Jolly Power (Lucky Chiva)
Intervistare una band del calibro dei Jolly Power non capita tutti i giorni, questi ragazzi hanno rappresentato nella maniera più tenace i canoni del Glam/Sleaze Rock in un paese storicamente ostico a queste sonorità. Relegati per troppo tempo al ruolo ingiusto di eterni outsider i Jolly Power hanno maturato dagli anni Ottanta fino a oggi un pubblico fedele e speranzoso di poterli acclamare ancora. L’intervista con il chitarrista Lucky Chiva vuole essere un tributo alla carriera di un imprescindibile gruppo della scena Hard Rock tricolore e un’occasione per i più giovani di leggere la storia di questa musica raccontata da uno dei sui veri protagonisti. Attitudine pura, questi sono i Jolly Power.
Buona lettura.
Alessandro Cardinale
Ciao ragazzi e grazie per la vostra disponibilità, vorrei cominciare chiedendovi come si sia generata l’avventura musicale dei Jolly Power. Quali sono i vostri ricordi delle origini del gruppo e quale formazione ha dato il via alla vostra lunga carriera?
Ciao, grazie per l’intervista innanzitutto. Tutto iniziò sul finire degli anni ’80, con dei ragazzi come tanti, in un piccolo paese di una località turistica montana bergamasca che stanchi della tranquilla vita di provincia cercarono di sfogare la loro irrequietezza nella musica che fino ad allora avevano seguito mediante dischi d’importazione e riviste quali HM e Metal Shock. L’idea di formare un gruppo nacque allorché io e mio fratello Maxx acquistammo degli strumenti musicali, io chitarra e lui batteria, senza ovviamente saperli suonare. Di li a poco ci si ritrovò belli carichi nel più classico scantinato a fare rumore cercando di imitare i nostri eroi musicali. Nel frattempo conoscemmo Bely, mi pare incontrato nella sala giochi del paese, poi un amico dell’epoca mi spiegò al volo cos’era un power chord, e da lì iniziammo a suonare C’mon Everybody (la versione di Sid Vicious) come dei matti, la prima canzone eseguita dai futuri Jolly Power! Solo in seguito prendemmo una manciata di lezioni dei rispettivi strumenti musicali ed iniziammo un percorso musicale serio, e si inserì il primo cantante Yvan, anche lui nostro compaesano.
I Jolly Power si trovarono a rappresentare musicalmente un periodo artistico molto complesso e discusso nella storia dell’Hard Rock italiano quando alla fine degli anni Ottanta incominciavano a farsi forti le influenze Glam e Street Rock anche qui da noi, potete dirmi come definireste oggi il vostro sound delle origini?
Credo che riflettesse semplicemente le nostre preferenze musicali dell’epoca. Così com’è avvenuto in seguito, quando molto naturalmente evolvevamo verso un nuovo sound perché spinti dalla nostra maturazione musicale e dai diversi ascolti del momento. Credo sia una spinta molto naturale evolversi come gruppo specialmente se si ha una “carriera” più che decennale. Agli esordi eravamo genuinamente sleaze rock, alla maniera dei Faster Pussycat per intenderci. Mentre il termine glam non ci è mai veramente appartenuto, a parte forse l’immagine che avevamo all’inizio…
Quali erano, se ce n’erano, i riferimenti musicali del vostro complesso? Avete scelto di seguire le orme di altri artisti internazionali o vi siete subito distaccati volontariamente da qualsiasi possibile catalogazione preferendo tiare dritto per la vostra strada?
Ovviamente all’inizio la cosa più semplice ed ovvia e cercare di avvicinarsi ai propri punti di riferimento musicali, poi man mano che si acquista consapevolezza e sicurezza in se stessi diviene naturale distaccarsene e seguire la propria strada. Fermo restando che comunque determinate influenze che ci hanno forgiato ce le porteremo dentro per sempre. Ti direi il rock’n’roll in tutte le sue forme, da Dogs d’Amour e Guns N’ Roses ai Motorhead, arrivando magari oggi a gruppi come Hellyeah.
La prima demo “Sinner Not Saint” presentava alcune composizioni davvero coinvolgenti e trascinanti. Cosa ricordate della registrazione di quel nastro e quali furono i riscontri dopo la sua pubblicazione?
Sinner Not Saints è stato appunto il primo capitolo della nostra storia; lo andammo a registrare a Vigevano in un piccolo studio dove i milanesi Last Bandit un anno prima avevano concepito quel piccolo capolavoro di Vicious. Fu la nostra prima esperienza in studio, ricordo che il 16 Tracce Tascam a bobina ci intimoriva e stupiva per quello che ci si poteva fare E poi le zanzare (immaginati Vigevano ad Agosto). Ma ricordo tanta emozione ed entusiasmo… Sul risultato finale ha influito molto anche Marco, il fonico, perché, come ti dicevo, eravamo “vergini”, fu veramente la nostra prima esperienza. I riscontri presso il pubblico furono buoni e la cosa ci incoraggiò a continuare.
Già in passato i Jolly Power erano famosi per il loro look inimitabile e per i loro concerti scatenati. Mi sono sempre chiesto quanto l’elemento scenico fin dalle origini sia stato fondamentale e inscindibile da quello musicale, per voi.
Come dicevo poco fa, all’inizio ci sembrava estremamente naturale rispecchiare i canoni, anche a livello di immagine, di quella che era la scena sleazy di quegli anni, e da lì nacque l’immagine molto curata sleazy r’n’r (non glam!) dei primi demo. Anche grazie all’innesto di Elia, che sostituì ben presto Yvan alla voce, già noto nella provincia di Bergamo per il suo stile d’abbigliamento crossdresser. Per lui era naturale girare per i locali vestito in abito da sera da donna, tacchi a spillo e pelliccia leopardata; all’epoca quando ci trovammo a dover cercare un nuovo cantante lo notammo proprio per questa sua caratteristica. Bisogna però riconoscere che parte della notorietà che avemmo negli anni ’90 era derivata anche dal nostro look stradaiolo senza compromessi, che sbattevamo in faccia alla gente e non era assolutamente la norma qui in Italia. L’elemento scenico è da sempre stato appannaggio di Elia nel gruppo, che non è un cantante vero e proprio ma sarebbe più corretto definire un performer. Per lui non c’è stacco tra la parte musicale e visiva del concerto e nel corso degli anni ha realizzato trovate notevoli in sede live grazie alla sua inventiva. Figurati che ai tempi quando si andava a suonare metà del furgone conteneva la strumentazione e l’altra metà gli attrezzi scenici da palco di Elia.
La consacrazione giunse con la pubblicazione de secondo demo “Like An Empty Bottle” che riscosse un grande successo tra gli amanti del vostro genere musicale. Parlatemi di quelle canzoni e di come sono nate, vi ricordate qualche aneddoto riguardo quelle registrazioni?
All’epoca di Like An Empty Bottle eravamo più maturi, e sapevamo esattamente quello che volevamo ottenere prima di entrare in studio, anche a livello di sonorità. Abbiamo voluto fare un super-demo (ci piace considerarlo un album a tutti gli effetti, in cassetta) curandolo come se fosse un CD in tutti gli aspetti: registrazione, grafica, fotografie e cosi via, non proprio una cosa comune all’epoca. Anche per questo credo siamo qui ancora oggi a parlarne. Ai tempi quasi tutti registravano demo autoprodotti in sala prove con piccoli 8-piste e con copertina fotocopiata… Like An Empty Botlte ci ha regalato le prime belle soddisfazioni come gruppo in termini di critica e recensioni ricevute, è stata una bella spinta all’epoca. E da li è cominciata anche la stagione dei live in giro per l’Italia con gruppi all’epoca più blasonati di noi.
I Jolly Power sono sempre stati, nel bene e nel male, legati a doppio filo al loro frontman storico Elia. C’è chi lo ama e chi lo detesta ma tutti sono concordi sul fatto che senza lui la vostra band non fosse più la stessa, con il suo ritorno siete tornati alla verve dei primi anni? Quale potrebbe essere il segreto del suo carisma?
Elia è qualcosa di più di un semplice cantante. Sicuramente ci sono in circolazione singer tecnicamente migliori, non discuto, ma performer veri e animali da palco che gli possano tener testa ancora oggi sono difficili da trovare. Nel bene o nel male la sua presenza ci ha sempre fortemente caratterizzato, ma era anche un rischio a volte in quanto sarebbe stato facile passare per “la backing band di quello che distrugge i palcoscenici” se la parte musicale non fosse stata più che solida. In questo senso penso che abbiamo trovato un buon compromesso tra le due cose. Vedremo ora a cosa ci porterà il rientro di Elia in formazione, sicuramente ha riportato nel gruppo un diverso tipo di energia primordiale che mancava da qualche tempo. Il suo segreto? Mentalmente non invecchia mai, si sente ancora un ventenne e vive come tale. E’ l’Iggy Pop italiano.
E’ da poco uscita la vostra nuova fatica discografica “Like An Empty Bottle… Again” che sembra voler riconciliare i Jolly Power con le loro radici più profonde, cosa mi dite di questo cd e dei vecchi brani in esso contenuti? Perché avete sentito il bisogno di tornare indietro fino ai vostri primi passi artistici?
In verità era da tempo che pensavamo ad una ristampa, dato che Like An Empty Bottle non è mai stato portato su CD, nonostante il cassette-album abbia avuto un grosso successo all’epoca e ci abbia di fatto posti all’attenzione dei fan italiani e consolidati come realtà della scena sleaze italiana. Dai collezionisti era molto richiesto, per cui era già da almeno un paio d’anni che pensavamo di riproporlo rimasterizzato in CD. Io lo considero un po’ come un antologia dei Jolly Power “mark-II” con Elia, dato che gli inediti che abbiamo inserito come bonus vanno a rappresentare un periodo molto lungo della band, partendo da Like An Empty Bottle, passando da Fashion Milk & Smokin’ Pills fino arrivare quasi ai giorni nostri. Unico comune denominatore, Elia alla voce.
Come pensate di supportare questa nuova produzione dal vivo? Mi potete anticipare qualche data a cui vi state preparando o addirittura un tour? Rispetto al passato come vi sentite a suonare di nuovo dal vivo dopo la reunion con alcuni ex-membri?
Ci piacerebbe poter infilare qualche data ad hoc, per far vedere che siamo ancora alive& kickin’. Il condizionale però è d’obbligo. Se da una parte, con la maturità (artistica e personale) e questo ennesimo restart c’è una certa euforia e voglia di ripartire nuovamente, la situazione attuale in Italia è decisamente peggiorata rispetto ad alcuni anni fa (e già allora ci si lamentava) e, realisticamente, ti dico che suonare in giro oggi come oggi è diventata una vera impresa. Locali storici hanno chiuso e non sono stati rimpiazzati, non c’è quasi più richiesta di musica dal vivo se non di tribute band e cover band. Praticamente il mondo alla rovescia rispetto alla realtà di quando abbiamo iniziato. Quindi per risponderti, si, cercheremo di organizzare delle uscite live, ma temo non sarà facilissimo. Questa formazione poi è abbastanza ibrida e se è vero che rimanda agli esordi dei Jolly Power (Elia) ci sono comunque anche tracce del periodo successivo 7th Crash/Taste The Blood visto l’attuale formazione a due chitarre e la presenza di Alex al basso. Per cui per noi è una cosa tra il vecchio e il nuovo!
La vostra carriera sembra spaccarsi in due dopo l’uscita del vostro disco di debutto “Fashion, Milk & Smokin’ Pills”, l’unico con Elia alla voce, cosa vi lega ancora a quel disco del 1996? Siete ancora rappresentati artisticamente da quelle canzoni?
Si certo, cerano delle ottime canzoni su quel disco ed ha rappresentato la nostra maturità artistica a tutti gli effetti. E’ stato un importantissimo punto di partenza per noi, a prescindere da cosa sia successo dopo, e se ci pensi pezzi come Talk To The Mirror non sembrano assolutamente invecchiati.
Nel passato recente i Jolly Power sembravano aver perso la loro identità a favore di un percorso musicale variegato e difficile da seguire, i vostri ultimi due album “The 7th Crash From Hell” e “Taste The Blood Of The Sonic Revolution” hanno disorientato i vostri vecchi fans, cosa vi ha spinti a evolvere in quella nuova direzione ?
La necessità di sopravvivere, unità al voler esplorare alcune nuove sonorità sul genere scan-rock che ci appassionavano in quegli anni. Dopo la dipartita di Elia, l’idea di trovare un suo clone, un Elia II, da mettere alla voce e ripartire come niente fosse ci è apparsa immediatamente impraticabile, oltre che decisamente controproducente. Abbiamo capito che si chiudeva un capitolo nella storia della band. Ma parallelamente eravamo stimolati all’idea di cosa saremmo stati in grado di fare, con le ovvie correzioni stilistiche che l’assumersi da parte di Bely il compito di vocalist, oltre che di bassista, ha portato con sé. Ovviamente Bely ed Elia non avevano nulla in comune, sarebbe un po’ come paragonare i Van Halen di Dave Lee Roth con quelli di Sammy Hagar, e va da sé che questi cambiamenti (uniti all’inserimento della seconda chitarra di Sergy Boy) hanno sostanzialmente spostato l’asse della band verso nuovi e ed inesplorati territori. Nonostante il possibile disorientamento dei fan della vecchia ora (nel frattempo abbiamo anche perso parecchi fronzoli e ci siamo induriti un bel po’) non rinneghiamo nulla di quel periodo, ed abbiamo realizzato due dischi decisamente validi con quella formazione.
Come giudicate l’attuale scena musicale italiana? Siete dei veterani ma trovate ancora stimoli in quello che fate e pensate che ormai per la musica Rock nel nostro paese sia sceso definitivamente il sipario dopo gli anni Novanta? Voi cosa sentite di poter ancora dare come musicisti?
Sul sipario che cala, molto crudamente, ti rispondo che secondo me moltissimo del patrimonio musicale di quegli anni è andato perso e non è mai stato rimpiazzato, purtroppo. La scena musicale italiana, specie in un genere minore come il nostro, è boccheggiante, perlopiù. Quando non si rifugia in una facile autocelebrazione di nicchia che dà l’illusione di essere qualcosa che non si è. Troppo spesso si rifugge il confronto con l’esterno per paura di non farcela uscendo dal proprio orticello ben curato. E’ una paura che i Jolly Power non hanno mai avuto. Come musicisti, sebbene magari un po’ più cinici e realisti rispetto al passato, lo stimolo che ci spinge a fare musica è ancora ben presente in noi. Togliendo tutte le cazzate e le sovrastrutture da rockstar dei poveri, alla fine è l’amore per la musica che ci motiva e muove tutto. Punto.
Quale rapporto avete con la stampa specializzata? Siete sempre stati una band sopra le righe e penso che questo a volte vi abbia penalizzati, quali rapporti avete avuto negli anni con i giornalisti musicali che si sono occupati di voi?
In verità ti dico che con noi la stampa specializzata è sempre stata molto attenta e i giornalisti musicali sempre gentili e a volte addirittura entusiasti. Non ti so dire quanto ci siamo meritati il trattamento che la stampa ci ha riservato, ma sicuramente la ringraziamo per questo. E poi, anni addietro, c’erano anche le fanzine autogestite che ci hanno supportato moltissimo ed aiutato a far circolare il nostro nome. Anche oggi, dopo l’uscita di Like An Empty Bottle… Again! Riceviamo richieste di interviste come la tua, il che non può che farci molto piacere.
Se poteste suonare con una grande band del passato con chi dividereste il palco?
I Turbonegro, con la formazione classica di Apocalypse Dudes con Hank Von Helvete alla voce. O magari anche gli Hellacopters. Se invece entriamo in territorio di pura fantascienza dove tutto è possibile, allora ti direi gli Stooges o i Ramones!
Spero che questa intervista possa essere servita a far conoscere meglio i Jolly Power ai meno esperti, vi lascio concludere come meglio credete, ma vorrei ancora sapere cosa riserva il vostro futuro per chi vi ama e vi continua a seguire da tanti anni?
Cosa riserverà il futuro è una domanda veramente ostica. Diciamo che noi non molleremo, comunque dopo così tanti anni il rock’n’roll diventa una parte integrante della tua vita, del tuo modo di essere, per cui dei Jolly Power sentirete ancora parlare. Ci piacerebbe poi poterci confrontare con un pubblico nuovo e più giovane, che magari non ci ha conosciuto in passato sarebbe una bella sfida. Ed assolutamente, vogliamo poter tornare a suonare live al più presto e magari comporre qualcosa di nuovo. L’idea di un nuovo disco ci solletica decisamente. Ti ringraziamo per l’interesse che hai mostrato nei nostri confronti e per la possibilità che ci hai dato di fare questa intervista. Per il resto, stay rock e pensieri positivi a tutti, ciao!
Ah, passate a trovarci sul nostro facebook ufficiale: www.facebook.com/TheJollyPower se vi va, e lasciateci un saluto. Mi dicono che i social network sono il futuro… anche del rock?!
Alessandro Cardinale