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Live Report: Corey Taylor + Siamese @ Alcatraz, Milano – 25/06/2024

Di Valeria Usiello - 27 Giugno 2024 - 10:00
Live Report: Corey Taylor + Siamese @ Alcatraz, Milano – 25/06/2024

Live Report: Corey Taylor + Siamese @ Alcatraz, Milano – 25/06/2024 –  “Europe 2024 Tour”
a cura di Valeria Usiello

 

 

È stata la serata della speranza e della forza di volontà. La speranza dei fan che il concerto fosse confermato dopo un annuncio di ritardo postato da Corey Taylor, e la forza di volontà dello stesso Corey che, ad inizio concerto, ha dichiarato di aver insistito, preso in prestito e…rubato ( non si sa bene cosa e a chi!) per rendere possibile lo spettacolo e non deludere il pubblico italiano verso il quale sente tanta riconoscenza. E come la storia insegna, i momenti più belli sono quelli che si sono rivelati i più difficili da realizzare!

 

Siamese

Volendo potremmo anche chiamarli “Betta” i Siamese, dato che prendono il loro nome dalla nota specie di pesce combattente! La band danese ha seguito la corrente sino all’Alcatraz di Milano questa sera, portando nel nostro paese oltre ad una buona dose di Metal anche la passione per il calcio. Il loro merch è infatti tutto in stile calcistico, e non sono mancate le battute sui Campionati Europei in corso. Per questo motivo, si meritano un 7+ in ruffianeria!

E, l’umorismo la fa da padrone anche sul palco: Mirza Radonjica voce, Marc Nommesen basso, Andreas Krüger chitarra, Christian Hjort Lauritzen violino e Joakim Stilling batteria si sono rivelati nordici con un cuore caldo.

Fanno vibrare la cassa toracica sin dalla prima nota. Non sono esattamente Metalcore, ma l’anima della loro musica lo è assolutamente. Possiamo definirlo post-Metalcore questo mix  divertente di ritmo, R&B, Pop e Metalcore, e comunque é un suono che sa come distinguersi se si considera la saturazione delle band di questo genere. Nessuna sorpresa dunque quando al Rock e Metal si affianca una nota toccante nel brano di apertura “Sloboda” (ndr. tradotto come ‘Libertà’ in molte lingue slave) in cui si affrontano le esperienze dell’infanzia di Mirza vissute attraverso le tribolazioni dei rifugiati.

C’è spazio per tutto dopo questo attacco emozionale ed intimistico: nel corso della scaletta si cambia più volte registro e ci si sposta ad una festa Dance con uno dei brani più amati, “On Fire”, o si viene trascinati via dalla virata Metalcore del pezzo “Shape Of Water”, in cui la batteria genera la potenza necessaria a supportare le chitarre ed una vibe del tutto DJent che danno al pezzo una vera forza. Ed é proprio la sorprendente presenza di un violino in metà dei brani ad evidenziare ancora di più che la band è aperta alle suggestioni e alle commistioni di genere.

Colpisce particolarmente anche una inaspettata delicatezza orchestrale che appare più evidente in pezzi come “Ocean Bed”, culmine di ciò che definisce i Siamese una band pesante che ha la bravura di variare e scrivere canzoni con un sound più Pop.

Nella ridotta setlist proposta questa sera, risultano degne di attenzione l’energia contagiosa e il ritmo positivo di “Predator” impreziosita da un lavoro di synth di grande impatto che aiuta Mirza ad incitare il pogo, e “This Is Not A Song” a ricordare la matrice pesante dei Siamsese con un groove robusto e urla gutturali. La band mantiene volutamente le pause brevi tra le canzoni per far sì che l’energia resti ai massimi livelli, ed oltre ai ritornelli accattivanti i danesi hanno mostrato una notevole abilità sul palco, tanto che alla fine del concerto non c’era più una testa ferma in sala. A ragion veduta, si può dire che nessun’altra band metal può vantare la capacità di aver dato vita ad un headbanging corale con un assolo di violino elettrico!

I Siamese mi confermano così di essere davvero una grande band che meriterebbe un tour come headliner, hanno la capacità di spingersi oltre i confini del proprio suono e non avere paura di provare ulteriori sperimentazioni, tema molto comune tra le band giovani. Non in tutti i casi però l’audacia si trasforma in successo, e in questo specifico frangente i danesi hanno dimostrato di aver superato a pieni voti la prova!

Scaletta:
  1. Sloboda
  2. Home
  3. Numb
  4. Vertigo
  5. This Is Not A Song
  6. Shape Of Water
  7. Predator
  8. On Fire
  9. Ocean Bed

Siamese

 

Corey Taylor

Sull’onda dell’entusiasmo fluttuante creato dai Siamese, dopo un cambio palco veloce arriva il momento nostalgia e un po’ karaoke per i fan di Stone Sour e SlipKnoT. E’ proprio lui, il commesso del sexy shop con una voce considerata per estensione la seconda voce assoluta al mondo (5 ottave e 5 note e 1/2): Corey Taylor!

Ammetto di aver atteso questo concerto con la giusta impazienza, il Corey solista è un progetto che a prescindere mi incuriosisce per l’effetto sorpresa che si verifica tutte le volte in cui un musicista si spoglia della band che gli ha dato la popolarità e si veste di panni propri.

L’intro accompagna sul palco, uno dopo l’altro, il batterista Dustin Robert, il chitarrista Zach Throne, il bassista Eliot Lorango e il chitarrista italo-americano Christian Martucci. Il concerto inizia con “Post Traumatic Blues” ed un elettrizzante fascio di luci: Corey appare sul palco tra l’applauso della folla facendo headbanging e lanciando bottiglie d’acqua fornite da un omino immobile come un distributore in carne ed ossa. E, dopo una lunga ed ansiosa attesa, i fan sono eccitati a sufficienza per viversi questo concerto con animo e sudore.

Non c’è tempo per prendere fiato, il pubblico in delirio si scatena subito con il primo omaggio agli Stone Sour, “Made Of Scars”, che si apre con un riff nervoso, seguito da Corey che descrive le cicatrici su tutto il suo corpo e la storia dietro ognuna di esse. Le chitarre sono notevoli, ma nessun vero assolo. Si torna al primo album dei CMFT con un cambiamento di tono rispetto a quello che abbiamo sperimentato sino a questo momento: la terza canzone è tratta dall’album CMFT del 2020, “Black Eyes Blue”, seguita dall’inno “We Are the Rest” tratta da CMF2.

Corey chiede ripetutamente al pubblico di aiutarlo a cantare e con l’hook di questo pezzo riesce particolarmente bene: “No way to beat me, no way to win. No way to beat me, no way to win”, i presenti rispondono calorosamente. Decisamente uno dei momenti clou della serata, una vera esplosione di energia con un assolo di chitarra fantastico.

La band continua a suonare senza pause, ed è già tempo della seconda hit degli Stone Sour in cui Corey chiede nuovamente al pubblico di unirsi a lui: “Song #3”. Il ritmo vigoroso e il ritornello stampato nella mente dei fan fanno battere i piedi e i polmoni mentre tutto l’Alcatraz canta all’unisono meritandosi le lodi di Corey che elegge i fan italiani come quelli più partecipi ai cori. Il ritmo rallenta leggermente e si sente la magia di “Beyond”, altra traccia di CMF2 ed altra gemma prodotta da Jay Ruston, in cui assistiamo ad uno sfoggio di bravura di Corey come cantautore.

E’ un Corey riflessivo, romantico ed eloquente quello di stasera, tanto da arrivare a stuzzicare il pubblico in modo magistrale: “Vi dirò una cosa, prima che me ne dimentichi”… ma le urla hanno già coperto la sua voce! Si ferma e dice “No, sto solo scherzando, ma prima che me ne dimentichi…” e le urla raddoppiano! “Prima che mi dimentichi, voglio che facciate un po’ di rumore per i nostri amici che hanno aperto lo spettacolo, i Siamese”. E non finisce lì! “Sul serio, prima che me ne dimentichi… vorrei presentarvi la mia band”. Terminati i convenevoli… “Oh, prima che me ne dimentichi, è il nome della prossima canzone!!!”. Il riff di apertura, le chitarre infuocate e la batteria martellante scuotono le fondamenta dell’Alcatraz: al suono di uno dei brani più amati degli SlipKnoT, “Before I Forget”, i fan si scatenano nel pogo.

Dopo tanta foga, arriva il momento acustico ed inaspettato del concerto: Taylor ha una chitarra acustica e, con sorpresa di gran parte dei presenti (…che non hanno assistito già ad altri concerti!), la band propone la sigla della serie animata SpongeBob SquarePants. A commento del brano potrei usare delle emoji, non sapendo come descrivere un intermezzo esilarante nel bel mezzo di una vagonata di ‘metallo’. Sicuramente la gioia infantile di tutti noi ha ringraziato internamente questa sera!

E proprio alla chitarra acustica tocca il compito di riportare il concerto nei suoi binari con l’intro della toccante ballata degli SlipKnoT, “Snuff”, che fa cantare tutti, coprendo persino la voce di Corey, e ricordando ai critici che non importa quanto pesante sia dal punto di vista strumentale un brano, se la scrittura è potente e magistrale il risultato sarà immancabilmente superbo. Personalmente, avrei preferito la versione strumentale originale, forse perchè da immancabile romantica continuo a credere che l’amore resti nella magia del colpo di fulmine al primo ascolto!

Per l’intera serata Corey sorprende per la profondità delle battute che si susseguono copiose ed in cui ringrazia il pubblico per averlo supportato negli anni, per essere la sua ragione di esistere, ammette di aver capito che essere sempre riconoscenti e positivi paga nella vita e da ora in poi sarà sempre così. E con questo mood introspettivo procede verso un altro pezzo di CMF2, “Talk Sick” dal riff di apertura in stile Guns ‘n’ Roses, “Home” accompagnata da una dedica strappalacrime a sua moglie che lo ha salvato dall’oscurità, e “Midnight”, prima di chiudere il set con l’attesissimo “Through Glass”, brano strappacori. Questo classico amato da tutti è la conclusione perfetta di una prima parte di serata che incorona una magistrale scelta di pezzi vecchi e nuovi.

Non tocca attendere molto, Corey e i ragazzi tornano sul palco per il bis.

Le luci calano, il pubblico incita la band che attacca una cover di Echo & the Bunnymen, annata 1984, “The Killing Moon” seguita da “30/30-150”, canzone degli Stone Sour dai ritmi brutali e divertenti che fanno ripartire il pogo. Ma dura meno di tre minuti ed è già tempo di salutarsi con “Duality”, senza dubbio alcuno una delle più grandi canzoni degli SlipKnoT. Senza farselo comandare, tutti il pubblico canta coprendo ancora la voce di un Corey che continua a camminare su e giù per il palco alternando ringhi aggressivi e sorrisi accattivanti.

Pur essendo il frontman di band famosissime, attore e scrittore al tempo stesso, Corey ha dimostrato di essere rimasto una persona genuina che ha saputo catturare il cuore dei fan minuto dopo minuto, per tutta la serata.

Chi, come me, non aveva avuto occasione di assistere ad un concerto di Taylor solista prima e temeva un karaoke nostalgico, è stato sicuramente smentito da questo spettacolo così strutturato dal punto di vista della setlist e dell’alternanza perfetta di melodie, generi ed energie che non c’è mai stato nemmeno un secondo di noia o staticità. Non c’era un artista solista da omaggiare, nessun interminabile assolo di chitarra, batteria o basso come accade in tanti altri progetti solisti, sul palco si sono esibiti cinque musicisti che si sono divertiti ed hanno trasmesso passione per la propria arte.

Nota di merito con punti bonus alla chiusura finale per i saluti che vengono elargiti copiosi sulle note di uno dei temi musicali del Rocky Horror Picture Show: la sottoscritta, colpita al cuore per questa scelta, promuove agli esami Corey Taylor con un vecchio 60/sessantesimi (omaggio all’età di Corey:).

Scaletta:
  1. Post Traumatic Blues
  2. Made of Scars (Stone Sour)
  3. Black Eyes Blue
  4. We Are the Rest
  5. Song #3 (Stone Sour)
  6. Beyond
  7. Before I Forget (SlipKnoT)
  8. SpongeBob SquarePants (Sigla)
  9. Snuff (SlipKnoT)
  10. From Can to Can’t (cover di Corey Taylor, Dave Grohl, Rick Nielsen & Scott Reeder)
  11. Talk Sick
  12. Home
  13. Midnight
  14. Through Glass (Stone Sour)
  15. The Killing Moon (Echo & the Bunnymen cover)
  16. 30/30-150 (Stone Sour)
  17. Duality (SlipKnoT)

Corey Taylor

 

Photo report della serata: https://www.truemetal.it/heavy-metal-news/photo-report-corey-taylor-siamesealcatraz-2024-1160236

Pagina FB ufficiale Corey Taylor: https://www.facebook.com/TheCoreyTaylor