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Live Report: Black Winter Fest Edizione #15_Day 1 @ Slaughter Club, Paderno Dugnano (MI) – 01/12/2023

Di Jennifer Carminati - 3 Dicembre 2023 - 11:04
Live Report: Black Winter Fest Edizione #15_Day 1 @ Slaughter Club, Paderno Dugnano (MI) –  01/12/2023

Live Report: Black Winter Fest Edizione #15_Day 1 @ Slaughter Club, Paderno Dugnano (MI) – 01/12/2023
a cura di Jennifer Carminati

Il Black Winter Fest, giunto alla sua XV edizione, sceglie nuovamente lo Slaughter Club di Paderno Dugnano come location per questa annuale rassegna che riunisce in un unico evento varie sfaccettature di metal estremo aventi come trait d’union una radice black metal ben piantata nel terreno.

Nihil Production, Daemon Star e Orion Agency, per celebrare il 15 anniversario del festival, han pensato bene di estenderlo a due giornate per un totale di 11 band: venerdì 1 dicembre 2023 si esibiranno SednA, Necroart, Cultus Sanguine e Arcturus mentre sabato 2 dicembre tocca a DeathcrusH, Monastery, Imago Mortis, Atrocity, Arkona, Darkened Nocturn Slaughtercult e Belphegor.

Biglietti disponibili per ogni singolo giorno oppure in versione abbonamento a prezzo ridotto per l’accesso ad entrambe le giornate, opzione credo scelta dalla maggior parte dei presenti, vista la lineup davvero meritevole.

Leggere nomi di headliner come Arcturus e Belphegor accompagnati da opener di primo livello, tra cui molti gruppi italiani finalmente, ha ingolosito e attirato molti blackster al locale alla periferia di Milano che ancora una volta si è trasformato nel rifugio preferito per gli estimatori della frangia più estrema e spesso ancora relegata all’underground della musica metal.

L’edizione precedente è stata ad aprile, quando scrissi che la stagione ormai avrebbe preteso un cambio di nome all’evento, ma in questo weekend invece, va benissimo così. Il meteo a Milano è uggioso, pioggia, nebbia e buio già dal primo pomeriggio, sono la giusta atmosfera che accompagna questo Black Winter Fest arrivato alla sua quindicesima edizione che inizia venerdì 1 dicembre, con tre band italiane in apertura ai norvegesi Arcturus, che tornano a trovarci dopo 4 anni per due esibizioni, oggi e il 3 dicembre all’Orion Club di Roma.

L’Inferno si è svuotato nuovamente dei propri demoni, traferiti tutti allo Slaughter Club per queste due giornate all’insegna del metal più intransigente e blasfemo, e ancora una volta sono qui a raccontarvi cosa è successo e soprattutto cosa vi siete persi se non c’eravate.

Apriamo dunque i cancelli degli Inferi e addentriamoci nell’oscurità…

SEDNA 

L’onere e onore di aprire questo venerdì sera spetta ai SednA, progetto nato nel 2009 a Cesena, con tre album all’attivo, ultimo dei quali The Man Behind the Sun del 2019. Seguito solo dall’EP Last Sun uscito lo scorso anno.

Il loro sound è un originale mix di generi: dal doom al black metal e una predilezione per l’ambient atmosferico che a me piace particolarmente.

Poche luci e tanto fumo per loro; pur essendo praticamente statici sul palco e zero interazione col pubblico la loro performance è di grande impatto emotivo, tre canzoni lunghe mediamente 10 minuti ciascuna, che trasmettono tutta la loro capacità di creare atmosfere cupe e agghiaccianti.

Una setlist che rispecchia la loro sperimentazione estrema, fatta di tempi lunghi e dilatati, rallentamenti che seguono blast beat furiosi, il tutto accompagnato dalla voce di Alex Crisafulli intensa e spesso sofferta, con grida maligne che sembrano provenire direttamente dall’Inferno.

Ecco, qui sta il punto, ho messo la maiuscola perché come impostazione musicale mi hanno ricordato i cechi Inferno, ma dal punto di vista scenico, ragazzi miei, non ci siamo proprio.

Per la proposta che fate, a mio parere almeno, non dovreste presentarvi sul palco con maglietta di un gruppo metal e via, ma ci vorrebbe più scenografia, una tunica, un cappuccio, si lo so, sono magari anche inflazionati a volte nell’utilizzo, ma quando ci vogliono ci voglio, e per voi è così.

Sicuramente non una band di facile ascolto, la lunghezza dei brani su disco difficilmente può essere riproposta su di un palco senza correre il rischio di estenuare, ma i SednA sanno come fare bene il loro black metal atmosferico, fatto di suoni cadenzati, con accelerazioni improvvise e furiose.

Prima volta che riesco a sentirli dal vivo e si dimostrano una band davvero molto valida, che ti invoglia quasi ad essere ascoltata tenendo gli occhi chiusi e muovendo testa e corpo ondeggiando a ritmo, appunto perché da vedere non c’è molto.

Nel loro caso, ci si può anche permettere di ascoltare senza guardare, l’importante è essere qui e godersi la buona musica che questi ragazzi fanno, il come è a discrezione di ognuno di noi, e io ho scelto di fare così.

Menomale ogni tanto gli occhi li ho aperti cosi ho visto Alex che in un pezzo suonava la sua chitarra con un archetto, scelta singolare, che da un tocco diverso all’esibizione.

Migliorate la presenza scenica, ragazzi, e ci siamo.

Lineup
  • Alex Crisafulli – voce, chitarra
  • Fabion Dautaj – chitarra
  • Manuel Zanotti – voce, basso
  • Rolando Ferro (session) – batteria
Setlist
  1. Sons of Isolation
  2. The man Behind the Sun
  3. Act. II

 

 

NECROART 

Un veloce cambio palco con tanto di soundcheck, giusto il tempo di prendere una birra, e tocca al six-piece vogherese Necroart, che la scorsa primavera ha dato alle stampe l’ottimo The Highest Law, continuare la serata.

Devo ammettere che, quando ho letto il loro nome sulla locandina, ho storto un po’ il naso, non perché non siano bravi o non meritino di essere qui, ma semplicemente perché li credevo fuori contesto all’interno di un festival che si chiama Black Winter Fest.

L’intro Inhale, fatta di rumori, voci alterate, una tastiera quasi apocalittica, è il giusto preludio per quella che sarà la loro setlist, fatta di sette pezzi che attingono da tutti i loro cinque album, prediligendo l’ultima release ovviamente.

I Necroart sono un eclettico platter dedito ad un death metal spesso improntato sulla melodia, che nell’ultimo album, soprattutto, strizza maggiormente l’occhio al black metal, essenzialmente sinfonico direi, grazie anche alla presenza delle tastiere che ho trovato particolarmente impattanti all’interno della loro proposta.

Max si dimostra un frontman a tutto tondo, riuscendo ad intrattenere il pubblico con il suo forte carisma e una teatralità espressiva che da sempre contraddistingue la proposta dei Necroart, mantenendo una performance vocale molto intensa, trovandosi a suo agio sia nelle parti più pulite sia in quelle più aggressive, con quel microfono e una testa di caprone infilzata che rappresenta un po’ le tematiche dei loro testi.

Chitarre energiche e corpose e anche qui ritroviamo blast beat feroci che spesso sfociano in ritornelli melodici dal sapore più death che black metal, ovviamente.

Anche per loro ho solo un appunto sulla presenza scenica, non può essere tutto incentrato sul frontman, tutta la band deve essere complice e partecipe nella resa finale del live e questo non l’ho visto nella maggior parte degli altri componenti dei Necroart.

Lamma Sabactani è certamente il brano che ho apprezzato di più, forse perché l’album di cui è titletrack è il loro che più mi piace, pregno di atmosfere malinconicamente cupe, decadenti e potenti allo stesso tempo.

Li credevo fuori contesto ma, alla fine di questi 40 minuti in loro compagnia, mi sono ampiamente ricreduta. I Necroart ci stavano eccome questa sera e Max è un frontman eccezionale come raramente se ne vedono dalle nostre parti, fate la loro conoscenza se non ancora fatto.

Il mio personale consiglio (non richiesto) ve l’ho dato, fatene l’uso che ne volete, ma tenetelo presente, perché non solo io la penso così. Alla prossima ragazzi.

Lineup
  • Max – voce
  • Filippo – chitarra
  • Marco – chitarra
  • Daniele – basso
  • Davide – tastiere
  • Tiaz – batteria
Setlist
  1. Intro (Inhale)
  2. Son of Worms
  3. An Invocation for the Horned
  4. Lamma Sabactani
  5. Still Dying God
  6. Magma Flows
  7. Necronova

 

CULTUS SANGUINE 

Sono quasi le 22.30 e tocca alla terza band nostrana calcare le assi del palco dello Slaughter Club, ora bello pieno di gente, visto che l’orario tardo ha permesso di arrivare anche a chi viene da fuori Milano e magari fino alle 18 era a guadagnarsi la pagnotta, come me del resto.

I Cultus Sanguine sono una band culto del metal italiano che non ha bisogno di introduzioni, in giro da trent’anni, autori di due autentici capolavori come Shadows’ Blood (1997) e The Sum of All Fears (1999) e di recente uscita, finalmente, il loro quarto album in studio, Dust Once Alive da cui ci proporranno tre pezzi.

Palco allestito con mazzi di fiori secchi rovesciati e un impatto scenico micidiale, grazie soprattutto al carismatico frontman Joe che, attirando lo sguardo a sé, sa come tenere il pubblico sotto scacco, grazie ad una performance sopra le righe che solo chi fa questo mestiere da anni può offrire.

Il loro connubio tra doom, gothic e dark ci viene sbattuto addosso con estrema maestria: nella tiratissima ora a loro disposizione alternano sapientemente momenti più cattivi e violenti ad altri più rallentati e oscuri.

Joe ha un timbro di voce caratteristico, disperato, acido, uno screaming freddo e aggressivo ma sa anche cantare più pulito, in una versione sempre volutamente sofferente e marcia. Nelle loro performance live si respira sempre una certa atmosfera decadente, una teatralità macabra che contraddistingue il combo lombardo, con fiori che vengono privati dei loro petali dal carismatico Joe, che inizialmente quasi non riconosco dietro un cappottino elegante, ma poi si, nel suo smanicato di jeans con toppa del suo gruppo; l’attitudine fa la differenza e lo dico soprattutto ai ragazzi dei due gruppi precedenti.

Sul palco fa capolino anche un cappio che Joe ciondola davanti ai nostri occhi ad accompagnare le note di My Journey is Long but my Time is Endless e We Have no Mother, altri loro grandi pezzi.

Facing Vulture Season, Delusion Grandeur e Dust Once Alive sono i pezzi estrapolati dalla loro ultima fatica in studio e, forse, i brani più rappresentativi di questo loro attesissimo ritorno discografico, che non ha deluso le aspettative dei vecchi come dei nuovi seguaci del loro culto sanguinolento.

Quando partone le note di The Calling Illusion e Il Sangue, due loro pezzi divenuti ormai dei classici nel loro repertorio live, il pubblico finalmente si smuove un pò, accompagnandoli anche nei ritornelli ben riusciti di questi due pezzi passati alla storia del metal italiano.

Con il loro incedere lento e malvagio, le atmosfere sinistre ed angoscianti e l’istrionico Joe che riempie la scena, i Cultus Sanguine danno prova nuovamente, qualora ce ne fosse bisogno, di essere una garanzia nel panorama estremo italiano.

Restano indubbiamente una formazione seminale del nostro underground, a cui molte band più giovani son certamente debitrici e va bene così, come dico sempre: dai maestri bisogna imparare, e anche emulare a volte va bene.

Lineup
  • Joe – voce
  • Federico – chitarra
  • Daniele – tastiere
  • Luca – basso
  • Fabrizio – batteria
Setlist
  1. Le Tombe (Intro)
  2. Facing Vulture Season
  3. Delusion Grandeur
  4. The Sum of all Fears
  5. The Calling Illusion
  6. Lady of Lies
  7. Dust Once Alive
  8. My Journey is Long but my Time is Endless
  9. We Have no Mother
  10. Il Sangue
  11. Among Shadows (Outro)

 

ARCTURUS

Ed eccoci, finalmente, dopo queste tre ottime band italiane a scaldare l’atmosfera e a prepararci a quel che sarà, siamo arrivati al primo headliner di questa quindicesima edizione del Black Winter Fest, che di black, almeno oggi, ha poco o nulla.

Dopo 4 anni i norvegesi Arcturus tornano finalmente a farci visita, pur non avendo un album da promuovere decidono di tornare a calcare le assi del palchi in giro per l’Europa e a noi va benissimo così.

Anche loro non sono molto prolifici, discograficamente parlando, solo cinque album in oltre trent’anni di carriera, ma come si dice in questi casi, meglio la qualità della quantità. E, in questo caso, di qualità ce n’è in abbondanza.

Erano anni che non li vedevo live e un po’ temevo per questa sera. Non so dirvi bene il motivo, ma ero dubbiosa sulla riuscita della serata, diciamolo, non hanno mai accolto tantissimi consensi dalle nostre parti e il loro avantgarde metal non è per tutti.

E invece, signori miei, gli Arcturus dovrebbero essere menzionati più spesso, artefici di uno spettacolo che in sede live è davvero degno di tale nome.

Scenografici, inquietanti nella loro follia, combinano l’elemento visivo a quello musicale regalandoci una performance di prim’ordine, nonostante i numerosi problemi tecnici che hanno avuto, con la chitarra di Knut Magne Valle che a fine serata, prima delle ultime due canzoni, è stata sostituita con quella gentilmente prestata da Alex dei SedNa.

Accompagnati da un intro dai toni infernali gli Arcturus fanno il loro ingresso sul palco con costumi teatrali: il chitarrista con un ingombrante mantello e corde varie, il bassista Skoll è una sorta di boia, il tastierista Sverd è in veste di aviatore e poi ci sono loro, i due pezzi forti di questa band, quelli per cui la maggior parte della gente è accorsa qui a vederli di nuovo su di un palco insieme: iI gigantesco Simen Hestnaes (alias Vortex) rinchiuso in una camicia di forza che a stento contiene la sua furia espressiva, si muove continuamente sul palco e usa il microfono anche con fare recitante, Hellhammer invece, quasi non si vede dietro la gigantesca batteria, posizionata già dall’inizio della serata dopo il loro soundcheck che ha richiesto più tempo del previsto, ed è celato ulteriormente dalla maschera bicolore che indossa che mi ha ricordato molto quella del compianto Joey Jordison.

La setlist va a toccare tutta la loro discografia, dal black metal degli esordi alla componente avantgarde e progressive delle release più recenti.

Vortex, sembra davvero schizofrenico, forte di una rara espressività vocale si muove sul palco come un pazzo, i musicisti si dimostrano precisi come non mai e, per una volta, i suoni sono quasi sempre all’altezza delle aspettative, se non fosse appunto per i problemi tecnici alla chitarra.

Hellhammer si riconferma un batterista vario negli stili e sempre dal tiro micidiale, non sbaglia un colpo e ha persino un ragazzo, presumo uno dei loro tecnici/fonici di fiducia, con una strana maschera da pagliaccio, appostato al suo fianco praticamente per tutta la durata del concerto che gli offre acqu.e veglia su di lui.

Menzione d’onore, ma solo per gusti personali, va all’esecuzione di Painting My Horror e Master of Disguise, due pietre miliari del genere di cui gli Arcturus sono stati tra i principali interpreti, se non fondatori addirittura.

Abbiamo assistito davvero ad una grande performance, che mi ha personalmente lasciato sbalordita, non me li ricordavo così, in equilibrio costante tra teatralità scenica e musica e un cantato molto molto particolare, come non se ne sentono spesso, almeno nel mondo metal.

Tra gli applausi degli astanti forse non paghi della sola ora suonata a tutti gli effetti, gli Arcturus si congedano da noi, probabilmente consci di essere stati artefici di una bellissima serata, ma che forse sarebbe potuta divenire indimenticabile con qualche pezzo aggiunto alla scaletta.

A domani blackster, per quella che sarà si una giornata all’insegna del black metal più intransigente.

Lineup
  • ICS Vortex – voce
  • Knut Magne Valle – chitarra
  • Sverd – tastiere
  • Skoll – basso
  • Hellhammer – batteria
Setlist
  1. Evacuation Code Deciphered
  2. Nightmare Heaven
  3. Painting My Horror
  4. The Chaos Path
  5. Collapse Generation
  6. Crashland
  7. Master of Disguise
  8. Shipwrecked Frontier Pioneer
  9. Raudt og svart
  10. To Thou Who Dwellest in the Night