Kataklysm (Maurizio Iacono)
Sette album all’attivo, una lunga carriera alle spalle e un nuovo
disco che sicuramente non deluderà i fan (leggi
la recensione), il tutto con un’umiltà e una fede
incrollabile nel death metal propri di chi si appresta a muovere i primi passi
nel panorama musicale. Questa è l’immagine che il gentilissimo Maurizio
Iacono, frontman dei canadesi Kataklysm, mi ha lasciato durante questa
piacevole chiacchierata e che spero riesca a giungere anche a voi. Buona
lettura.
Ciao Maurizio, per prima cosa vorrei che facessi un bilancio della vostra
carriera pluridecennale.
Per la precisione questo è il quindicesimo anno che il gruppo è stato
fondato, dal settembre del 1991 al 2006, e devo dire che è una carriera lunga.
Abbiamo cominciato con l’ep The Mystical Gate Of Reincarnation uscito nel 1994
per la Nuclear Blast, poi abbiamo fatto sette album. I primi due, Sorcery e Temple Of
Knoweledge, con il vecchio cantante Sylvain Houde, poi abbiamo fatto un
cambiamento, ho lasciato il basso per dedicarmi completamente alle vocals. Siamo
sempre stati occupati, abbiamo fatto tantissimi concerti in giro per il mondo,
abbiamo pubblicato altri cinque dischi e non abbiamo mai smesso di fare quello
che ci piace. Direi che abbiamo fatto una bella evoluzione e continuiamo ancora
oggi; non sono molti gruppi che sono durati così a lungo e quindi possiamo
ritenerci più che fortunati.
Bene, parliamo del vostro ultimo disco “In The Arms Of Devastation”: come
inserisci questo disco all’interno della vostra discografia?
Se chiedi a qualsiasi gruppo quale sia il loro album migliore ti diranno
sicuramente l’ultimo, perchè è quello che vogliono promuovere maggiormente. Io
posso dirti che per me tutti i miei album sono speciali, sono tutti differenti
l’uno dall’altro, è una cosa che abbiamo sempre deciso di fare quella di non ripetere
sempre lo stesso disco. Sicuramente con In The Arms Of Devastation abbiamo
mantenuto tutte le influenze e il sound dei dischi passati. La radice del gruppo
è rimasta intatta, anche se abbiamo voluto dare un approccio più melodico e
thrash a questo nuovo disco. A dire la verità non è stata una decisione presa a
tavolino, è avvenuto tutto in maniera molto naturale. Sono influenze che abbiamo
sempre avuto, ma grazie all’esperienza maturata negli anni siamo riusciti a
dargli maggiore spazio. Nonostante tutto questo la radice brutal dei Kataklysm
c’è sempre. Sai quando abbiamo incominciato, la cosa più importante per noi era
di essere sempre più estremi e più malati possibile, ma oggi vogliamo che la
gente riconosca le canzoni dei Kataklysm, che le apprezzi per la buona musica
che contengono e non solo per il fatto di essere solamente estreme. Ecco questa
è la principale differenza fra gli ultimi album e quest’ultimo.
Infatti la cosa che mi ha colpito maggiormente è la presenza di molta più
melodia e groove all’interno delle canzoni. Avete utilizzato un approccio meno
estremo che in passato.
Hai perfettamente ragione. Posso dire che questo disco racchiude quello che
abbiamo fatto con gli ultimi due dischi. Shadows And Dust, che è stato un disco
molto importante per noi e che ha portato la band ad un livello superiore, era
un album abbastanza melodico, invece con Serenity In Fire, quando forse la gente
si aspettava un disco ancora più melodico, abbiamo fatto decisamente l’opposto,
scrivendo un album più estremo. Quindi In The Arms Of Devastation racchiude un
po’ queste due anime del gruppo. In questo disco ci sono ancora influenze grind
e brutal, ma oggi siamo capaci di bilanciare al meglio le parti più groove con
quelle più violente, e le inseriamo quando vogliamo noi e al punto giusto della
canzone. Non sono lì tanto perchè ci devono essere per forza.
All’interno del disco si respira un’aria oscura. Mi riferisco a canzoni come
Crippled And Broken, To Reign Againg e l’ultima The Road To Devastation. Sei
d’accordo con me?
Certo, è una caratteristica che abbiamo voluto dare noi. Se vuoi inserire dei
riff melodici in un disco death metal devi dargli un suono cupo, non puoi
inserire delle melodie ariose. Puoi farlo se suoni metal classico, ma se fai
death metal devi suonare dark, sennò non fai più death metal. Ad esempio una
canzone come The Road To Devastation è una canzone pesante, che quando l’ascolti
ti fa pensare e tocca il tuo lato più buio, capisci? E questo è un effetto che a
noi piace molto e abbiamo deciso di metterlo in quest’album.
A proposito di The Road To Devastation, mi spieghi cosa significa il finale
di canzone? Sembra il ticchettio di un orologio.
Si è proprio un orologio, e significa che, nonostante tutti i problemi che ci
sono su questa terra, il tempo e la vita devono continuare. Che siano problemi
mentali, fisici, qualsiasi cosa la vita ti porti, devi andare avanti. Però anche
l’orologio, come il battito del tuo cuore prima o poi finisce. Volevamo solo
dire che tutto quanto ha un inizio ed una fine, è solo un piccolo elemento per
far riflettere di più chi ascolta il nostro disco.
C’è qualche brano del disco che ti piace di più o che ti ha dato maggiori
soddisfazioni?
Non credo che possano esserci canzoni tutte uguali, è come dire non avere
emozioni. Ci sono sicuramente canzoni che ti fanno più effetto rispetto ad
altre. A me piace particolarmente la prima canzone, è un brano in cui c’è tutto
dentro: melodia, parti brutal, ottimi stacchi. Mi piace molto anche The Road To
Devastation, una canzone più dark delle altre, ed è proprio per questo che la
preferisco, perchè si differenzia molto all’interno del disco.
Quindi si può dire che quello che vi eravate prefissati per questo disco siete
riusciti a tradurlo in musica perfettamente.
Certamente e ne siamo molto soddisfatti, però noi siamo anche un gruppo molto
spontaneo, inseriamo sempre delle idee nuove che sviluppiamo insieme e le
aggiungiamo alla base che avevamo fissato inizialmente. Io credo molto che le
prime idee siano le migliori, e se lavori troppo su un brano si rischia che
perda l’effetto iniziale che tu avevi pensato per la canzone. A noi succede
così, lavoriamo per modificare o correggere alcune piccole parti, ma il “feel”
del brano rimane sempre quello. Dopo tutti questi anni che scriviamo musica
insieme è naturale per noi comporre in questo modo, sai, quando hai una lineup
stabile viene tutto più facile. Anche per quanto riguarda i testi, io li scrivo
sempre in base a quello che la musica mi trasmette, tutto abbastanza spontaneo.
Di che cosa parlano i testi? Hai scritto un concept per In The Arms Of
Devastation?
Ho deciso di trattare due o tre argomenti per questo disco. Di solito scrivo
un concept, ma questa volta ho voluto affrontare tematiche differenti, ad
esempio ho parlato molto del conflitto tra il bene e il male, un tema che credo
tutti quanti abbiano affrontato nella propria vita, e delle decisioni che tutti
noi dobbiamo prendere di fronte a questa contrapposizione, direi che è un tema
che riguarda anche il sociale. Poi in Crippled And Broken ho voluto parlare
l’effetto che provoca la guerra sulla mente delle persone. Io adesso abito a
Chicago e vedo sempre militari dappertutto che si preparano per andare in Iraq
oppure vedo i reduci del Vietnam, che ora hanno all’incirca cinquanta anni, che
sono rovinati, il governo non fa niente per loro. Questi ragazzi sono andati
a sacrificarsi per lo stato e ora sono completamente lasciati al proprio destino,
senza assistenza, capisci? Queste sono cose che mi hanno colpito molto e ho
voluto parlare un po’ di questi problemi.
La produzione del disco è eseguita a quattro mani dal vostro chitarrista
Jean-Francois Dagenais
(che ha curato la produzione degli ultimi cinque dischi) e da Tue Madsen. Puoi spiegare questa scelta?
Sì, Jean-Francois ha prodotto gli ultimi cinque album della band, e crediamo molto
nelle sue capacità, ma questa volta abbiamo deciso di fare un cosa nuova e di
spingere oltre il limite del gruppo dando un nuovo sound alla nostra musica e
abbiamo deciso di lavorare con un produttore europeo, convinti che unendo le
nostre idee con quelle di un nuovo produttore ne sarebbe venuto fuori qualcosa di buono. Quindi lui ha scelto
Tue Madsen, che ha accettato immediatamente di lavorare con noi e il risultato mi
piace molto. Credo che in questo disco ci sia una delle migliore produzione e il
miglior bilanciamento che abbiamo mai avuto, tutto è al posto giusto, non ci
sono suoni che prevalgono l’uso sull’altro. Tue Madsen ha fatto proprio un bel
lavoro, siamo molto soddisfatti della produzione.
Prossimamente girerete un video concettuale per Clipped And Broken. Puoi
darci qualche anticipazione?
Concettuale nel senso che le immagini riprenderanno l’argomento del testo,
cioè la storia di una persona che va in guerra e che al suo ritorno non riesce
più a vivere la vita normalmente. Quindi sarà un video che parla della guerra e
degli effetti che provoca sulla mente delle persone. Gireremo il video ad
Amsterdam, prima di partire per il No Mercy Festival (dopo aver rilasciato
l’intervista, la band ha abbandonato l’idea di girare il video in Olanda. Il
video verrà girato a Montreal. nda).
Parlami dell’ospite femminile, la cantante Morgan Lander (Kittie) presente nel disco.
In passato avete collaborato con Peter Tagtgren. Vi piace collaborare con altri
artisti e perchè avete scelto proprio questa cantante?
Secondo me ai fan piace vedere delle special guest di altri gruppi che
partecipano all’album. Per quanto riguarda Peter (Tagtgren. nda) posso dire che è sempre stato
un amico dei Kataklysm, con gli Hypocrisy abbiamo fatto molti tour assieme. Gli
abbiamo chiesto di partecipare come ospite sul nostro disco quando eravamo
ancora in tour in America e lui si è mostrato molto disponibile, abbiamo
registrato For All Our Sins ed è stato proprio bello. In passato abbiamo
lavorato anche con il cantante dei Cryptopsy sull’album Prophecy. Per
In The Arms Of Devastation abbiamo scelto Morgan delle Kittie, che è un gruppo canadese
composto interamente da ragazze molto popolare in America e sono anche delle
nostre amiche. Abbiamo deciso di fare qualcosa di differente per questo disco,
perchè sai non ci sono molte ragazze che cantano in questo modo, oltre alla
cantante degli Arch Enemy, e ne è venuta fuori una canzone davvero speciale, è
stata un bella esperienza.
Sei soddisfatto di come è stato accolto il disco fino ad ora?
Molto soddisfatto, le prime recensioni sono tutte favorevoli, con punteggi
altissimi. Per ora è un disco che sta ricevendo molto successo da parte dei
media, ora vediamo un po’ cosa ne pensano i nostri fan. Quando tempo fa abbiamo
messo sul nostro sito una nuova canzone la gente ha apprezzato moltissimo il
brano e credo quindi che sarà un disco di successo, almeno lo spero, perchè dopo
otto album è difficile farsi apprezzare, però noi ci mettiamo il nostro meglio e
fino ad ora sta andando tutto bene.
Probabilmente il disco riceverà ancora più consensi con il passare del tempo,
perchè credo che questo disco sia un po’ meno diretto rispetto ai vostri lavori
passati e bisogna ascoltarlo più volte per poterlo apprezzare completamente,
almeno questo è quello che è successo a me.
Sono perfettamente d’accordo con te, questo disco è sicuramente più intricato
e bisogna ascoltarlo diverse volte per capirlo fino in fondo, non è come
Serenity In Fire ad esempio, che era un album molto diretto. Invece su In The Arms Of Devastation abbiamo voluto lavorare di più sul lato melodico della
nostra musica, ci sono più elementi dentro. Se ascolti questo disco aspettandoti
un nuovo Serenity In Fire ti troverai un po’ spiazzato, ma sono convinto che
dopo qualche ascolto comincia a rimanerti in testa l’album.
Cosa significa avere una grossa label alle spalle come la Nuclear Blast?
Per noi è la migliore label che ci poteva essere, ci hanno sempre apprezzato
e hanno creduto nei Kataklysm sin dal primo giorno; hanno avuto molta pazienza
nell’aspettare che la nostra musica si sviluppasse in tutte le sue potenzialità,
ma ora siamo arrivato ad un livello tale che posso dire con certezza che loro
sono contenti di noi e noi siamo molto felici del loro supporto. Certo, se fai
brutti dischi e vendi poche copie ti troverai male con chiunque… Hanno dato
molta importanza al death e anche oggi in cui questo stile non è più così
importante nel metal sono sempre molto attenti al death, in modo particolare con
noi, e questo lo apprezziamo molto.
La scena metal canadese è diventata negli anni sempre più importante, ma
soffre ancora in termini di popolarità rispetto alla scena svedese o floridiana.
Cosa ne pensi?
È molto
difficile risponderti… In Canada ci sono molti gruppi davvero validi, ma come
per tutti i paesi e specialmente per noi che abbiamo gli Stati Uniti molto
vicini, l’attenzione generale si concentra sulla scena Americana, non certo sul
Canada o verso altri paesi in grado si sviluppare una scena musicale. Se non sei
americano è difficile farti conoscere, a meno che tu non sia svedese
(risata… nda). In Canada se ascolti tutti i maggiori gruppi noti che ognuno ha uno
stile differente, ed è solo grazie a questo che possiamo farci strada ed
emergere rispetto alla massa.
A proposito,
segui le nuove uscite discografiche? C’è qualche album che ti ha colpito?
Per quanto riguarda il metal estremo mi sono piaciuti molto i Behemoth
ultimamente. Hanno fatto un buon disco.
Per promuovere l’album prossimamente intraprenderete un tour negli Usa.
Quando verrete in Europa e soprattutto in Italia?
Sì, arriveremo in Europa con il No Mercy in aprile con Cannibal Corpse,
Finntroll, Legion Of The Damned e Grimfist, ma non in
Italia purtroppo. In estate siamo occupati con Vader, Destruction
e Graveworm (e altri) in un tour americano e in altri festival estivi in
Europa, ma spero di poter fare un tour da headliner prima della fine dell’anno e
suonare anche in Italia.
C’è qualcosa che in passato non hai fatto e che rimpiangi oggi?
No. Ho imparato dai miei stessi errori e non rimpiango nulla di quello che ho
fatto o non ho fatto, forse si poteva agire diversamente per quanto riguarda il
lato del business, ma per quanto riguarda la musica non ho nulla da rimpiangere,
abbiamo una bella e lunga carriera che continua a portare molta gioia nelle vite
di ognuno di noi. Mi sento fortunato perchè non ci sono molti gruppi che sono
arrivati a pubblicare l’ottavo album della propria discografia, e a mantenere un
certo successo in oltre dieci anni di carriera. Speriamo di continuare così
ancora per qualche anno.
Una vita dedicata al death metal. Per te è solo musica o è diventato anche un
modo di vivere?
Dopo quindici anni dico che è un modo di vivere, non abbiamo mai passato due
anni senza far uscire un album. Credo che sia incredibile essere sopravvissuti
in tutto questo tempo, lo sai, il metal cambia sempre, il black metal è
diventato popolare e poi è calato, il death metal dopo un periodo d’oro ha perso
importanza, però dopo tutti questi anni e questi stili che si sono avvicendati
siamo sopravvissuti, abbiamo dato tutto quello che potevamo e abbiamo affrontato
tante difficoltà. La cosa che più mi dispiace, oltre ad abitare a Chicago e non
avere più la mia famiglia vicino e parlare italiano tutti i giorni (risate… nda), è
che tutti i gruppi che si sono sciolti in questi anni durante una fase difficile
per il metal, quando la musica rap e pop era molto in voga, ritornano ora e si
riuniscono tutti adesso quando la scena metal è più forte che mai. Dove erano
questi gruppi negli anni più difficili per il metal? È questo che ti fa vedere
la voglia e la dedizione di questi gruppi, noi invece non abbiamo mai smesso e
siamo sempre andati avanti per la nostra strada. Questa è la cui per cui sono
più fiero di appartenere a questa scena.
Ok Maurizio, ti ringrazio molto per il tempo che ci hai concesso. Puoi
concludere l’intervista a tuo piacimento. In bocca al lupo per tutto.
Sono io che ti ringrazio per il tempo che hai speso per me e per il mio
gruppo, e per il supporto che mi stai dando. Sono molto contento di aver parlato
con te e con tutti i nostri fan in Italia che ci hanno supportato in tutti
questi anni. Ci vediamo presto in concerto.
Stefano Risso