Live Report: Emperor + Mayhem + Necromass @Alcatraz – 19/12/2022
Sulla carta uno degli eventi più importanti del panorama Black Metal a sud del Baltico, con due nomi talmente pesanti da aver forgiato lo stesso concetto di metallaro nell’immaginario collettivo oltre che aver scosso le coscienze di milioni di persone per i fatti di cronaca relativi ai crimini commessi nell’ambito del Black Metal Inner Circle.
Mayhem ed Emperor si presentano in un Alcatraz attrezzato per le grandi occasioni, sfruttando il palco principale addobbato ad hoc con luci e impianto audio di prim’ordine.
Ad aprire le danze i Necromass, gruppo fiorentino d’esperienza trentennale che, per via del forfait di Selvans causa sovrapposizione di date, si trova nella condizione di poter allungare la scaletta.
Live Report a cura di Giulio Miglio Taminelli
Necromass
Mi posiziono sulla scalinata di destra con la solita birra d’ordinanza giusto un attimo prima dell’inizio dello spettacolo.
I Necromass entrano sul palco alle 18.20 come da programma, accompagnati da una filastrocca macabra che si trasformerà in Sodomatic Orgy of Hate, quinta traccia dello storico album Mysteria Mystica Zofiriana, una pietra miliare della produzione black metal del Belpaese.
Fin da subito la formazione dimostra di voler dare alle proprie tracce una dimensione sonora più aggressiva, spingendo molto con la batteria e accentuando le distorsioni degli strumenti a corda. Durante l’intera esibizione diventa chiaro che la scelta del gruppo è quella di spingere il più possibile, arrivando ad suonare più di una traccia consecutivamente per un totale di ben otto pezzi in cinquanta minuti, una vera rush esecutiva per un gruppo black metal con brani dalla durata media superiore ai cinque minuti.
Purtroppo il risultato non è stato dei più convincenti, con momenti di stasi sul palco in cui solo il cantante cercava qualche sorta di interazione con un pubblico sì interessato ma non al punto da far scattare la “scintilla”. È brutto da dire, soprattutto di un’esibizione sulla carta buona, ma qualcosa non ha funzionato. Un po’ come quando in una conversazione si tocca l’argomento sbagliato e poi si riprende a parlare normalmente: il dialogo torna piacevole e magari addirittura proficuo, ma quella strana sensazione di leggero disagio non ne vuole sapere di andare via.
Spero di poter rivedere i Necromass in futuro durante una serata più ispirata perché se lo meritano. Pezzi come Vibration of Burning Splendour con i suoi momenti in stile “Symbolic” dei Death e Fair of Blasphemy (di cui consiglio la visione del video musicale) meritano davvero di essere suonate ed ascoltate al meglio.
Mayhem
Seconda birra in velocità osservando la sala che si riempie ed arriviamo al primo dei due headliner della serata.
I Mayhem hanno rappresentato per anni la quintessenza della corrente Black Metal Norvegese sia nel lato musicale, sia in quello filosofico.
Nonostante i terribili avvenimenti legati all’Helvete siano solo un ricordo, la sensazione di trovarsi davanti a qualcosa di estremamente cupo si fa sentire sin da Falsified and Hated, brano inserito nell’ album della formazione scandinava ma che riporta alla luce sonorità per molti aspetti simili a De Mysteriis Dom Sathanas, storico disco di debutto della band.
Attila, frontman dei Mayhem, si presenta sul palco vestito da prete, stringendo tra le mani un crocifisso formato da ossa, che verrà tenuto a rovescio o usato come mitragliatore nel corso dell’intera esibizione.
La partenza è di quelle che fa venire i brividi dall’eccitazione. Batteria a tappeto sonoro con basso e chitarre che sferragliano prepotentemente mentre i musicisti si muovono sul palco a favore di pubblico e fotografi.
Durante tutto il primo atto (saranno tre in tutto) assistiamo ad una sorta di preparazione del pubblico da parte della band, con una scaletta che va ad attingere da vari dischi ed EP senza però toccare mai il primo album.
Anche in questo caso, come nei Necromass, non troviamo praticamente pause tra una traccia e l’altra ma, paradossalmente, non si avverte nessun desiderio di “correre”.
La filosofia dei Mayhem è da sempre quella di gettare nell’oscurità e nella disperazione il proprio pubblico, per cui il continuo susseguirsi di testi macabri e muri sonori non sono altro che una sorta di (gradita) tortura in grado di togliere punti di riferimento.
Capisco che la domanda nella mente del lettore ora sarà “Perchè con i Necromass questo concetto non può essere applicato se hanno fatto la medesima cosa?”.
Onestamente non ne ho la più pallida idea, ma sta di fatto che il feeling generale delle due esibizioni è stato estremamente diverso e vi assicuro che guardando il pubblico la cosa si notava parecchio.
Un breve intermezzo funereo e parte il secondo atto.
L’intera band si presenta sul palco indossando il saio (ad eccezione di Attila che indossa ancora i paramenti da prete) e finalmente nella sala dell’alcatraz risuona Freezing Moon, inno funebre tratto dal primo album e presenza fissa in scaletta sin dagli anni ‘90. Pagan Fears, Life Eternal e Buried by Time and Dust completano la sequenza, trasformando di fatto l’intero secondo atto in una sorta di piccola rievocazione di De Mysteriis Dom Sathanas.
Durante l’ultima pausa parte Silvester Anfang, allegra quanto angosciante marcetta che rende subito chiare le intenzioni dei Mayhem per il terzo atto.
La band si presenta in abiti decisamente più moderni, con il cantante a torso nudo e le spalle coperte da un gilet in pelle. Le ultime tracce sono tutte di quel capolavoro gore di Deathcrush con l’aggiunta della terribile quanto stupenda Carnage. I toni si fanno decisamente più pesanti, a tratti sorpassando il confine con il Death Metal (parliamo di pezzi realizzati in un periodo in cui il confine tra Death e Black era ancora molto labile) e vi assicuro che, a distanza di trentacinque anni, Chainsaw Gutsfuck rimane ancora uno dei pezzi più violenti della storia del metal.
L’esibizione si chiude sulle note di Pure Fucking Armageddon e, mettendomi in coda per la terza birra che mi accompagnerà sino al secondo headliner della serata, non posso che ripensare a quanto appena visto.
L’intera esibizione in sé è stata spettacolare. Nonostante i Mayhem non siano più il gruppo che sgozzava capretti e lanciava teste di maiale sulla folla (e meno male) hanno saputo mantenere un’aura negativa fortissima che ha donato carisma all’intero show.
L’unica pecca, a ben vedere, è stato il quasi totale disinteresse per il pubblico durante lo spettacolo. Sarò troppo puntiglioso io, ma il procedere speditamente non significa non rendere partecipe il pubblico in quello che stai facendo. Mi sarebbe piaciuto un maggior incitamento al pogo o quantomeno qualcosa che impegnasse in maniera più attiva la folla.
Tolto questo punto, il concerto sicuramente non è per tutte le orecchie ma questo fa parte del gioco e i Mayhem, questa sera, hanno giocato benissimo.
Scaletta Mayhem:
Atto I
Falsified and Hated
To Daimonion
Malum
Bad Blood
My Death
Symbols of Bloodswords
Voces Ab Alta
Atto II
Freezing Moon
Pagan Fears
Life Eternal
Buried by Time and Dust
Atto III
Silvester Anfang (registrazione)
Deathcrush
Chainsaw Gutsfuck
Carnage
Pure Fucking Armageddon
Emperor
Mi riposiziono nel mio angolino sulle scale sistemando gli appunti approfittando di un leggero ritardo sulla tabella di marcia dovuto (credo) a delle difficoltà tecniche nel cambio batteria. In ogni caso non più di una decina di minuti a fronte di quasi cinque ore totali di evento.
Buio in sala e mani a corna al cielo.
Improvviso e traumatizzante, parte il muro sonoro stordente di In the Wordless Chamber, sesta traccia dell’album Prometheus: The Discipline of Fire & Demise, considerato dalla critica uno dei migliori lavori della band dal punto di vista tecnico.
I musicisti si dimostrano sin da subito molto dinamici e in grado di attirare l’attenzione e catalizzarla sul frontman Ihsahn, vero cuore pulsante della formazione.
Il passaggio alla secondo pezzo, Thus Spake the Nightspirit, mi fa tirare un sospiro di sollievo: questi salutano. Meno male!
Va bene la coerenza con il genere e la presenza scenica, ma dopo tre ore e mezzo in piedi fa piacere essere considerati.
A parte questi dettagli, la risposta del pubblico ai vari riff e giri di batteria sa come di risveglio dal torpore, con gruppi di persone che cominciano timidamente a muoversi cercando un pogo che però, per il momento, stenta a partire.
I brani dell’album Anthems to the Welkin at Dusk, il secondo della formazione norvegese, ci accompagneranno per metà scaletta con un crescente entusiasmo dei presenti, dovuto in parte alla costruzione decisamente più moderna del concerto e delle singole tracce, leggermente ritoccate per adattarsi ad un sound più moderno ma non per questo meno cupo e annichilente.
Dobbiamo arrivare al settimo pezzo per trovare l’unica traccia di IX Equilibrium, ovvero Curse You All Men! e, a questo punto, ammetto di aver avuto del risentimento nei confronti di buona parte del pubblico.
Non si può essere così freddi e insensibili da non far partire un pogo fatto bene con questa canzone. Davvero, roba da sovrapprezzo del biglietto.
Per fortuna la situazione cambia sul finale, con un totale risveglio da parte della folla che comincia seriamente a muoversi e, quando permesso dalla traccia, anche a cantare.
The Majesty of the Nightsky e I Am the Black Wizards, oltre a riportarci agli albori della band, fungono da ponte verso la cantabilissima, soprattutto per noi italiani, Inno a Satana, con Ihsahn decisamente felice nel sentire un pubblico cantare la traccia con la giusta pronuncia.
L’encore, non richiesto dal pubblico ma solo perché era scontato che tutta la sala “ne volesse ancora” ha visto i norvegesi impegnati con Cosmic Keys to My Creations & Times e, soprattutto, Ye Entrancemperium, a mio parere una delle migliori canzoni Black metal mai scritte e che, storicamente, unisce i due headliner della serata grazie al riff di chitarra iniziale accreditato a Euronymous, lo storico chitarrista dei Mayhem ucciso da Varg Vikernes nel ‘93.
Le luci si riaccendono e io me ne ritorno alla macchina.
Ripensando a ciò che ho visto, non posso fare a meno di pensare a come anche il Black Metal, genere costruito su un’ideologia molto spesso considerata ferrea e immutabile, abbia dovuto fare i conti con il trascorrere del tempo.
L’esecuzione di stasera ha portato si pezzi classici del panorama Black Norvegese e Italiano, ma tutte e tre le formazioni hanno dovuto fare i conti con un pubblico abituato ormai ad una cura diversa delle tracce e degli spettacoli (attenzione, non migliore o peggiore, solo diversa) e così in tutti e tre i casi abbiamo avuto ritmi più cadenzati e sonorità più pesanti, mutuate anche da thrash e death metal, oltre che modifiche di stile che hanno inciso pesantemente sulla risposta dei presenti in sala.
L’unica cosa certa è che gli Emperor sono stati i veri headliner dell’evento, relegando moralmente i Mayhem a “spalla d’eccezione” della serata.
In definitiva, questa data dell’Alcatraz si è rivelata veramente complessa da gestire e metabolizzare, ma sono non posso che definirmi felice di aver potuto vedere insieme e dal vivo tre pezzi di storia della musica metal europea.
Scaletta Emperor:
In the Wordless Chamber
Thus Spake the Nightspirit
Ensorcelled by Khaos
The Loss and Curse of Reverence
The Acclamation of Bonds
With Strength I Burn
Curse You All Men!
The Majesty of the Nightsky
I Am the Black Wizards
Inno a Satana
Encore:
Cosmic Keys to My Creations & Times
Ye Entrancemperium
Photo Report a cura di Michele Aldeghi: https://www.truemetal.it/heavy-metal-news/photo-report-emperor-mayhem-necromassalcatraz-2022-1108550