Hard Rock

Live Report: Europe – Time Capsule – 40th Anniversary Tour @Teatro Arcimboldi, Milano – 02/10/2023

Di Vittorio Cafiero - 9 Ottobre 2023 - 15:39
Live Report: Europe – Time Capsule – 40th Anniversary Tour @Teatro Arcimboldi, Milano – 02/10/2023

Le immagini della serata nel photoreport a cura di Michele Aldeghi.

E’ passato un anno da quando, per la prima volta, avevamo avuto la possibilità di assistere allo show degli Opeth in un ambiente così curato e tutto sommato alternativo come quello del Teatro Degli Arcimboldi di Milano e di nuovo ci troviamo seduti su comode poltrone, pronti ad assistere ad uno spettacolo che nulla ha che fare con le esibizioni tipiche che si svolgono all’interno di una location del genere. Buona la visuale, l’acustica, il comfort, ma, ammettiamolo, una situazione così “pettinata” non è davvero nelle corde di gran parte dei presenti. Poco male, la serata è una di quelle davvero particolari e il sold-out già annunciato a Marzo è stato un indizio molto chiaro in questo senso. Si celebrano i 40 anni di carriera degli Europe e non appena entrati nel foyer, si percepisce l’atmosfera dell’evento unico: parterre delle grandi occasioni, giornalisti accreditati da testate e media anche lontani dal mondo del rock, facce note (incrociamo Gee Anzalone dei Dragonforce, Michele Luppi degli Whitesnake e svariati Youtuber e influencer abbastanza conosciuti nell’ambiente musicale), grande eccitazione. L’età media è chiaramente elevata, normale per una band che ha raggiunto il massimo successo negli anni ’80, ma la voglia di divertirsi sembra essere quella di sempre.

Nessuna band di supporto (meglio così forse) e alle 21 in punto parte come introduzione un breve documentario retrospettivo sugli inizi della band. Gli Europe danno l’impressione di essere in forma e decisamente in palla, i suoni sono puliti e la resa è perfetta (e ci mancherebbe altro, siamo pur sempre in un tempio della Musica). Le prime impressioni non possono che essere più che buone: Joey Tempest è invecchiato benissimo ed emoziona davvero osservarlo roteare la famosa asta bianca del microfono. Sicuramente è l’emblema del rocker dalla vita sana. Sembra davvero felice e quel “che figata!” urlato in perfetto Italiano più volte ne è la testimonianza. La performance parte in quarta, “Seven Doors Hotel” dimostra (come se ce ne fosse bisogno) che già prima del successo planetario gli Europe erano una band d’eccezione, ma è con “Rock The Night” che il teatro esplode davvero per la prima volta: come fai a stare seduto su un pezzo del genere? E ad aggiungere benzina sul fuoco, ci pensa il frontman che scende in platea ad dare il cinque alle prime file…apriti cielo, è uno sciamare di ragazzine signore che non resistono alla tentazione di alzarsi per andare a toccare il loro idolo, ai loro occhi certamente ancora un sex-symbol. Anche il resto della band fa la sua bella figura (buono il sostegno ai cori soprattutto da parte di Mic Michaeli e quella Fender color panna di John Norum anche solo a guardarla fa emozionare) ed è parte altrettanto cruciale nel riproporre non solo i vecchi successi, ma anche un paio di pezzi post-reunion, tra cui “Walk The Earth” – con il suo incedere regale à la “Khasmir” – e “Hold Your Head Up” che non ci aveva particolarmente colpito, eppure dal vivo guadagna in dinamica ed energia, seppur atipica con il suo refrain così pop anni ’80. Da menzionare anche “War Of Kings”, episodio decisamente pesante del loro repertorio e che conferma, come se ce ne fosse bisogno, che gli Europe non sono finiti dopo “Prisoners In Paradise”.

Più la band prosegue nella scaletta, più ci si rende conto come stia dando vita ad una vera e propria celebrazione. Senza cadere nell’amarcord, perché di energia e di futuro ce ne sono ancora da vendere, è impossibile, ascoltando certi passaggi, non riportare indietro la memoria a 40 anni fa (per chi c’era) e non pensare allo shock che causò il loro singolo più celebre a livello popolare…bambini che ritagliavano le loro fotografie dai TV Sorrisi E Canzoni sottratti alle nonne, oppure oratori dove si cercava di riprodurne gli accordi a svantaggio di quelli dei brani della Messa della domenica.
Dopo il primo momento ad altà intensità emotiva (“Dreamer”), “Vasastan”, con il suo retrogusto a metà tra Pink Floyd e Fausto Papetti (?), lascia rifiatare il cantante, pronto all’ultimo sforzo prima del break: “Carrie” ovviamente è un climax, tanto da tirar fuori tutta l’anima maranza degli over 40 tra il pubblico che non possono non ripensare a tutti i lenti ballati sulle sue note alle feste delle scuole medie…Una introduzione epica e cinematica fa da anteprima a “Stormwind”, forse uno dei momenti migliori della prima parte del concerto, e a questo punto diventa davvero impossibile rimanere seduti sulle poltrone: per la fine del pezzo, l’entusiasmo è al massimo davvero e pervade tutto l’Arcimboldi.

L’intervallo, molto lungo, interrompe l’atmosfera creatasi e si riprende con la seconda metà della performance, introdotta dalla parte finale del breve documentario retrospettivo. Fortunatamente, basta poco a far tornare l’intensità al livello di prima, con Joey alla seconda chitarra che accompagna altri pezzi da 90 quali “Ninja” e “Prisoners In Paradise” e anche “Sign Of The Times” sembra essere particolarmente apprezzata dalla platea. Piccolo break acustico con la cover di “Space Oddity” di chi-voi-sapete dove cantante e chitarrista performano in un clima intimo e rilassato, poi è il momento per una maestosa versione di “Last Look At Eden”, che fa il paio con “Walk The Earth” in quanto ad epicità e ci fa riflettere su come sarebbe un errore considerare la band svedese come una meteora da un paio di singoli e poco altro. Dopo una “Memories” molto apprezzata dall’”ala dura” del pubblico e con tanto di intermezzo di basso, al termine di “More Than Meets The Eye” è il momento per Ian Haugland e il suo assolo, introdotto da un breve monologo dove il batterista ironizza proprio sull’inutilità…degli assoli di batteria! Splendida poi l’idea di omaggiare “Here I Go Again” degli Whitesnake durante “Superstitious” e in men che non si dica si arriva al gran finale: “Cherokee” è l’apripista d’eccezione per il pezzo simbolo della band. “The Final Countdown” chiude ovviamente alla grande…non si tratta banalmente di una canzone e tantomeno di un inno (termine abusato oltretutto): è un vero e proprio detonatore di emozioni, una macchina del tempo che ci permette di ripensare al passato, di rivedersi ragazzini ed è lo stratagemma per capire che, nonostante gli anni e la vita trascorsa, certe cose come la passione per la musica, siano comunque rimaste assolutamente intatte. Un’altra grandissima serata di rock.

Europe setlist:
On Broken Wings
Seven Doors Hotel
Rock the Night
Start from the Dark
Walk the Earth
Hold Your Head Up
Dreamer
War of Kings
Vasastan
Girl From Lebanon
Carrie
Stormwind
Always the Pretenders
Ninja
Prisoners in Paradise
Sign of the Times
Space Oddity
Last Look at Eden
Open Your Heart
Memories
More Than Meets the Eye
Ready or Not
Superstitious
Cherokee
The Final Countdown

Vittorio Cafiero