Jon Oliva’s Pain (Jon Oliva)
Nell’arte esistono persone che hanno preferito il sentimento e l’emozione a qualsiasi altro tipo di meta tecnica. Artisti con la A maiuscola, lontani dagli esecutori impeccabli; persone per cui il gusto e l’intensità va oltre qualsiasi altro parametro. Persone a cui bastano tre accordi per scrivere brani come Believe…
Jon Oliva rientra in questa schiera di talenti e, anche per questo, è sempre un piacere scambiare una chiaccherata con uno dei pochi cervelli d’altri tempi che non si è spento o atrofizzato, che non è stato corrotto dai tempi e dalle mode, ma anzi continua a segnare le epoche del metal con i suoi lavori fuori dal tempo, perchè come dice il mio buon collega Federico Mahmoud “dischi come Streets andrebbero studiati a scuola”…
Buona lettura.
Ciao Jon come va, tutto ok?
Non c’è male non c’è male grazie. Tu?
Direi lo stesso, potrebbe andare meglio ma non mi lamento hehe. Allora Jon, partiamo subito con una brutta notizia: non mi è ancora arrivata la copia promozionale quindi non ho ancora sentito il nuovo album…
Vuoi posticipare l’intervista di qualche giorno? Non ci sono problemi.
Nono assolutamente, piuttosto vorrei che fossi tu a raccontarmi del disco. Così puoi dirmi che sarà un album lounge o acid jazz e io sarò costretto a crederti.
Ahahah ok.
In realtà ho sentito i samples su myspace, ma vorrei comunque che fossi tu a introdurre questo nuovo disco dei Jon Oliva’s Pain.
E’ il migliore di quelli registrati con i ragazzi, davvero. I samples non gli rendono giustizia.
Sei sicuro? Più del primo? Jon io adoro Tage Mahal… forse perchè erano anni che aspettavo di risentire i vecchi Savatage, di risentirti cantare seduto al tuo piano…
Alessandro ti garantisco che questo è ancora meglio, hai la mia parola. E’ ancora più Savatage degli altri due ed è anche estremamente vario. Vedrai quando avrai il disco, una sorpresa dietro l’altra. Ogni pezzo ha qualcosa di diverso dagli altri.
Questa è una grande notizia. Jon devo dirti che l’idea del concept del disco è una cosa che mi ha spiazzato. Tu hai sempre amato raccontare storie di singoli, prendere un personaggio, creargli un musical metal intorno. Oppure cercare di entrare nella mente umana, come hai fatto con il disco precedente… insomma sin dal gioco di parole del titolo siamo di fronte a qualcosa di ben diverso.
Sì è vero, questa volta è un concept diverso. Sono stato influenzato da quello che sta succedendo. So che tratto temi abbastanza inusuali per me, ma quello che sta accadendo intorno a noi è davvero troppo. Questa volta niente storie, soltanto la triste realtà. Non voglio dover giocare con dei nipotini deformi indossando maschere a gas, ecco cosa mi ha spinto a fare un disco come Global Warning. Prima o poi pagheremo il prezzo di quello che stiamo facendo…
A fine anni ’80 una delle mie band preferite cantava ‘That’s the price you pay’…
Esatto. Comunque il disco non è un vero e proprio concept tipo The Wake of Magellan, ci sono pezzi sulla politica, la religione, l’uso dei pc, la guerra… è un disco sulla realtà. Pezzi molto diversi. Mi alzavo una mattina e registravo quello che mi andava di fare e suonare.
Credo sia il massimo per un musicista avere queste libertà.
Sì, non voglio stare tutta la vita a fare le stesse cose. Mi annoierei come mi annoiano i gruppi monotoni.
Ah come ti capisco. Non ho stimoli a comprare un disco metal che sia la copia del precedente, senza nuove emozioni. Un conto è lo stile, un conto è ricilclare sempre le stesse cose…
Trovo di una noia mortale dover comporre e suonare sempre le stesse cose, figuriamoci ascoltarle!
Guarda io credo che il metal purtroppo oggi soffra molto di questo problema. Fortunatamente ascolto tanta musica diversa il che mi consente di non arrivare al punto di dire basta. Ahimè è una musica che campa ancoa molto sugli stereotipi secondo me.
Sì è vero e anch’io faccio lo stesso, ascolto più musica possibile, molto diversa.
Torniamo al disco, della copertina cosa mi dici? Direi che è abbastanza forte.
Sì, considera che quella che vedi tu è soltanto metà. Ci sono due parti che compongono la confezione, in una c’è un albero rigoglioso con cinque musicisti seduti a suonare sotto. Poi quella verdognola, post-atomica, con gli scheletri e l’albero carbonizzato.
Mmm Jon, questa cosa dei musicisti non la sapevo e rende la cosa ancora più forte. Morirà anche la musica, che è una delle poche cose che è sopravvissuta a regimi e tiranni…
Sì è così. Ovviamente ci sono foto divertenti della band, non vogliamo fare le cose troppo seriamente. (risate di entrambi).
Ci avrei scommesso Jon.
Dico sul serio (risate) chi fa queste cose troppo seriamente finisce per l’essere assassinato, io voglio vivere. Meglio lasciare anche un po’ di sana ironia.
Cosa mi dici dell’attività live?
Faremo il tour in due parti. Saremo in Europa tra poco poi in sudamerica e in Europa di nuovo in autunno.
Come mai il tour in due parti? E’ stata una decisione vostra o un’esigenza?
Sì è stata una mia decisione, non voglio stare troppo tempo lontano da casa. L’ho fatto per tanti anni con i Savatage, ora basta. Oggi si fanno questi tour di due anni, si arriva alla fine stremati, senza forze e senza voce. Meglio fare le cose con calma. Quindi torneremo in Italia anche in autunno.
Jon, un piccolo strappo alla regola. Dal momento che vivo a Dublino, non è che per caso avete qualche data programmata qui in Irlanda?
So che verremo nel Regno Unito, non so se faremo qualche data anche in Irlanda. Purtroppo non dipende da noi ma dalle agenzie che gestiscono il tour.
E per quanto riguarda i festival estivi?
Niente. Il disco doveva uscire in novembre per darci modo di organizzarci per l’estate, poi un nostro amico che era il co-produttore del disco è morto in un incidente. Non ce la siamo sentita di lavorare quelle settimane e abbiamo sospeso tutto.
Accidenti Jon, mi spiace. Poco male per il disco, insomma ci sono cose più importanti di una data d’uscita, cose che hanno la priorità. Il lavoro, i soldi, le scadenze… il music business, quelle vengono dopo…
Hai ragione, la penso allo stesso modo.
Jon un paio di domande alle quali non puoi sfuggire, lo sai vero?
Certo, vai.
I Savatage?
Questo è un grande momento per i Savatage. Sì è vero non sta uscendo niente con il nome Savatage, ma io e i ragazzi siamo impegnatissimi con la Trans Siberian Orchestra. Quelli sono i Savatage: i musicisti sono gli stessi, la msica è la stessa. Solo che i Savatage sono una band underground, con la TSO vendiamo milioni e milioni e siamo in testa alle classifiche degli US. Dovrei far uscire dischi con il nome Savatage e rimanere povero? (risate)
Sì Jon mi riccordo un paio di anni fa mi dicesti che con un singolo della TSO guadagni più che con tutta la discografia dei Savatage. Magia di un albero di Natale e un po’ di neve.
Sì è verissimo, ed è assurdo. Mi arrabbio quando ci penso. Assurdo davvero come la gente si rapporti con la musica. Non c’è praticamente nessuna differenza tra un Dead Winter Dead e la TSO, eppure questi sono i risultati di vendita.
Mi faccio un po’ i fatti tuoi: un paio di anni fa mi dicesti che di solito, a casa, ti piace ascoltare classica, rock classico e musical. Confermi?
Confermo assolutamente. Stavo ascoltando i Beatles ora. Sai, prendi i Beatles e i Queen e hai coperto tutta lo spettro della musica moderna, non hai bisogno di altro.
Jon mi trovi assolutamente dalla tua parte. Ritengo i Queen la più grande band della storia della musica, la più eclettica. E metal? C’è qualcosa che ti piace ascoltare.
Solitamente non ascolto nulla perchè non voglio finire a copiare (risate). Magari qualche compilation che mi fanno i miei amici, soprattutto dall’Europa.
Nessuno che ti abbia colpito particolarmente?
Ho visto diverse volte i Blind Guardian dal vivo, eccezionali.
Jon ti amo, sono la mia band preferita (risate).
Sono davvero bravissimi. Non compro i loro cd per i motivi che ti dicevo prima, come non compro cd di nessuna band, ma mi hanno davvero impressionato tutte le volte che li ho visti e sentiti. Poi ti posso dire gli Elvenking, che sono italiani. Ci abbiamo suonato insieme, bravissimi.
Sì una band diversa, fresca dal vivo e pretenziosa su disco. Per quanto riguarda il futuro?
Nuovi album, nuovi progetti e tanti tour.
Jon lo sai vero che sei un uomo fortunato, poter vivere di musica, avere la possibilità di incidere tutto ciò che vuoi. Sei uno dei pochi…
Hai assolutamente ragione, lo so, è la più grande delle fortune.
Jon io ti ringrazio e ti saluto. Come sempre è stato un piacere parlare con te.
Lo stesso Alessandro, grazie mille.
Ti auguro tutto il bene possibile ma non ne hai bisogno perchè sei uno dei musicisti più talentuosi che abbiamo oggi su questa terra oggi.
Grazie grazie mille davvero, stammi bene e spero di vederti ai nostri show in Italia o Gran Bretagna.
Lo spero anch’io Jon. Ciao!
Alessandro ‘Zac’ Zaccarini