiede”, una calma prima di ritornare nella tempesta, con più consapevolezza.

Vorrei che sviscerassi per TrueMetal almeno una coppia di brani di De Desolatione che pensi rappresentino al meglio la musica che suonate. 

I brani che forse incastonano meglio il concetto dietro De Desolatione, a livello musicale sono “In Perpetuum Mori” e “Lux Adversa“, a livello di testi, quest’ultimo in accoppiata con “Gli Occhi della Foresta“. A livello musicale questi pezzi sviscerano il lato più buio e “malsano” che è celato dietro questo progetto. A livello di tematiche si toccano le nostre introspezioni con l’intimo della natura. In tutte vi è un significato ermetico di fondo. Sono una rappresentazione di alcuni “momenti (qualcuno li definirà “mistici”) che abbiamo vissuto alcune notti a contatto con il profondo di noi stessi e la natura circostante. Sono una personale rievocazione di quei momenti. Ed avendo questa connotazione, crediamo debbano rimanere tali.

Rimarcate con orgoglio il fatto che questo album è un’auto produzione ed io penso ne abbiate tutti i motivi. Volete raccontarci che sforzi stanno alle spalle di questa release?

Siamo fieri delle autoproduzioni, che discernono la vera musica da altra.
Come per qualsiasi autoproduzione gli sforzi sono tanti, visto anche il nostro non navigare nell’oro e la nostra non veterana familiarità con gli strumenti di registrazione. Ognuno ha provveduto alle registrazioni del proprio strumento in maniera casareccia, con chitarra/basso/batteria/voce connessi al pc/multitraccia ed altri semplici artifici. Il più è stata la fase di mixdown, che ha preso diverso tempo per vari problemi tecnici. Il resto è dovuto alla lontananza che ci vede tutti e quattro impossibilitati a suonare sempre, ma solo in determinate date/circostanze.

Nella musica e nelle note sul sito, si legge la vs. predilezione per la notte, il freddo, la vicinanza alla morte (cimiteri). Secondo gli Iter Charontis qual è la connessione tra loro? Che significato ricoprono? 

Sicuramente ricoprono significati importanti anche se delle volte un po’ diversi in ognuno di noi. Il freddo e la notte sono stati sempre una componente fissa nei nostri momenti riflessivi, siano essi personali o collettivi. La morte è un processo naturale e come tale è reso conscio all’interno degli Iter Charontis

Qual è il concept di De Desolatione? I testi hanno un’importanza fondamentale, vista anche l’estrema cura, o meglio, la palese volontà di usare una forma ricercata che li fa sembrare vere poesie.

Il concetto che sta dietro De Desolatione, vuole esprimere un nostro ritorno “cosciente” alla natura. I testi come dicevamo prima, sono un’esternazione di alcuni momenti abbastanza forti che abbiamo vissuto a contatto con la nostra terra. Sono il tracciare un sentiero che conduce all’atavismo delle nostre emozione in congiunzione con la madre terra e la musica è un mezzo per esprimere i risultati del nostro cammino personale. 

Tra le note del sito leggo: “Caronte, una mitologica figura affascinante, col significato profondo di traghettatore; colui che porta le anime in luoghi di non ritorno… esprimendo un continuo e solitario discendere in intimità con la natura…”. Volete spiegarci qual è il significato che attribuite a questa frase?

Per quanto riguarda Caronte, puo’ essere considerato qui come una figura, una forma archetipica che ci “accompagna” nel nostro viaggio interiore. La nostra è una continua ricerca del proprio io e del suo superamento. E, chi più chi meno, alimenta il progetto Iter Charontis con le esperienze accumulate dal proprio cammino personale. Cerchiamo sempre un’empatia con il naturale ambiente circostante e le energie che esso emana.

Non siete la prima band che si lamenta della difficoltà nel trovare membri adatti al proprio progetto black metal. Ti giro una provocazione da prendere strettamente come tale: tutto questo ricercare le persone giuste per il progetto giusto, il non riuscire a scovare persone veramente coinvolte, non sono anche il frutto di una mentalità pseudo elitaria che si ritorce contro chi la sposa?

Il fatto è che il problema all’epoca era trovare in primis dei musicisti seri, che poi fossero dediti alla fiamma nera è un altro problema. In principio il problema è stato appunto trovare qualcuno che suonasse con dedizione. Trascorso un po’ di tempo alla fine abbiamo trovato i nostri musicisti, ovvero le persone con cui il progetto Iter Charontis è diventato ciò che è ora e che continuerà a divenire. 

Mi ha colpito la schiettezza con cui avete descritto quella data del 2000. Perché una spiegazione così dettagliata? Ricoprirà un’importanza notevole quell’evento se ne avete parlato esplicitamente…

Certo, abbiamo voluto semplicemente far notare la totale chiusura mentale che esiste in determinate zone, specialmente da Roma in giù, verso determinate forme d’arte/espressione. È stata comunque un’esperienza che ci ha dato ulteriori risposte, verso la giusta strada da intraprendere e da perseguire. 

Di conseguenza vi chiedo che rapporto avete con il live, passaggio che non sempre è ritenuto idoneo o indispensabile dalle band black per esprimersi.

I live sono anche una forma d’esperienza che può far comodo nel proprio bagaglio evolutivo musicale, quindi siamo propensi ad esibirci dal vivo, premettendo che non siamo il gruppo che ruota intorno a questo genere di esibizioni. Se dobbiamo scegliere tra 5 date e lo sfornare nuovo materiale, preferiamo 2 date e realizzare roba nuova. Tra l’altro il tempo per fare tutto ciò è veramente esiguo.

Cos’è per gli Iter Charontis la “fratellanza”. Voi stessi dite “… Pan e Sangu Vrusciatu, due nostri cari fratelli…”.

Non siamo il genere di persone che socializza molto, tutt’altro.
Più passa il tempo e si ha a che fare con persone, più ci si rende conto dell’inutilità di queste ultime, forse nemmeno buone per accendere un fuoco (come combustibile).
Quindi la nostra “fratellanza” va’ intesa come quel rapporto che stringiamo con quelle pochissime persone che se lo meritano e ci hanno dato i presupposti per esprimere quanto detto. 
In questa categoria ricadono gruppi ed anche persone lontane da concetti musicali.
Poi come persone dell’estremo Sud, abbiamo questi concetti saldi nella nostra Tradizione (‘ndrina !?).

Ho espresso un mio parere sui vs. possibili passi di miglioramento futuri ma resta comunque un mio pensiero. Cosa pensi/pensate debbano fare gli Iter Charontis per progredire? Sempre che pensiate sia necessario farlo ovviamente…

Bisogna sempre progredire, sia a livello musicale che personale. Tralasciando il livello personale, che è appunto individuale, a livello musicale per uno sviluppo bisognerebbe sicuramente suonare di più e questo per ora non ci è possibile vista, come dicevamo prima, la nostra lontananza per motivi di studio/lavoro. Crediamo sia proprio questo il fulcro centrale per un’ascesa. Il resto vien da sè.

C’è un artista o una band che ammirate dai quali vorreste apprendere l’arte?

Senza ombra di dubbio, ammiriamo molto ed in particolari occasioni (quando siamo più recettivi), ci accompagnano i Silencer, che secondo noi incarnanp l’essenza del “puro” black metal. Sono un gruppo nato e morto con un solo cd stampato in 1000 copie, dal titolo “Death – Pierce Me“. Ed il nome già dice tutto. Nessuno mai come loro ci ha regalato così tante emozioni fortemente misantropiche, fredde ed oscure allo stesso tempo (ndr – Silencer, progetto depressive black attorno al quale hanno gravitato nomi di Bethlehem e Shining oltre ad un singer sul quale girano voci, di reale internamento, che rendono ancora più inquietante la band ed il disco).

Come mai la scelta del quadro del chitarrista Angelo per la copertina del vs. disco? Che significato ha quella rappresentazione?

La nostra personalità cerchiamo di esprimerla non soltanto nella musica (testi e riff) ma anche nell’involucro che la racchiude. Prendi appunto la copertina. Visto che il nostro batterista oltre a suonare la batteria dipinge, abbiamo scelto una sua composizione realizzata apposta per questo scopo. Essa rappresenta un essere che divora se stesso, seduto su un albero avvizzito e morto. I colori raffigurano un terreno desertico e desolato. Una rappresentazione figurativa di “parte” della nostra terra e di concetti che percepivamo nella stesura dell’opera.

Vi/ti ringrazio per la collaborazione, a voi la classica parola conclusiva

Io e noi ringraziamo te per il tempo che ci hai concesso e per la possibilità che ci hai dato nell’esporre alcuni nostri concetti. Al prossimo lavoro dunque (ndr – senza ombra di dubbio! se c’è un nome da seguire con attenzione sul suolo italico è proprio quello degli Iter Charontis).