Kampfar (Dolk)
È un piacere ma anche un onore
poter intervistare i Kampfar nella persona di Dolk, unico vero
leader della band, personaggio all’apparenza estremamente freddo ma in realtà
molto cordiale, modesto e coinvolto da quanto suona. Avevo avuto modo di
chiacchierare col singer in occasione della loro ottima data padovana, in cui la
band stessa si era stupita del calore dimostrato dalla gente dopo ben 7 anni di
pausa nelle loro attività, ed è con la curiosità di scoprire finalmente ciò
che è “dietro le quinte” della band che mi accingo a questa nuova
discussione.
Dolk, è stato un vero piacere
vedervi suonare a Padova, lo scorso aprile, e mi pare che tutto il pubblico
abbia apprezzato il vostro ritorno…com’è andato il tour, in generale?
“È stato un bel tour, soprattutto è stato
splendido tornare sui palchi dopo sette anni in cui siamo rimasti nell’ombra.
Abbiamo potuto incontrare un sacco di gente, che ci ha acclamati e festeggiati,
e non potevamo avere un regalo migliore per il nostro ritorno: ho solo cose
positive da dire riguardo al tour insomma.”
Hai
accennato al lungo break che vi siete presi, me ne puoi spiegare allora i
motivi?
“Moltissimi giornali me lo chiedono, ovviamente,
ma preferisco non andare nei dettagli: si è trattato di problemi assolutamente
estranei alla musica, i classici problemi della vita quotidiana a cui chiunque
può andare incontro, e comunque sono cose estremamente personali, che
preferisco non trattare con nessuno. Questi fatti ci hanno portato via oltre tre
anni, prima che potessimo tornare a comporre musica insieme; in tutto questo
tempo siamo rimasti amicissimi anche fuori dal gruppo, quindi non c’è mai
stata una vera interruzione nei nostri contatti. Anche se poi, quando abbiamo
deciso di non limitarci alle registrazioni ma di tornare sui palchi, ci sono
voluti altri due anni per prepararci a fondo e rientrare in pista. Somma il
tutto ed avrai i sette anni di cui si parlava.”
Ora
siete su Napalm, dopo un periodo su Hammerheart Records: cosa vi ha spinti a
cambiare, e come vi trovate oggigiorno?
“Beh, con la Hammerheart abbiamo avuto
tantissimi problemi a livello di business, anche se a livello di rapporti
personali io sono ancora amico del proprietario dell’etichetta e non siamo
assolutamente arrabbiati con loro. Direi che erano inesperti su vari fronti,
hanno commesso tantissimi errori, ed abbiamo quindi deciso di guardarci avanti.
La Napalm è interessatissima ai Kampfar: per me è difficile dirlo di solito,
perché sono nel business da anni e non prendo nessuna parola per sicura ormai,
ma quest’etichetta si dimostra davvero impegnata nei nostri confronti, ci
contatta tutte le settimane, ci fa sentire il lavoro che c’è alle spalle.”
E parliamo finalmente di ‘Kvass’:
un album che segna anche una netta evoluzione del vostro suono, non è così?
“Sì, abbiamo cercato
di rimanere sulla strada tracciata in passato, ma negli anni ci siamo evoluti
sia come persone che come musicisti, il che non può non ricadere sulla nostra
musica.”
Che cosa significa il titolo? C’è un concept particolare
dietro ai testi del disco?
“‘Kvass’ è una
parola norvegese che significa “tagliente”: una parola che credo si adatti
benissimo a tutti i contenuti dell’album, dalla musica che contiene sino alla
cover. Questo è il nostro album più “tagliente” in assoluto. Se lo
paragoni per esempio a ‘Fra Underverdenen’, il nostro disco precedente, puoi
notare un filo che li unisce: ma ci sono delle differenze, per esempio i dischi
precedenti trattavano per intero un periodo della storia norvegese, mentre
‘Kvass’ si rivolge in ogni canzone ad una tematica diversa, pur restando nel
nostro normale ambito (la natura, la superstizione degli uomini, la spiritualità…)”
Una differenza fondamentale è la coesione della vostra
line-up, che per la prima volta è quella di una vera band, giusto?
“Sì, siamo una vera
band, ora, questo è sicuro: ed è la prima volta nella nostra storia, quindi
capisco che tu pensi a noi come ad una band completamente nuova, in un certo
senso…non posso che darti ragione, da quel punto di vista. Ma d’altra parte
ovviamente siamo sempre i Kampfar, c’è continuità col passato, anche se le
differenze si sentono.”
Sai che i vostri album passati, specialmente l’EP ‘Norse’,
sono ricercatissimi dai collezionisti del settore e nella loro versione
originale raggiungono quotazioni stratosferiche?
“(Ride,
Nda) Sì, me ne sono accorto.”
Cosa ne dici? Sei anche tu un collezionista di album rari?
“Assolutamente! Ho una
collezione abbastanza vasta di LP, che conservo con cura. Sono contento che la
gente collezioni le uscite dei Kampfar: pensa che qualcuno ha pubblicato o sta
per pubblicare dei bootleg dei nostri concerti, e di solito le band si
arrabbiano per questo, perché non ricevono soldi dalla vendita di questo tipo
di prodotti; ma a me non importa assolutamente, anche se non fa piacere sapere
che qualcuno fa soldi grazie ai Kampfar per me è solo un modo per far
diffondere la nostra musica, anche perché di soldi in questo settore ne girano
davvero pochi…”
Immagino che i Kampfar non siano il tuo lavoro…
“No! (Ride,
Nda) Guarda, in quest’ultimo tour se non avessimo avuto il
merchandise da vendere non saremmo nemmeno potuti uscire dalla Norvegia: ci è
costato molto, anche se ne è valsa la pena. Abbiamo tutti dei lavori qui dalle
nostre parti, ma siamo fortunati perché non ci limitano troppo: io per esempio
lavoro in una piccola azienda di proprietà, quindi se voglio assentarmi per
qualche mese per concentrarmi solo sui Kampfar ne ho la possibilità. Di sicuro
non posso guadagnarmi da vivere tramite la band, credimi.”
Il feeling del pubblico verso di voi non accenna a diminuire,
nonostante gli anni di silenzio: eppure la scena metal, anche in Norvegia, è
molto cambiata. Quale credi che sia il principio che porta la gente ad essere
ancora così affezionata a voi?
“Domanda difficile: in
effetti noi rimaniamo ad un livello più modesto, quanto a pubblico e vendite,
proprio perché la scena è cambiata così tanto. Qui in Norvegia per esempio ci
sono black metal band (o ex tali) costantemente in televisione, e devo dire che
alla fine la cosa risulta anche molto fastidiosa, o quantomeno noiosa…”
Su, spara il nome che hai in mente!
“(Ride,
Nda) Beh, ci sono i Satyricon per esempio! Sono ovunque, come una pop
band, e sai…loro possono fare quello che vogliono, ma certe volte diventa
davvero noioso. Accendi la TV e li trovi lì, con la musica completamente
cambiata per poter entrare nelle charts…voglio dire, mi sembra che la cosa sia
palese. Poi ripeto: ognuno può fare ciò che vuole, a me non interessa. Di
sicuro non è quello che faremo coi Kampfar.”
Quali saranno i prossimi passi della band?
“Suoneremo ad una
manciata di festival in Europa per poi tornare in Norvegia a comporre il nuovo
album, perché credimi, questa volta non dovrete aspettare altri sette anni per
sentire il nuovo Kampfar!”
Alberto
‘Hellbound’ Fittarelli