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Live Nation (Andrea Pieroni)

Di Fabio Vellata - 25 Aprile 2014 - 0:01
Live Nation (Andrea Pieroni)

 

Intervista a cura della redazione di Truemetal

Ciao Andrea, eccoci nuovamente sulle pagine di TrueMetal. Tanti gli argomenti e molti gli spunti, tuttavia preferiremmo dare un taglio più curioso all’intervista, evitando in prima battuta le solite domande quasi scontate.
Visto il periodo dell’anno, iniziamo quindi con un quesito che prende spunto dal pesce d’aprile escogitato dagli organizzatori del Sonisphere UK (vietare i cellulari all’interno del festival): quanto trovi sia cambiato il modo di vivere i concerti, nel corso degli anni? Sempre più persone alzano i telefoni o le macchine fotografiche anziché battere le mani e godersela. Sinceramente, se dovessi tornare spettatore di un evento live, come ti comporteresti?

Mah, guarda, è ovvio che i tempi cambiano, la tecnologia si sviluppa sempre di più e quindi è naturale che anche le abitudini, gli usi e costumi delle persone siano in continua evoluzione. Io trovo che avere il ricordo di una bella serata, di un bel concerto non solo impresso nella nostra memoria, ma anche nella memoria dello smart phone, tramite un video o delle foto sia una cosa fantastica. Per cui dico “si” a catturare un momento dello show per un ricordo futuro tangibile. Senza l’abuso di questo mezzo però. Guardarsi tutto lo show tramite lo schermo del telefonino è obbiettivamente eccessivo e credo che faccia perdere del tutto la magia dell’evento che una persona sta vivendo. Un concerto è qualcosa di speciale ed è bello viverlo per quello che è, senza troppi filtri.  

Tocchiamo un argomento che ha sempre fatto discutere: i tappi delle bottiglie. Da anni, ormai, si sono intensificati i controlli per farli gettar via agli intervenuti ad ogni festival. Eppure non credi che, nel caso ad esempio l’area dove si tiene il concerto sia ghiaiosa, questa misura risulti risibile, vista con la motivazione della sicurezza?

Quello che penso io non ha nessuna rilevanza né può in alcun modo cambiare lo “status quo”. In sede di rilascio della licenza per lo svolgimento di un concerto, la commissione di vigilanza da parere favorevole allo svolgimento dello stesso, con alcune prescrizioni. Ovvero alcune regole che devono essere ottemperate. Molto spesso, per non dire sempre, una di queste è proprio quella relativa ai tappi bottiglia. Pertanto noi organizzatori dobbiamo adeguarci. Può sembrare strano perché, come dici tu, in certe location ci sono altri pericoli, ma questo è quanto ci viene chiesto e noi non possiamo fare altro che adeguarci.

Come mai la scelta, da un po’ di tempo a questa parte, di concentrarvi su pochi grossi avvenimenti (ci vengono in mente Black Sabbath e Aerosmith, ad esempio) invece di puntare anche su più appuntamenti con nomi di media grandezza? A cosa è dovuta questa scelta di business? Non pensi che alla lunga questo possa diventare controproducente in fatto di partecipazione di pubblico?

Non concordo con questa affermazione. Se guardiamo il nostro calendario annuale, si può facilmente vedere che diamo spazio ad una grandissima quantità di bands, dai piccoli club fino agli stadi. Se poi ti riferisci al periodo estivo, è chiaro che le grandi bands siano quelle che hanno maggiori possibilità di esposizione. Ma quella non è una nostra decisione. E’ il mercato che è così. In estate solitamente i concerti si svolgono nelle grandi location, e pertanto sono le bands che hanno la possibilità di attrarre un grosso pubblico ad avere più spazio. Il periodo in cui una band va in tour non viene deciso da noi organizzatori, ma dai management degli artisti. Noi possiamo solo adeguarci alle loro scelte ed agire di conseguenza.

Sempre a questo proposito, a questo punto non pensi possa essere vantaggioso per tutti puntare su uno o due festival al massimo, raggruppando in un unico evento tutto il meglio delle band in tour, concentrando così anche il pubblico?
Come accade, ad esempio, all’ Hellfest o al Download, giusto per citare due festival molto frequentati da italiani.

Io credo che la vita sia fatta di cicli, e quindi anche il mondo dei concerti risponde a questa logica. In questo momento storico il ciclo dei festival, intesi stile Hellfest o Download, per l’Italia è finito. Dopo 16 anni di Gods Of Metal e 15 di Heineken Jamming festival è necessario qualche anno di decompressione da eventi di tre/quattro giorni con decine e decine di bands. E’ vero che molti italiani frequentano i festival stranieri, ma sono una minoranza. Cospicua, ma pur sempre una minoranza. Abbiamo sperimentato sulla nostra pelle molte volte che un headliner di un festival di tre giorni, se fatto suonare in un evento di un giorno solo senza molti altri galli intorno, ovvero altre bands di valore simile, fa più paganti. Questo è dimostrato dai fatti, dai numeri che abbiamo avuto modo di analizzare in questi anni. Vale per tutti, Iron Maiden e Metallica compresi. Per farti un esempio, la scorsa estate abbiamo fatto un Sonisphere di un giorno solo con Maiden headliner e una line up di spessore, ma che certo non si avvicinava come valore delle altre bands, all’importanza dei Maiden. E lo dico senza mancare di rispetto a nessuno. Fatto sta che quello è stato il più grosso concerto dei Maiden in Italia di sempre, con 40.000 spettatori. Nel 2011, con un Sonisphere di 2 giorni, con decine di bands, molte delle quali molto grosse, e vicine per importanza ai Maiden, il risultato è stato esattamente della metà. Come si spiega questa cosa? Secondo me è una somma di varie ragioni, ma la principale risiede nel fatto che chi è fan di una determinata band vuole vedere quella band, non una somma di bands di pari valore. Mettere tanti gruppi di pari valore insieme vuol dire pagare dei cachet stratosferici a tutti e di conseguenza alzare il prezzo del biglietto. Questo fattore sommato al fatto che in questo caso nessuna delle bands potrebbe portare il proprio show al completo fa si che il pubblico si allontani.
Al contrario in un evento di un giorno solo, dove c’è un  headliner indiscusso, e tre/quattro ottimi gruppi di supporto, dove quindi è fuori discussione che è lo show dell’headliner e che quindi lo show sarà al completo, fa si che il pubblico si avvicini.
E’ il caso del Sonisphere dello scorso anno con i Maiden e anche del Sonisphere di quest’anno con i Metallica, che sarà uno show che per numero di presenze sarà sui livelli di quello dello scorso anno, ovvero 40.000.
Stesso discorso vale per gli Aerosmith. Abbiamo già venduto oltre 30.000 biglietti per lo show del 25 Giugno e ci avviamo verso il sold out, infatti contiamo di vendere tutti i 40.000 biglietti a disposizione. Anche in questo caso abbiamo un headliner indiscusso e tre ottimi supporti. Avessero suonato in un multiday festival sono sicuro che non avremmo mai raggiunto queste cifre.
Magari tra qualche anno il vento cambierà di nuovo e quindi anche i festival di più giorni torneranno ad essere frequentati anche in Italia come lo erano fino a quattro/cinque anni fa. Ma al momento il mercato è così e noi come organizzatori dobbiamo essere bravi a percepire gli umori e i cambiamenti del pubblico.

È innegabile come, soprattutto in Italia, se si vuole riempire un’arena medio-grande, bisogna affidarsi a band come Iron Maiden o Metallica che, al momento, sembra siano gli unici con cui si può andare a colpo sicuro per quanto riguarda gli incassi. Ovviamente questi gruppi non sono eterni e, inevitabilmente, arriverà il momento delle lunghe pause dai tour o addirittura del ritiro dalle scene.
Come pensi si potrà ovviare a queste enormi mancanze e quali sono, a tuo avviso, i possibili eredi di questi mostri sacri?

Beh non solo Iron Maiden e Metallica. Ovviamente loro sono tra i maggiori esponenti, ma come ho appena detto, per esempio, anche Aerosmith sono sugli stessi livelli. Non dimentichiamoci poi di Black Sabbath, System Of A Down, Slipknot e Guns N’ Roses. Tutte bands dai grandi numeri.
Per quanto riguarda band del futuro, in ambito strettamente metal al momento non c’è nessuno che sia in grado di poter competere con  Maiden, Metallica e Sabbath. Se allarghiamo un po’ il campo dico che System of A Down, Slipknot e Rammstein sono tre artisti che hanno le potenzialità di arrivare a quei livelli, numericamente parlando. Peraltro System ci sono già arrivati. Tra le nuove leve ci sono grandi aspettative su Five Finger Death Punch. Da più parti, nell’ambito del music business, si parla di loro come della prossima band che esploderà a livello mondiale nel giro di un paio d’anni.

Riguardo il contesto musicale odierno, è facile notare che il death e il black metal sono due generi, per definizione, poco accattivanti. Tuttavia entrambi hanno un pubblico a livello underground (e non solo) piuttosto nutrito. Nell’ambito dei grandi festival estivi ha senso inserire delle band che provengono da tali ambienti oppure si corre il rischio di coprire una fascia di pubblico poco ampia?

Secondo me anche per i gruppi estremi vale il discorso appena fatto. I fan di questo genere preferiscono vedere i propri idoli esibirsi in un concerto tutto loro, piuttosto che in un calderone multi genere. Non credo che in un contesto di festival la maggioranza degli adepti del black / death pagherebbe un biglietto doppio per vedere un set di mezzora, quando pagando la metà può vedersi un concerto intero

I social network sono entrati stabilmente nella vita di tutti, in primis dei musicisti, che addirittura interagiscono direttamente coi loro fans, chiedendo anche consigli e pareri.
In quest’ottica, voi come Live Nation, seguite e monitorate la rete per capire il seguito che una band ha sul web e che, di conseguenza, può valer la pena di essere portata in Italia?
E voi in prima persona, come vi rapportate con il popolo della rete? Ascoltate i consigli e i suggerimenti su quali band portare o su come migliorare l’organizzazione dei concerti?

Ormai la rete è diventata parte integrante e fondamentale della vita di ognuno di noi. Non possiamo prescindere da internet e riteniamo fondamentale la promozione dei nostri eventi in rete e di conseguenza il dialogo con il popolo cibernetico.
Il sito www.livenation.it ha oltre un milione di utenti unici al mese e una newsletter a cui sono iscritti oltre 400.000 utenti. Il nostro profilo Facebook ha oltre 400.000 friends. Capisci che con numeri di questa portata saremmo dei folli a non tenere in considerazione questo mezzo di comunicazione.

In occasione di un’intervista svolta qualche tempo fa, un celebre artista tedesco molto noto in patria, ci ha raccontato di quanto sia difficile poter suonare in Italia, sia in date singole, sia in occasione di festival o simili (citava specificamente proprio il Gods Of Metal).
Nonostante una carriera molto lunga e rispettabile, infatti, il suo management riceve da anni rifiuti in serie: secondo gli organizzatori italiani, un suo show non garantirebbe più di un centinaio di spettatori e non risulterebbe determinante per l’affluenza di un grande festival.
Alla luce di questa dichiarazione, quanto conta ancora nel vostro lavoro, la semplice passione per la musica? Il business e le statistiche ne hanno sopravanzato i valori, in ossequio ad una logica che ormai tende al mero profitto, o c’è ancora spazio, in qualche modo, per operazioni basate più sul cuore che sul guadagno?

Io credo che passione e business vadano di pari passo e debbano convivere con il giusto bilanciamneto. L’aspetto dei numeri deve essere necessariamente preso in considerazione, perché i conti alla fine dell’anno devono tornare, altrimenti si finisce a gambe all’aria. D’altro canto però è indispensabile anche la giusta dose di passione, perché fossilizzandoci solo sui numeri ci potrebbe essere una certa tendenza all’immobilismo e ciò è sicuramente un male. In questo senso la penso un po’ come Mark Zuckerberg, ovvero sia che il più grande rischio è non prendere rischi. Il business, la vita in generale, sono in costante mutamento e l’immobilismo è il peggior modo di affrontare le cose. Bisogna fare, a volte si sbaglia, ma molte volte si prende la giusta decisione. Questo non vuol dire fare le cose avventatamente. Dobbiamo sempre ponderare i pro e i contro. Evidentemente per il musicista a cui ti riferisci i contro hanno sempre superato i pro. Ma che ci vuoi fare, così va il mondo.

Molti di noi ricordano con piacere i biglietti dei concerti di una volta, quasi vere e proprie opere d’arte sagomate che ne rendevano il possesso l’orgoglio di chi li comprava. Ora, invece, ci troviamo di fronte, il più delle volte, a stampe di semplici loghi su formati tutti uguali. Come giustifichi questa scelta? Si tratta di un’ottica di riduzione dei costi o intervengono altri fattori?

Con l’avvento di internet, la metodologia di vendita dei biglietti è cambiata molto. Prima non esistevano le ticketing company. Noi organizzatori stampavamo i biglietti e li distribuivamo in giro per l’Italia ai vari negozi di dischi. Per cui potevamo fare i biglietti che volevamo. Ovviamente questo modo di vendere i biglietti era molto dispendioso ed anche pericoloso, perché non sapevi mai fino alla fine se i biglietti invenduti sarebbero tornati indietro e se quelli venduti sarebbero stati pagati dal punto vendita. Poi è arrivato internet, i negozi di dischi sono spariti e sono arrivate le ticketing company. Il sistema di vendita si è automatizzato. Oggi è molto semplice acquistare un biglietto, prima era una caccia al tesoro. Queste facilitazioni tecnologiche, hanno ovviamente portato dei cambiamenti, una di queste è proprio la stampa del biglietto. Devo dire però che per esempio Ticketone, su alcuni eventi predispone un fan ticket. Si tratta di un biglietto che è come dici tu, un’opera d’arte sagomata. Per esempio per lo show dei Metallica del 1 Luglio il fan ticket è disponibile. C’è un sovraprezzo da pagare rispetto al biglietto normale, ma per chi vuole un ricordo speciale ciò è possibile.

Visto che si è parlato tanto di passato, vale la pena spendere due parole sul futuro: quali sono i nomi che ti piacerebbe, sia personalmente, sia come guida di un’azienda che deve generare introiti, portare dalle nostre parti e che, per un motivo o per un altro, non sei ancora riuscito a far arrivare nel Bel Paese?

Parlando in ambito metal, devo dire che sono riuscito a realizzare quasi tutti i sogni che avevo. Mi mancano gli ultimi due, Ac/Dc e Kiss. Vediamo cosa ci riserverà il futuro.

Il 2013 ha visto una pausa nell’appuntamento fisso del Gods Of Metal e, stando a quanto apparso sul sito ufficiale all’epoca, il tutto pareva posticipato al 2014. Stiamo per arrivare all’estate e ancora nulla si sa a proposito del festival, dobbiamo aspettarci qualche sorpresa?

GOM non si farà neppure nel 2014. Per quest’anno, avendo un contratto con il festival itinerante Sonisphere abbiamo deciso di concentrarci su questo evento, nella formula di un giorno e con le modalità che ho spiegato prima. Sono sicuro che tornerà anche il momento del GOM, ma in questo momento è bene che il festival si goda un po’ di riposo.

Negli ultimi anni si è assistito, finalmente, a una progressiva “discesa” dei concerti lungo lo stivale. I nomi grandi e medi sembrano non fermarsi più solo a Milano o arrivare, saltuariamente, a Bologna, ma sempre più spesso fissano date anche a Firenze o Roma. Si tratta, come speriamo, di un inizio destinato a coinvolgere sempre più anche le regioni del sud dell’Italia nei tour? Live Nation che politica ha a questo riguardo? Cerca di incentivare le band a spostarsi anche a sud della nostra penisola, ovviamente senza per questo snobbare le tappe storiche al nord, o preferisce muoversi su terreni già ampiamente rodati e concentrarsi su quelle città che, negli anni, hanno dato prova di generare un certo ritorno di pubblico?

Come ho spiegato prima nel nostro lavoro dobbiamo necessariamente coniugare i numeri alla passione. Se dovessi dar retta solo alla passione fare venti date di ogni metal band in Italia, ma coniugandola con i numeri mi rendo conto che il mercato italiano non può sopportare un numero troppo elevato di concerti metal dello stesso artista. E’ chiaro che quando pianifichiamo un tour dobbiamo tener conto del bacino d’utenza di ogni area. In questo senso Milano e Roma sono le due città che hanno maggior probabilità di successo. Ultimamente comunque abbiamo ottenuto discreti risultati anche in città secondarie e questo fa ben sperare per il futuro.

Da qualche anno negli Stati Uniti, e ultimamente anche in Europa, molte band hanno deciso di unirsi per intraprendere dei tour co-headliner (l’ultimo annunciato in ordine di tempo è l’accoppiata Kiss/Def Leppard in USA); pensi che questa possa essere la strategia del futuro e che possa prendere piede in modo definitivo anche in Europa (e conseguentemente in Italia)?

Io credo che di definitivo non ci sia niente. I package tour ci saranno in futuro come ci sono stati in passato, ovvero se tutte le caselle tra artisti, management e promoter vanno al loro posto. Altrimenti ogni band sceglierà di andare in tour per conto proprio. Non c’è una regola precisa

Stiamo, ormai da più di un lustro, vivendo un periodo di crisi economica che sembra destinato a perdurare ancora per qualche tempo. Come si è adeguata un’azienda come la Live Nation al periodo in cui le “vacche grasse” non sono più all’ordine del giorno?

In realtà devo dire per quanto ci riguarda questi ultimi anni non hanno risentito troppo della crisi. Anzi, il numero di biglietti venduto ogni anno è aumentato. Credo che questo sia dovuto al fatto che nei periodi bui la gente vuole comunque svagarsi. Non si può passare l’esistenza a pensare solo ai problemi, qualche momento in cui si libera la mente ci deve pur essere.