Kingcrow: studio report
Roma, sabato 22 aprile 2006: in uno studio di registrazione allestito nei sobborghi della Capitale, un’oasi di tranquillità, confortevole e circondata dalla natura – campi, boschetti, prati… e un piccolo porcile poco distante – si alza il sipario sul nuovo lavoro dei Kingcrow, Timetropia.
Accompagnato dall’esimio Vicedirettore di Truemetal (Mauro Gelsomini) nonché dal cantante della band (sempre Mauro Gelsomini), il sottoscritto fa la conoscenza degli altri musicisti: il chitarrista Diego Cafolla, il bassista Giulio Caputi, il batterista Thundra Cafolla. Si aggregano alla compagnia anche un paio di ospiti ascoltatori, oltre che quattro simpatici e festosi cani, i quali prima della fine dell’audizione si premureranno di lasciare le copiose impronte delle loro amichevoli zampe sull’ultima camicia buona del sottoscritto. Congedato il vivace comitato di accoglienza quadrupede, vengo condotto nel piccolo ma confortevole studio di registrazione, ove si rivelano finalmente i contenuti della nuova opera del combo capitolino.
Giacché in ogni occasione la forma mantiene sempre una sua importanza tutt’altro che secondaria, l’esame prende le mosse dalla confezione dell’album. A differenza di quanto accaduto per il precedente Insider (2003), la realizzazione dell’artwork è stata affidata per l’occasione a un grafico professionista anziché a un fumettista. Il risultato finale, apprezzabile anche negli interni del booklet, è un’immagine elegante, enigmatica ed evocativa. Immediato il rimando al concept sotteso dal titolo e illustrato dai testi, una storia di stampo psicologico (una volta tanto veramente intrigante) aperta a molteplici interpretazioni, della quale sarà bene non svelare troppi particolari onde lasciare intatto il gusto della sorpresa al primo ascolto.
Parte la musica, e subito si fa apprezzare la cura della registrazione, pulita e ben calibrata, così da bilanciare bene i suoni senza adombrare alcuno strumento. Rispetto ai tempi di Insider la band ha accolto un ampio ventaglio di nuove influenze, fino al punto da allontanarsi a tratti dagli abituali sentieri rock/metal, pur rinnovando l’incrollabile fedeltà verso le proprie radici (quelle che prendono le mosse dai Rush per arrivare agli ultimi Savatage, passando per i Queensryche). L’eterogeneità della proposta si pone in fortunata antitesi con l’omogenea qualità dei brani, i quali senza cali di tensione riescono a confermarsi su alti livelli dall’inizio alla fine. Già al primo ascolto emergono peraltro tre-quattro perle di particolare splendore, tra le quali si segnalano fin da ora l’eclettica title track, la folle A-Merry-Go-Round e il gran finale Fading Out Part II.
Senza dubbio l’arma vincente della band pare il suo raffinato eclettismo, che potendo far leva su una personalità forte e ben definita riesce ad armonizzare con maestria idee e soluzioni provenienti da contesti musicali anche molto distanti tra loro. Certamente, è chiaro che una proposta di questo tenore arriverà a esprimere nel modo più completo il proprio potenziale solo in seguito a una serie di ascolti più attenta e prolungata, eppure l’immediata efficacia di melodie e arrangiamenti riesce a renderla subito piacevole e, a suo modo, orecchiabile.
La prima fugace impressione del nuovo Kingcrow è dunque quella di una band ambiziosa, intraprendente e dotata del coraggio necessario per dire qualcosa di nuovo nel panorama progressivo odierno, così come di tutti i mezzi tecnici utili a tradurre in musica le proprie idee.
Di certo chi sta cercando gli ortodossi eredi italiani di Dream Theater o di chiunque altri farà bene a non avvicinarsi troppo incautamente; chi invece si ritenga un estimatore della buona musica in senso lato, di quella allergica alle etichette e un po’ fuori dagli schemi, può cominciare fin da ora a imbandire la tavola: ad attenderlo di qui a breve troverà un lauto pasto.