Live Report: Black Over Milan @ Legend Club, Milano – 24/02/2023 – Day 2
Live Report: Black Over Milan @ Legend Club, Milano – 24/02/2023 – Day 2
a cura di Jennifer Carminati
Ed eccoci, oggi sabato 25 febbraio, alla seconda giornata della prima edizione del Black Over Milan 2023 sempre ovviamente in quel del Legend di viale Enrico Fermi a Milano. Headliner i Batushka che in sede live mettono in scena una vera e propria liturgia in chiave black metal, per gli appassionati del genere, davvero imperdibile.
A completare il bill quest’oggi ci saranno: i polacchi Hate, gli statunitensi Summoner’s Circle e i brasiliani Paradise in Flames.
Paradise In Flames
A dare il via alla serata ci pensano alle 19.15 spaccate proprio questi ultimi, i Paradise in Flames, quartetto death/black metal brasiliano, che ha pubblicato quattro album, due demo e un EP dalla loro formazione nel 2003. Il loro è un mix pulito e accessibile, con blastbeat, riff azzecati, urla torturate e growl death a bizzeffe, alternati alla voce femminile operistica e trame sinfoniche, che mi ricordano a tratti i Dimmu Borgir o i Cradle of Filth.
La loro è un’interpretazione raffinata del black metal misto a un melodeath sinfonico preponderante che in sede live convince eccome i presenti questa sera. Si sentivano tastiere e organi presumo provenienti da basi registrate ma comunque si amalgamano bene e il risultato finale è compatto. Bravi davvero, mi sono piaciuti parecchio, soprattutto l’interpretazione della voce femminile, 0.Mortis, di saio vestita tra l’altro. Giustamente, prima di congedarsi, ci ricordano il banco del merch posto fuori a supporto delle band che di questo anche vivono, sopravvivono anzi.
La mezz’ora a loro disposizione scorre via veloce e nel tempo del cambio palco indovinate che vado a prendermi?! Bravissimi, avete indovinato, un’ottima Guinness che se spillata a dovere ha il dono di svoltare l’umore della mia serata, al momento sottotono vedendo il poco afflusso di pubblico questa sera.
Summoner’s Circle
E come un orologio svizzero sono le 20 quando i Summoner’s Circle fanno il loro ingresso sul palco. Band definita da molti una rivelazione dagli USA, per la loro capacità di fondere prog, doom e death/black metal. Sono sei elementi dalle personalità diverse e meditabonde, tutti incappucciati di nero e un corpse paint con viso bianco e striscia nera sugli occhi, anch’essa uguale per tutti i componenti della band.
Con la loro setlist tessono una rete oscura di magia macabra che riempie l’aria del Legend Club; ogni brano proposto è un pesante rituale di incantesimo che sembra quasi ipnotizzare il pubblico. I loro testi sono ispirati all’orrore e spesso alle storie raccontate da H.P. Lovecraft. Le loro canzoni più lunghe mostrano vari cambi di tempo e diverse sequenze musicali man mano che le stesse progrediscono. La band enfatizza un sacco di melodie synth con la tastiera che colorano lo sfondo con atmosfere spettrali ed epiche. Il loro spettacolo, perché di questo si tratta anche se di breve durata, è una soddisfacente versione di blastbeat, growl spessi e strutturati, riff lenti e minacciosi e assoli di chitarra inquietanti che sono ben amalgamati e rendono all’unisono il suono malvagio e rituale che caratterizza il loro sound.
I Summoner’s Circle sono ben focalizzati sull’obiettivo, e danno il massimo su questo palco per farsi conoscere al pubblico italiano, che ribadisco essere ancora poco a quest’ora. I loro riff restano in testa e armonizzano davvero bene le loro melodie con la voce dura del frontman accompagnata a volte da quella del bassista e i sintetizzatori. Null’altro da dire, se non che mi sono piaciuti ma non convinta del tutto (a volte era un caos non ben definito) e andrò ad approfondire la loro discografia fatta di ben 3 album usciti negli ultimi 5 anni.
Hate
Durante il rapido line-check fanno capolino sul palco altarini fatti di teschi che ritroveremo impalati ai lati della batteria, e un telo dietro a ricordarci chi sta per salire sul palco. Sono gli Hate a proseguire la serata e già dalle prime note la differenza in termini di professionalità con chi li ha preceduti si palesa in modo evidente. La band death/black metal polacca, a ottimi motivi per essere considerata tra le più apprezzate nell’ambiente e forse sono la formazione più tecnicamente completa della serata. Nessuno combina death e black metal come loro sanno fare, con una cattiveria e una violenza spietata e un senso dell’atmosfera più unico che raro.
Gli Hate, capitanati da Adam “The First Sinner” Buszko, nell’ultima decade hanno pubblicato dischi in ogni anno dispari, puntuali, e l’ultimo risale al 2021, ‘Rugia’, dal quale ci proporranno questa sera solo l’opener “The wolf queen”, che fa subito capire chi abbiamo di fronte. I loro velocissimi blast beat fendono l’aria come proiettili sparati da un soldato molto preciso, mentre il basso vola ad alta velocità nel costruire linee articolate che si legano alle ritmiche delle chitarre creando un mix molto bilanciato.
Nonostante i numerosi cambi di line-up la band ha da poco festeggiato i trent’anni di attività e hanno ancora un’energia e una potenza da sprigionare da vendere e l’aura maligna che generano sul palco è tangibile. Gli Hate sono rimasti fieramente ancorati alle loro radici (aspetto di cui non possono certo vantarsi i conterranei Behemoth, ma questo è un altro discorso), via via sempre più annerite col passare degli anni, niente fronzoli, niente voci pulite, solo purissimo blackened death metal polacco.
Quello che sicuramente non manca nella loro quasi ora a disposizione, è la volontà di assalirci senza sosta con tempeste di blast beat e tempi sempre velocissimi, alzando il pedale dall’acceleratore solo saltuariamente ma senza darci tempo di riprendere fiato davvero. ATF Sinner sfoggia come sempre il suo growl, espressivo e variegato e a tratti quasi comprensibile, con la sua totale inespressività del volto riesce comunque a trasmettere la loro grande compattezza e omogeneità sonora che fa scorrere la setlist con una facilità disarmante. Non è facile per una band attiva da 30 anni risultare così genuinamente potente e convincente senza auto-plagiarsi, risultando sempre efficaci nella loro ferocia senza mai snaturare il proprio sound, ma gli Hate ci sono riusciti in pieno, e dovrebbero essere considerati un punto di riferimento del death/black europeo.
Spero di rivederli presto, son sincera, sono indubbiamente la band che più mi è piaciuta in questa due giorni all’insegna del black metal nelle sue varie sfumature.
Batushka
Ed eccoci finalmente al momento tanto atteso. Non avevo mai avuto l’occasione di vedere in sede live i Batushka, formazione, quella di questa sera, nata dalla scissione con il chitarrista e compositore Krzysztof “Derph” Drabikowski, che nel 2015 ebbe l’idea di combinare il black metal e le canzoni tradizionali liturgiche della Chiesa ortodossa. Il loro spettacolo è unico, tra atmosfere solenni e la furia black metal, e ora provo a raccontarvi quello che ho visto questa sera.
I Batushka contano ben sette componenti se ai cinque performer aggiungiamo i due coristi. Di fronte all’imponente cantante Bartłomiej Krysiuk viene allestito un altare con tanto di candelabri, incensorio e tutto l’armamentario necessario ad una celebrazione vera e propria. I monaci oscuri salgono sul palco, lentamente, mentre l’odore di incenso riempie l’aria e il locale viene invaso da un canto gregoriano e il pubblico si fa silenzioso (o almeno ci proviamo in molti), atmosfera alquanto straniante ve lo posso assicurare. Le candele vengono accese, l’incenso bruciato in quantità industriali e che la liturgia abbia davvero inizio.
Bartłomiej Krysiuk, oltre a declamare i testi in polacco, officia la sua particolare liturgia con l’utilizzo di bibbie e icone sacre ostentate tra un’incensata al pubblico e l’altra, quello a cui stiamo assistendo è un qualcosa di estremamente esoterico e disturbante. La presenza scenica della band è unica nel più puro senso del termine: statica, lenta, tutte caratteristiche che puntano unicamente sull’evocatività, lasciando rinunciare il proprio pubblico a qualsivoglia forma di pogo, anche se in un paio di momenti c’è stato un po’ di movimento in più tra le mura del Legend.
I Batushka conducono una vera e propria esibizione teatrale, sacrale e dissacratoria al tempo stesso, a cui bisognerebbe assistere rigorosamente in religioso silenzio, ma si sa, i metallari non sono proprio avvezzi a questo, soprattutto se con qualche birra di troppo in corpo. E come grani di un rosario che viene sgranato con poche pause la setlist scorre via veloce e dopo circa un’ora i sette monaci profani ci lasciano silenziosamente e lentamente come figure evanescenti senza volto, che per una notte hanno portato la parola dell’oscuro signore nella città meneghina. La messa oscura è finita, voi blasfemi seguaci del metallo estremo andate in pace e raccontate a chi non c’era questa sera al Legend cosa si è perso: una serata alquanto singolare e pertanto irripetibile.
E ricordatevi che “Gli inni di Dio sono più metal di qualsiasi cosa satanica black metal là fuori”.
Siamo così giunti alla fine di questa prima e riuscita edizione del Black Over Milan. In termini di affluenza di pubblico sicuramente nella giornata di ieri c’era molta più gente rispetto a oggi, andare a capire come mai, personalmente ero curiosa di assistere ad ambo le giornate e vedere tutti i gruppi presenti, ma non tutti erano del mio stesso parere evidentemente. Personalmente nel bill del concerto avrei preferito vedere più band black metal italiane in apertura, in modo da spingere di più qualche nome più o meno storico nostrano, che spesso han ben più successo fuori i confini nazionali, anche questa cosa inspiegabile a mio parere. Non sarebbe stata una cattiva idea, no? Pensateci per la prossima edizione, e vi garantisco che sarò qui a dar loro ampio spazio e a scriverne, e come me spero molti altri.
Ci vediamo alla seconda edizione del Black Over Milan, sempre tra le mura del Legend Club di Milano.